martedì 28 febbraio 2023

GLI INCONTRI DI VEGLIANTE

 

                                                                          
                                                Il nostro sonno la segue...





BORDS DE SEINE

                                         (esercizio, o parodia )


Un uccellino si sgola a ripetere

il suo richiamo non si sa per chi.

La riva imbrattata di cibo e plastica

sciaborda appena, rivolta all'ingiù.

Passano solitari inquietanti

passeggiatori con cani e bambù.

Sedie a rotelle e malati si spingono

sulla ghiaia che scricchiola vacante.

Siamo tutti sospesi sopra l'infero

disastro che minaccia e ci disfà.



                                              ***


( Con Dante Alighieri )


lasciateci in pace smettetela

di pronunciare quei discorsi

di esibire quei gingilli

d'un potere che non avremo

mai. Non vogliamo sopravvivere

non per noi - un padre, le mamme

e chi ci disse u giorno T' amo.



                                            ***


Uggioso autunno scardina

le nostre ultime difese

cadono come accartocciate

foglie con un rumore di fresa

e pareti di cartapesta marcia

vengono giù a lembi da gelidi occhi

che non si sollevano più verso i passanti.

Il tempo umilia stinge guasta ogni soprassalto.



                                            ***


COMUNICARE

( Trafalgar Square )


Il ragazzo francese ha voglia

di un gelato. Domanda

 all' Ice - cream man : " Deux boules ".

L' altro gli prepara due palline

bofonchiando : " Double ! "

Per la demoiselle propone invece,

agitando la spatola :

" Three scoops ?"

" Yess - lancia allegra - tricoupe! "

Quasi si sente leggera.

Chi ha detto che i francesi

non sanno le lingue?



                                                  ***


Non bruciare il mio corpo, tanto non servirebbe

nemmeno ( insufficiente ) a scaldare una

famiglia acquattata là sotto il muro - lasciate

il mio rompimento, le mie ossa lenirsi miste

all'umida terra al fieno magro da concime,

convertite i miei atomi in  fiori vapore...



                                             ***


Anche le notti incerte vaneggiano

Il buio si sfalda in residui di spaventi

Rumori si mescolano al respiro dei dormienti

La traversata del cieco fiume ci cambia

E non riconosciamo più il passaggio

In delirio anonimo tarda un'alba.


                                            ( da : Bricoles, inedito )



                                                 ***


CRISALIDE


L' inverno pure è bello, le vigne arrossiscono,

una piccola anima verde si è posata al riparo

sotto il davanzale della finestra

ove essa dormirà nel suo prossimo ente.

Il nostro sonno la segue, quanto più lieve

- quanto più breve.




                Jean - Charles  Vegliante   da  Incontri, seguito da altre babeli



lunedì 27 febbraio 2023

NON SONO CAPACE, AMORE

 


                                                                    Vecchio fiume saremo...




Non sono capace, 

amore, di farti un

canto.

Tu sei tutto di spine e

di fuoco

e mi tieni lontana dal

tuo cuore

pericoloso. Io non so

bastarti alla gioia

e così poco così poco

mi pare

t'incanto, sollevo

quell'ombra

scontrosa

che tu sei tutto

d'amaro e furore

tu sei in urto e

sperdimento

mio velocista, mio

primatista del cuore

mio barbarico 

ragazzo di vento

mio torrente furioso

arrivi alla mia acqua

quieta

con onde e sonagli e

pepite d'oro.

Vecchio fiume saremo

un bel giorno io e te,

io acqua e tu moto, io

sponda e tu vento,

io pioggia e tu lampo,

io pesce e tu guizzo

d'argento

io luna riflessa, tu

cielo tu spada

d' Orione, tu tutto

l'amore umano

che tento che tento

d'amarti per bene

mio grembo

splendenza.

E  tu prendimi

portami con te

come un incendio

nelle tue abitudini,




                Mariangela  Gualtieri  da  Senza polvere, senza peso



LA QUARESIMA DI DON TONINO

 



   La Quaresima viene dopo il Carnevale per ricordarci che siamo polvere, non coriandoli. La Quaresima ci chiama a ricordarci che siamo delle creature e non Dio.


                                           

(...) Non rinunciare, ma moltiplica! La Quaresima è il tempo per rendere bella la vita. Cenere e acqua sono gli ingredienti primitivi del bucato di un tempo. E allora si riparte da qui : dal desiderio di rendere bella la tua vita. Sì, proprio la tua! Il primo impegno è proprio questo: accorgerti delle bellezze che ti porti dentro e che per qualche motivo hai lasciato da parte. La Quaresima, poi, è il tempo della moltiplicazione. In questo periodo, moltiplica invece di rinunciare: moltiplica il tuo tempo per le persone, per gli amici; moltiplica i gesti d'amore; moltiplica le parole buone che fanno bene al cuore. Moltiplica il tempo del silenzio e della meditazione. Prega, leggi, rileggi la tua vita. Ama i passi che hai fatto sino ad oggi. Questo è il tempo per rendere bella la vita. Non rinunciare solo alle cose materiali e non essere solo contento di non mangiare dolci, di non fumare, di non scrivere sui social; in questo tempo dovrai coinvolgere il cuore e capire come ami le persone. E' il cuore che conta. Buon cammino!  (...)



                                      Don Tonino Bello


domenica 26 febbraio 2023

CATHERINE & RAINER ( Correspondance )


                                                     " Quando sarò per me stessa perduta..." C. Pozzi


Tra i grandi epistolari della storia della letteratura, non poteva mancarne uno forse ai più misconosciuto ma, proprio per questo, d'autografa abbagliante bellezza. Se il triangolo di lettere tra Pasternak, Cvetaeva e Rilke concede commozione e stupore, dobbiamo tuttavia annotare che appena ventitrè lettere scritte tra il 1924 e il 1925, danno la caratura e la corrispondenza di un amore viscerale e sviscerato per la parola che ha pochi eguali, soprattutto se si considera che i poeti in questione che diedero il via alla CORRESPONDANCE furono la fragile e magnetica Catherine Pozzi e uno tra i poeti assoluti di ogni tempo: Rainer Maria Rilke.



RAINER MARIA RILKE

a CATHERINE POZZI


BEX ( VAUD ) 24 GIUGNO 1924


(...) Signora,

da un viaggio in auto che sto facendo con degli amici, sono tornato ieri per qualche ora a Muzot, a prendere la mia posta che avevo tralasciato; quanto sono stato ricompensato per questo ritorno, trovando la vostra lettera! Lasciate che vi dica che è deliziosa, e che  la conserverò sempre fra le rarissime lettere  che ( nel nostro tempo) non bruciano all'istante, ma durano nell'anima e che, una volta arrivate, restano, agiscono e aggiungono una presenza inesauribile nell'animo del destinatario.

Paul Valéry, lasciandomi quest'ordine che sono così felice di aver eseguito, non mi ha fatto capire abbastanza che la lingua tedesca vi è familiare; è quindi attraverso di voi che entra in contatto con il risultato del mio impegno come traduttore. Ma questo modo di entrare nella mia versione mi sembra tanto superiore a qualsiasi lettura che avrebbe potuto fare se avesse conosciuto la lingua: pensate che ogni successo che egli possa avere, gli sarà presentato dalla vostra intelligenza, illuminato dalla pura gioia del vostro consenso. No, Valéry,  non ha motivo di lamentarsi.

Mi trovereste indiscreto se osassi scrivervi più a lungo al mio ritorno? Se affretto queste poche righe, è perché ( venendo a conoscenza della vostra intenzione di leggermi ) vorrei impedirvi di fare il minimo passo per ottenere i miei libri: mi privereste del piacere di donarveli.

Tornato a Muzot, vi invierò le mie due recenti pubblicazioni ( Si tratta delle Elegie duinesi e dei Sonetti a Orfeo pubblicati nel 1923) : per quanto riguarda le altre, quasi vi chiederei di aspettare l'edizione completa dei miei scritti che è in preparazione per il prossimo anno. La vostra lettera, cara Signora, mi permette di iscrivervi - in maiuscolo - tra i pochi amici ai quali penso di offrire queste opere definitive.

Sarà per me motivo di speranza ( avendo fede nella vita ) incontrarvi un giorno!

La mia dedizione è pari alla mia gioiosa gratitudine. (...)


                       R.M. Rilke



                                      ***


CATHERINE POZZI a  

RAINER MARIA RILKE


PARIS, 25 GIUGNO 1924


(...)  Caro Signor Rilke,

volete scrivermi? Questo mi renderà orgogliosa, felice, e poi mi farà bene. Esito a tracciare questa parola perché la gentilezza non è altamente considerata, e neanche il bene; ma voi siete troppo intelligente per preoccuparvi del discredito di questi termini. C'è nel modo in cui parlate, qualcosa di così diverso dalle altre lingue, un suono così profondo e così umano, che pare di trovarmi davanti uno dei maestri il cui pensiero ha formato il mio, senza saperlo.

Non so a quale mondo appartenete - è vero che vi siete rifugiato nel vostro castello hyper - cosmo e lì vivete senza dubbio finché volete, - ma ciò mi mette molto a disagio. Cosa può fare una persona illusa dallo Sturm und Drang, dalle ambizioni di un metafisico greco e dall'orgoglio di un eretico del XIII secolo? E' molto ridicolo e pochissimo parigino. Io sono oggetto di stupore per il vostro amico Valéry, e penso che sia attaccato a me come lo è per il bizzarro modello che non rivedrà mai più. Forse vi sorprenderò meno di quanto sorprenda lui, e suppongo che Muzot abbia molti esseri immaginari più complessi di me. Sarà quindi necessario che io attenda la realizzazione della bellissima promessa che mi avete appena fatto. Come ringraziarvi! State aprendo una finestra su un universo che non vedevo; mi state portando nei paesi dello spirito che preferisco, distraendomi dai contemporanei che mi stancano. Mi dovrebbero piacere, rappresentano la Parigi più luminosa e felice, ma non li capisco. Se vi farà piacere averne qualche idea, risponderò alle domande che vorrete farmi: è il mio unico modo per ringraziarvi di aver avuto tanta indulgenza e tanta grazia per me.

Incontrarvi? Non lo so. Mio fratello è un diplomatico a Monaco, ha diretto l'ambasciata per tutto l'inverno, con instancabile volontà e pazienza per rafforzare i rapporti tra gli sfortunati paesi che dovrebbero comprendersi. So che vi ammira. Forse andrò a trovarlo quest'autunno e poi tornerei passando per l' Italia, il che mi farebbe arrivare molto vicino a voi. - E' molto tardi e se questo foglio fosse più grande, continuerei. Vedete, caro Signore, quale minuscola scrittrice di lettere avete chiamato. Se vi avessi scritto in tedesco, sarei stata più sobria; ma nulla mi convincerà a confrontare il mio patois al vostro francese !


Addio, io non dimenticherò che mi avete teso la mano. (...)


                            Catherine Pozzi



                da          Correspondance 1924 - 1925



sabato 25 febbraio 2023

POESIE E DISTURBI DI CRISTINA

 


                                                         Ma tu cosa sai del mio soffrire?




DISTURBI DELL'UDITO


Ascolto un violoncello

è aspro e insieme

maestoso

suona il Libro dei falchi

-ascolto

da un cd che un amico

ha portato.

Seguo l'inabissarsi al

grave

inesorabile, il vorticoso

ascendere

a un'apparente tregua,

che scricchia

negli acuti. Pare un

ordine interno

- l'affondo del rapace

sulla preda

la riconquista gelida

degli alti cieli.

Poi tutto si confonde,

perdo la sponda.

Ritorna il falco dei miei

versi

immobile nel vento il

 volo.

 Acuto, grave? Alla

deriva

stanotte, della preda

udrò levarsi, al grave,

acute strida.



                                                     ***


L' ECO


Dentro la notte spessa

- fatte salve le stelle -

per il pascolo alpino me

ne vado

al cospetto assoluto del

Gran carro

che tocca da sempre il

crinale dei monti.


 Nell'aria ferma, di

cristallo

muove ora una voce -

sono

in un luogo strano

e dentro un tempo

strano, dice.

 O forse è un'eco e io

non so

se sia dal fondo  della

valle

 o dai larici radi, a

provenire

 e non lo so dove rifranga

se mentre dice " proprio

qui esisto

e ora io

dai secoli e altrove

esisto"

la odo dire.



                                                 ***


CULLA                        ( a mia figlia )


La biologia che in un

istante

mi porterà a non più

esistere

mentre tu duri,

l'immagine

che sarai tu a soffrirne,

questo 

vorrei dirti, è il doloroso

lascito

che porta il nostro

amore.


Ma tu cosa ne sai del

mio soffrire?

risponderesti, e invero

è solo tuo il sapere.

Ma nostra è la chiara

mattina

e il vento, in cui

guardiamo

le foglie tremanti e le

gracili tele

da qualche ragno 

tessute nella notte

cullare imperturbata la

rugiada.



                                                ***


L'AMACA


Con certezza posso dire

soltanto

contro che cosa , a volte,

ho scritto. Il resto?


Oltre la notte dondola

fra luce e buio la mia

amàca

tesa ai margini acuti di

grazia

che un fiore

la ruggine dei rovi

trafiggendo

ostende.




                     Cristina  Alziati   da    Quarantanove poesie e altri disturbi



mercoledì 22 febbraio 2023

LA FAME D' ARIA ( di Daniele )



                                                          Resta la rabbia, quando esplode...



Con " Fame d'aria ", Daniele Mencarelli fa i conti con  uno dei sentimenti più intensi : l'amore genitoriale e lo fa portandoci per mano dentro quel sottilissimo solco in cui convivono - da sempre - tragedia e rinascita.

Fame d'aria, di claustrofobico, oltre al titolo, ha l'inquadratura. E' come una pellicola girata in rapporto 1: 1. Stretta, al punto di poter contenere una sola persona. O due che sono uno. E anelano disperatamente ad essere due. Un padre che si percepisce come singolo individuo ni rari istanti in cui un figlio estraneo pure a se stesso - autistico a basso funzionamento - è quieto, nella sospensione fra sonno e veglia. Un figlio libero solo nell'attimo in cui il padre è distratto. Un urlo che è la voce di tutti i padri e un figlio - il neppure infelice, l'angelo caduto - che non può sentirla.

Mencarelli qui oltrepassa il linguaggio della pietà, valica l'imbarazzo dei padri di fronte all'amore genitoriale. Apre alla crudeltà, all'odio, alla rabbia. Disturba con parole brutali nel gusto - lo Scrondo - il nomignolo affibbiato al ragazzo malato, quello di un mostro che fu icona televisiva degli anni Ottanta.

Il dolore e la repulsione, la competizione - tutta al maschile - con la malattia, in contrasto a una silenziosa accettazione materna. L' amore che non salva. E i genitori dei figli sani che non sanno niente.


                                               ***



A chi tende la mano senza mai ricevere aiuto o carezza.

Ai dimenticati che resistono.

A chi è andato giù.



( ... )  I genitori dei figli sani non sanno niente.

Pietro sfila i pantaloni a Jacopo con un gesto secco, preciso, fa venire in mente quei giocolieri che tolgono la tovaglia dal tavolo lasciando sopra piatti e bicchieri : la perizia del gesto è frutto d'esperienza e continua pratica.

Jacopo si fissa su di lui per un momento più lungo del solito, sembra improvvisamente consapevole. Il padre per tanto tempo ha vissuto questi suoi sguardi all'apparenza lucidi come la vigilia di un possibile risveglio, quello che lui ha desiderato per anni. Lo ha desiderato come si può desiderare un miracolo. Si è prosciugato gli occhi a forza di chiedere anche quello.

Un miracolo.

Un figlio normale.

Non un estraneo pure a se stesso.

Che vive e ama da animale, legato al proprio branco dall'odore, per istinto.

Ma l'amore degli uomini, persino l'amore richiede un minimo di ragione, di intelletto.

Pietro su questo non ha più dubbi.

Lo Scrondo ama da bestia.

Non si stacca mai da chi lo ha generato.

Come un cucciolo di cane che segue passo passo chi lo alimenta e protegge, da sempre.

Il miracolo non è mai arrivato.

Come unica risposta, da est è spuntato l'odio.

Ha ricoperto tutti i sani e i malati, la vita intera.

Per anni è stato così.

Poi pure l'odio è tramontato.

Resta la rabbia, quando esplode.  (...)



                         Daniele  Mencarelli  da    Fame d'aria



martedì 21 febbraio 2023

E ANCORA TI PARLO... ( dice Bruno )




                                                                      Che cosa è vivo in me...





E alla fine del viaggio coincidi

con la tua sorte.

La salvezza non è nella mente

ma nell'oscuro abbandono

del te stesso vero

alla luce che ti avvolge

e sopravviene a svelarti.



                                                         ***

Busso, infinitamente busso

ma il pensiero gira su se stesso:

e sono ipotesi,

bacini d'ombra

giorni come foglie

nodi inestricabili dell' essere.

E il tuo citofono è muto

davanti alla mia voce.



                                               ***


Traducimi tu l'imperfetto dei giorni,

quella corsa nei prati dove sorrido bambino

e quel fuoco acceso da un'estate infinita;

quel movimento dei visi fissati

per sempre in uno sguardo

e gli attimi le cesure le derive -

Che cosa è vivo in me

che cosa è morto?

E dove sono i nessi

che il pensiero cerca sulla fronte?


Poi anche l'oggi traducimi

tutto il precipitare degli occhi

negli orizzonti persi.



                   Bruno Piccinini    E ancora ti parlo



lunedì 20 febbraio 2023

SAGGIO SULLA PAURA ( di Fabrizio )


                                                                                Foto dal web


" Saggio sulla paura " quale trattato poetico sulla paura. Tuttavia " saggio" sulla paura si può si può anche intendere come uno stato di consapevolezza : l'essere edotti sul male di vivere contemporaneo, conseguenza di uno stato economico e sociale iniquo e brutale. Nel filone delle opere di riferimento del genere, Fabrizio Migliucci trova una originale sintesi letteraria davvero riuscita per autenticità e depurazione da qualsiasi interferenza retorica sia anacronistica che intellettualistica.




Incipit dell'opera con testo epistolare diretto a Carlo Bordini.


(...) Caro Carlo,

 io mi volevo ammazzare. Sono giorni che vado a vuoto come un fesso e ho il terrore che questa infelicità sia diventata il mio unico spasso. Ho io il tuo accendino, quello marrone. Non mi faccio, non faccio praticamente più niente, non sono praticamente nessuno.

Hi ragione, la poesia è un encefalogramma. Sto scrivendo questa poesia alla stazione, mentre cammino a testa bassa. Ho deciso di scrivere un saggio sulla paura, lei ormai non mi dice più niente. (...)





SBATTERE


Molto spesso ho paura di andare a sbattere. Sogno

di tuffarmi da una piattaforma di cemento

cammino nel buio schermando lo spazio di gesti da insetto

mi alzo in piedi di scatto e non mi ricordo perché.



                                                       ***


Da dove arrivano i tonfi

le esplosioni le raffiche di vento

a questo quinto piano

esposto alla bufera. Il rumore

della distruzione ci penetra

le ossa, la cronaca

avanza dalla strada come un grido

e i pusher attraversano i semafori

già rossi, non pensano ai domani.



                                                     ***


Costruiamo questa vita monca

fatta di atti mancati poche possibilità di tirare avanti.

Gli orizzonti che vediamo non sono lineari, hanno una piega

in mezzo come delle V infinitamente espanse.

Passiamo il sabato a discutere i difetti di un bilocale sulla Casilina

ipotizziamo che trasferirsi ancora di più in periferia abbasserebbe la rata del

mutuo

attraversiamo Alessandrino Torre Maura Giardinetti e non vediamo niente.

Ma non è alienazione, è qualcosa che non sappiamo spiegare.

Il tempo ammucchia fuori dalla finestra, il lavoro si assottiglia

come una candela, identità privata e collettiva diventano ogni giorno più

divaricate.

Nel legno della nostra convivenza, un parassita ha dissodato un solco.

Potremmo alzare la testa e vedere cosa è fuori, ma fuori

è lo specchio irriflesso di quello che è dentro, un bisogno

in cui siamo giocati fino all'ultimo lembo di pelle.



                                               ***


Penso a quando questo libro sarà finito

io perderò il lavoro

lo sfratto sarà ingiunto

tu mi lascerai

e le analisi non saranno affatto rincuoranti.

La mia routine si cova nella certezza del disastro

d' altra parte me l'ha detto anche mia madre, prima o dopo

arriverà una lettera spedita dal comune

in cui ci sarà scritto

che è tutto da rifare.



                                                  ***


Dev'esserci stato un momento in cui qualcuno sulla nostra linea di sangue

ha provato a invertire il corso della natura.

Per un  periodo della mia adolescenza io stesso ho trovato essenziale essere

divorato dall'ansia. Non c'era alcun filtro tra gli istinti vitali e un'atavica

monomania: esprimevo in quel modo il bisogno degli altri.

E' a causa di questo profondo senso di esistere che le nostre parabole hanno

la forma ogivale del desiderio. Un taglio le recide all'incontro tra la psiche e

il frammento presente dello stato reale.

Poiché nelle vene mi scorre un luminoso richiamo alla disgregazione,

dobbiamo essere stati allontanati dalla tribù, aver transitato in qualche eremo

o ghetto dove anziché pace abbiamo trovato miseria e rancore.

Capri espiatori mancati. Mia madre mio fratello e la memoria di mio padre

attraversano le strade degli esseri umani come se fossero altrove. Il nero corvino del pelo ci avvicina e ci rassomiglia alla terra.

Nessun ritratto può restituire l'immagine di tutto questo, dimenticata

famiglia che cammini in una perenne primavera d'inverno.




                  Fabrizio Migliucci   da    Saggio sulla paura



sabato 18 febbraio 2023

CHE COSA SEI, POESIA?


                                                                      Questa vita è poesia..




La scrittura rivela contemporaneamente

la potenza della creazione

e le bassezze umane.



                                                 ***


Staccatosi dalle reliquie del silenzio

si consegnò alla preghiera della scrittura.



                                                        ***


Il verso scava nell'abisso

della solitudine umana.



                                                     ***


( A mio padre )


Vorrei essere il poeta della demenza

il giardiniere dei ricordi dimenticati.



                                                     ***


Si capisce la poesia

non grazie alle parole, al ritmo

o alla trama di relazioni

ma perché quel magma indistinto e infuocato

scorre sui nostri silenzi feriti.



                                            ***


La poesia non si spiega, è enigma e rivelazione

un campo magnetico che attrae i simili

e respinge gli indifferenti.



                                                ***


La poesia è vita e visione

liberata dalla necessità della scrittura.

La poesia è potenza creativa

liberata dalla necessità di potenza.



                                               ***


Siamo stelle dimenticate

nei buchi neri della Storia.




                   Donato di Poce   da    Sulle tracce della poesia



giovedì 16 febbraio 2023

CAROLINE BOISSIER - BUTINI ( La " svizzera" )



                                                                    Concerto N. 6  " La Suisse "




Della ginevrina Caroline Boissier - Butini (  1786 - 1836 ) le notizie sono piuttosto scarse. Nata in una famiglia molto benestante, ebbe un'ottima formazione culturale. Benché nella sua famiglia di origine solo il padre fosse seriamente interessato alla musica, ella sviluppò molto presto il suo talento pianistico, in parte come autodidatta. A 22 anni sposò il violinista Auguste Boissier, il quale incoraggiò e favorì la sua attività musicale. Con il marito viaggiò in diverse parti della Svizzera, in seguito a Parigi e poi a Londra, soprattutto con lo scopo di acquistare un pianoforte che la soddisfacesse. Ma se le notizie che abbiamo su Caroline sono molto limitate, in compenso ella ci ha lasciato composizioni interessanti, in classico stile viennese, ravvivato da un soffio della nuova sensibilità romantica e  da riecheggiamenti del canto popolare svizzero. Solo recentemente queste composizioni, che durante la vita di Caroline non furono pubblicate, hanno attirato l'attenzione degli appassionati di musica.

La composizione che propongo è il Concerto n. 6 in Sol Maggiore per pianoforte, flauto e archi, detto " La Suisse ".



                                           (  f. )



DISTOPICA ( o della vecchiaia )



                                                                               Foto dal web


Il libro di Marina Giovannelli è spietatamente sincero nel trattare un argomento di cui in poesia si parla decisamente poco, e cioè la vecchiaia. Vecchiaia intesa come perdita, come mancanza delle persone che si sono amate e da cui di è stati amati ; vecchiaia intesa come senso di una fine che si approssima e quindi di un tempo che diventa sempre più breve; vecchiaia intesa come solitudine che si rinnova nell'allontanarsi naturale di figli e nipoti.

Dalle poesie emerge il ritratto di una donna non appagata e purtroppo non immune dal dolore, ma in un certo qual modo serena: una donna che nel dire " quello che non si osa" ( " Lo sanno tutti o gli pare una festa ? " ) sembra venire a patti con se stessa, estraendo dal mondo degli affetti ciò che è davvero essenziale e ignorando il superfluo, senza rassegnazione né sensi di colpa.





QUELLO CHE RESTA


E'  rosso senza scampo nella

stregata d'incendio terminale

lo sguardo all'assenza di confine

so che sarà presto silenzio.


Lo sanno tutti o gli pare una festa?

a trattenere l'ultimo bagliore

memoria resta quella della foto

documento del tragico finale.


Ma improvvisi s'accendono lampioni

tenue ristoro al buio precipizio

a indicare una bava di sentiero

dove c'è ancora una meta.



                                                  ***


IO NON HO PAURA


Cos'è questo tremore che nessuno vede

nessuno mi sorprende tra sillaba e parola


Che non ho paura di niente vado dritta alla noce

ho esperienza del male e del vantaggio


Che non ho paura di nessuno sono all'erta

come prescrive quell'antico detto


Cos'è questo dolore che affatica e preme

scuote il mio tenue ancoraggio al presente


arcipelago cauto di piccole certezze

rimaste dalla feroce potatura


d'ogni frutto dorato miracolosa melarancia

eccesso di verde tentazione


ma con le foglie sono andati anche i sogni

e il tronco oscilla abbrividisce al gelo.



                                             ***


TIME OUT


Il giorno che hai detto cos'è quello

la mano sulla cornetta del telefono

- piccolo dinosauro domestico -

ignaro di numeri rotanti

ho provato vergogna di questo tempo

scaduto a mia insaputa

tra un'istanza e un dolcetto

una pace fittizia e la fretta

che cancella distanze

memorie e pentimenti.



                                           ***


PREGHIERA


Salvami dall'incertezza

la confusione del condizionale

mi stringe come assenzio

buttato giù d'un fiato.

Il vuoto mi precipita l'inferno

il pieno non mi riconosce

quale adepta o pupilla neanche serva

che abitiamo distanze

di multiforme povertà d'amore.


Salvami dalla speranza

non offrirmi sintassi di futuro

prosciuga il residuo desiderio

che resti solo nudità di vita.



                                             ***


QUANDO MORIRO'


Quando morirò

verrà con me la luna

gigantesca di quella notte

magica di sabbia.

Non si saprà del tiglio

dalle foglie a cuore

per l'erbario del piccolo

nemmeno dello scoglio

e del tuffo arrischiato.

Quando morirò sarà pagina

bianca di pensieri vaganti

che nessuno ha raccolto.

La gatta non capirà l'assenza

prolungata il plaid

riposto nell'armadio.


Dal computer verranno ancora

auguri per il compleanno

che facebook non dimentica.




                      Marina  Giovannelli  da    Distopica



martedì 14 febbraio 2023

SAN VALENTINO ( ? )



 

                                                                        Cry with me...   



                                                                                   frida


POESIE AMOROSE DI ATTILA

 


                                                                 Sempre ti attendo...




Con la lucidità intellettuale che lo caratterizza, l'autore dipinge una poesia d'amore dove la  donna amata diventa il centro dell'universo e suscita  un desiderio di protezione. E non è neppure necessario che lei lo ricambi : il suo è un sentimento unilaterale e violento, un amore universale che si compenetra nel puro essere della natura.





TI BENEDICO CON TRISTEZZA, CON ALLEGRIA


Ti benedico con tristezza, con allegria,

ti costudisco gelosamente con ciò che ho d'amore;

ti custodisco con le palme che implorano

coi campi di grano con le nuvole.


Il tamtam dei tuoi piedi è una musica fatale

il  muro che ti ho eretto contro è un crollo eterno

oscillo sull'orlo dell'abisso

nel tuo respiro io mi avviluppo.


Che tu m'ami o non m'ami fa lo stesso

se mescolo il tuo cuore al mio cuore

ti vedo ti sento e ti canto,

con te rispondo a Dio.


All'alba il bosco si sgranchisce

crescono le sue mille braccia protese

staccano la luce del cielo

per adagiarla sul cuore innamorato.



                                                   ***


ATTESA


Sempre ti attendo. L' erba è rugiadosa.

Anche gli alberi grandi dalle chiome

piene d'orgoglio aspettano. Io sono

rigido e vacillante a volte. E' tetra

la notte per chi è solo.

Se tu venissi, si farebbe il prato

liscio : e silenzio, gran silenzio.

Ma udiremmo una musica notturna

misteriosa; sulle nostre labbra

canterebbero i cuori e lentamente

ci fonderemmo, offerti al rosso ardore

d'un profumato altare,

nell'infinito.



                                                 ***





METTI LA MANO


Metti la mano

sulla mia fronte

come se fosse mia

la tua mano.


Fammi la guardia

come chi uccide

come se fosse tua

la mia vita.


Amami, come

se fosse bene,

come  se il mio cuore

fosse il tuo cuore.



                                           ***




E SOLO CI STUPIAMO DELLA VITA


Se sorride, è una stella il tuo sorriso,

ma se ho sete, è un ruscello di freschezza:

sino ai cieli può crescere la mia cara,

ma baciarla è concesso solo a me.


I suoi capelli sono notte e oro,

sono i suoi occhi boschi rugiadosi,

mi getterei , se me lo permettesse,

dinanzi all'uscio, come uno stuoino.


Si cela, dietro il nostro dire, il bacio,

si avvicina furtivo ai suoi fratelli.

Il prato può sognare molte cose

belle, il cuore dell'erba è la mia cara.


Di sera i baci scappano con noi;

e percorrendo lo spazio del mondo

ci corichiamo sul cielo dell' alba

e solo ci stupiamo della vita.



                        Attila  Jozsef   da     " Poesie "



L' AMORE PER TE


                                                                    Amo in te l'impossibile..




Quando Nazim Hikmet conobbe Vera  Tulyakova, non ebbe dubbi : era lei la donna immaginaria che per diciassette anni aveva popolato i suoi sogni di carcerato. E così iniziò a farle un corteggiamento serrato che la donna tenacemente rifiutava. I due avevano trent'anni di differenza e, all'epoca, Hikmet era già al suo terzo matrimonio mentre lei non voleva diventare  un'altra delle sue conquiste. Lui però non mollava: le inviava fiori e poesie e sembrava avere la capacità di materializzarsi dovunque lei si trovasse. Vera era il suo tormento, la sua ossessione, ma anche la sua musa ispiratrice, qualcosa di cui lui non poteva fare a meno. Nel 1960 Nazim e Vera si sposarono, ma il matrimonio purtroppo ebbe vita breve per i problemi cardiaci di lui : il suo cuore faceva le bizze proprio nel momento in cui avrebbe dovuto essere risanato dall'amore. Vera aveva solo trentun anni quando Nazim morì, il 3 giugno del 1963. Dopo la sua morte, ella si recava ogni giorno sulla sua tomba per cercare di lenire il dolore della perdita e, non potendo più parlare con lui, Vera decise di raccogliere in un libro le conversazioni con l'amato ( Bahtiyar of Nazim ) perché le loro parole non andassero perdute e perché rimanesse una traccia del loro amore.





AMO IN TE


Amo in te

l'avventura della nave

che va verso il polo


amo in te

l'audacia dei giocatori

delle grandi scoperte


amo in te le cose

lontane


amo in te l'impossibile


entro nei tuoi occhi

come in un bosco

pieno di sole

e    sudato   affamato

infuriato

ho la passione del 

cacciatore

per mordere nella tua

carne.


amo in te l'impossibile

ma   non   la

disperazione.



                    Nazim Hikmet



domenica 5 febbraio 2023

LA PIOGGIA DI OCTAVIO

 


                                                        Ascoltami come chi ascolta piovere...




COME CHI ASCOLTA PIOVERE


Ascoltami come chi ascolta piovere,

senza ascoltarmi, ascoltando ciò che dico

con gli occhi aperti verso dentro.,

addormentata con i cinque sensi svegli,

piove, passi lievi, rumore di sillabe,

aria e acqua, parole che non pesano:

ciò che fummo e siamo,

i giorni e gli anni e questo istante,

tempo senza peso, pesantezza enorme,

ascoltami come chi ascolta piovere,

lampeggia l'asfalto umido,

il vapore si alza e cammina,

la notte si apre e mi guarda,

sei tu e il tuo sembiante di vapore,

tu e il tuo volto di notte,

tu e i tuoi capelli, lento lampo

attraversi la strada ed entri nella mia fronte,

passi d'acqua sopra le mie palpebre,

ascoltami come chi ascolta piovere,

l'asfalto lampeggia, tu attraversi la strada,

è la nebbia errante nella notte,

è la notte addormentata nel tuo  letto,

è l'ondeggiare del tuo respiro,

le tue dita d'acqua bagnano la mia fronte,

le tue dita di fiamma bruciano i miei occhi,

le tue dita d'aria aprono le palpebre del tempo,

sgorgare di apparizioni e resurrezioni,

ascoltami come chi ascolta piovere,

passano gli anni, ritornano gli istanti,

senti i tuoi passi nella stanza vicina?

né qui né là: li senti

in un altro tempo che è proprio ora,

ascolta i passi del tempo

inventore di spazi senza tempo né luogo,

ascolta la pioggia scorrere per la terrazza,

la notte è ormai più notte fra gli alberi,

fra le foglie si è annidato il fulmine,

vago giardino alla deriva

entra - la tua ombra copre questa pagina.



              Octavio Paz  da  Albero interiore ( Trad. di E. Franco )