giovedì 13 febbraio 2025

LA SEMIOTICA NOTTURNA DI CRISTINA



                                                                Fotografia di Cristina Kontoglou




" Semiotica notturna " è la nuova silloge poetica di Cristina Eléni Kontoglou poeta e fotografa italo- greca. Con questa raccolta, l' autrice si riallaccia all' opera precedente, " Volturno arcano " ( 2023 ), in cui rifletteva sul legame uomo - natura, osservazioni che ha continuato anche in quest' opera recente, portandole però su un altro livello. Qui l' uomo viene osservato nella sua relazione con la città, nel suo specchiarsi non più nel naturale, ma nell' artificiale. La metropoli descritta dall' autrice ha connotati post moderni che evidenziano sì la solitudine e l' alienazione dell' uomo, ma in cui avviene anche una trasformazione che - partendo dalla materia impura - giunge alla sua purificazione. Anche in queste liriche è presente il richiamo a un passato mitico in cui aumenta il grado di visionarietà e le poesie appaiono ricche di simbologie arcane. In particola modo, ciò che caratterizza quest'opera sono i riferimenti ai processi alchemici, nelle tre sezioni in cui è divisa la Raccolta : Materia,  Sublimazione  Trasmutazione , che ricordano le fasi alchemiche della Nigredo  dell'  Albedo  e della  Rubedo , in cui la materia si corrompe, si purifica e si ricompone privata del superfluo : solo l' essenza deve rimanere, che altro non è che la verità dell' essere. L ' autrice cita al riguardo un detto alchemico che recita : " L ' opera più naturale e perfetta consiste nel produrre ogni cosa secondo la propria essenza ".

  




MATERIA


Ricerco annessioni

comprensioni di senso

precisazioni,

la terra accidentata che frana

per sfaldarsi nella fessura del tempo,

si frantuma come una goccia

di olio di enotera aggiunta

all' impasto dei sassi,

troppo friabile

per spaccarsi con decisione;

è una terra preparatoria

da coprire con i canovacci bagnati

per non lasciare evaporare le essenze.

Lascio passare le notti e gli attimi

sotto le maglie strette del colino.

Sulle ciglia cade il succo.

La lava sopra

il cielo in basso,

ha una capacità di sorpasso

delle mie risposte:

sono ancora più avanti

delle mie cinque lune,

una per estremità.

Sulla testa la luna regina,

la madre dei vizi limbici

balla una danza di tuono

mentre le sue mani

eclissano le mie branchie.

Ai piedi giacinti agitano le caviglie,

allacciano intromissioni.

Io vorrei farmi erba amara

per essere colta in primavera,

quando la terra mi strattonerà

per rimettermi al passo con gli altri.

Ma sono arrivata a piedi senza contare

solo al quinto sigillo,

alla luna della retrocessione.

E mi metto in fila

dietro alle pecore

aspetto la mia razione

di erba medica,

fino alla notte in cui il lupo

divorerà le ancelle,

mi farà sua

- senza dannazione.



                                                   ***


PLASTICA


Agosto.

Mi ricordavo diversa la città.

Me la ricordavo diversa mentre

non riconosco più le buche.

E tu,

riconosci le mie buche ?

Ma non è ancora agosto,

forse è per questo

che scivola la mano

dentro

i pantaloni delle strade

e si ritrova a vagare

tra i vizi azzurri

delle pozzanghere

sugli zigomi

dei marciapiedi.

Tra le mani un liquido vischioso,

la testa all' indietro

cento occhi

che mi guardano tra le clavicole.

Mi vorrebbero sradicare

spogliare,

per ora

diresti solo che mi osservano.

E sono i tuoi.



                                                ***


REVOLVER

Ti ho sparato mirando bene

al centro della scena

- la potenza della cartuccia

non diversa

da una buona taratura,

una variazione

in difetto

provoca inceppi,

in eccesso

mette in difficoltà il tiratore -

E invece 

il rumore del tuo cuore

mi ha distratta.

rubava lo spazio di un' eclisse

tra le lame delle sillabe e l' odore

del piombo.

Era una piccola cosa

slegata dal resto.

E ho sparato a salve

per non dire

di non aver dimenticato

come si maneggia

un colpo ben assestato.



                                                     ***


VIRGO OSCURA


Cos'è questa tela

in cui mi fai credere

di essere fatta di catrame,

insinui e reciti

le mie mancanze

un dislivello

tra il pennello e il quadro.

E io mi faccio liquida fuga

ascoltando le tue parole mentre

scivolo

di nero bitume

splendo

di nero vergare oltre

i bordi delle cornici.

E tu mi rinfacci anche

questo mio macchiare

questo essere

uguale solo al mio

ostinato profanare.



                                               ***


PLATINO


Le parole dopo il tramonto sono

vetri di bottiglia masticati,

suppurano liquidi ambra

negli angoli dei perdoni sventrati

si attardano sul fondo

delle scatole di fiammiferi

mentre gli asfalti

appena ritoccati il giorno

debordano sulla costa al tramonto.




                   Cristina Eléni Kontoglou   da   Semiotica notturna



Nessun commento:

Posta un commento