domenica 18 dicembre 2016

LE FERITE DELLE DONNE ( L'amore romantico ) ( 3 )




(...) Negli stati medio- alti della società, le relazioni fra i sessi ( e
      non solo ) erano regolate dalla morale borghese, che si basava
      sul controllo dei sentimenti e sul perbenismo di facciata, teso a
      nascondere e a colpevolizzare le manifestazioni della sfera
      istintuale, considerate una minaccia per l'ordine della società.
      Questo codice di comportamento negava lo spazio riservato all
      amore e all'attrazione naturale verso una determinata persona,
      rimuovendo l'affettività in nome delle convenzioni sociali.
      L'esclusione della vita pulsionale alimentava - però - pesanti
      tensioni, rese ancora più drammatiche dal mito dell'amore
      romantico, che con la sua carica passionale e sensuale rendeva
      evidenti la distanza tra le pratiche sociali e i modelli
      immaginari.
      Diffusosi fra gli intellettuali e le classi privilegiate, il codice
      dell'amore romantico predicava la sublimazione degli istinti in
      nome di una visione spirituale e angelicata dell'amore, che
      veniva considerato una forza purificatrice e catartica, capace
      di elevare l'uomo verso le più sublimi sfere dell'essere. Esso
      prevedeva - pertanto - il disprezzo per gli aspetti materiali e
      corporei della vita in nome di mete alte e immateriali. Nella
      percezione quotidiana, l'idealizzazione dell'amore romantico,
      si traduceva nel gusto per gli aspetti più sdolcinati dell'amore,
      nell'elogio della castità come garanzia della purezza del
      sentimento, nell'esaltazione del furore passionale come
      affermazione di libertà e di elevazione spirituale.
      Questo processo di idealizzazione della sfera emotiva implicava
      una nuova visione della donna, che recuperò la duplicità di
      angelo e di diavolo tipica del Medioevo. In quanto intimamente
      legata ai meccanismi della vita e della morte, la donna veniva
      considerata una creatura tentatrice e satanica, preda degli
      istinti più misteriosi e controllabili, istinti - però - che il
      Romanticismo esaltava come antitesi di una ragione ritenuta
      troppo fredda e calcolatrice, e quindi inibitrice della sfera
      pulsionale. E' questa l'immagine della donna-sfinge, la donna
      misteriosa e seduttrice, capace di scatenare risposte sfrenate
      da parte dell'uomo.
      Parallelamente - però - l'amore romantico, celebrava una
      visione opposta della femminilità, che ne esaltava gli aspetti
      spirituali. Così, elevata e nobilitata, la donna diventava una
      figura celeste, in grado di condurre l'uomo verso le mete più
      sublimi. A  sostenere questa nuova immagine idealizzata della
      femminilità, intervenne anche la Chiesa cattolica che, con la
      proclamazione nel 1854 del dogma dell' Immacolata
      Concezione, abbandonò l'idea della donna tentatrice per
      esaltare la donna come figlia spirituale di Maria, simbolo di
      purezza e di dedizione. La carità e la comprensione divennero
      gli attributi di questa donna- angelo, garante della
      comunicazione tra l'uomo e il mondo invisibile. Sdoganata dai
      suoi aspetti istintuali e naturali, la  donna veniva così
      riabilitata come depositaria della fede, figura mistica capace
      di salvare l'uomo dal suo gretto materialismo e facendolo
      accedere alle sfere del divino. (...)


          Vera  Slepoj   da    Le ferite delle donne

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