Sesto Aurelio Properzio
ELEGIA IV 7
Sunt aliquid manes
Il rogo non chiude ogni conto, i
Mani sono qualcosa:
riesce talora un'ombra a
strapparsi al fuoco
prima che il corpo sia del tutto
cenere:
e così Cinzia - fra poco
sepolta ai margini d'una via
chiassosa -
livida larva dal fragile aspetto
sul mio troppo grande e freddo
letto
scricchiolando i pollici urgente
reclina:
la veste bruciata a metà
e al dito scarnito il solito berillo.
M' appare quando un dormire
difficile
va e viene da me dopo lo strazio
della morte di Amore:
e se i capelli e gli occhi sono di
lei,
il suo labbro è incolore, quasi
che
avesse già per sete
bevuta l'acqua del Lete.
Ma ha slancio e voce come di
chi vive :
" Traditore" mi fa " dura scorza,
che migliore sperarti una donna
non deve,
come il sonno può in te avere
forza?
Già scordasti l'animata Suburra,
l' intesa furtiva e la notturna
finestra da cui
annodando lenzuola son scesa
le braccia alternando, a
gettarmiti appesa?
Ci amammo in quel trivio, e la
terra
stiepidì sotto i nostri mantelli.
Giurati patti, vana parola:
li ha dispersi una fola
di scirocco.
" Ah, Pro! Già svaniva il mio
sguardo,
tu non c'eri a chiamarmi per
nome,
eppure a sentir la tua voce
un giorno di più avrei vissuto!
Ah Pro! Neppure è venuto
da me l'esorcista a scacciare
il maligno! E una tegola storta
m'ha buttato la tempia al
passar della porta!
Dov'eri tu? Nessuno t'ha visto
bagnare di pianto una toga nera:
ah, fossi almeno stato accanto
alla soglia, magari imponevi
che più lento il mio feretro
avanzasse,
e poi presso il rogo imploravi
che più adagio il vento
soffiasse...
Ma ti pesò anche questo,
lanciarmi dei fiori
da quattro soldi, a dar profumo
alla mia legna: e lo so,
nemmeno romperai
un orciolo di nardo al mio
sepolcro.
" Sbiancarono il mio vino col
veleno!
Appresta a Ligdamo una lamina
rovente!
E i polsi di Nomade la berbera
che ha preparato di nascosto il
filtro
falli legare ad un braciere
ardente!
Corri, va' a casa! Quell'avanzo
d' Africa
vestita fino ai piedi d'oro e
porpora
vi spadroneggia, e vessa le mie
schiave
se dicono che ero bella !
Ha gettato ai carboni il mio
ritratto!
e Pètale, perché al mio funerale
una corona ha tratto, giace
ad un lurido ceppo incatenata,
e Làlage, siccome osò invocare
il mio nome, l' ha appesa pei
capelli
e bastonata!
Dovrei accusarti e lo meriti,
Properzio:
ho dominato nei tuoi libri, ma
da grande infedele: e invece
giuro
- sull'irrevocabile magico
carme del Fato
giuro - ti fui fedele; e se
t'inganno
m'insegua un Cerbero a tre gole
affamato,
e una serpe s'avviti intorno a
me.
Quando sarò sul Lete, sarò
presa
a bordo del vascello
inghirlandato
delle oneste, non certo
sull'obesa
e nera chiatta delle traditrici
che porta Clitennestra e le sue
pari:
io nell'opposta direzione andrò,
verso luoghi dove brezze felici
accarezzano le rose,
e dove timbrate corde e delicati
flauti
accompagnano Andromeda e
Ipermestra
mentre piangono ciò che le rese
famose:
l'una il suo bel corpo avvinto alle
rocce,
l'altra il gesto assassino delle
quarantanove sorelle
che lei non imitò. Così le lacrime
dei morti consacrano l'amore
avuto e dato:
non voglio rivangare i tuoi torti,
Properzio.
" Però ti prego: se riesco a
commuoverti,
se l'erba Clòride non tutto ti
possiede,
nulla manchi a Partenia mia
nutrice
nel tempo che le resta. E senti
ancora:
Latri, mia prediletta, mai non
debba
regger lo specchio a una nuova
Signora.
I versi che nel mio nome
scrivesti, bruciali
tutti quanti. Non serbar lodi a
me:
strappa piuttosto l'edera davanti
alla mia fossa, ché complicate
radici
non abbiano a stringere le mia
tenere ossa.
E dove il caro fiume s'adagia in
campi ombrosi,
scrivi su una colonna un carme
breve:
Qui la splendida Cinzia
in terra tiburtina giace e
aggiunge, o Aniene,
prestigio alla tua pace.
" E se ti giungon sogni dal
mondo dei Beati,
capiscili, amor mio! E adesso
addio.
Nella notte dei morti, liberati,
vaghiamo,
ma è legge che all'aurora
dobbiamo
tornare alla palude che ci
attende:
e là il nocchiero soppesando il
diaccio
carico, ogni mattina in barca ci
riprende.
Addio Properzio. Ora t' abbiano
altre,
presto t'avrò io sola. Tu con me,
io con te,
le nostre ossa insieme, per
sempre".
E quando turbata m ' ebbe dette
queste parole, l'ombra
scomparve nel mio abbraccio.
Sesto Aurelio Properzio dal romanzo Cinzia con i suoi occhi. Un'autobiografia di Sesto Properzio ( Trad di P. Zullino )