Elio Filippo Accrocca, poeta laziale, di cui è ricorso il centenario della nascita lo scorso anno, fu legatissimo a Roma, soprattutto al quartiere di Portonaccio, dove visse fino al 1943, dove la casa dove abitava fu distrutta da un bombardamento alleato.
La sua poesia, da un inizio neo realista, vira verso un ermetismo più legato a una ricerca stilistica, ma sempre traducendo in versi la sua esperienza personale segnata da numerosi lutti, come la tragica morte del figlio diciottenne in un incidente automobilistico, che darà vita alla raccolta " Il Superfluo ", di cui sono riportate qui alcune poesie.
IL RITORNO
Non riesco ad abituarmi
a non vederti più, a non sentirti:
è forse la condanna per chi resta?
Se avessi potuto raccogliere
nel cavo della mano la tua voce,
avrei almeno un'eco del respiro...
La tua aurora ancora scrive: è il fiato
d'una parola che rimane, il segno
della tua presenza indecifrabile.
Oggi due moto per le vie di Roma
( la stessa marca, stessa cilindrata ):
ho chiamato, ma hanno accelerato.
Se ripercorro quella litoranea
o sollevo la sabbia di Lavinio,
tra le dita riaffiora il tuo profilo.
La filigrana del viso
torna a emergere dal vuoto,
come a un'estrema lente di follia...
***
L' IMPRONTA
Se potessi portarti
qualcosa di quello che hai lasciato
di qua... fammi sapere che desideri.
Beato chi non sa, che non ricorda:
la memoria è da uccidere, non l'uomo.
Altro che un dono, la memoria è un peso.
Però se mi mancasse pure lei,
oltre che te, mi resterebbe il nulla:
la condanna sarebbe più straziante.
Le tue cose, gli oggetti col tuo nome
sono tappe del vivere
che ci danno l'impronta dei tuoi passi.
***
IL SUPERFLUO
Le pareti di casa
sono come le pagine
di un libro aperto
fessure e macchie
sono date e nomi
che incrinano le vene
non sappiamo che il minimo
appena l'indispensabile
del tanto che esiste
non vediamo che il contorno
delle cose nel raggio
breve degli occhi
non possediamo che il cartoccio
degli oggetti di sussistenza
chiamata proprietà
ma se aggiungi un altro giorno
alla somma puoi dire
che sai e vedi e hai più del superfluo.
***
RITORNO A PORTONACCIO
Mutato ponte e più mutate cose
dell'inesausto vivere
negli afoni mattini. Si fa monte
il ricordo degli anni quando ancora
intatta era l'immagine dei pini
densi di fumo e l'isola
di verde m'accoglieva
ogni giorno al passeggio contemplato
dei treni amici e delle amiche grida.
Oggi mutata è pure la mia vita
e il desideri, e il senso
delle parole s'è trasfigurato :
tanta merce è passata e tanto fiato...
Solo intatto mi resta
l'intramontato innesto ( amore? odio? )
per il mio Portonaccio fatto mesto
e ilare, sconvolto e avvolto a un tempo
da memoria che rende l'ora desta.
***
LA GUIDA
Vorrei essere insensibile
come un oggetto,
una cosa scartata dal destino.
A passo d'uomo
ho ripercorso l'ultima tua strada
per ritrovare l'ombra di un tuo gesto.
Eri tanto, eri tutto:
l'universo si rifletteva in te;
ora che non sei evanescenza: nulla.
Tua madre ha fatto il bucato
con le lenzuola dove dormisti
l'ultima notte : portano il tuo fiato.
Hai compiuto con noi un breve tratto,
ora osserviamo il vuoto che hai lasciato,
occupato soltanto dal ricordo.
Oggi che hai vent'anni
ti ricreiamo con la fantasia
nel luogo che conserva la tua voce.
Mi metto le tue scarpe, i tuoi calzini,
ricammino con te,
ma non so chi dei due sia la guida.
Elio Filippo Accrocca da Il Superfluo
Nessun commento:
Posta un commento