lunedì 30 gennaio 2017

ORFEO. EURIDICE. ERMES



Era l'arcana miniera delle anime.
Esse per quella tenebra vagavano,
mute vene d'argento. Tra radici
sgorgava il sangue che affluisce agli uomini,
e greve come porfido sembrava
in quel buio. Di rosso altro non v'era.

V'erano rocce,
boschi spettrali. Ponti sopra il vuoto
e quello stagno grande, grigio, cieco
che incombeva sul suo letto remoto
come cielo piovoso su un paesaggio.
E la striscia dell'unico sentiero,
scialba tra prati, fragile e paziente,
pareva lino steso ad imbiancare.

Per quell'unica via i tre venivano.

Primo, nel manto azzurro, l'uomo snello,
muto e impaziente, gli occhi tesi avanti.
Il suo passo ingoiava il sentiero
a grandi morsi, senza masticare;
dalle pieghe cadenti gli pendevano
le mani, grevi e serrate, ormai
dimentiche di quella lieve lira
che sulla sua sinistra era cresciuta
come tralci di rosa sull'ulivo.
E i suoi sensi sembravano divisi:
l'occhio correva avanti come un cane,
si voltava, tornava e ripartiva
e aspettava lontano, a ogni curva -
ma l'udito indugiava come odore.
Talvolta a lui pareva che intralciasse
il passo agli altri due che dovevano
seguirlo su per tutta la salita.
Allora aveva dietro solo l'eco
dei suoi passi e il vento nel mantello.
Ma diceva a se stesso che venivano,
a voce alta , e udiva il suono spegnersi.
Sì, venivano infatti, ma entrambi
avevano il piede troppo lieve.
Se si fosse voltato ( e non poteva,
poiché un solo sguardo frantumava
tutta l'impresa da portare a termine ),
li avrebbe visti, i due dal piede lieve,
camminare in silenzio alle sue spalle:

il dio del moto e dell'ampio messaggio,
con il casco sugli occhi luminosi,
l'agile verga tesa innanzi al corpo,
le ali oscillanti intorno alle caviglie;
e nella sua sinistra, in pegno, lei.

Lei tanto amata che una sola lira
levò lamento più che mai le prefiche;
e sorse un mondo di lamento in cui
tutto ricompariva: bosco e valle,
strada e paese, campo e fiume e bestie;
e intorno a questo mondo di lamento,
così come intorno all'altra terra,
un sole si volgeva, e tutto un cielo
pieno di stelle, silenzioso, un cielo
di lamento con stelle sfigurate -
lei, tanto amata.

Ma, tenuta per mano da quel dio,
con il passo frenato dalle lunghe
bende funebri, ella camminava
incerta, mite e senza impazienza.
Raccolta in sé e come trasognata,
non pensava a colui che le era innanzi,
né alla strada su, verso la vita.
Era raccolta in sé, e la impregnava
il suo stato di morte.
Se un frutto è pregno di dolcezza e d'ombra,
quella sua grande morte la colmava,
così nuova che nulla lei coglieva.

A una verginità nuova era giunta
e intangibile; il suo sesso era chiuso
come un giovane fiore verso sera,
e le sue mani così disavvezze
alla vita nuziale che persino
il contatto di quell'esile dio,
tanto lieve e gentile nel condurla,
la turbava per troppa confidenza.

Ormai non era quella donna bionda
che si univa nei canti del poeta,
non più il profumo e l'isola del talamo,
né più era il possesso dell'uomo.

Era già sciolta come lunga chioma
e già dispersa come pioggia in terra,
e diversa come un retaggio in cento.

Ella era già radice.

E quando all'improvviso
il dio la fermò e con dolore
pronunciò le parole - Si è voltato!,
lei non comprese e disse piano - Chi?

Ma lassù, scuro sull'uscita chiara,
stava qualcuno, irriconoscibile.
Stava e guardava un tratto del sentiero
in mezzo ai prati ove il dio del messaggio
si voltava in silenzio, mesto in viso,
e si avviava a seguire la figura
che già ripercorreva quel sentiero,
con il passo frenato dalle bende,
incerta, mite e senza impazienza.



       Rainer Maria  Rilke ,  1904






4 commenti:

  1. Meraviglioso Rilke.....sembra di vedere la scena in ogni suo particolare.
    Grazie. Di tutto!!!

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  2. Per la mia particolare sensibilità, trovo che nessuno sappia attraversare poeticamente il mistero della morte come Rilke. E la poesia
    che trovo insuperabile - in questo senso - è " Requiem per un'amica".
    Grazie per la visita e la condivisione...

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  3. Davvero molto bella non la conoscevo.. Grazie di cuore.
    Maurizio

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  4. Sì, Rilke ha un modo straordinario di arrivare alle radici più profonde di noi e io mi sento sempre molto " toccata " dalle sue liriche.
    Il grazie è mio, per la gradita visita.

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