giovedì 8 dicembre 2016

LETTERA DI GABRIELE A BARBARA



21 Agosto 1887


A quest'ora tu avrai ricevuto la mia lettera di ieri, forse . Sono le
dieci. Come sai, l'interruzione è stata involontaria. Ora sto assai
meglio: questa mattina non ho febbre e la spalla mi dà un fastidio
sopportabile; domani o domani l'altro sarò guarito perfettamente.
La nostra partenza era fissata per la notte di lunedì, quando si leva
il vento di terra. Ma oggi piove. Speriamo bene.
Io sto qui a Castellamare, solo con Adolfo, mentre i miei stanno a
Pescara, dall'altra riva del fiume. Ho un alloggio da canottiere, tutto tappezzato di grandi stuoie giallastre, di bandiere multicolori
e di lanterne nautiche e di remi. Dormo sopra una branda, assai
stretta, dove il mio corpo sta come in una bara. Il solo lusso di questa casa umile sono i tappeti d' Oriente e i cuscini.
Quando non era ancora giunto il mio amico ed io ero solo, ho
pensato spesso che sarei stato molto felice se tu avessi animato la
solitudine, se tu fossi apparsa una notte sulla soglia, d'improvviso.
La piccola branda avrebbe accolto i nostri corpi avviluppati
ardentissimamente, e il mare avrebbe coperto con la sua grande
monotonia i gridi della nostra passione e i singhiozzi della nostra
voluttà. Come ti amerò, quando ti avrò ancora! Mi pare quasi che
al contatto della tua carne, della tua carne così dolce e così ricca
d'oro e così profumata di naturali aromi, io morirò di piacere.
Quando ripenso ai baci che io ti dava su tutto quanto il corpo, sul
seno piccolo ed eretto, sul ventre perfetto come quello di una
vergine statuaria, su la rosa che è calda e viva e soave come la tua
bocca, su la coscia che ha la mollezza del velluto e il sapore di un
frutto succulento, su le ginocchia che tu invano mi contendevi
ridendo e contorcendoti, e nella piegatura delle ginocchia che è
così delicata e fresca e infantile, e su la schiena tutta dorata e
sparsa d'acini d'oro e segnata d'un solco dove la mia lingua
correva rapida e umida nella carezza, e sui lombi e sui fianchi di
meravigliosa bellezza, e su la nuca e tra i capelli e su le lunghe
ciglia palpitanti e su la gola: quando ripenso a tutta quell'onda di
gioia che mi attraversava le vene soltanto nel guardarti ignuda, mi
sento rabbrividire ed ardere e tremare, e ti tendo le braccia con
un disperato impeto di desiderio e singhiozzo sotto l'oppressione
dell'angoscia d' amore.
Addio. Ti avviserò quando partirò. E se partirò.
S'io verrò, potrò averti, potrai tu essere tutta mia?. Credo che sarebbe un'orribile tortura vederti soltanto senza possederti.
Ti voglio.
Addio, amore. Pensami sempre


                Gabriel



   Gabriele D' Annunzio da   Lettere d'amore a Barbara Leoni




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