lunedì 9 ottobre 2023

PROPERZIO PER CYNTIA

 


                                                                      Sesto Aurelio Properzio





ELEGIA  IV  7


Sunt aliquid manes


Il rogo non chiude ogni conto, i

Mani sono qualcosa:

riesce talora un'ombra a

strapparsi al fuoco

prima che il corpo sia del tutto

cenere:

e così Cinzia - fra poco

sepolta ai margini d'una via

chiassosa -

livida larva dal fragile aspetto

sul mio troppo grande e freddo 

letto

scricchiolando i pollici urgente

reclina:

la veste bruciata a metà

e al dito scarnito il solito berillo.

M' appare quando un dormire

difficile

va e viene da me dopo lo strazio

della morte di Amore:

e se i capelli e gli occhi sono di

lei,

il suo labbro è incolore, quasi

che

avesse già per sete

bevuta l'acqua del Lete.

Ma ha slancio e voce come di

chi vive :

" Traditore" mi fa " dura scorza,

che migliore sperarti una donna

non deve,

come il sonno può in te avere

forza?

Già scordasti l'animata Suburra,

l' intesa furtiva e la notturna

finestra da cui

annodando lenzuola son scesa

le braccia alternando, a

gettarmiti appesa?

Ci amammo in quel trivio, e la

terra

stiepidì sotto i nostri mantelli.

Giurati patti, vana parola:

li ha dispersi una fola

di scirocco.

" Ah, Pro! Già svaniva il mio

sguardo,

tu non c'eri a chiamarmi per

nome,

eppure a sentir la tua voce

un giorno di più avrei vissuto!

Ah Pro! Neppure è venuto

da me l'esorcista a scacciare

il maligno! E una tegola storta

m'ha buttato la tempia al

passar della porta!

Dov'eri tu? Nessuno t'ha visto

bagnare di pianto una toga nera:

ah, fossi almeno stato accanto

alla soglia, magari imponevi

che più lento il mio feretro

avanzasse,

e poi presso il rogo imploravi

che più adagio il vento

soffiasse...

Ma ti pesò anche questo,

lanciarmi dei fiori

da quattro soldi, a dar profumo

alla mia legna: e lo so,

nemmeno romperai

un orciolo di nardo al mio

sepolcro.

" Sbiancarono il mio vino col

veleno!

Appresta a  Ligdamo una lamina

rovente!

E i polsi di Nomade la berbera

che ha preparato di nascosto il

filtro

falli legare ad un braciere 

ardente!

 Corri, va' a casa! Quell'avanzo

d' Africa

vestita fino ai piedi d'oro e

porpora

vi spadroneggia, e vessa le mie

schiave

se dicono che ero bella !

 Ha gettato ai carboni il mio

ritratto!

e Pètale, perché al mio funerale

una corona ha tratto, giace

ad un lurido ceppo incatenata,

e Làlage, siccome osò invocare

il mio nome, l' ha appesa pei

capelli

e bastonata!

Dovrei accusarti e lo meriti,

Properzio:

ho dominato nei tuoi libri, ma

da grande infedele: e invece

giuro

- sull'irrevocabile magico

carme del Fato

giuro - ti fui fedele; e se

t'inganno

m'insegua un Cerbero a tre gole

affamato,

e una serpe s'avviti intorno a

me.

Quando sarò sul Lete, sarò

presa

a bordo del vascello

inghirlandato

delle oneste, non certo

sull'obesa

e nera chiatta delle traditrici

che porta Clitennestra e le sue

pari:

io nell'opposta direzione andrò,

verso luoghi dove brezze felici

accarezzano le rose,

e dove timbrate corde e delicati

flauti

accompagnano Andromeda e

Ipermestra

mentre piangono ciò che le rese

famose:

l'una il suo bel corpo avvinto alle

rocce,

l'altra il gesto assassino delle

quarantanove sorelle

che lei non imitò. Così le lacrime

dei morti consacrano l'amore

avuto e dato:

non voglio rivangare i tuoi torti,

Properzio.

" Però ti prego: se riesco a

commuoverti,

se l'erba Clòride non tutto ti

possiede,

nulla manchi a Partenia mia

nutrice

nel tempo che le resta. E senti

ancora:

Latri, mia prediletta, mai non 

debba

regger lo specchio a una nuova

Signora.

I versi che nel mio nome

scrivesti, bruciali

tutti quanti. Non serbar lodi a

me:

strappa piuttosto l'edera davanti

alla mia fossa, ché complicate

radici

non abbiano a stringere le mia

tenere ossa.

 E dove il caro fiume s'adagia in

campi ombrosi,

scrivi su una colonna un carme

breve:

Qui la splendida Cinzia

in terra tiburtina giace e

aggiunge, o Aniene,

prestigio alla tua pace.

" E se ti giungon sogni dal

mondo dei Beati,

capiscili, amor mio! E adesso

addio.

Nella notte dei morti, liberati,

vaghiamo,

ma è legge che all'aurora

dobbiamo 

tornare alla palude che ci

attende:

e là il nocchiero soppesando il

diaccio

carico, ogni mattina in barca ci

riprende.

Addio Properzio. Ora t' abbiano

altre,

presto t'avrò io sola. Tu con me,

io con te,

le nostre ossa insieme, per

sempre".

E quando turbata m ' ebbe dette

queste parole, l'ombra

scomparve nel mio abbraccio.




           Sesto Aurelio Properzio   dal romanzo  Cinzia con i suoi occhi. Un'autobiografia di Sesto Properzio ( Trad di P. Zullino )




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