mercoledì 9 aprile 2025

IL CONVITO DELLE STAGIONI



                                                                Una rosa d' inverno, nel morire della luce




C' era il canto delle foglie nel vento,

il sibilo dell' ape sull' anemone,

c'era il grido della gazza che volava

verso l' ulivo,

                       stormiva a gran voce

la primavera, ma c'era nel cuore

del suono un grande silenzio,


c'era nella musica degli alberi

un silenzio che era specchio

del cielo, dei suoi silenzi.



                                                   ***


LE PAROLE, IN CAMMINO


Le parole camminano con noi.

Hanno nel suono il segno degli inverni.

Ogni autunno continua a dispogliarle

della gloria.

Ma c'è nel loro passo

la letizia della meta : un giardino

dove sempre risplende primavera.


Il senso - in quel giardino - è un fiore, il suono

il suo profumo, la sua propria luce.

Lo stormire è il pensiero delle foglie.

Attendono le parole, in silenzio,

che appaia, prossima, la terra dove

la lingua è vento, fiume, albero, stella.

Vi abita - dicono - la poesia .



                                             ***


NOMINAZIONE ( Genesi 2,20-21 )


Dare il nome agli animali è finzione

di domestica prossimità, rito

lingua che sigilla un' appartenenza.

Lingua 

imposta a chi della lingua fa a meno

perché è libero corpo in armonia.

Del resto, per il gatto, il proprio nome

non è più attraente del gomitolo

che si srotola sopra il pavimento.

Per il cane il suo nome è meno forte

del grido che la marmotta rinvia

dalla roccia.

Popolata è la terra

di animali che non hanno altro nome

che quello della propria specie. Cura

solerte - questa - di naturalisti.

Una rondine vola senza un nome,

la formica, la lucertola, l' ape

nascondono la loro anonimia

sotto il mantello della specie.

Eppure,

dopo tante stagioni, basta il nome

perché sorga la fulva bizzarrìa

del gatto Rouge, o la sapienza vigile

di Luna, lupa che mi fu compagna

di silenziose intese e di cammini.



                                                    ***


METAMORFOSI


Non c'è pensiero o affetto

che si perda nel nulla.

Amori e turbamenti fluttuano nell' aria,

sono nube, pulviscolo di luce.


Nello schiudersi del fiore

o nel formarsi di una stella,

quel che accade ha lo stesso respiro

del tuo desiderio.

Niente muore davvero.


Per questo qualche volta una nuvola

ha forma d' animale, o sopra le ali

di una farfalla c'è il disegno di una rosa :

figure di un legame, parvenze fuggitive

di una trama condivisa.


O forse questo è solo il sogno

di una metamorfosi.

Un sogno che la parola oppone

al silenzio che la abita,

la materia al vuoto che l' assedia.



                                                  ***


UNA ROSA D' INVERNO


Rosa d' inverno, un frugale lampo.

Petali gialli che sfumano in bianco

niveo su un calice d' ombra che è coppa

alla luce, tra rami rampicanti

senza foglie. 

                  Lo stesso tenue giallo

è laggiù, sopra la linea ondulata

dell' Amiata, dissipato in un cielo

che si abbruna.

                  Velata e già lucente

la luna guarda dall' alto dischiudersi

la sera.

                   Quale intesa tra la rosa,

il crepuscolo, la luna ?


                                    Una rosa

d'inverno, nel morire della luce :

una sillaba chiara nella spenta

lingua. Resto di fulgidi rosai,

forse, o annuncio di nuova fioritura.


Una rosa d' inverno : balenìo

di un riso offerto al vento che la sfoglia.



                                               ***


ALFABETO, AL RISVEGLIO


Le lettere - all' alba - sbadigliano in coro,

guardando dalla finestra la danza

delle foglie ottobrine e il volo

degli uccelli tra gli alberi.


Le vocali scendono in giardino,

si riempiono d' aria i polmoni.

Fanno qualche esercizio

per illimpidire i suoni.


Il senso è lontano, si dice si sia perso

viaggiando per il mondo :

non c'è dove, non c'è quando.


La parola è contenta che il giorno

cominci così, privo di pensieri,

con il suono del vento nelle lettere

e la trasparenza dell' aria tutt' intorno.




                       Antonio  Prete da       Convito delle stagioni



10 commenti:

  1. Gatto Gnacco e cane Zuma mi guardano felici quando li pronuncio. Certo più del nome può l'affetto e ancora di più le crocchette, ma non si pensi che i nomi siano così indifferenti

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Hanno una loro grazia queste poesie, ma non sono propriamente il mio genere. Anche se scritte senza dubbio molto bene

      Elimina
    2. Non lo penso, tant'è che la maggior parte degli animali - a modo loro - rispondono, specie quelli abituati a vivere con noi. Perché non dovremmo dare loro un'identità ?

      Per quanto riguarda il " genere" di poesia, sono d' accordo con te : neanch'io faccio follie, ma sono garbate e poi volevo anche uscire da una sorta di cliché che mi vede sempre " seriosa".

      Contraccambio di cuore il saluto e ti ringrazio per la visita.

      Elimina
    3. Bello quel silenzio specchio del cielo, mi piace e lo ascolto, negli alberi, nei crepuscoli, nell'acufene che diventa compagno e sottofondo.. cani e gatti hanno da essere chiamati.. fossero solo "cane" e "gatto" verrebbero loro od altri? E poi concordo con Alberto, al crocchino non c'è cane o gatto che resista..i mici poi hanno l'orologio interno..alla tal ora (che sia legale o meno) arrivano e ti guardano: "umano tira fuori le cibarie, altrimenti ti cappotto un paio di mensole con tutte le suppellettili.."

      Elimina
    4. Hai dipinto un bel quadretto domestico, con dei mici molto furbetti...
      Per quanto riguarda i versi di Prete, sono molto leggeri e gioiosi e uniscono in un mix molto originale gli elementi della natura e le stagioni con parole, pensieri e lettere.. " Le parole hanno il suono degli inverni "... " Amore e turbamenti sono nube, pulviscolo di luce "... " Una rosa d' inverno nel morire della luce / una sillaba chiara nella spenta lingua..." " La parola è contenta che il giorno cominci così, privo di pensieri, con il suono del vento nelle lettere..."
      Grazie e buona giornata !

      Elimina
  2. Lasciate entrare il cane coperto di fango: si può lavare il cane e si può lavare il fango. Ma quelli che non amano né il cane, né il fango, quelli no, non si possono lavare.

    Jacques Prevert

    RispondiElimina
  3. Grazie per averci riportato questo verso:

    https://youtu.be/3xHIhcstxUM

    Un' immagine significativa a compendio....
    Buona Giornata !

    RispondiElimina
  4. Questi riferimenti al silenzio fanno correre la mia mente a un brano di Duccio Demetrio:
    è il silenzio dunque che precede le parole, le accompagna le accomoda perché possano riposare nella dimora del loro sonno le coltiva a loro insaputa le rifinisce e le perfeziona s'insinua tra l'una e l'altra scavando nell'essenza.
    - I sensi del silenzio

    RispondiElimina
  5. Bella proposta!
    Per chi volesse saperne di più su cosa pensa Duccio Demetrio riguardo al Silenzio, invito a leggere su questo Blog, brani tratti da " Silenzi d' amore " e alcuni estratti da altri testi dai temi molto interessanti.
    Mi rammarico tuttavia di non aver scritto altro relativamente ai suoi libri da troppi anni...
    Mi rifarò.

    RispondiElimina