A poco a poco cominciammo a morire anche noi...
"Il memento mori di Dedja, caustico e ossessivo, che ritma la scansione dei testi nelle tre parti della raccolta: negli " Autoritratti" sul filo della memoria della prima sezione, nel divertissement scanzonato delle prose poetiche della terza, ma soprattutto nel " museo delle cere" della seconda, si manifesta come interesse per un'umanità riportata continuamente al grado zero dell'evoluzione, alla sua mortalità animale; è la voce del medico, dello scienziato che riconosce tutti gli esseri uguali nella contingenza, li riassume nella costante della deperibilità, della sconfitta biologica, che sola li accomuna in un'umanità democraticamente condivisa. Da qui scaturisce una poetica dal " basso" umore rabelaisiano perseguita con gli strumenti di un' ironia a tratti malinconica ( " sorridono come Charlot alle madames "), a tratti macabra e scoppiettante ( " su e giù con il morto di turno" ).
( Dalla prefazione di Mia Lecomte )
EVVIVA!
Facendosi largo tra gli escrementi
entrò nella tenda dove partorivano
le deportate gravide
aiutate da una vecchia con voce stridula
e sangue fino ai gomiti.
Dal confine occidentale e da quello orientale
della tendopoli si intravedevano ombre di eserciti
nemici però così bravi a barattarsi
tra loro le maschere antigas appena il vento mutava
direzione per mandar giù la puzza
delle carogne umane non seppellite
sprofondate nelle loro feci.
Ma lui il suo sguardo rivolse
verso le fiere montagna e
con aria insalubre si riempì il petto.
***
SALMONE
Rete d'acciaio
dove sussultavamo
mentre si placavano
le nostre sette anime
ribelli
era la fibra
del cuore del marinaio
nostro implacabile Dio.
Adesso al mercato
al calduccio tra frammenti
di ghiaccio del Nord
semplicemente sorridiamo
come Charlot
alle madames.
***
IL RACCONTO DEL MEMBRO DEL POLITBURO
Agli inizi pranzavano e cenavano spesso
insieme
per i compleanni dei bambini delle mogli
poi cominciammo a incontrarci raramente
poi ancora di meno
( in pratica ogni cinque anni per la Festa della Liberazione )
poi soltanto per porgere le condoglianze
per la morte dei nostri genitori
a poco a poco cominciammo a morire anche noi
malattie incidenti
invecchiavamo intanto e le morti aumentavano
ancora malattie incidenti qualche suicidio
e fu così che aprimmo una parcella a parte al cimitero
poi allestimmo un servizio speciale di becchini
poi mettemmo delle guardie armate
per difenderli dai branchi di lupi
poi decidemmo di mollare picconi e pale
poi ordinammo ai becchini di tenere con sé un materasso
poi non inchiodavamo neanche più il coperchio della bara
alla fine usavamo una sola bara
su e giù con il morto di turno.
***
IL DISCORSO DEL LEADER
Si mangiava cocomero nelle ultime file.
L' atmosfera era quella dei
momenti storici:
la sala in penombra
pronta ad essere illuminata
dalla marea di applausi.
In prima fila
si notava una stanchezza
di chiappe penzoloni
tra i veterani.
Quando nel mezzo
di una lunga frase fece una pausa
e respirò profondamente si sentì
il tictac
dei tagliaunghie ( invenzione cinese ).
***
LA SEPOLTURA DEL MAESTRO
E noi che volevamo rendere
maestosa al Maestro la sua ultima
cerimonia ecco che iniziò
un acquazzone che
decimò i nostri ranghi da discepoli
mentre saltavamo tombe sbieche
rinculando verso le macchine sbattendo
le brache sporche di fango
appiccicoso di morti servili
raschiando le suole alle lapidi
per pulire le caccole delle pecore
liberate a pascere quell'erba
nutriente di chiappe marcite
mentre un hodja improvvisato
era a caccia di cerimonie mistiche.
Non si seppe mai come fecero
i becchini a calare la bara
così forte erano le corde della pioggia
ma dicono che la pioggia d'estate
sia come il correre dell'asino e perciò
dimenticammo già tutto infilati
nei nostri contemporanei pigiami.
Arben Dedja da La manutenzione delle maschere
Nessun commento:
Posta un commento