Endimione dormiente
Il titolo della raccolta rimanda in modo esplicito al Mito di Endimione, eroe della mitologia greca. Secondo le versioni più importanti, egli viene amato da Selene ( la Luna ), da cui ebbe cinquanta figlie, mentre da Zeus ricevette la possibilità di sostituire la morte con un sonno eterno.
Damiani - a sua volta - si addentra con decisione e maestria nelle pieghe del mito : il poeta, infatti, è lo stesso Endimione dormiente e che sogna con accanto un cane. In realtà egli non dorme affatto, ma medita sul proprio destino e sui dubbi esistenziali che lo affliggono. Il poeta è anche colui che canta poeticamente il suo amore con i toni e lo stile dell'idillio, intrecciando pensieri, ricordi, slanci amorosi. Come Endimione, anche l'autore sogna, e il sogno esorcizza la paura della morte, mentre in altri passaggi il sogno testimonia il senso della continua rinascita delle cose del mondo; altre volte ancora il sogno riporta il poeta ai ricordi dell'infanzia, e infine riconduce finalmente alla luna : " Non ci sono più , sono volato / come un fiocco lieve di fumo / come una foglia sono caduto/ con un breve volo nell'aria, / m' hai visto solo un istante dormire / e dopo non c'era più , /io t'ho vista per un istante sola / illuminare tutto il cielo ".
Molte volte la vita è sofferenza,
altre volte ci sono stati dei mattini luminosi,
dei risvegli; c'era nebbia e si saliva
come su strade di montagna
dove il cielo era sempre azzurro
e si sentiva come una chiamata, un appello
come se tutti fossimo chiamati in un punto
verso quelle nuvole, al di là di loro,
e c'era poi una donna, non saprei dire chi fosse,
se piangeva o sorrideva, una donna
che piegava il capo con dolcezza.
***
Tutti si muovono, vanno su, vanno giù,
fanno questo, fanno quest'altro,
e chi sono io, chi sei tu?
tu invece non facevi niente
stavi lì , seduta
e soltanto sorridevi.
***
Camminavamo per questa strada
in mezzo ai fiori,
e ogni tanto ci baciavamo,
tu eri molto contenta dei fiori
e delle siepi, e accarezzavi le api
ed eri sorpresa delle lucertole,
l'aria era bianca e fina e tu la respiravi,
io la respiravo nella tua bocca
e la espiravo, il sole in alto brillava
e diffondeva la sua luce su tutto.
Più bianchi erano i tuoi piedi
dei colombi che si posavano
sui rami alti dei pini.
***
Di ansia sono fatto io, e non poso il capo
come questi tronchi sopra la terra solida
o come queste fronde posano quiete nell'aria.
Guarda queste foglie, come sono tenere
e questi baci che gli vorresti dare
sopra le care pagine, e di loro
ti vorresti fare una veste per ballare
o una coperta di vita verde in cui avvolgerti e cantare.
***
E poi volevo dirti anche un'altra cosa:
poiché siamo tutti in questo magma di fuoco,
attaccati l'uno all'altro, di una sola sostanza,
anche il peggior nemico è tutt'uno con te,
e tutto il tempo - senza saperlo - gli dai la mano;
e anche un'altra cosa voglio dirti : le donne più belle,
quelle inarrivabili, inavvicinabili, eteree,
anche se non sembra le baci tutti i giorni
e tutte le notti - senza saperlo- le abbracci.
***
C'è stato un tempo, ricordi
che vagavamo insieme
e ci baciavamo ad ogni angolo,
ogni portone era il nostro;
tu a volte piangevi
di felicità
e ti asciugavi gli occhi;
io allora ti stringevo a me
e ti baciavo.
Alcune volte mangiavamo un gelato
o semplicemente passeggiavamo,
poi veniva e sera e tu eri più bruna
si faceva più scuro il tuo viso
e gradatamente - passo dopo passo -
il giorno era finito,
ma sentivo il tuo respiro, il cuore che batteva,
appoggiavo l'orecchio al margine del tuo seno,
sulla riva della tua bocca,
stavo sull'orlo in bilico
e ti sentivo,
come un filo lunghissimo cui tu tenevi un capo
e dall'altra parte, dopo infiniti chilometri,
la mia piccola mano.
Claudio Damiani da Endimione
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