(...) Che cos'è il paradiso, l'ho capito dall'attesa; l'ho capito aspettando la telefonata di una persona cara, o nel ricevere una mail da lei in procinto di venirmi a trovare. Quello che scopro è che
l'attesa si annulla, l'attesa si azzera sempre, non rimane in noi: il seguito conquista tutto. Il paradiso dev'essere questo, non un'attesa inutile, bensì attesa che si annulla nella prossimità dell'incontro. Quindi si attende senza aspettare, arricchendosi nella vicinanza della compagnia. E' un po' come in quei siti online che si scorrono con il cursore : arrivati in fondo, ecco che il cursore sale in alto, rivelando che c'è ancora spazio da visitare, che non c'è fine e si può andare avanti ancora. L'azzeramento corrisponde a una nuova qualità del sentire, aperta a una prospettiva rinnovata del vedere, del punto di vista del soggetto in attesa, pronto ma mai afferrato da delusioni, sempre in atto di conoscere il vero. Questo io ho scoperto aspettando. E' una scoperta sicura, non è qualcosa di effimero , è anticipi di ciò che sarà già qui. Perciò ognuno è un mezzo, è un ponte per il mistero che c'è di là. Ognuno è creato, ed è fatto di questo. Attesa che viviamo del paradiso, attesa che non si accumula pesando sul nostro animo, fino a franare, annientandoci. L' attesa ci convince sul nostro stato. Forti di questo, cresciamo immensamente, di minuto in minuto, di secondo in secondo, attimo dopo attimo. La concezione del tempo acquista una velocità impensabile, profonda, sublime. Avviene già fra noi, in relazione a fatti, cose e persone precisi, identificabili. Ad esempio, aspettando una persona che teniamo a cuore, si sente che il tempo si dilata, si curva su di noi e sullo spazio che ci sta intorno. Tutto cambia. Ce ne accorgiamo dal volto degli altri: non sembrano più estranei, non si intercetta più nel loro sguardo una negatività, un limite, un'angustia. Il mondo sta lì, davanti a noi, per dire questo, perché ci si ponga davanti a questo. E se avviene uno scontro, qualcosa che all'improvviso ferisce, quello rivela il non - ancora, il non - avvenuto ancora, la stazione che vediamo sfuggire in velocità dal finestrino del treno in corsa, cioè l'immagine che ci attraversa gli occhi, ma senza fermarsi, senza fissarsi sulla retina, non impressionata dalla luce, dal colore, dal movimento. Siamo in attesa, ovunque ci troviamo, nell'attimo successivo, sempre e sempre. Questa condizione io l' attribuisco a una percezione divina che si impasta in noi, si rapprende come la materia del colore nell'umido di un intonaco fresco, nell'affresco che noi siamo di Dio, nel dipinto che Lui fa giorno per giorno di noi, anche se non ce ne accorgiamo, anche se la nostra inconsapevolezza non è radice di male.
Cito il poeta Daniele Piccini " Così, così ritornerà compiuta / l'attesa fatta di tutte le crune ". Come a dire che la cruna non è passaggio stretto, bensì spalancamento continuo e multiplo, improvviso, recante stupore, condizione umana che si apre, circonda, coinvolge. Ci si sente fiore commosso nella lettura dei versi appena citati, per l'anticipo che si avverte nel dire, nel toccare lo spessore di questo passaggio, in eccedenza di linguaggio, come scrive il filosofo Paul Ricoeur nel suo " La logica di Gesù", libro ispirato - felice - in cui si analizza lo stile del linguaggio cristiano in particolare delle Beatitudini .
" Essere amati è il
grande privilegio
delle creature " (...)
Vincenzo Gambardella
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