giovedì 17 agosto 2023

INEDITI DI CHIARA

 

                                                                  E sei con me... vicino a me...




Come a ridosso del cuore,

come picchio, martello,

o solido soffio di vento.

Così - più o meno - ti ho ritratto,

in modo abbastanza impreciso,

tanto da assomigliarti.


Come uno scavo, un tuorlo,

come un arcaico lamento,

come l'ultima luce

dove hai soffiato l'anima fuori,

che ha riempito di semi

ogni tempo...

dove, per il tempo che basta,

sotto ogni pietra hai nascosto

il tuo nome.


Come un piccolo osso, un suono,

come scheggia, frazione,

come la polpa intorno al nocciolo.

Una solitudine immensa ti partorisce

ovunque tu la contempli,

il più bel fiore.



                                             ***


Hai incontrato quattro volte il tuo tempo:

era una campana,

una strada e un villaggio

e la polvere dietro i risvolti,

erano le anime dei morti

e quelle dei sopravvissuti

che in te cercano conforto.


Questa notte - voglio dirti - abbiamo

raddrizzato un po' il mondo...

Non molto, quanto basta.

Il baricentro è fiorito

ai poli di una qualche lontana rinascita.

Ma racchiusi noi in atomi di perfetta armonia,

come non sentirlo il miracolo risalire

le correnti terrene del ricordo?

Come non guardarti e rivedere

ciò ch'era ammassato alla rinfusa

nei palmi della mia vita?

Un dolore così maturo, pronto a sbocciare.


Il giovane ricordo riempie tutti gli spazi,

si accovaccia spezzato,

trema nella fessura di luce.

Questa notte un po' l'abbiamo raddrizzato, il mondo

con le sue smanie, 

i suoi vicoli e le sue frequentazioni.

Abbiamo cominciato a riconoscerci

con la porta aperta

e un pallido amore tremante dentro le cellule,

uno spazio tra il cuore e il costato

che non lascia scampo alla vita.


( Quando la gioia ti sarà dolorosa,

riparti sempre dal tuo silenzioso " maràsi " *.)



                                          ***


Imparo a semplificarmi

come l'ultima stella, nell'alba

quando spegne la sua

dentro un'altra luce.

La smagliatura di silenzio

nell' attimo,

e ciò che non c'è più

appare.




                   Chiara Catapano    Inediti




*  " Maràsi " si può tradurre con " dolore ", duraturo, che non passa, per qualcuno che ci manca. O che non siamo riusciti a raggiungere o ad avere. E' un prestito diretto dal turco " maraz",  " malattia ", a sua volta dall' arabo " marad " con lo stesso significato.




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