martedì 14 marzo 2023

TICIAN TABIDZE & STALIN

 


                                                                          Tician Tabizde



Ciascuno combatte come può, secondo i reami del proprio spirito, la frequenza angolare del respiro. Boris Pasternak pareva sempre in apnea al tempo, un sonnambulo : ritroso, retrattile, più serpe che colomba, aveva capito che il potere non si combatte con le insinuazioni, ma insinuandosi. L' Autobiografia, di cui fu impedita la pubblicazione, si conclude con il capitolo " Tre ombre", dove rievoca la morte di tre amici diversamente schiacciati dal regime sovietico. Il primo cammeo-straziante - è dedicato a Marina Cvetaeva. La sua morte, insieme a quella dei poeti georgiani Paolo Jasvili e Tician Tabizde, " è il maggior dolore della mia vita", scrive Pasternak. Evocare quelle tre ombre significa riconoscere che lo stalinismo ha ucciso la sua giovinezza -con le sua aspirazioni - per soffocamento.


Nato, come Pasternak, nel 1890, figlio di un prete ortodosso, studi compiuti all' Università di Mosca, Tabizde è stati il più talentuoso e inafferrabile poeta georgiano del secolo. Fondatore del clan lirico " Corna blu ", opponeva al realismo socialista e al cinico civismo propagandati come formula poetica unica nella Georgia sotto tiro sovietico, la propria lotta solitaria. Espulso dall' Unione degli scrittori georgiani dell' ottobre del 1937, fu arrestato dalla polizia sovietica con l'accusa di tradimento. Il poeta fu torturato e ucciso poco dopo, ma soltanto nel 1955 la verità sulla sua sorte venne a galla.






IL MAR NERO


Splendido Mare Nero:

chi ha creato la sinuosa

voce

che mi ha fatto rabbrividire

mentre cantavi di Medea?

Credo nell'uragano della

fantasia

nella mascella infuocata del

drago :

io cerco il Vello d' Oro.

Precipito in ciò che è fatale.

Credi ciò che vuoi : la poesia

eguaglia l'immortalità.

Una slavina mi salva.

L' indicibile

mi incatena . Le onde di

 Mitos: una tenaglia 

mentre emergo con un

nuovo canto.

Nuova Argo, Orfeo io sono.

Voglio dire dei nostri eroi,

dolci come questo oscuro

mare,

ma le intenzioni mi

strangolano.

Questa città è una colomba

nel palmeto.

Vola tra le montagne, viene

a me.

La luna si nasconde tra la

marea di nubi

i demoni la condannano a

morte per annegamento.

Come il canto degli

Argonauti

questa notte di agosto si

accartoccia nel cielo:

così il cielo ritorna terra

e io mi innamoro ancora.


( Gagra 1925 )



                                                      ***


NOVEMBRE


I pipistrelli accerchiano i

platani, gialli e nudi,

che coprono la cupola della

chiesa.

Il cupo canto delle gru

intristisce i prati. Brindisi

d' autunno

bianco inverno. La

tempesta, dunque,

non ha pietà neanche per

se stessa : il fuoco

si mescola alla rabbia del

vento.

Il tramonto ha un consolato

- nell' anima - è sabato.

La nebbia della sera ricopre

la terra

il prete termina la sua

orazione.

Preghiere a brandelli sulla

barba bianca :

è cieco da un occhio. Il

demone del vento

spezzetta il mondo e i miei

piedi affondano nel fango.

Annego tra foglie gialle: per

favore, seppelliscimi.


( 10 Gennaio 1916 )



                                                ***


INSCRITTO NELLA POESIA


Io non scrivo poesie:

sono le poesie a scrivermi.

Il poema scorta la mia vita.

La poesia: voragine

che mi fa sparire

mi seppellisce vivo.


Sono nato  nel mese di

aprile

quando sbocciano i fiori di

melo.

Il bianco mi piove addosso.

Quando le lacrime

mi scendono dagli occhi

divento tempesta.


Le lacrime confermano che

morirò.

Pretendo che rimangano le

mie parole.

Toccassi il cuore di un solo 

poeta...

premio che surclassa ogni

forma di fama.


Avranno compassione del

povero ragazzo

che abitava sulla riva del

fiume.

Le poesie erano il suo

viatico

la sua unica guida.


 Il cielo e la terra di Georgia

lo hanno torturato finché è

morto.

Gli hanno negato la felicità

che si deve al poeta.


Non scrivo poesia

sono le poesie a scrivermi.

Il poema scorta la mia vita.

Questa poesia è una

voragine:

mi inghiotte

mi seppellisce vivo.


( 1927 )



                                 Tician  Tabidze



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