(...) La solitudine è definita dalla relazione all'altro, cosa che non
avviene nell'isolamento. E' anzi possibile dire che l'isolamento,
nei riguardi della solitudine, è quello che il mutismo è nei
riguardi del silenzio. Tacere, essere nel silenzio, significa che
si ha - o si può avere - qualcosa da dire, anche se non si ha
voglia di dire nulla; mentre nel mutismo non si ha la possibilità
di dire alcunché. Nella solitudine, cioè, si continua ad essere
aperti al mondo delle persone e delle cose e, anzi, al desiderio,
alla nostalgia di mantenersi in una relazione significativa con
gli altri, e questo in antitesi all'isolamento che si definisce
meglio come " solitudine negativa" in cui si rimane chiusi in
se stessi, perduti al mondo e alla trascendenza nel mondo.
La solitudine è un momento della vita nel quale si continuano
a realizzare valori interpersonali e comunitari, sia pure in
modi diversi da quelli che si attuano nella vita
quotidiana: quando siamo radicati e immersi in relazioni
incrinate dalla febbrile ricerca di mete e di risultanze concrete.
La solitudine è come la dimensione diastolica della vita che
rischia di essere - ogni volta - divorata dall' homo faber
che si nasconde in ciascuno di noi e che rinasce sulla scia
delle nostre noncuranze emozionali . (...)
Eugenio Borgna da La solitudine dell'anima
"Soltanto i più forti fanno i conti con la solitudine molti la riempiono con chiunque"...
RispondiEliminaCi sono vari modi ( e tutti deleteri) per non fare i conti con se stessi: da prendere" quello che c'è" pur di non sentirsi soli allo stordirsi con tutti gli eccessi che il mercato offre...
EliminaGiustamente è stato detto che la solitudine è una malattia del nostro tempo( quando è venuto meno ogni genere di solidarietà ). Più corretto sarebbe però parlare di " isolamento":
qualche volta subito, altre volte conseguente al fatto di non aver messo in atto presidi preventivi.
La solitudine,in seguito all'abbandono(lo specifico poiché un conto è scegliere di stare soli ed un'altro è ritrovarsi soli senza un perché,senza preavviso),io l'ho vissuta in tre fasi...all'inizio è a dir poco devastante,stai solo perché ti senti vivo senza più una motivazione,vivi ma non vivi,tutti,tanti ti cercano ma tu li allontani e ti torturi al pensiero di chi ti ha abbandonata,e più ti allontana e denigra e più senti il bisogno di starle vicino...poi c'è stata la presa di coscienza di chi sei,come individuo ed inizi a credere in te stesso nelle tue capacità,e cominci ad amarti,coltivi le tue passioni(lettura,sport,comunicazione...)..ed in fine impari che questa solitudine ti porta ad un silenzio che non è buio ma è luce,che non è più abbandono ma scelta,che non ti castra ma è fertile...e la tua solitudine non la riempi con chiunque,diventi molto selettiva ma non per presunzione od arroganza ma semplicemente proprio perché in passato hai riempito la tua solitudine con quel "chiunque" che ti ha portato a fare questo durissimo percorso che,come per beffa, ti ha reso fortissima.
EliminaBorgna è davvero penetrante nelle sue analisi e posso "vantarmi" che per un certo periodo abbiamo avuto lo stesso "datore di lavoro". Naturalmente lui stava al "piano nobile" ed io su nelle soffitte.
RispondiEliminaTieni conto che i tempi sono cambiati e oggi le soffitte sono diventate ambite ( e lussuose ) mansarde....
EliminaUn sorriso.
Si potrebbe dire, dopo la lettura del commento di Francesca che -
RispondiEliminaparadossalmente - è meno importante da dove si parte rispetto a dove si arriva...