lunedì 30 dicembre 2024

L ' UOMO SAPIENTE

 


                                                             " Cogito ergo sum"



COME UNA FORTEZZA


Benedetto l' uomo

che non siede sul banco dei beffardi -

l' uomo che non denigra, non deride o denuncia;

che non è " tipicamente intemperante",

che" non cerca scuse, ritirate o equivoci; e sarà udito..."


Benedetto l' uomo che  " assume il rischio di una decisione -"

e rivolge a se stesso la domanda:

" Sarà questa la vera soluzione?

E' giusto il mio modo di vedere ? Sarà nell' interesse generale ?"

Ahimé. I compagni di Ulisse hanno imparato

a essere politici - indulgono a se stessi finché il senso morale è soffocato,

han perso il senso delle proporzioni,

scambiano la licenza per emancipazione

e sono " schiavi incatenati con le proprie mani".

Gli scrittori impudenti, decisamente immondi,

decisamente guasti, come se invece fossero profondi

e straordinari, sono vecchia impostura rivestita,

coscienza impermeabile in contrasto col carattere vero.

Oltraggiato da " menzogne private e onta pubblica" benedetto è l' autore

che apprezza quello che i boriosi sprezzano -

che non si arrenderà. Benedetto è l' uomo che non transige.


Benedetto l' uomo la cui fede è diversa

dall' egoismo - di tempra non soggetta alle " cose che appaiono soltanto" -

che non può concepire la sconfitta, troppo intento a ritrarsi ;

il cui occhio illuminato ha visto l' asta che indora la torre del sultano.




       Marianne Moore   da  Maria Bosio  " D' amore e di ragione " ( Donne e Spiritualità )


                                              ***


Il mio più caro Augurio  a tutti perché il 2025   sia  un Anno di consapevolezza e di sapienza.



                                         frida



venerdì 27 dicembre 2024

IL FIAT DI PAOLA

 




     Se si potesse donare la vita...





Paola Tricomi,( 32 anni ), affetta da Atrofia Muscolare Spinale ( SMA ), è ricercatrice presso l' Università per stranieri di Siena ed è attivista per i diritti delle persone con disabilità : per questo è stata nominata Cavaliere all'ordine della Repubblica. 





Raccontami cosa si prova

a portare alla bocca un bicchiere

calibrando bene il moto e il peso

tra labbra e polso,

e bere. Raccontami

com'è camminare

sentendo la terra sotto la pianta

e la tensione dei muscoli così leggeri,

correre e saltare.

Raccontami, se lo ricordi ancora,

il tempo in cui si gattona

e quello di un morso

alla mela mentre gocciola il succo sul braccio.

Raccontami, dal ricordo di un' immagine o di invenzione :

com'è pettinarsi

e farsi scivolare un abito di seta,

mettersi il rossetto

per ammirare poi lo spettacolo della maschera.


Se allo specchio non ci riconosciamo,

è perché non ci conosciamo;

se, pur vedendoci, non ci vediamo,

è perché vediamo.

La conoscenza sprofonda nel sonno,

la visione è cieca.

Solo l' anima conosce,

ma è una stella direttiva e altissima,

è una colonna vertebrale scissa,

avvolta nel bozzolo della cecità o rimozione.


Io con te non avrei fatto l' amore :

mi sarei scambiata l' anima.

Sul letto uno sopra l' altro

sul bordo dell' abisso ridendo.

Cantando le stelle per metterle in saccoccia

illudendoci d' eterno.

Ti avrei chiesto un'intervista a me stessa

dove io avrei scritto le domande

e tu le mie risposte.

Come due fanciulli,

come quando ci siamo lasciati.



                                             ***


Se si potesse donare il respiro,

come si dona il sangue.

Se si potesse donare il tempo

come si dona un organo.

Se si potesse donare la vita

come si dona un bacio.

Se si potesse donare una sorte di stelle,

come si dona l' amore.

Se si potesse donare sollievo

come si dona una poesia.



                                                ***


Il mio amore per te è la mia più vera malattia

che mi guarisce dalla paura della morte.

Non amarti sarebbe una liberazione

che spegnerebbe la mia linfa vitale.

Il mio amore per te è la mia casa, il mio sentiero di pace,

lontano da ogni sofferenza

e la condanna del non poter venirne fuori.

Il mio amore per te non è riuscire a fare a meno

di perdonarti  tutto ciò che non potrei

perdonare a nessun altro.

E' capirti senza capirti,

sentirti senza sentieri, nel silenzio assoluto.

Il mio amore per te è una fiamma sempre accesa, 

che arde, consuma e illumina,

che più manca l' ossigeno e più si vivifica,

che sa di essere completamente inutile,

uno spreco immane, ma sente in sé

la necessità più estrema dell' esistere.


Il mio amore per te è attenderti all' infinito

in quel campo in cui tu non sarai mai

ma in cui io ti riconosco da sempre.



                                                ***


Quand'è accaduto che abbiamo imparato a interrompere

il nostro sentire

l' altro ( il mio prossimo : tu, tuo prossimo : io, me stesso )

- unica dote dell' umano e dell' animale addomesticato ?

Forse è accaduto quando abbiamo iniziato a travestire l' emozione,

l' abbiamo dopata per un utile,

l' abbiamo sottovalutata per doparci di logica

da rendercela a nausea

da confondere la coscienza,

da rendere la visione una sovrapposizione di labirinti

e la psiche narcolettica.

Forse è accaduto quando abbiamo iniziato a cambiare grammatica

dal " noi" al " me"

dall' " io tra voi " all' " io prima"

dal " me con loro" al " dopo me " ( se resta tempo ).

Quando ci hanno insegnato la centralità dell' individuo

mentre si smagliava la società in milioni di universi irraggiungibili.

Quando ci siamo convinti che tutto ha un prezzo

mentre noi per primi ci siamo trasformati in merci.

Quando ci hanno dimostrato che essere lupi tra lupi è tutelarsi

mentre si apriva la porta dell' inferno di solitudine fra esseri.

Quando ci hanno fatto vedere un mondo infinito a cui ambire

e la propria scalata comr l' unico nostro dovere.

Quando abbiamo esaltato la specialità in manti di ipocrisia

per appiattirci all' omologazione, semplificazione, velocizzazione, robotizzazione,

dimenticando che l' unica connessione autentica è " il me con te ".

Quando abbiamo dilatato gli orizzonti dei nostri mondi all' infinito

moltiplicando le vie a potenza ennesima

e le relazioni umane in metaversi spazi

senza prestare fede alla parola autentica,

senza insegnarla, senza ricordarne il suono.

Quando abbiamo smesso di crederci

perché non la riconoscevamo più

perché abbiamo perso la chiave nella catene delle interpretazioni.

perché l' abbiamo venduta e prostituita

e le connessioni semantiche sovrastrutturate si sono sfaldate.

Quando ci viamo venduti con lei per sopravvivere.


Il primo uomo si è messo l' impermeabile.

Il secondo lo aveva sottopelle.

Il terzo incarnava un pulsante di spegnimento.

Nel quarto l' anestetico era automatismo.

Nel quinto neppure consapevolezza.



                   Paola  Tricomi     da        Fiat



martedì 24 dicembre 2024

NOTTE DI NATALE



                                                     La cometa di Natale  ( Foto dal web )



La stella non si è ingannata,

quando ha chiamato chi era più

lontano,

perché si incamminasse verso il Dio

a lui vicino.


La stella non si è ingannata,

indicando la via del deserto,

la più umile, la più dura.


La stella non si è ingannata,

fermandosi sopra le case di gente

umile :

è nato il grande futuro.


Il tuo cuore non si è ingannato,

mettendosi in cammino

in cerca dell' ignoto.


Il tuo cuore non si è ingannato,

inginocchiandosi

dinanzi al Bambino.




                            Klaus Hemmerle      Teologo e Vescovo tedesco



 A tutti i miei Auguri più cari.


                          

                                         frida



OTTO VOLTE NATALE

 


                                             Marc Chagall -  Sogno di una notte di Natale



Natale, credo, scada il bollino blu

del motorino, il canone URAR TV,

poi l' IMU e in più il secondo 

acconto IRPEF - o era INRI ?

La password, il codice utente, PIN e PUK

sono le nostre dolcissime metastasi.

Ciò è bene, perché io amo i contributi,

l' anestesia, l' anagrafe telematica,

ma sento che qualcosa è andato perso

e insieme che il dolore mi è rimasto

mentre mi prende acuta nostalgia

per una forma di vita estinta : la mia.



                                                      ***


NATALE DELLE CENERI : UN MONOLOGO


Mia madre mi inflisse la vita.

F.R. De Chataeubriand


" Maledetto fu il giorno in cui nacqui ".

Così parlava Geremia, e continuò:

" E' nella Mangiatoia, non sul Golgota,

il vero sacrificio del Signore.


Scegliamo di morire, non di nascere,

mettiamo al mondo i figli, non noi stessi;

e chi vorrebbe infliggersi una pena

talmente disumana? Solo  Cristo


ebbe la forza di darsi la vita

come il suicida che si dà la morte.

Non la Crocefissione, ma la Culla


è segno di martirio, lutto, scandalo:

non il Legno su cui versare il sangue,

bensì la Grotta nella quale accoglierlo ".



                                                    ***


USANZA DELL' ISOLA DI CEO


La morte più volontaria è la più bella.

La vita dipende dalla volontà altrui, la

morte dalla nostra.


        ( Montaigne )


Se Cristo volle scegliere di vivere,

perché non potrei scegliere di s- vivere ?

La libertà è amare il suo Natale

si specchierà nel mio giorno mortale

scelto attraverso Santa Eutanasia,

nostro natale, auto - eucarestia.



                                            ***


Porgere l' altra guancia

fu una rivoluzione copernicana:

spingere l' odio alla periferia

del nostro sistema celeste,

per mettere al centro la stella,


un Sole - Amore che illumini la Terra !

Facile a dirsi, ma tra il dire e il fare

c'era di mezzo il Male,

e questa Eclissi che non finisce mai

e getta la sua ombra sul Natale.



                                             ***


E PER CONOSCENZA


Con la presente, nel ribadire la sua ferma convinzione che la Chiesa rappresenti un Ufficio Reclami ingiustificabilmente e inqualificabilmente privo del suo diretto Responsabile, e reputando Dio un arto fantasma, vivo solamente nel dolore della sua amputazione, il sottoscritto e viceversa,


DICHIARA


di nulla aver a pretendere sul piano del risarcimento personale limitatamente al giorno del Natale


(... l' incanto della mattina gialla e bianca,


calda e conclusa in sé, trepido uovo


d' amore covato nella notte


dentro un paesaggio d' orrore... )


Roma, 25 Dicembre 2007


In fede


            Valerio Magrelli  


Poesie tratte da     Il sangue amaro




lunedì 23 dicembre 2024

AUGURI ERETICI

 


                        Caravaggio - Natività con i Santi Lorenzo e Francesco d' Assisi




(... )  Vi auguro di essere eretici.

Eresia deriva da una termine greco e significa " scelta". 

Eretico è una persona che sceglie e - in questo senso - è colui che più della verità ama la ricerca della verità. E allora io ve lo auguro di cuore questo coraggio dell' eresia. Vi auguro l' eresia dei fatti prima che delle parole, l' eresia che sta nell' etica prima che nei discorsi. Vi auguro l' eresia della coerenza, del coraggio, della gratuità, della responsabilità e dell' impegno. Oggi è eretico chi mette la propria libertà al servizio degli altri, Chi impegna la propria libertà per chi ancora libero non è. 

Eretico è chi non si accontenta dei saperi di seconda mano, chi studia, chi approfondisce, chi si mette in gioco in quello che fà.

Eretico è chi si ribella al sonno della coscienza, chi non si rassegna alle ingiustizie, chi non pensa che la povertà sia una fatalità.

Eretico è colui che non cede alla tentazione del cinismo e dell' indifferenza, che crede che solo nel " noi" " l' Io " possa trovare una realizzazione.

Eretico è chi ha il coraggio di avere più coraggio.



                                  Don Luigi Ciotti



Agli Auguri " eretici " di Don Ciotti mi associo anch'io e penso e spero per voi un Natale di consapevolezza e di pace.



                                           frida



venerdì 20 dicembre 2024

INEDITI DI ROBERTO PAZZI

 


                                                       Il mondo mi scivola dalle dita...



( ... )A un anno dalla scomparsa di Roberto Pazzi ( 2 Dicembre 2023 ), affiorano questi cinque testi inediti grazie all' opera di archiviazione e conservazione del Centro Studi a lui intitolato situato a Ferrara, proprio nella dimora dello scrittore, il cui Comitato Scientifico è presieduto da Dacia Maraini. Tra i versi di Pazzi, il visibile trascolora in invisibile, salvato dalla parola della Poesia, l' anticipo di una trasformazione semica : ciò che la parola poetica nomina si sottrae al peso della corporeità e dell' impermanenza cui è destinata dal divenire. Il poeta si conferma  una penna della durata e della continuità, facendo suoi i tre assoluti di Wislawa Szymborska : " La gioia di scrivere. / Il potere di perpetrare / La vendetta di una mano  mortale ". Una vendetta incorruttibile - quella della scrittura - capace di garantire una quota di eterno alle forme viventi, ai mondi, alle civiltà che franano nell' ombra, depositata al sicuro. Nei suoi ultimi versi, Pazzi parrebbe condividere  l' oraziano " non omnis moriar ", sfiorando appena le forme sensibili, l' allegria delle sue attese d' amore, la forma intatta del desiderio preservato dal compimento, il piacere di nominare la cosa nel rinvio all' infinito del possesso . (... )

( Matteo Bianchi )






DESIDERIO


Riprendimi, incantami,

possiedimi, tormentami,

non lasciarmi,

tienimi con te,

non voglio perderti,

stringimi ancora,

tu mi difendi dalla paura

che solo il nulla sia alle spalle

e non la calda folla dei volti,

quando ti persuadevi a perdonarmi

se ti seguivo,

se ti tradivo nel sorriso

di chi mi rubava

e subito il tuo fuoco

accendeva il lampo del sì,

perché sempre sei tu a tenermi,

tu compi il miracolo,

somigli all' eternità,

spopoli il nulla,

tu solo vinci,

desiderio.



                                                 ***


IL BACIO DELLA NOTTE


Vince la luce,

perdono le tenebre,

farfalla catturata dalla lampada,

mosca presa dall' odore,

già uccello lanciato verso il sole.

Allodola o usignolo ?

Ormai ci sfioriamo

poco prima dell' alba,

quando la notte bacia il giorno.

Chi mai sarà colui che s' avanza ?

Non lo conosco, ma lui conosce me,

mi sorride, aspetto che mi chiami.



                                               ***


LA CHIAMATA INFINITA


Chiudendo la telefonata

esito a spegnere la tua voce,

spero che lo faccia tu,

balbetto parole di congedo

a provare quando non ti sentirò più,

non trovo il coraggio

di farti cadere

lo lascio alla forza delle cose.

Verrà il giorno

che uno di noi due

mentirà l' arrivederci

sapendo che non ci sarà

più una chiamata

neanche dall' aldilà.

Ma tu ribatti e protesti,

se non sento dirmi ciao

non la finiamo più,

e così mi hai detto scherzando

proprio quello che vorrei.



                                                ***


LA VITA FRA LE DITA


Il mondo mi scivola dalle dita,

il desiderio di correre e vederlo

è sempre giovane,

eppure me ne sto a letto

assaporando la partenza infinita,

baciato dalla dolcissima

mattina d' ottobre.

Mi lusinga sotto le coperte

la voglia di partire,

le carte d' imbarco già pronte,

il numero di posto sempre dispari,

ma non ho paura del tredici

né del diciassette,

sono dentro la mia vita

che scoppia se non la stringo,

se non le sfilo l' anello dal dito

per metterlo sotto la lingua

e sparire per gioco

come quando d' incanto sparirò.



                                                      ***


LA FERMATA


Il mondo sognava di fermarsi

nel suo galoppo verso il nulla,

era il sogno che volevi raccontare

ma non ci sei riuscita, stavi male,

hai detto solo sono stanca

te lo dirò domani,

e non hai avuto quel domani.

Ormai infinita la promessa,

ora so quanta fretta avevi, Emilia,

quasi morendo volessi aiutare

il mondo a fermarsi

prima che nemmeno a sostare

riuscisse più,

perché in quel temporaneo arresto

c'è un amore per la vita così grande

da bruciare le parole a dirlo.

Ecco perché oggi molti parlano

di quel che non sanno

e che invece tu sapevi.

E i molti che non sanno

aiutano il mondo

con la loro paura,

non hanno altro.




                         Roberto  Pazzi         Inediti



giovedì 19 dicembre 2024

QUARANTADUE LAMENTAZIONI DI GEREMIA

 


                                                  Con una nebbia che sfuma e poi sfuma...



La felicità è inafferrabile, la sofferenza si può abitare, ha un volto, non ti abbandona. E in fondo c'è la soglia ultima di un " dopo " irrevocabile, che porta altrove l' immaginazione o la annichilisce. Nel testo di Beatrice Zerbini la morte appare quale impulso metafisico capace di abbracciare la vita con tutte le paure e le sofferenze che impastano questo nostro stare al mondo. La parola poetica , d' altro canto, è capace di portare a presenza e di mescolare l' accaduto con il non accaduto, trattenendo un corpo di ricordi tanto ostinato quando doloroso, oppure scandito dall' aperura e dalla compassione per il flusso che continua. La morte è paura di morire, perdita di una persona cara, con tutto il dolore che questo comporta, seppure nella poeta prevale il senso di un voler bene, in una vicinanza di spirito che non si estingue.




Il compleanno dei morti

si festeggia da soli

in un segreto

che non fa scalpore.


I pasticcini sono mòniti e puntelli

di cose fatte

e indietro

e spente;


i salatini polpastrelli

esausti

che mollano la presa;


i cappellini degli invitati ignari

sono abusi

di fantasie.


E sui bicchieri bianchi

sparsi

alla tavola dei restanti

c'è scritto :

perché

perché

perché,

da non confonderci.


Al compleanno dei morti, i regali

implodono, mine

sulle vetrina da fuori

sono colori che ti piacevano

e ossessioni tue

e prese in giro che se tu fossi...

Ma non sei.


Al posto

degli applausi, stare zitti,

al posto delle orecchie

da tirare, gli occhi

che sono cento o forse

uno solo, immenso ;


dei cappotti sul letto,

un vago freddo ;

delle risate in sala

una fitta;

al posto degli auguri

una poesia non letta.



                                                  ***


Ti scrivo da un aeroporto,

dal margine

della sala d' attesa. Fra poco

sarò così vicina 

a te che ti sperdi

fra le nuvole, che spargi

ciò che era il movimento

in ciò che non si muove.


Sto arrivando, sto

per mettere la testa negli azzurri.


Ti mando questo 

pensiero come a dirti

spero dove sei tu ora, che

tu stia bene e che il tuo cuore

continui a battere veloce, che tu

abbia tempo 

per riposare e che mi pensi

ogni tanto e sappia

con chi parlo quando è a te

che non posso parlare.



                                              ***


Il cadavere dei cani non è

come quello di noi umani.


Nessun pallore,

la bocca non è aperta

e non è bocca;

solo il respiro si assomiglia,

l' abbassarsi del petto

come una nebbia che sfuma e poi sfuma,

finché tutto

all' improvviso è chiaro.



                                                ***


Tu che non sei

tu c'eri un giorno;


non scuoto, trattengo immobile

il tuo miracolo disabitato

adesso


sfiori di te

quel che rimane : fredda

la tua febbre

sul mio termometro.



                                                   ***


Ho paura che sia

per dolori differenti,

ma le guance sono tiepide

come le pietre prima

che si spezzi il lago; sono forse

le nostre infanzie che non si incontrano.

Vestiamo insieme queste bambole

che non vogliono mangiare.




                   Beatrice  Zerbini    da    Quarantadue



domenica 15 dicembre 2024

RIUNITI NEL NULLA

 




      Mi afferro come a una tavola il naufrago...





                                                                                                           ( Insopportabile Saffo )


E poi c'è anche l' amore che non chiede niente

solamente di essere lì, guardare il sole

nei riccioli che muore, terribilmente bello

come al tempo della Ragazza impossibile,

quella della scogliera, in cima, e vacilla

l' ultimo sole dietro le palpebre.


" Riuniti nel nulla", che strana espressione.

Mi afferro come a una tavola

il naufrago - che già intende il canto

dolcemente feroce della sua Calypso segreta.

I capelli bianchi ondeggiano verso l' antro in riva al mare.

Tornare a casa in quel ventre senza paura.



           Jean - Charles Vegliante   da    Quadernario ( Almanacco di poesia contemporanea )    Trad. di Mario Benedetti



sabato 14 dicembre 2024

I VERSI A DIO DI LEA



                                               Beato il nostro amore nei suoi patimenti...



Lea Golberg nacque nel 1911 da una famiglia ebraica lituana a Konisberg, ( Prussia orientale ) dove studiò filosofia e letteratura, e in seguito - a Berlino - filologia e lingue semitiche. Lea , con una scelta precoce, maturata a quindi anni , sceglie di scrivere in ebraico " Per me, non scrivere in ebraico equivale a non scrivere affatto " dice. Nel 1935 si trasferisce in Israele, che diverrà la sua seconda patria. Nel 1938, a Tel Aviv, incontra  Avraham Ben Yitzchak, lo straordinario Sonne, eternato da Elias Canetti ne " Il gioco degli occhi" . Sonne dimostrava una " sovrana conoscenza" in ogni religione e sapeva citare all' istante e testualmente ogni passo da qualunque libro, senza la minima esitazione, in un tedesco di meravigliosa bellezza. Inoltre  possedeva una straordinaria conoscenza della Bibbia ebraica . Per Lea è l' amore, ma segnato dall' impossibile, avvelenato. ( Avraham pubblica una manciata di poesie ( undici ) tra il 1908 e il 1918, ripiegandosi nel silenzio per il resto della sua vita ). " Aver conosciuto un uomo così è certo un privilegio, ma anche una catastrofe " scrive la poeta nel suo diario , esercizio di quotidiana confessione. Quell' amore insolito e insoluto, tuttavia, si sdebita con l' ispirazione : Lea Golberg scrive poesie in forme chiuse, spesso cifrate, di grande nitore, A volte le dedica a Sonne - che gradisce - pur nella retrovie della sua enigmatica ritrosia. Per lui - soprattutto - scrive un saggio " Incontro con un poeta ", pubblicato nel 1952. Sonne era morto due anni prima, lasciando in Lea un precoce senso di decrepitezza e di deserto del mondo. " Il giorno del mio compleanno, il 29 maggio, è morto Sonne. Da allora ogni cosa - eccetto questo fatto - ha perso importanza " scrive. Attraversò due guerre  e scrisse : 

(...) In tempi di guerra non solo è concesso al poeta di scrivere poesie d' amore, ma ha il dovere di farlo, perché anche in tempi di guerra l' amore ha un valore più grande dell' omicidio... è suo dovere ricordare che esistono al mondo valori semplici ed eterni capaci di rendere la vita più preziosa, la morte più perfetta... (...)
Non si sposerà mai e morì nel Gennaio 1970 a Gerusalemme.



                     Da qualche parte qualcuno, qualcosa -
                     alba oscura, pascoli di granito...
                     Il fiume, le foglie nel fruscìo della caduta,
                     canzone nella boscaglia
                     sto passando -

                     Passo come questo autunno
                     poso i passi sul primo ghiaccio :
                     crudo, opaco, fragile nel crollo
                     sepolto nell' alba buia, piovosa.

                     Passo come quella stella
                     scivolo in quella luce che non è luce
                     dietro l' orizzonte, oblio
                     dove incontri l' altra notte.

                     
                                  Lea  Goldberg


                                 

 

BEATI COLORO IL CUI SORRISO SBOCCIO' NELLA BUFERA


Beati coloro il cui sorriso sbocciò nella bufera

come luce di stelle sulla furia delle onde,

beati coloro che si incontrano in giorni tristi

e la loro letizia splende nell'ombra.


Beato chi venne nel giorno dell' amarezza

e lume per l' amico fu il suo lume,

beato il  nostro amore nei suoi patimenti,

è lui stesso ricompensa al patire.


Beata, me beata che nel cavo della mia mano

mi fu dato di riscaldare le tue dita

il giorno che mi apparve davanti la mia morte,


e una sola scintilla dal fulgore dei tuoi sguardi

alle mie tenebre portai come un monile.



                                                   ***


L' ECO


Nell' ombelico dei cieli resta l'eco:

come greve sterile nube che pioggia non rende.


Non ritorna alla mia voce solitaria,

alla mia voce che si perde innecessaria.


Ai freddi cieli rivolgo umile preghiera,

suppliche sgomente lancio nel silenzio :

cieli, chiedete pietà per una parola che è matura,

non vada il canto a deserti luoghi.



                                                       ***


PINO


Qui non posso udire la voce del cuculo,

qui l' albero non indosserà una mantella di neve

ma qui, all' ombra di questi pini,

tutta la mia infanzia risorge alla vita.

Lo scampaìo degli aghi tanto tempo fa -

chiamano patria lo spazio della neve,

e il ghiaccio verdastro che incatena il fiume

lingua della poesia in una terra straniera.

Forse solo gli uccelli migratori conoscono

 - quando sono sospesi tra la terra e il cielo -

questo dolore di avere due patrie.

Con voi sono stata piantata due volte,

con voi - pini - sono cresciuta,

le mie radici in due terre diverse.



                                              ***


IL VIAGGIO PIU' BREVE


Il viaggio più breve è quello degli anni.

La luce non è ancora passata.

La casa crollò. Il muro si mosse.

Ed ecco stanno l' uno accanto agli altri come vicini

le mie notti di oggi, i miei giorni di allora.

Che cosa si dissero? Siamo invecchiati ? Siamo cambiati ?

Il viaggio più breve è quello dentro il passato.

Ti ricordi? Un mare freddo, due navi che si abbracciavano,

bambini in cima a una collina sollevavano torce -

Siamo invecchiati ? Siamo cambiati ?

Credimi : fino a domani ho ancora ore assai lunghe.



                                       ***


DAVVERO VERRANNO ANCORA GIORNI


Davvero verranno ancora giorni di perdono e di grazia

e camminerai nel campo con l' ingenuo viandante.


La pianta dei tuoi piedi nudi accarezzerà i fili d'erba

e le solennità delle spighe ti pungeranno, e la loro puntura sarà dolce,

oppure la pioggia ti sorprenderà, con la massa battente delle sue gocce

sulle spalle, sul petto, sul collo e ti rifrescherà il capo.


Davvero camminerai ancora nei campi e la quiete si diffonderà in te,

respirerai il profumo del solco trovando pace a ogni respiro,

vedrai il sole nello specchio della pozza dorata,

le cose e la vita saranno semplici e sarà permesso toccarle

e sarà permesso, permesso, permesso amare.


Camminerai nei campi da sola,

non ti brucerai nella vampa degli incendi

in strade indurite dal sole e dal sangue.

E con cuore sincero sarai ancora umile e docile

come un filo d' erba, come un essere umano

cui è permesso, permesso, permesso amare.



                                                  ***


COME IL RAGGIO DI LUCE


Come il raggio di luce, che fende

il calice di cristallo nel suo cuore

animandosi nei giochi di colori

e nelle danze di bagliori addormentati,

ha attraversato la mia mente il ricordo

del tuo sguardo di allora.

Puoi sentirmi? Stanotte ho riso.



                                                   ***


FIORITURA DEL RICINO


Fioritura del ricino figlia d' una sola notte

cupo caldo carminio tra il nero di foglie velluto.

Un filare d' alberi rasenta il recinto spinato.

Tardo rientrava all'ovile il gregge

affaticato. Il celeste in smanie dalle spalle

sgrondava una nube smagliante.

Tutto andrà perduto come luce in acque correnti.

Tutto sorgerà per sempre nel fermo profumo agreste.

Rossa e morbida è l' erba al tramonto

come spuntata dalla quiete del mio sangue.



                                          ***


L'  ALBA MORENTE


Sempre più pallido il marmo in una illune

alba di brume al calare delle stelle.

Passa il cigno nella grigiura

come ombra di nube. Dall' abisso invano

implora il cieco narciso la sua figura.

Dalla meridiana il tempo sfuma.

Come verrà il giorno se non ha né

sembianze,

se a destarlo non c'è nel nido l' implume ?



                                                  ***


AH, CHE BELLA ERA QUEL GIORNO LA CITTA'...


Ah, che bella era quel giorno la città

nella chiara cerchia dei suoi monti,

e la sua aggraziata vecchiezza quanto

spendeva ai giovani raggi dei tuoi occhi.


E le cime delle torri quanto si ingentilivano

alla solarità del tuo sorriso intelligente.

I vicoli simili a un branco di cervi

a te fiduciosi affluivano.


Restammo estatici sulla soglia

nella quiete dell' infinito radicati

simili a una coppia di alberi felici -


rigoglio di mandorlo e senilità di ulivo.

Come luccicavano le rocce alla rugiada,

come fioriva la pietra sui monti !



                Lea  Goldberg   da    Versi a Dio  -     Lampo all' alba  e Fulmine al mattino       Trad. di Paola Messori


 

mercoledì 11 dicembre 2024

POESIE DI HUGO MUJICA

 


                                                Amare già da adesso ciò che mai saremo...



Poeta fra i più importanti del panorama contemporaneo argentino, filosofo e saggista, Hugo Mujica ha avuto indubbiamente una vita singolare, se non altro per aver trascorso sette anni - in silenzio - in un monastero trappista. I suoi testi sono scarni e brevi, dove sembra quasi venga fatto l' appello all' essenziale e a una frontalità che lo caratterizza : la chiamata ad esserci - come per un appuntamento - in un tempo senza tempo, un presente sprezzante e poco socievole con la malinconia di un " temps perdu". E' una poesia che veglia, desta e tesa, che ha la malinconia di chi si è trovato insieme quasi solo per comporre un quadro, la malinconia di qualcosa che è con qualcos' altro, ma da cui potrebbe - da un momento all' altro - separarsi. Cosa unisce questi elementi compositivi? Nei testi di Murjica pare che ci sia una sola risposta : tutto, cioè nulla. Non ci sono didascalie al senso e al significato dell' esistenza. Si percepisce solo che in questi brani gli estremi opposti coabitano generando quasi un senso di pace.

Sono poesie drammatiche, tese, in pace.

 

(  Liberamente tratto dalla Prefazione di Francesca Serragnoli )




ALBA


fermo,

come se non si muovesse

affinché il sangue non

debordi 

la bocca


fermo,


come se sentisse un uccello

ferito

sul palmo della mano


senza chiudere la mano

senza aprire gli occhi.


c'è una fede che è assoluta:


una fede senza speranza.



                                                ***


CI SONO CANI CHE MUOIONO DELLA MORTE DEL PADRONE


ci sono cani

che muoiono della morte

del padrone


corpi che non fanno

l' amore,

fanno la paura


che non si agitano,


tremano.


e ci sono uomini

nei quali muore dio

come una goccia di

ceralacca

sul petto

di un busto di marmo,


sono quelli che piangono

quando credono

di stare parlando,

o gridano quando sognano,

ma all' alba

dimenticano il grido

con cui accesero la notte.


ci sono uomini nei quali

geme dio

perché non trova un uomo

dove morire di carne,


ma non piange come chi lo

fa

da solo,

piange come chi piange

abbracciato a un bambino.



                                         ***


PRIMA DI NIENTE, PER NIENTE


I


ci sono vite che si 

consumano

dietro una finestra,


muoiono senza aver trovato

una via,

muoiono perché non sono

partite.


ci sono preghiere che sono

la loro propria eco;


speranze che sono specchi:

aspettano

solo ciò che aspettano,

si trasformano nella statua

di quello che aspettavano,


sono la paura di perdere,

non il desiderio

dell' incontro.



II


ci sono altre, altre vite che

palpitano vita:

cercano

ciò che ancora non ha

nome

fanno del caso la loro

speranza,


non guardano in lontananza, fanno

della lontananza una

scorciatoia.


è quella degli uomini che

parlano con parole

che non sono parole,

sono colpi

contro il petto della vita,


come quelli dei carcerati

contro i muri

affinché da un' altra cella

qualcuno risponda.


sono come muti che

muovono

le labbra

in un girotondo di ciechi,


come muti, sì,

ma senza chiudere la

bocca, senza tradire l' urlo.



III


e ci sono vite che né urlano

né colpiscono,

che non hanno neppure

mura sulle quali

tatuare un nome,

sulle quali incidere il loro

passaggio,


sono vite alle intemperie: è

l' attesa

in carne viva,


come quella di un

mendicante in mezzo

a una terra deserta


davanti a nessuno, per

niente,

ma senza abbassare né

chiudere la mano.



                                              ***


ABBANDONO


tra il pugno

e la mano che si apre


                                     si


dispiega una vita.


solo la morte non ci è

estranea,

solo ciò che più ci

appartiene nasce in noi


dall' abbandono.


L


amare già da adesso

ciò che mai saremo,


così l' eternità,

       così ogni battito.




                   Hugo Mujica   da    E tutto nomina  - Trad. di F. Serragnoli