lunedì 25 novembre 2024

LE RICETTE DI VITA DI STEFANO

 


                                                            Spendiamo di un fuoco feroce...




Il testo presentato propone una scrittura "  di corpo" - a volte giocando sulla provocazione - che sembra voler attraversare l'organismo oggetto di indagine e di attenzione emotiva alla ricerca di ciò che la finitezza della carne non riesce compiutamente a spiegare. Già nella poesia d' esordio " Moka", non lascia indifferenti l' immagine di un " unico sorso di sangue che sgorga da dentro col ritmo noncurante delle labbra e della goccia". E - da qui in poi - è una sequenza di immagini forti, quotidiane, eppure evocative ( " Starei per ore a guardarti / mentre stacchi gli adesivi dal muro "[ Post- it ]; " Seguirai la carotide e l' aritmia / un sentiero di tendini la preghiera [ Languore ]; " Le viscere innescano il vuoto" [ Educazione ], solo per stare ai primi componimenti, confermando quanto sostiene Alfonso Guida nelle " Riflessioni" che seguono i testi. Qui è come se la pelle - il contenente - bruciasse tutti i suoi confini... Alcuni passi mi hanno ricordato la forma ripresa da Marguerite Yourcenar nelle sue " Memorie di Adriano", affidata ai versi dell' imperatore : un " animula ospite e compagna del corpo ", ma necessitante di una propria, prossima indipendenza, quella in cui sembra confidare per emendare il presente nell' oggetto / soggetto della ricerca che si compie qui : " Speri di non essere te ma non rinasci / ti accontenti della tua ombra sterile di bollicine / di un mazzo di fiori appassiti che non sono per te //. " Ricordarsi di fare del bene "  [ Sorridere ]. Ecco, quell' invito alla ricerca del bene pare rivolgersi non solo al corpo dell' alterità, alle sue azioni, ma a un " oltre" che sta più in là della realtà. 

Nella lettura di questo testo ho cercato punti di osservazione non ordinari, perché credo che la poesia debba ( o almeno possa ) portarci a superare gli orizzonti che la sola parola fermerebbe su una soglia minima alla quale spesso ci adeguiamo, consentendoci invece " Dall' alba al tramonto, dalla notte e all' alba che ritorna " di essere più vasti nella comprensione del mondo e delle relazioni.


                                          f.



POST - IT

Starei per ore a guardarti

mentre stacchi gli adesivi dal muro di camera tua.

Te li appiccichi addosso come tanti post-it con sopra scritto :

no future



                                             ***


MOKA


Così distanti i nostri occhi e i nostri nomi,

poche lettere e pochi ricordi

un sorso unico di sangue scorga da dentro

col ritmo noncurante delle labbra e della goccia.

Entra nella roccia chiedendo permesso,

nella fantasia dei tuorli,

nel vapore che aggiunge bianco cantare

respira avversa la terra morbida,

nude le tue parole di pietra portano vita.

E poi ridi forte tra viali alberati,

moschee liberate dove figliano farfalle,

mattine magre dei commercianti di maiale,

lancette che fanno rumore alla parete,

capriole differenti di clessidre

capovolte prima del tempo.

E poi ridi ancora, come un paese

di sabbia che si riempie a primavera,

come il vestito della prima comunione

che tua nonna custodisce insieme al caglio,

sudore di somari sulle vie degli asparagi,

una linea di nero contorno occhi,

pancia ingravida dei baci mai dati.

Ora abbassa le serrande e carica la moka

e ricordati di mettere la sveglia,

domani hai tante cose da fare,

chilometri di pensieri da sopportare o seppellire.

Un' alba impotente gela parabrezza,

tutto si ferma come automobili prese a sassate,

abbandonate tra i dirupi potature degli ulivi.



                                              ***



LANGUORE


Pochi secondi e l'inchiostro asciugherà

cancellando i contorni della sera.

Seguirai la carotide e l' aritmia

un sentiero di tendini la preghiera.

Accarezzi la tua cagna di sangue,

non abbaia agli allarmi lo stupore,

non abbaia ai satelliti.

Sei bianca come la vergogna che non provi,

spendi ancora meno di coraggio.

Mangi carne di cavallo, il tuo decorso lento

trentatré volte, quaranta avemarie,

masticare.

Cosa porti in grembo se non te stessa?

Hai fame, hai sete, disegnerai orologi.

Riempi di nuovo il tuo calice precoce,

le foto dei tuoi da giovani,

il seno rifatto, i piedi stretti.

Passeggiando per Torino sembra ieri

che m' hai preso la mano per gioco,

la notte intorno strillava.



                                                 ***


EDUCAZIONE


Splendiamo di un buio feroce

stilando una retta in tre punti

le viscere innescano il vuoto

al netto del tuo disincanto.



                                                    ***


MARCI


Lasci volare via palloncini colorati

saltando mezza siepe di ringhiera.

Gambe lunghe come spaghetti di brina,

occhi silenziosi mastice,

labbra di voce soffice.

Mentre disegni riccioli di sugo sulla fronte,

uno spaccato di vita

tramonta.



                                            ***


INVISIBILE


Invisibile alba non argini.

Fuggi specchio, via dai salici piangendo.

Deriva muovi

la sorte e il resto :

dove rampicante

perde in silenzio

il suono del senso,

donna madre / donna serpe / donna siero.

Arida la terra che nasconde

il soffio dei somari.



                                                  ***


METAVERSO


Ho sfogliato di fretta le pagine del nostro amore,

perdendo il segno sottile dove ero rimasto.

Colata è la china

e dietro mi nascondo per non farmi trovare,

il mio cuore,

ho messo ad asciugare insieme agli altri.

E mentre ti aspettavo è venuto a piovere.



                                                 ***


MURENA


Il tuo profilo attento è un morso di murena,

mantiene segreti sorrisi.


Non devasta se colpisce l'onda,

ma logora lentamente refrattari laterizi.



                                          ***


RONDINI


Con gli occhi stracolmi di mare,

ti mangi le unghie.

Urlano rondini tra fronde spesse.

Ridono di me

del viaggio che mi aspetta.




                   Stefano Tarquini     da    Cucina vigliacca ( Ricette per rimanere in vita )



1 commento:

  1. Mi ha colpito di piú la riflessione a premessa, quel "essere piú vasti di una parola ferma sulla soglia minima"; ciò che cerchiamo di donare ad un vocabolo una volta spinto fuori dal porto, lasciato a navigare neppure piú a vista, forse a intuito, a percezione, a immagine di chi ne avvisterà un diverso profilo..

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