martedì 14 gennaio 2025

L ' AMICO DI GIAMPIERO

 


                                                                      Giampiero Neri



(... ) Essendo un sommo peccatore, fatico a capire la semplicità. Il verbo lo vedo sempre come una poiana che scava il cielo, non come una zappa che dilata la terra. Amo quella variante celeste- la pioggia - la stola del sole ; mi è difficile saggiare gli argini, il greto di un volto. Eppure Pasternak, il mio idolo, tra le letture particolari di Giampiero Neri, insegna che il poeta è colui che si costruisce la casa, che si prende cura dei suoi, che lavora sei ore per sgrossare un pezzo di legno o zappando la terra sotto il cielo aperto. Questo, per dire che per anni ho fatto fatica con la poesia di Neri, schietta come un legno intagliato, nuda come la terra appena smossa. Mi affascinava l' appartato essere di Giampiero, l' appartenenza a un mondo proprio di ricordi puri, senza tracce di rimorso o di rancore che giacciono spesso tra le anticaglie dei poeti. L' opera del Bene agiva in lui con ordinata sapienza - quanto all' ordinario, sapeva tradurlo nella tenaglia degli sgargianti dettagli. Nelle poesie, spesso , Neri - senza reticenze - cita i suoi Maestri : Melville, Conrad, Fenoglio, Pasternak, e li cita con la stessa rigorosa audacia con cui parla degli animali : sono le sue bestie sacre, in solidale amicizia verso tutte le cose del creato.[...]

Giampiero fu lucido fino a poco prima di morire, la notte tra il 14 e il 15 Febbraio 2023 : leggeva la Genesi e l' Esodo, era affascinato del Libro dei re e incontrava gli amici più cari. Di quei giorni - che furono anche di lunghi silenzi - tenni un diario e da quell' esperienza sono nate queste poesie. Il protagonista è un Giampiero / Giobbe, in cui la realtà si mescola alla creazione letteraria : un omaggio e un ringraziamento a un maestro che per più di vent' anni mi ha indicato la strada (...).

                           Alessandro  Rivali




VII


Prediligeva i poveri in spirito,

chi claudicava nella vita,

gli amori difficili, non corrisposti.


La sua Itaca era Piazza Libia

con i suoi sconfitti, i platani

e la gioia delle forsizie in Aprile.


Lo avevano accostato a Omero,

così attento ai dolori degli uomini,

ai loro sogni contrastati.



                                             ***


VIII


Aveva letto di una benedizione

che poi augurava ad ogni amico :

dormire senza soprassalti,

con lente carezze sul viso,

vedere le tenebre diventare aurora,

rivivere lo slancio del primo amore

ed esaudito ogni disegno del cuore.



                                                ***


IX


Come era chiaro il libro di Giobbe

che sognava ancora l' aurora,

la vita chiara come il mezzogiorno,

i sogni senza ombra di serpenti,

le carezze lontano dalla fossa,

dagli uomini tarlati come legno,

con la pelle erosa dalla talpe.


Aveva a lungo negoziato con Dio

per rivedere l' acqua del giardino

ed estinguere quella lenta arsura.



                                             ***


X


Non aveva compreso la risposta,

temeva il ritorno di una sentenza amara.


Quella frana nel buio si attenuava

quando incontrava le parole di Osea :


" Egli ci ha straziato ed Egli ci guarirà.

Egli ci ha percosso ed Egli ci fascerà ".


E la battaglia continuava.



                                                   ***


XI


Aveva strappato la copertina del libro :

era più leggero per le sue braccia

segnate dal lividi e dagli aghi.


Si emozionava alla vista d' un amico

o di una stilografica color del mare.


Nell' ultimo tratto di strada

lo confortavano le piccole cose:


voleva lasciare l' ospedale

per rivedere i primi alberi in fiore.



                                                    ***


XII


Voleva dialogare con Dio

come Mosè di fronte al roveto.


Eppure, vedeva le carovane

deviare dalla sua tenda,

preferivano smarrirsi nel deserto

più che incontrare tanto dolore.


Restavano caligine e scorpioni

e il timore della parola di Dio.



                                                  ***


XIII


Il pittore di ghiacciai

gli aveva donato un disegno :

un paio di scarponi disfatti

che emanavano fatica e verità

come le sedie impagliate di Van Gogh.


Aveva voluto quel carboncino

di fronte ai suoi occhi

per prepararsi al grande salto.


Perché per lui la semplicità

era un punto di arrivo,

un segno per ritrovare la via.



                                                 ***


XIV


Avrebbe voluto vedere Dio

in sogno come Salomone

per ogni esigenza del cuore :

una lunga discendenza,

il nome inciso su una stele

e poi giorni e opere feconde.


E il corredo di giorni felici.


Ma su tutto cercava un amore

più forte della morte, un astro

che incendiasse ogni ora della vita.



                                Alessandro Rivali



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