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" Saggio sulla paura " quale trattato poetico sulla paura. Tuttavia " saggio" sulla paura si può si può anche intendere come uno stato di consapevolezza : l'essere edotti sul male di vivere contemporaneo, conseguenza di uno stato economico e sociale iniquo e brutale. Nel filone delle opere di riferimento del genere, Fabrizio Migliucci trova una originale sintesi letteraria davvero riuscita per autenticità e depurazione da qualsiasi interferenza retorica sia anacronistica che intellettualistica.
Incipit dell'opera con testo epistolare diretto a Carlo Bordini.
(...) Caro Carlo,
io mi volevo ammazzare. Sono giorni che vado a vuoto come un fesso e ho il terrore che questa infelicità sia diventata il mio unico spasso. Ho io il tuo accendino, quello marrone. Non mi faccio, non faccio praticamente più niente, non sono praticamente nessuno.
Hi ragione, la poesia è un encefalogramma. Sto scrivendo questa poesia alla stazione, mentre cammino a testa bassa. Ho deciso di scrivere un saggio sulla paura, lei ormai non mi dice più niente. (...)
SBATTERE
Molto spesso ho paura di andare a sbattere. Sogno
di tuffarmi da una piattaforma di cemento
cammino nel buio schermando lo spazio di gesti da insetto
mi alzo in piedi di scatto e non mi ricordo perché.
***
Da dove arrivano i tonfi
le esplosioni le raffiche di vento
a questo quinto piano
esposto alla bufera. Il rumore
della distruzione ci penetra
le ossa, la cronaca
avanza dalla strada come un grido
e i pusher attraversano i semafori
già rossi, non pensano ai domani.
***
Costruiamo questa vita monca
fatta di atti mancati poche possibilità di tirare avanti.
Gli orizzonti che vediamo non sono lineari, hanno una piega
in mezzo come delle V infinitamente espanse.
Passiamo il sabato a discutere i difetti di un bilocale sulla Casilina
ipotizziamo che trasferirsi ancora di più in periferia abbasserebbe la rata del
mutuo
attraversiamo Alessandrino Torre Maura Giardinetti e non vediamo niente.
Ma non è alienazione, è qualcosa che non sappiamo spiegare.
Il tempo ammucchia fuori dalla finestra, il lavoro si assottiglia
come una candela, identità privata e collettiva diventano ogni giorno più
divaricate.
Nel legno della nostra convivenza, un parassita ha dissodato un solco.
Potremmo alzare la testa e vedere cosa è fuori, ma fuori
è lo specchio irriflesso di quello che è dentro, un bisogno
in cui siamo giocati fino all'ultimo lembo di pelle.
***
Penso a quando questo libro sarà finito
io perderò il lavoro
lo sfratto sarà ingiunto
tu mi lascerai
e le analisi non saranno affatto rincuoranti.
La mia routine si cova nella certezza del disastro
d' altra parte me l'ha detto anche mia madre, prima o dopo
arriverà una lettera spedita dal comune
in cui ci sarà scritto
che è tutto da rifare.
***
Dev'esserci stato un momento in cui qualcuno sulla nostra linea di sangue
ha provato a invertire il corso della natura.
Per un periodo della mia adolescenza io stesso ho trovato essenziale essere
divorato dall'ansia. Non c'era alcun filtro tra gli istinti vitali e un'atavica
monomania: esprimevo in quel modo il bisogno degli altri.
E' a causa di questo profondo senso di esistere che le nostre parabole hanno
la forma ogivale del desiderio. Un taglio le recide all'incontro tra la psiche e
il frammento presente dello stato reale.
Poiché nelle vene mi scorre un luminoso richiamo alla disgregazione,
dobbiamo essere stati allontanati dalla tribù, aver transitato in qualche eremo
o ghetto dove anziché pace abbiamo trovato miseria e rancore.
Capri espiatori mancati. Mia madre mio fratello e la memoria di mio padre
attraversano le strade degli esseri umani come se fossero altrove. Il nero corvino del pelo ci avvicina e ci rassomiglia alla terra.
Nessun ritratto può restituire l'immagine di tutto questo, dimenticata
famiglia che cammini in una perenne primavera d'inverno.
Fabrizio Migliucci da Saggio sulla paura
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