venerdì 20 dicembre 2024

INEDITI DI ROBERTO PAZZI

 


                                                       Il mondo mi scivola dalle dita...



( ... )A un anno dalla scomparsa di Roberto Pazzi ( 2 Dicembre 2023 ), affiorano questi cinque testi inediti grazie all' opera di archiviazione e conservazione del Centro Studi a lui intitolato situato a Ferrara, proprio nella dimora dello scrittore, il cui Comitato Scientifico è presieduto da Dacia Maraini. Tra i versi di Pazzi, il visibile trascolora in invisibile, salvato dalla parola della Poesia, l' anticipo di una trasformazione semica : ciò che la parola poetica nomina si sottrae al peso della corporeità e dell' impermanenza cui è destinata dal divenire. Il poeta si conferma  una penna della durata e della continuità, facendo suoi i tre assoluti di Wislawa Szymborska : " La gioia di scrivere. / Il potere di perpetrare / La vendetta di una mano  mortale ". Una vendetta incorruttibile - quella della scrittura - capace di garantire una quota di eterno alle forme viventi, ai mondi, alle civiltà che franano nell' ombra, depositata al sicuro. Nei suoi ultimi versi, Pazzi parrebbe condividere  l' oraziano " non omnis moriar ", sfiorando appena le forme sensibili, l' allegria delle sue attese d' amore, la forma intatta del desiderio preservato dal compimento, il piacere di nominare la cosa nel rinvio all' infinito del possesso . (... )

( Matteo Bianchi )






DESIDERIO


Riprendimi, incantami,

possiedimi, tormentami,

non lasciarmi,

tienimi con te,

non voglio perderti,

stringimi ancora,

tu mi difendi dalla paura

che solo il nulla sia alle spalle

e non la calda folla dei volti,

quando ti persuadevi a perdonarmi

se ti seguivo,

se ti tradivo nel sorriso

di chi mi rubava

e subito il tuo fuoco

accendeva il lampo del sì,

perché sempre sei tu a tenermi,

tu compi il miracolo,

somigli all' eternità,

spopoli il nulla,

tu solo vinci,

desiderio.



                                                 ***


IL BACIO DELLA NOTTE


Vince la luce,

perdono le tenebre,

farfalla catturata dalla lampada,

mosca presa dall' odore,

già uccello lanciato verso il sole.

Allodola o usignolo ?

Ormai ci sfioriamo

poco prima dell' alba,

quando la notte bacia il giorno.

Chi mai sarà colui che s' avanza ?

Non lo conosco, ma lui conosce me,

mi sorride, aspetto che mi chiami.



                                               ***


LA CHIAMATA INFINITA


Chiudendo la telefonata

esito a spegnere la tua voce,

spero che lo faccia tu,

balbetto parole di congedo

a provare quando non ti sentirò più,

non trovo il coraggio

di farti cadere

lo lascio alla forza delle cose.

Verrà il giorno

che uno di noi due

mentirà l' arrivederci

sapendo che non ci sarà

più una chiamata

neanche dall' aldilà.

Ma tu ribatti e protesti,

se non sento dirmi ciao

non la finiamo più,

e così mi hai detto scherzando

proprio quello che vorrei.



                                                ***


LA VITA FRA LE DITA


Il mondo mi scivola dalle dita,

il desiderio di correre e vederlo

è sempre giovane,

eppure me ne sto a letto

assaporando la partenza infinita,

baciato dalla dolcissima

mattina d' ottobre.

Mi lusinga sotto le coperte

la voglia di partire,

le carte d' imbarco già pronte,

il numero di posto sempre dispari,

ma non ho paura del tredici

né del diciassette,

sono dentro la mia vita

che scoppia se non la stringo,

se non le sfilo l' anello dal dito

per metterlo sotto la lingua

e sparire per gioco

come quando d' incanto sparirò.



                                                      ***


LA FERMATA


Il mondo sognava di fermarsi

nel suo galoppo verso il nulla,

era il sogno che volevi raccontare

ma non ci sei riuscita, stavi male,

hai detto solo sono stanca

te lo dirò domani,

e non hai avuto quel domani.

Ormai infinita la promessa,

ora so quanta fretta avevi, Emilia,

quasi morendo volessi aiutare

il mondo a fermarsi

prima che nemmeno a sostare

riuscisse più,

perché in quel temporaneo arresto

c'è un amore per la vita così grande

da bruciare le parole a dirlo.

Ecco perché oggi molti parlano

di quel che non sanno

e che invece tu sapevi.

E i molti che non sanno

aiutano il mondo

con la loro paura,

non hanno altro.




                         Roberto  Pazzi         Inediti



giovedì 19 dicembre 2024

QUARANTADUE LAMENTAZIONI DI GEREMIA

 


                                                  Con una nebbia che sfuma e poi sfuma...



La felicità è inafferrabile, la sofferenza si può abitare, ha un volto, non ti abbandona. E in fondo c'è la soglia ultima di un " dopo " irrevocabile, che porta altrove l' immaginazione o la annichilisce. Nel testo di Beatrice Zerbini la morte appare quale impulso metafisico capace di abbracciare la vita con tutte le paure e le sofferenze che impastano questo nostro stare al mondo. La parola poetica , d' altro canto, è capace di portare a presenza e di mescolare l' accaduto con il non accaduto, trattenendo un corpo di ricordi tanto ostinato quando doloroso, oppure scandito dall' aperura e dalla compassione per il flusso che continua. La morte è paura di morire, perdita di una persona cara, con tutto il dolore che questo comporta, seppure nella poeta prevale il senso di un voler bene, in una vicinanza di spirito che non si estingue.




Il compleanno dei morti

si festeggia da soli

in un segreto

che non fa scalpore.


I pasticcini sono mòniti e puntelli

di cose fatte

e indietro

e spente;


i salatini polpastrelli

esausti

che mollano la presa;


i cappellini degli invitati ignari

sono abusi

di fantasie.


E sui bicchieri bianchi

sparsi

alla tavola dei restanti

c'è scritto :

perché

perché

perché,

da non confonderci.


Al compleanno dei morti, i regali

implodono, mine

sulle vetrina da fuori

sono colori che ti piacevano

e ossessioni tue

e prese in giro che se tu fossi...

Ma non sei.


Al posto

degli applausi, stare zitti,

al posto delle orecchie

da tirare, gli occhi

che sono cento o forse

uno solo, immenso ;


dei cappotti sul letto,

un vago freddo ;

delle risate in sala

una fitta;

al posto degli auguri

una poesia non letta.



                                                  ***


Ti scrivo da un aeroporto,

dal margine

della sala d' attesa. Fra poco

sarò così vicina 

a te che ti sperdi

fra le nuvole, che spargi

ciò che era il movimento

in ciò che non si muove.


Sto arrivando, sto

per mettere la testa negli azzurri.


Ti mando questo 

pensiero come a dirti

spero dove sei tu ora, che

tu stia bene e che il tuo cuore

continui a battere veloce, che tu

abbia tempo 

per riposare e che mi pensi

ogni tanto e sappia

con chi parlo quando è a te

che non posso parlare.



                                              ***


Il cadavere dei cani non è

come quello di noi umani.


Nessun pallore,

la bocca non è aperta

e non è bocca;

solo il respiro si assomiglia,

l' abbassarsi del petto

come una nebbia che sfuma e poi sfuma,

finché tutto

all' improvviso è chiaro.



                                                ***


Tu che non sei

tu c'eri un giorno;


non scuoto, trattengo immobile

il tuo miracolo disabitato

adesso


sfiori di te

quel che rimane : fredda

la tua febbre

sul mio termometro.



                                                   ***


Ho paura che sia

per dolori differenti,

ma le guance sono tiepide

come le pietre prima

che si spezzi il lago; sono forse

le nostre infanzie che non si incontrano.

Vestiamo insieme queste bambole

che non vogliono mangiare.




                   Beatrice  Zerbini    da    Quarantadue



domenica 15 dicembre 2024

RIUNITI NEL NULLA

 




      Mi afferro come a una tavola il naufrago...





                                                                                                           ( Insopportabile Saffo )


E poi c'è anche l' amore che non chiede niente

solamente di essere lì, guardare il sole

nei riccioli che muore, terribilmente bello

come al tempo della Ragazza impossibile,

quella della scogliera, in cima, e vacilla

l' ultimo sole dietro le palpebre.


" Riuniti nel nulla", che strana espressione.

Mi afferro come a una tavola

il naufrago - che già intende il canto

dolcemente feroce della sua Calypso segreta.

I capelli bianchi ondeggiano verso l' antro in riva al mare.

Tornare a casa in quel ventre senza paura.



           Jean - Charles Vegliante   da    Quadernario ( Almanacco di poesia contemporanea )    Trad. di Mario Benedetti



sabato 14 dicembre 2024

I VERSI A DIO DI LEA



                                               Beato il nostro amore nei suoi patimenti...



Lea Golberg nacque nel 1911 da una famiglia ebraica lituana a Konisberg, ( Prussia orientale ) dove studiò filosofia e letteratura, e in seguito - a Berlino - filologia e lingue semitiche. Lea , con una scelta precoce, maturata a quindi anni , sceglie di scrivere in ebraico " Per me, non scrivere in ebraico equivale a non scrivere affatto " dice. Nel 1935 si trasferisce in Israele, che diverrà la sua seconda patria. Nel 1938, a Tel Aviv, incontra  Avraham Ben Yitzchak, lo straordinario Sonne, eternato da Elias Canetti ne " Il gioco degli occhi" . Sonne dimostrava una " sovrana conoscenza" in ogni religione e sapeva citare all' istante e testualmente ogni passo da qualunque libro, senza la minima esitazione, in un tedesco di meravigliosa bellezza. Inoltre  possedeva una straordinaria conoscenza della Bibbia ebraica . Per Lea è l' amore, ma segnato dall' impossibile, avvelenato. ( Avraham pubblica una manciata di poesie ( undici ) tra il 1908 e il 1918, ripiegandosi nel silenzio per il resto della sua vita ). " Aver conosciuto un uomo così è certo un privilegio, ma anche una catastrofe " scrive la poeta nel suo diario , esercizio di quotidiana confessione. Quell' amore insolito e insoluto, tuttavia, si sdebita con l' ispirazione : Lea Golberg scrive poesie in forme chiuse, spesso cifrate, di grande nitore, A volte le dedica a Sonne - che gradisce - pur nella retrovie della sua enigmatica ritrosia. Per lui - soprattutto - scrive un saggio " Incontro con un poeta ", pubblicato nel 1952. Sonne era morto due anni prima, lasciando in Lea un precoce senso di decrepitezza e di deserto del mondo. " Il giorno del mio compleanno, il 29 maggio, è morto Sonne. Da allora ogni cosa - eccetto questo fatto - ha perso importanza " scrive. Attraversò due guerre  e scrisse : 

(...) In tempi di guerra non solo è concesso al poeta di scrivere poesie d' amore, ma ha il dovere di farlo, perché anche in tempi di guerra l' amore ha un valore più grande dell' omicidio... è suo dovere ricordare che esistono al mondo valori semplici ed eterni capaci di rendere la vita più preziosa, la morte più perfetta... (...)
Non si sposerà mai e morì nel Gennaio 1970 a Gerusalemme.



                     Da qualche parte qualcuno, qualcosa -
                     alba oscura, pascoli di granito...
                     Il fiume, le foglie nel fruscìo della caduta,
                     canzone nella boscaglia
                     sto passando -

                     Passo come questo autunno
                     poso i passi sul primo ghiaccio :
                     crudo, opaco, fragile nel crollo
                     sepolto nell' alba buia, piovosa.

                     Passo come quella stella
                     scivolo in quella luce che non è luce
                     dietro l' orizzonte, oblio
                     dove incontri l' altra notte.

                     
                                  Lea  Goldberg


                                 

 

BEATI COLORO IL CUI SORRISO SBOCCIO' NELLA BUFERA


Beati coloro il cui sorriso sbocciò nella bufera

come luce di stelle sulla furia delle onde,

beati coloro che si incontrano in giorni tristi

e la loro letizia splende nell'ombra.


Beato chi venne nel giorno dell' amarezza

e lume per l' amico fu il suo lume,

beato il  nostro amore nei suoi patimenti,

è lui stesso ricompensa al patire.


Beata, me beata che nel cavo della mia mano

mi fu dato di riscaldare le tue dita

il giorno che mi apparve davanti la mia morte,


e una sola scintilla dal fulgore dei tuoi sguardi

alle mie tenebre portai come un monile.



                                                   ***


L' ECO


Nell' ombelico dei cieli resta l'eco:

come greve sterile nube che pioggia non rende.


Non ritorna alla mia voce solitaria,

alla mia voce che si perde innecessaria.


Ai freddi cieli rivolgo umile preghiera,

suppliche sgomente lancio nel silenzio :

cieli, chiedete pietà per una parola che è matura,

non vada il canto a deserti luoghi.



                                                       ***


PINO


Qui non posso udire la voce del cuculo,

qui l' albero non indosserà una mantella di neve

ma qui, all' ombra di questi pini,

tutta la mia infanzia risorge alla vita.

Lo scampaìo degli aghi tanto tempo fa -

chiamano patria lo spazio della neve,

e il ghiaccio verdastro che incatena il fiume

lingua della poesia in una terra straniera.

Forse solo gli uccelli migratori conoscono

 - quando sono sospesi tra la terra e il cielo -

questo dolore di avere due patrie.

Con voi sono stata piantata due volte,

con voi - pini - sono cresciuta,

le mie radici in due terre diverse.



                                              ***


IL VIAGGIO PIU' BREVE


Il viaggio più breve è quello degli anni.

La luce non è ancora passata.

La casa crollò. Il muro si mosse.

Ed ecco stanno l' uno accanto agli altri come vicini

le mie notti di oggi, i miei giorni di allora.

Che cosa si dissero? Siamo invecchiati ? Siamo cambiati ?

Il viaggio più breve è quello dentro il passato.

Ti ricordi? Un mare freddo, due navi che si abbracciavano,

bambini in cima a una collina sollevavano torce -

Siamo invecchiati ? Siamo cambiati ?

Credimi : fino a domani ho ancora ore assai lunghe.



                                       ***


DAVVERO VERRANNO ANCORA GIORNI


Davvero verranno ancora giorni di perdono e di grazia

e camminerai nel campo con l' ingenuo viandante.


La pianta dei tuoi piedi nudi accarezzerà i fili d'erba

e le solennità delle spighe ti pungeranno, e la loro puntura sarà dolce,

oppure la pioggia ti sorprenderà, con la massa battente delle sue gocce

sulle spalle, sul petto, sul collo e ti rifrescherà il capo.


Davvero camminerai ancora nei campi e la quiete si diffonderà in te,

respirerai il profumo del solco trovando pace a ogni respiro,

vedrai il sole nello specchio della pozza dorata,

le cose e la vita saranno semplici e sarà permesso toccarle

e sarà permesso, permesso, permesso amare.


Camminerai nei campi da sola,

non ti brucerai nella vampa degli incendi

in strade indurite dal sole e dal sangue.

E con cuore sincero sarai ancora umile e docile

come un filo d' erba, come un essere umano

cui è permesso, permesso, permesso amare.



                                                  ***


COME IL RAGGIO DI LUCE


Come il raggio di luce, che fende

il calice di cristallo nel suo cuore

animandosi nei giochi di colori

e nelle danze di bagliori addormentati,

ha attraversato la mia mente il ricordo

del tuo sguardo di allora.

Puoi sentirmi? Stanotte ho riso.



                                                   ***


FIORITURA DEL RICINO


Fioritura del ricino figlia d' una sola notte

cupo caldo carminio tra il nero di foglie velluto.

Un filare d' alberi rasenta il recinto spinato.

Tardo rientrava all'ovile il gregge

affaticato. Il celeste in smanie dalle spalle

sgrondava una nube smagliante.

Tutto andrà perduto come luce in acque correnti.

Tutto sorgerà per sempre nel fermo profumo agreste.

Rossa e morbida è l' erba al tramonto

come spuntata dalla quiete del mio sangue.



                                          ***


L'  ALBA MORENTE


Sempre più pallido il marmo in una illune

alba di brume al calare delle stelle.

Passa il cigno nella grigiura

come ombra di nube. Dall' abisso invano

implora il cieco narciso la sua figura.

Dalla meridiana il tempo sfuma.

Come verrà il giorno se non ha né

sembianze,

se a destarlo non c'è nel nido l' implume ?



                                                  ***


AH, CHE BELLA ERA QUEL GIORNO LA CITTA'...


Ah, che bella era quel giorno la città

nella chiara cerchia dei suoi monti,

e la sua aggraziata vecchiezza quanto

spendeva ai giovani raggi dei tuoi occhi.


E le cime delle torri quanto si ingentilivano

alla solarità del tuo sorriso intelligente.

I vicoli simili a un branco di cervi

a te fiduciosi affluivano.


Restammo estatici sulla soglia

nella quiete dell' infinito radicati

simili a una coppia di alberi felici -


rigoglio di mandorlo e senilità di ulivo.

Come luccicavano le rocce alla rugiada,

come fioriva la pietra sui monti !



                Lea  Goldberg   da    Versi a Dio  -     Lampo all' alba  e Fulmine al mattino       Trad. di Paola Messori


 

mercoledì 11 dicembre 2024

POESIE DI HUGO MUJICA

 


                                                Amare già da adesso ciò che mai saremo...



Poeta fra i più importanti del panorama contemporaneo argentino, filosofo e saggista, Hugo Mujica ha avuto indubbiamente una vita singolare, se non altro per aver trascorso sette anni - in silenzio - in un monastero trappista. I suoi testi sono scarni e brevi, dove sembra quasi venga fatto l' appello all' essenziale e a una frontalità che lo caratterizza : la chiamata ad esserci - come per un appuntamento - in un tempo senza tempo, un presente sprezzante e poco socievole con la malinconia di un " temps perdu". E' una poesia che veglia, desta e tesa, che ha la malinconia di chi si è trovato insieme quasi solo per comporre un quadro, la malinconia di qualcosa che è con qualcos' altro, ma da cui potrebbe - da un momento all' altro - separarsi. Cosa unisce questi elementi compositivi? Nei testi di Murjica pare che ci sia una sola risposta : tutto, cioè nulla. Non ci sono didascalie al senso e al significato dell' esistenza. Si percepisce solo che in questi brani gli estremi opposti coabitano generando quasi un senso di pace.

Sono poesie drammatiche, tese, in pace.

 

(  Liberamente tratto dalla Prefazione di Francesca Serragnoli )




ALBA


fermo,

come se non si muovesse

affinché il sangue non

debordi 

la bocca


fermo,


come se sentisse un uccello

ferito

sul palmo della mano


senza chiudere la mano

senza aprire gli occhi.


c'è una fede che è assoluta:


una fede senza speranza.



                                                ***


CI SONO CANI CHE MUOIONO DELLA MORTE DEL PADRONE


ci sono cani

che muoiono della morte

del padrone


corpi che non fanno

l' amore,

fanno la paura


che non si agitano,


tremano.


e ci sono uomini

nei quali muore dio

come una goccia di

ceralacca

sul petto

di un busto di marmo,


sono quelli che piangono

quando credono

di stare parlando,

o gridano quando sognano,

ma all' alba

dimenticano il grido

con cui accesero la notte.


ci sono uomini nei quali

geme dio

perché non trova un uomo

dove morire di carne,


ma non piange come chi lo

fa

da solo,

piange come chi piange

abbracciato a un bambino.



                                         ***


PRIMA DI NIENTE, PER NIENTE


I


ci sono vite che si 

consumano

dietro una finestra,


muoiono senza aver trovato

una via,

muoiono perché non sono

partite.


ci sono preghiere che sono

la loro propria eco;


speranze che sono specchi:

aspettano

solo ciò che aspettano,

si trasformano nella statua

di quello che aspettavano,


sono la paura di perdere,

non il desiderio

dell' incontro.



II


ci sono altre, altre vite che

palpitano vita:

cercano

ciò che ancora non ha

nome

fanno del caso la loro

speranza,


non guardano in lontananza, fanno

della lontananza una

scorciatoia.


è quella degli uomini che

parlano con parole

che non sono parole,

sono colpi

contro il petto della vita,


come quelli dei carcerati

contro i muri

affinché da un' altra cella

qualcuno risponda.


sono come muti che

muovono

le labbra

in un girotondo di ciechi,


come muti, sì,

ma senza chiudere la

bocca, senza tradire l' urlo.



III


e ci sono vite che né urlano

né colpiscono,

che non hanno neppure

mura sulle quali

tatuare un nome,

sulle quali incidere il loro

passaggio,


sono vite alle intemperie: è

l' attesa

in carne viva,


come quella di un

mendicante in mezzo

a una terra deserta


davanti a nessuno, per

niente,

ma senza abbassare né

chiudere la mano.



                                              ***


ABBANDONO


tra il pugno

e la mano che si apre


                                     si


dispiega una vita.


solo la morte non ci è

estranea,

solo ciò che più ci

appartiene nasce in noi


dall' abbandono.


L


amare già da adesso

ciò che mai saremo,


così l' eternità,

       così ogni battito.




                   Hugo Mujica   da    E tutto nomina  - Trad. di F. Serragnoli



lunedì 9 dicembre 2024

LA PASSIONE DI GIOCONDA

 


                                                                   Io, quella che ti ama...




EROS E' L' ACQUA


Tra le tue gambe

il  mare  mi  mostra  strane

scogliere coralline


rocce superbe coralli magnifici

contro  la  mia  grotta  di

conchiglie madreperlate


tu  mollusco  di  sale  segui  la

corrente

l' acqua scarsa scopre le pinne

mare  nella  notte  con  lune

sommerse

il tuo ondeggiare brusco il mio

pulsare di spugna

i cavalli minuscoli fluttuanti fra

i gemiti

aggrovigliati in lunghi pistilli di

medusa.


Amore tra delfini

a  balzi  ti  tuffi  sul  mio  fianco

leggero

ti  accolgo  in  silenzio  ti  guardo

tra bollicine

le  tue  risa  cerco  con  la  bocca

spuma

leggerezza  dall' acqua  ossigeno

dalla   tua


vegetazione di clorofilla


dagli occhi argentati

fluisce il lungo sguardo finale

ed  emergiamo  da  corpo

acquatico

siamo nuovo carne

una donna e un uomo

tra le rocce.



                                                    ***


IL TUO RICORDO MI AVVOLGE COME UNA COPERTA


Il tuo ricordo mi avvolge come

una coperta

proteggendomi  dal  freddo,

splende  col  mio  corpo  nel

silenzio bagnato

di questa sera in cui ti scrivo,

nella quale non posso far altro

che pensarti

e  pronunciare  il  tuo  nome  in

segreto, dentro la mia bocca

avvolgendolo  nel   recinto  dei

miei denti

mordendolo  fino  a

consumarne  le  lettere, fino  a

consumarlo tanto

il  nome  tuo  che  mi  ha  

accompagnato, per tornare a

farlo rivivere

cullandomi  da  me  con  la  tua

voce e i tuoi occhi,

dondolandomi  in  questo

tempo senza ore nel quale ti

desidero

in  cui  amo  ogni  minuto  che  è

rimasto impresso nella mia

memoria per sempre.



                                             ***


IO SONO LA TUA INDOMITA GAZZELLA


Io  sono  la  tua  indomita

gazzella,

il  tuono  che  rompe  la  luce  sul

tuo petto.

Io  sono  il  vento  sfrenato  sulla

montagna

e  il  fulgore  intenso  del  fuoco

dell' ocote.

Io scaldo le tue notti,

accendendo  vulcani  nelle  mie

mani,

bagnandoti  gli  occhi  col  fumo

dei miei crateri.

Io sono arrivata fino a te

vestita di pioggia e di ricordi,

ridendo  la  risata  immutabile

degli anni.

Io sono l' inesplorata strada,

la  chiarezza  che  rompe  la

tenebra.

Io metto stelle tra la tua pelle e

la mia

e ti percorro completamente,

sentiero dopo sentiero,

scalzando il mio amore,

denudando la mia paura.

Io sono un nome che canta e si

innamora

dall' altro lato della luna,

sono il prolungamento

del tuo sorriso e del tuo corpo.

Io sono qualcosa che cresce,

qualcosa che ride e piange.

Io,

quella che ti ama.



 

                  Gioconda Belli      Poesie scelte



                              

domenica 8 dicembre 2024

GLI ANNI DI SARAMAGO


                   Van Gogh - Viali di pioppi in autunno



La poesia di Saramago supera il concetto numerico del tempo e ci invita a riflettere sulla ricchezza dell' esperienza umana. E' una celebrazione dell' esser vivi, del sentire e del vivere secondo il proprio ritmo interiore, libero da vincoli e da convenzioni sociali. Inoltre questo testo si distingue per la sua universalità: parla a chiunque, indipendentemente dall' età anagrafica, perché l' età diventa un concetto relativo, subordinato alla forza dei sogni, alla passione e alla serenità conquistata col tempo.





   NON IMPORTA QUANTI ANNI HO


Ho l'età in cui le cose si
osservano con più 
calma,
ma con l' intento di
continuare a crescere.
Ho gli anni in cui
si cominciano ad
accarezzare i sogni con
le dita
e le illusioni diventano
speranza.
Ho gli anni in cui
 l'amore, a volte, è una
folle vampata,
ansiosa di consumersi
nel fuoco di una
passione attesa.
E altre volte, è un
angolo di pace, come
un tramonto sulla
spiaggia.
Quanti anni ho io? Non
ho bisogno di segnarli
con un numero,
perché i miei desideri
avverati,
le lacrime versate lungo
il cammino al vedere le
mie illusioni infrante
valgono molto di più di
questo.
Che importa se compio
venti, quaranta o
sessant' anni!
Quel che importa è l'età
che sento.
Ho gli anni che mi
servono per vivere
libero e senza paure.
Per continuare senza
timore il mio cammino,
perché porto con me
l' esperienza acquisita e
la forza dei miei sogni.
Quanti anni ho io? A chi
  importa?
Ho gli anni che servono
per abbandonare la 
paura e fare ciò che
voglio e sento.




      José Saramago



giovedì 5 dicembre 2024

LA PACE DI EUGENIO

 


           
                                                                    Tu Deus clemens



5 Dicembre 2024

E' mancato oggi a noi tutti l'insigne psichiatra Eugenio Borgna, medico di grandi conoscenze e passioni nonché uomo dalle doti umane incommensurabili.

Mi piace ricordarlo qui come scrittore, i cui testi sono sempre stati per me luce per il cammino che conduce alle anime.


                                 f.



(... )  Nella fragilità si nascondono valori di sensibilità e di delicatezza, di gentilezza estenuata e di dignità, di intuizione dell' indicibile e dell' invisibile che sono nella vita e che consentono di immedesimarci con più facilità e con più passione negli stati d' animo e nelle emozioni degli altri. (... )



                        Eugenio  Borgna



lunedì 2 dicembre 2024

AUTUMN JOURNAL DE LOUIS

 


                                           Che non diventi di pietra... altrimenti uccidimi...



Louis Mac Neice nacque a Belfast nel 1907 ed ebbe con il suo Paese rapporti contrastati d' amore e odio ( non agiva in lui la seduzione politica ( benché idealmente di Sinistra non sopportava le ideologie " Una poesia di idee mi pare sia più futile della neve " ebbe a dire, così come non sopportava i " riformisti da salotto". A Marx, l' idolo di allora, preferiva tradurre le tragedie di Eschilo ), né quella fiabesca vitalità di Yeats - cui dedicò uno studio -) Adorava la poesia, ma non ne capiva le ansie spiritiste. L' azzardo e il culto della sparizione, l' amore per le lande selvagge si tradussero in una poesia, invece armonica, di implacabile rigore e micidiale intelligenza  -  cosa che contraddistinguono tutto il lavoro del poeta. I critici dicono di lui che "La grandezza di Mac Neice stia in una poesia di classica tessitura, che alterna la fragilità della neve a un' intelligenza spesso glaciale. Spiazzante " Morì a Londra a 55 anni.




NEVE


La stanza divenne

improvvisamente ricca,

dalla grande vetrata fioriva

la neve insieme alle rose

silenziosamente collaterale

e incompatibile:

il mondo è in agguato, e

neppure lo sappiamo.


Il mondo è folle ed è più di

ciò che crediamo;

è incorreggibilmente

plurale. Sbuccio e 

sporziono un mandarino,

sputo i semi

e so che ogni cosa è ebbra.

Un fuoco


fiammeggia gorgogliando

nel cuore del mondo

ed è più allegro e canaglia

di quanto si possa

supporre - è sugli occhi

sulla lingua sul palmo -

c'è più di un vetro tra la

neve e quelle enormi rose.



                                                     ***


PREGHIERA DI UN UOMO NON ANCORA NATO


Non sono ancora nato, ma

ascoltami.

Non lasciare che il

pipistrello succhiasangue, il

ratto

o la faina o il demone dai

piedi caprini si avvicinino a 

me.

Non sono ancora nato, ma

consolami.

Ho paura che l' umana razza

mi circondi con alte mura

mi sottragga a me stesso

con dure droghe, mi seduca

con sapienti bugie, mi

torturi su cupe rastrelliere

stritolandomi in lavacri di 

sangue.

Non sono ancora nato, ma

provvedi a me

con dondolii d' acque,

concedimi i prati, gli alberi

loquaci, un cielo che mi

canti un inno, gli uccelli

e una bianca luce nella

mente per guidarmi.


 Non sono ancora nato -

perdonami

per i peccati che il mondo

commetterà attraverso di

me

per le parole che mi

parleranno, per i pensieri

che mi penseranno

per i tradimenti che genera

il tradimento

per la vita che altri

sottrarranno tramite le mie

mani, per la morte quando

la vorranno.


Non sono ancora nato -

provami

nelle parti che devo recitare

e negli sputi che sputerò

dai vecchi che predicano,

dai burocrati che vessano:

le montagne già mi fissano

accigliate, gli amanti

ridono di me, le bianche

onde mi incitano alla follia,

il deserto predica la mia

rovina, il ramingo rifiuta

il mio dono e i figli mi

maledicono.


Non sono ancora nato -

ascoltami

non lasciare che l'uomo,

bestia che si crede Dio,

si avvicini a me.


Non sono ancora nato -

concedimi

la forza contro quelli che

vogliono congelare

la mia umanità, che

vogliono dragare il mio

cuore

perché diventi un automa

letale, l' ingranaggio

di una macchina, una cosa,

contro quelli che vogliono

disintegrare la mia integrità

che tramuteranno il mio

fiato in lana di cardo

che mi rovesceranno come

acqua tra le mani.


Che non diventi di pietra, 

che non mi rovescino.

Altrimenti, uccidimi.



                                        ***


LA LUCE DEL SOLE


La luce del sole, in giardino

è dura e si fa gelo,

non possiamo imprigionare

lì ora in una rete d' oro

e quando tutto è stato detto

è inutile impetrare perdono.


La nostra libertà, come

lance 

in resta, avanza verso la

fine;

la terra la comprime e su di

essa

calano sonetti e uccelli;

presto, amico mio

cesserà il regno delle 

danze.


Il cielo era adatto al volo,

al duello con le campane

contro ogni malvagia sirena

di ferro e il suo dire:

la terra si comprime

stiamo morendo, Egitto,

moriamo.


Ma non ci aspetterà il

perdono

perché abbiamo il cuore

duro,

eppure, siamo stati felici,

insieme

sotto i tuoi e la pioggia

grati- perfino - della

luce del sole in giardino.



                                                ***


THALASSA


Prendete il largo, bruti

compagni,

lasciate che il fronte marino

si sfracelli,

che germogli la valanga

marea, ignara

dell' ultima scialuppa di inetti;

lasciate che le opposte

forze convergano:

qui occorre imbarcarci

ancora.


Issate le vele, disgraziati

compagni,

lasciate che l' orizzonte si

inclini e barcolli.

Vi è noto il vostro errare, le

volubili volontà

i valori banditi, gli impuri

cuori.

Il vostro passato vive di

chiese in rovina;

lasciate che il veleno sia la

cura.


Prendete il largo, ignobili

complici,

i nostri eredi torneranno in

gloria,

colpiamo queste rupi di

marmo in moto,

il narvalo ci sfida ad essere

liberi:

un' altra stella traccia la

nostra rotta

e il nostro fine è vivere.

Prendete il largo.



                                              ***


PROSPETTIVE


Benché gli amori

inacidiscano in un tetro

languore e la frutta duelli

con la gloria dei denti,

sebbene nel barbuto e

blasonato roveto

i nidi siano privati dell' inno,


sebbene le vita dei vecchi e

le giovani tegole

testimonino un credo

machiavellico,

benché il malvagio Passato

riviva vile

nel Presente e il Presente

sia davvero passato,


sebbene la pietra fiorisca

perché noi rotoliamo sulla collina

e la collina cresca

e la gravità riguardi ancora 

tutti,


benché le leggi della Natura

abbiano

sconfitto gli umani

anarchici,

sebbene ogni concetto sia

un castello

di sabbia e subito si sgretoli,


sebbene l' oggi sia arido

sappiamo - e la

benediciamo - 

che radicata nel futuro

è la pianta della tenerezza.




          Louis Mac  Neice    da    Autumn Journal