Trattienimi come il sole la luna...
Un libro che ha ( ben riposte e ben nascoste ) ambizioni e parla costantemente dell'oriente e dell'origine ( anche quando non lo fa ) dedicandosi piuttosto all'evocazione dell'anima, che è l'indiscussa protagonista di tutto il dettato.
Vi troviamo un continuo dialogo con la natura, un continuo perdersi e ritrovarsi, il rinnovo delle stagioni, un senso di sé e di appartenenza dentro un infinito microcosmo, il dolore della perdita e della partenza, che inevitabilmente porta ad un ritorno alle radici più profonde.
IX
Specchi scuri, grani d'azzurro
vertigine concentrica di luce, il rinnovo delle
reciproca, come un'immersione
una felicità solare, come ad afferrare
ciò che a pochi eletti
per predestinazione
accade.
Risposta del giorno a fine giorno.
Trattienimi come il sole la luna
nella tua bocca di fuga
dalla ruggine della terra.
***
XI
A oriente di qualsiasi origine
si vestiranno d'alba. Ne coglieranno
l'essenzialità oltre ragione.
La promessa prima, verrà conservata.
A tutto ciò che deve ancora essere
la sposa innalzerà altari, occhi.
A tutto ciò mai torri né ombre.
Nel bianco - in quella precisa tonalità di bianco,
tutto il valore indiviso della verità.
( il verso evidenziato è di Massimo Scrignoli )
***
XV
Se questo silenzio è l'eco di polvere
sul disordine di abbandoni inspiegati
e delle colpe
se le madri anche avessero sbagliato
nella bontà; se nella semina
avesse avuto radici storte il seme
e il tropismo della terra non ne avesse corretto
il verso, servirebbe ora sfasciare
- invocato - dei semi maturi, il dio - per ricostruire a norma -
a norma sgusciare come il giorno
nella chiarità - origine, distesa arata, solco.
( il verso evidenziato è di R.M. Rilke )
***
XVII
Tu mi porti là, dove le cose vengono
quando devono venire, con levità
come di neve, se la neve torna al seme.
Vengono insieme nella pazienza e nella cura,
nella radura dei richiami - sapienti echi di rami,
attesa d'abeti a sorreggere voli.
Servono secoli d'intesa a benedire
il sincronico fiorire dei roseti.
***
XXVIII
Provvisori noi, nei sentieri d'oro del mistero
che credevamo eterno - abisso e dimora,
costole allargate al vasto respiro
portavamo ignari, corone di rose.
Niente era certo come il sangue.
Noi eravamo quelli del tempo antecedente l'indugio,
ruggito di radura vergine. Urogalli.
I castelli non avevano torri.
Annalisa Rodeghiero da A oriente di qualsiasi origine
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