lunedì 16 settembre 2024

UNA ROSA NEL BICCHIERE PER FRANCO

 



                                                              Calabria, rosa nel bicchiere...




Franco Costabile, calabrese di Sambiase, nato nel 1924 e poi trasferitosi a Roma dove fu allievo di Ungaretti.

E' la Calabria, con i suoi dolori e le sue miserie, con l'emigrazione e la povertà, con la disperazione e l'orgoglio, a trasmettere ai versi la sua asprezza, troncandoli, spezzandoli, lanciandoli in appassionate nostalgie e in dolci illusioni che talora mitigano il risentimento e  l'indignazione. Nessuna enfasi, ma una sincerità a volte brutale che dipinge la sua terra e le sue verità. Un dolore che diventa stanchezza e che porta il poeta a togliersi la vita a 41 anni, nel 1965.

Ungaretti scrive per lui questo epitaffio : " Con questo cuore troppo cantastorie / dicevi ponendo una rosa nel bicchiere / e la rosa si è spenta a poco a poco / come il tuo cuore, si è spenta per cantare / una storia tragica per sempre "






AUTUNNO


Si getta la luna

nei getti felici del

mosto

che scorre 

nell'imbuto.


E tu, amore,

riversa sotto il traino,

ora che si accende

e vacilla il petrolio

alla lanterna,

ti riposi

ad una breve cantilena

d'organetto.


Questa notte

all' aroma del fieno

berremo il vino nuovo

come tu volevi.



                                       ***


SCALPITA LA MULA


Dorme il gallo

e continua la luna

oltre i canneti.

Una lanterna

già nel vicolo è accesa,

scalpita la mula:

è l'alba calabrese

che ruba al contadino

anche il sonno.



                                               ***


DOPO IL VINO E LA DONNA


Il proprietario

dorme al pergolato

dopo il vino e la donna.

Lontano,

a un orizzonte di calura

continua all'aratro

l' ecce homo.



                                                  ***


I PALI DEL TELEGRAFO


I pali del telegrafo,

ecco che c'è di nuovo

al mio paese.

Parole lunghe

traffici di prefettura

fonogrammi neri

che vanno e vengono

dalla questura.

Ma c'è di bello

che i passeri sui fildirame

se ne stanno a cantare

tutto il giorno

e a non saperne niente.



                                              ***


E' DEL PADRONE


La terra

che attraverso

prima del gallo

è del padrone.

Il grano

che mi cresce

sotto gli occhi

mattina per mattina

è del padrone.

I colpi di fucile

che vengono dal fiume

sono del padrone.

Le donne,

le risate sull' aia

a mezzogiorno

sono sempre del padrone.

Ma il sole che mi scalda

non è del mio padrone.



                                               ***


ABBASSA I TUOI CIELI


Abbassa i tuoi cieli,

o Signore, e discendi :

i servi non sanno

in quale strada è la luce,

pur se il buio attende

anche l'occhio dei ricchi.

Tu che innalzasti

con sapienza i ghiacciai

e assisti nel parto le cerve,

tocca i loro comignoli,

falli fumare : tu soltanto,

che hai creato le rose

e le loro ossa già secche.



                                                ***


LA ROSA NEL BICCHIERE


Un pastore

un organetto

il tuo cammino.

Calabria,

polvere e more.


Uova

di mattina

al tuo canestro.

Calabria,

galline sotto il letto.


Scialli neri

al tuo mattino

di emigranti.

Calabria,

pane e cipolla.


Lettera 

dall' America

il tuo postino.

Calabria,

dollari nel bustino.


Luce

d' accetta

l' alba

nei tuoi boschi.

Calabria,

abbazia di abeti.


Una rissa

la tua fiera.

Calabria,

d'uva rossa

e di coltelli.


Vendetta

il tuo onore.

Calabria,

in penombra,

canne di fucili.


Vino

e quaglie,

la festa

ai tuoi padroni.

Calabria,

allegria

di borboni.


Carrette

alla marina

la tua estate.

Calabria,

capre sulla spiaggia.


Alluvioni,

carabinieri

i tuoi autunni.

Calabria,

bastione

di pazienza.


Un lamento

di lupi

i tuoi inverni.

Calabria,

famigliola

al braciere.


Francesco di Paola

il tuo sole.

Calabria,

casa

sempre aperta.


Un arancio

il tuo cuore,

succo d' aurora.

Calabria,

rosa nel bicchiere.




                     Franco  Costabile    da   La rosa nel bicchiere




4 commenti:

  1. Mi hanno colpito i passeri a riposare sui fili del telegrafo, con mille parole a transitare inconscie sotto le loro zampette.. chissà quali vibrazioni potrebbero mai percepire, e se ne concepiscano il sollievo, il pericolo o piuttosto l'assurdo.

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  2. Se fossi un uccellino sul filo del telegrafo troverei assurdo tutto quel formicolìo di gente che si affanna di sotto mentre è tanto più bello cantare a gola spiegata al cielo!
    Noi invece dovremmo tener presente che nessuno degli uccellini, che pur non seminano e non mietono, è mai morto di fame...

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  3. Scarne senz'altro di parole, eppure così pregne si emozioni.
    Molto belle

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  4. Sì, nella maggio parte emozioni legate alla sua Terra tanto amata, di cui coglie tutte le potenzialità rimaste inespresse .

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