Rainer Maria Rilke
martedì 28 marzo 2023
I VERSI DI RILKE
IL TEMPO CIRCOLARE DI DANIELE
Tutti salvati oppure nessuno...
Perdonami l'oltraggio
la bestemmia del giudizio
l'esercizio della pietra
così leggera da scagliare
senza mettersi nel conto.
Tua sarà la mano che scende
per dividere i figli dai padri
i fratelli dagli altri fratelli,
i giusti rinati nel bene
dagli empi ritti sul baratro,
ma sempre la stessa è la mano
da cui bambini nascemmo.
Forse tutti saremo salvati
brandelli della tua carne
torneremo ad essere uno,
tutti salvati oppure nessuno.
***
Sei sempre tu che vieni a riprendermi
ne è piena la memoria
di te che spunti e mi porti via,
alle scuole tutti i malori
li fingevo per vedere il tuo arrivo,
fino a oggi dove niente si finge
ed è vero il male che mi spezza,
e quanto è più atroce aspettarti,
passato dai banchi
a questo bianco lettino.
***
Siamo in questo avanzo di primavera
come due cose dimenticate da altri
in un sentiero che non è più scoperta
alberi di colpo indifferenti
il canto della macchia ormai rumore,
ci siamo svegliati da noi e da tutto il resto
ecco la tua barbara spiegazione,
ci rimane la strada del ritorno,
tra le parole che si danno agli sconosciuti.
***
Per tre anni mai voltato indietro
mai voglia segreta di rivederti,
ieri sera per chiara somiglianza
in altra città ecco farti viva,
per via della posa che più amavo
quei piedi minuti che piegavi
al minimo accenno d'imbarazzo,
simili in quello come gocce d'acqua
per quello sempre in cerca di cantucci,
erano le spiagge fuori stagione
il nostro lago dove il bosco fa notte
le camminate ai Pratoni fino a stellati.
Ieri sera per chiara somiglianza
ho sentito svegliarsi dal coma
in un solo secondo tutto il bene
e il sonno di tre anni pesante sulla testa.
***
Ammettilo che la vita,
a farla nel senso giusto,
potrebbe essere un posto
dove almeno abitarci,
lontano dai calori esagerati,
da tutte le morbosità
che ci dettero solo nostalgia
e quale amore?
Lontano dalle promesse della moneta
mantenuta solo la misericordia,
oscuro popolo reietto
dalla lietezza che gli sfuggì un giorno.
Guarda, guarda questa piccola
parte del mondo che l'occhio ci concede,
è unica, vera fonte di pensiero
e liberazione, nella sua quiete
di prato montano,
nella sua normalità di stelle
e luna pallida, ammettilo,
che vivere qui, tra questa pace
di natura e separazione d'affetti,
di sconforti le sere
pure non ne abbiamo mai sofferto.
Daniele Mencarelli da Tempo circolare ( poesie 2019 -1997 )
martedì 21 marzo 2023
A ORIENTE DI QUALSIASI ORIGINE 2
Trattienimi come il sole la luna...
Un libro che ha ( ben riposte e ben nascoste ) ambizioni e parla costantemente dell'oriente e dell'origine ( anche quando non lo fa ) dedicandosi piuttosto all'evocazione dell'anima, che è l'indiscussa protagonista di tutto il dettato.
Vi troviamo un continuo dialogo con la natura, un continuo perdersi e ritrovarsi, il rinnovo delle stagioni, un senso di sé e di appartenenza dentro un infinito microcosmo, il dolore della perdita e della partenza, che inevitabilmente porta ad un ritorno alle radici più profonde.
IX
Specchi scuri, grani d'azzurro
vertigine concentrica di luce, il rinnovo delle
reciproca, come un'immersione
una felicità solare, come ad afferrare
ciò che a pochi eletti
per predestinazione
accade.
Risposta del giorno a fine giorno.
Trattienimi come il sole la luna
nella tua bocca di fuga
dalla ruggine della terra.
***
XI
A oriente di qualsiasi origine
si vestiranno d'alba. Ne coglieranno
l'essenzialità oltre ragione.
La promessa prima, verrà conservata.
A tutto ciò che deve ancora essere
la sposa innalzerà altari, occhi.
A tutto ciò mai torri né ombre.
Nel bianco - in quella precisa tonalità di bianco,
tutto il valore indiviso della verità.
( il verso evidenziato è di Massimo Scrignoli )
***
XV
Se questo silenzio è l'eco di polvere
sul disordine di abbandoni inspiegati
e delle colpe
se le madri anche avessero sbagliato
nella bontà; se nella semina
avesse avuto radici storte il seme
e il tropismo della terra non ne avesse corretto
il verso, servirebbe ora sfasciare
- invocato - dei semi maturi, il dio - per ricostruire a norma -
a norma sgusciare come il giorno
nella chiarità - origine, distesa arata, solco.
( il verso evidenziato è di R.M. Rilke )
***
XVII
Tu mi porti là, dove le cose vengono
quando devono venire, con levità
come di neve, se la neve torna al seme.
Vengono insieme nella pazienza e nella cura,
nella radura dei richiami - sapienti echi di rami,
attesa d'abeti a sorreggere voli.
Servono secoli d'intesa a benedire
il sincronico fiorire dei roseti.
***
XXVIII
Provvisori noi, nei sentieri d'oro del mistero
che credevamo eterno - abisso e dimora,
costole allargate al vasto respiro
portavamo ignari, corone di rose.
Niente era certo come il sangue.
Noi eravamo quelli del tempo antecedente l'indugio,
ruggito di radura vergine. Urogalli.
I castelli non avevano torri.
Annalisa Rodeghiero da A oriente di qualsiasi origine
venerdì 17 marzo 2023
UN POETA UCRAINO
Tu sei rimasta fedele come l'acqua...
Spossato dalla bellezza, che ho pescato ogni giorno
con pupille e orecchie avidamente spalancate,
quando morirò non piangere. Mi addormenterò sazio di vita,
che è grande, difficile e burrascosa.
La divinità, che nel fuoco mi percorreva le membra,
volerà in alto o si dissiperà;
il cuore che batteva così vivo - si irrigidirà
e la voce diverrà una lettera morta.
Allora penserai, che troppo sparsi
resteranno di me frammenti di parole,
ma sappi che più di una volta le ore di rapimento
e la parola mi soffocarono nel petto troppo stretto;
il mondo era troppo bello perché solo a te
donassi i miei versi. O amatissima,
ho guardato nello spazio smisurato
e mi hanno preso sentimenti smisurati.
Ma quando qui le persone, lì le stelle nel cielo
il cuore mi svolsero con un eterno arcolaio,
tu sei rimasta fedele come l'acqua, immutabile :
l'unica al mondo che mi abbia amato.
Jaroslaw Iwaszkiewicz da La mappa del tempo ( Trad. di F. Groggia )
martedì 14 marzo 2023
TICIAN TABIDZE & STALIN
Tician Tabizde
Ciascuno combatte come può, secondo i reami del proprio spirito, la frequenza angolare del respiro. Boris Pasternak pareva sempre in apnea al tempo, un sonnambulo : ritroso, retrattile, più serpe che colomba, aveva capito che il potere non si combatte con le insinuazioni, ma insinuandosi. L' Autobiografia, di cui fu impedita la pubblicazione, si conclude con il capitolo " Tre ombre", dove rievoca la morte di tre amici diversamente schiacciati dal regime sovietico. Il primo cammeo-straziante - è dedicato a Marina Cvetaeva. La sua morte, insieme a quella dei poeti georgiani Paolo Jasvili e Tician Tabizde, " è il maggior dolore della mia vita", scrive Pasternak. Evocare quelle tre ombre significa riconoscere che lo stalinismo ha ucciso la sua giovinezza -con le sua aspirazioni - per soffocamento.
Nato, come Pasternak, nel 1890, figlio di un prete ortodosso, studi compiuti all' Università di Mosca, Tabizde è stati il più talentuoso e inafferrabile poeta georgiano del secolo. Fondatore del clan lirico " Corna blu ", opponeva al realismo socialista e al cinico civismo propagandati come formula poetica unica nella Georgia sotto tiro sovietico, la propria lotta solitaria. Espulso dall' Unione degli scrittori georgiani dell' ottobre del 1937, fu arrestato dalla polizia sovietica con l'accusa di tradimento. Il poeta fu torturato e ucciso poco dopo, ma soltanto nel 1955 la verità sulla sua sorte venne a galla.
IL MAR NERO
Splendido Mare Nero:
chi ha creato la sinuosa
voce
che mi ha fatto rabbrividire
mentre cantavi di Medea?
Credo nell'uragano della
fantasia
nella mascella infuocata del
drago :
io cerco il Vello d' Oro.
Precipito in ciò che è fatale.
Credi ciò che vuoi : la poesia
eguaglia l'immortalità.
Una slavina mi salva.
L' indicibile
mi incatena . Le onde di
Mitos: una tenaglia
mentre emergo con un
nuovo canto.
Nuova Argo, Orfeo io sono.
Voglio dire dei nostri eroi,
dolci come questo oscuro
mare,
ma le intenzioni mi
strangolano.
Questa città è una colomba
nel palmeto.
Vola tra le montagne, viene
a me.
La luna si nasconde tra la
marea di nubi
i demoni la condannano a
morte per annegamento.
Come il canto degli
Argonauti
questa notte di agosto si
accartoccia nel cielo:
così il cielo ritorna terra
e io mi innamoro ancora.
( Gagra 1925 )
***
NOVEMBRE
I pipistrelli accerchiano i
platani, gialli e nudi,
che coprono la cupola della
chiesa.
Il cupo canto delle gru
intristisce i prati. Brindisi
d' autunno
bianco inverno. La
tempesta, dunque,
non ha pietà neanche per
se stessa : il fuoco
si mescola alla rabbia del
vento.
Il tramonto ha un consolato
- nell' anima - è sabato.
La nebbia della sera ricopre
la terra
il prete termina la sua
orazione.
Preghiere a brandelli sulla
barba bianca :
è cieco da un occhio. Il
demone del vento
spezzetta il mondo e i miei
piedi affondano nel fango.
Annego tra foglie gialle: per
favore, seppelliscimi.
( 10 Gennaio 1916 )
***
INSCRITTO NELLA POESIA
Io non scrivo poesie:
sono le poesie a scrivermi.
Il poema scorta la mia vita.
La poesia: voragine
che mi fa sparire
mi seppellisce vivo.
Sono nato nel mese di
aprile
quando sbocciano i fiori di
melo.
Il bianco mi piove addosso.
Quando le lacrime
mi scendono dagli occhi
divento tempesta.
Le lacrime confermano che
morirò.
Pretendo che rimangano le
mie parole.
Toccassi il cuore di un solo
poeta...
premio che surclassa ogni
forma di fama.
Avranno compassione del
povero ragazzo
che abitava sulla riva del
fiume.
Le poesie erano il suo
viatico
la sua unica guida.
Il cielo e la terra di Georgia
lo hanno torturato finché è
morto.
Gli hanno negato la felicità
che si deve al poeta.
Non scrivo poesia
sono le poesie a scrivermi.
Il poema scorta la mia vita.
Questa poesia è una
voragine:
mi inghiotte
mi seppellisce vivo.
( 1927 )
Tician Tabidze
martedì 7 marzo 2023
UNA CANZONE PER TE
Arrivo sempre un poco dopo...
Arrivo sempre un poco dopo,
sempre dopo
aver sbagliato, dopo
aver aggiunto troppo sale,
dopo
aver detto o
parlato male;
mi salvo sempre dopo
che ci sia
qualcosa da salvare;
mi abbraccio, mi consolo,
mi dico non importa;
imparerò come si vive
quando sarò già morta.
***
Potrei scriverti una lunga
lettera,
per spiegarti con parole
- se lo vuoi -
di che cosa tu mi spogli,
come tu abbia fatto piccolo
questo corpo amato male.
Ma rimanevo nel cortile,
seduta sui gradini,
nei primi pomeriggi
digeriti dagli anziani
nei letti di sopra
delle case popolari
e da lì ti scriverei
con la mano più grande,
con l'identico cuore:
io sono una che piange
una cornacchia che sguazza
nel parcheggio soleggiato
sullo svincolo.
Nel becco,
con la mia identica gioia,
divora un gran pezzo
di carta stagnola.
***
Com'è misurato amarsi meno,
è un lavoro sartoriale,
millimetrico,
amicale;
chirurgica la mano che
tutto fa per non sfiorare,
stare
in cabina di controllo
come da tuo protocollo:
nel collo,
la vene giugulare
col suo flusso da invertire;
nel petto,
silenziare
il rumore del rumore.
Che lavoro disarmare,
soffocare,
che cesello da artigiana
che ci vuole,
lambiccare che l'amore
riesca a smettere di amare.
Sempre un triste mestiere
seppellire.
***
Nere, verdi e gialle
e ordinate e snelle;
aironi senza volo,
soldate al servizio
di stazioni di servizio.
Modeste sentinelle,
a testa china dentro un buco:
fatte per rifornire, capaci solo
di dare;
recluse, incatenate,
tutto il giorno a non guardare
qualcuno che va via.
***
Le tue mani sono mazzi
di spighe e gambi di fiori,
muovono dinoccolate
dita; il polline tattile
dei polpastrelli fioriti,
viti e vigneti, a grappoli,
ortiche,
le tue mani seminate,
nelle pieghe dei vestiti;
sono lente primavere,
in cui tutto può accadere
e a cui tutto perdonare,
le carezze non sbocciate,
le distanze dell'estate:
zitte come delle mani,
belle come le tue mani,
le tue mani. Le tue mani
sono aprili, senza uscire.
***
Per quanto io mi sforzi,
studiando dal bordo di una
piazza,
seduta sul gradino in cui ti
aspetto
come se fossi ferma in una
pesca,
nel mare delle facce che non
sei,
nel mare delle vite che non
sono,
non mi ricordo mai
come siano capaci tutti quanti,
come facciano gli altri umani
vivi,
in questo spazio - tempo che ci
tiene,
ad essere nel mondo e a non amarti.
Beatrice Zerbini da D' amore
domenica 5 marzo 2023
L' ADAGIO DI GARY
Non scrivere per compito...
Il velo oscuro attrae il bimbo al pozzo
è una pellicola che soffoca ed evidenzia le lacrime
un pasto condiviso sui rebbi dove i nostri morsi
si irritano allo scheggiare dei denti
in questa luce nera che è la vita.
***
Non ci incontreremo mai
nel frastuono della mia mente
c'è un ultrasuono che taglia i timpani
come un foglio la pelle labile dei palmi
è un dolore immenso come il mattino
un distico che muore proprio sul più bello.
***
Non hai ancora mosso un passo verso me
che già vedo il ferro emergere dal cemento
l'illuminazione del dettaglio nel dettaglio
è un richiamo antico pronto a cacciare
la selvaggina che si intrufola fra i boschi fitti
dei tuoi capelli delle tue lentiggini delle tue dita
lì da dove l'infatuazione parte
come l'arroganza di un treno
e la leggerezza di un aliante.
***
La rima
baciata è uno stupro
preferisco sguinzagliare canneti
dalle sponde della spiaggia
farne falò di notte lungo lo spiedo
di un bacio atteso a ruminare
lungo le vie delle barbarie
strappati i vestiti con le forbici dell'attenzione
sregolare l'attrito di un catamarano
staccare la dinamo dalla graziella
e scaraventarla nell'oltremare
non scrivere per compito
ma solo per amarti.
Paolo Castronuovo Inediti
giovedì 2 marzo 2023
L' ATTESA DEL PARADISO
(...) Che cos'è il paradiso, l'ho capito dall'attesa; l'ho capito aspettando la telefonata di una persona cara, o nel ricevere una mail da lei in procinto di venirmi a trovare. Quello che scopro è che
l'attesa si annulla, l'attesa si azzera sempre, non rimane in noi: il seguito conquista tutto. Il paradiso dev'essere questo, non un'attesa inutile, bensì attesa che si annulla nella prossimità dell'incontro. Quindi si attende senza aspettare, arricchendosi nella vicinanza della compagnia. E' un po' come in quei siti online che si scorrono con il cursore : arrivati in fondo, ecco che il cursore sale in alto, rivelando che c'è ancora spazio da visitare, che non c'è fine e si può andare avanti ancora. L'azzeramento corrisponde a una nuova qualità del sentire, aperta a una prospettiva rinnovata del vedere, del punto di vista del soggetto in attesa, pronto ma mai afferrato da delusioni, sempre in atto di conoscere il vero. Questo io ho scoperto aspettando. E' una scoperta sicura, non è qualcosa di effimero , è anticipi di ciò che sarà già qui. Perciò ognuno è un mezzo, è un ponte per il mistero che c'è di là. Ognuno è creato, ed è fatto di questo. Attesa che viviamo del paradiso, attesa che non si accumula pesando sul nostro animo, fino a franare, annientandoci. L' attesa ci convince sul nostro stato. Forti di questo, cresciamo immensamente, di minuto in minuto, di secondo in secondo, attimo dopo attimo. La concezione del tempo acquista una velocità impensabile, profonda, sublime. Avviene già fra noi, in relazione a fatti, cose e persone precisi, identificabili. Ad esempio, aspettando una persona che teniamo a cuore, si sente che il tempo si dilata, si curva su di noi e sullo spazio che ci sta intorno. Tutto cambia. Ce ne accorgiamo dal volto degli altri: non sembrano più estranei, non si intercetta più nel loro sguardo una negatività, un limite, un'angustia. Il mondo sta lì, davanti a noi, per dire questo, perché ci si ponga davanti a questo. E se avviene uno scontro, qualcosa che all'improvviso ferisce, quello rivela il non - ancora, il non - avvenuto ancora, la stazione che vediamo sfuggire in velocità dal finestrino del treno in corsa, cioè l'immagine che ci attraversa gli occhi, ma senza fermarsi, senza fissarsi sulla retina, non impressionata dalla luce, dal colore, dal movimento. Siamo in attesa, ovunque ci troviamo, nell'attimo successivo, sempre e sempre. Questa condizione io l' attribuisco a una percezione divina che si impasta in noi, si rapprende come la materia del colore nell'umido di un intonaco fresco, nell'affresco che noi siamo di Dio, nel dipinto che Lui fa giorno per giorno di noi, anche se non ce ne accorgiamo, anche se la nostra inconsapevolezza non è radice di male.
Cito il poeta Daniele Piccini " Così, così ritornerà compiuta / l'attesa fatta di tutte le crune ". Come a dire che la cruna non è passaggio stretto, bensì spalancamento continuo e multiplo, improvviso, recante stupore, condizione umana che si apre, circonda, coinvolge. Ci si sente fiore commosso nella lettura dei versi appena citati, per l'anticipo che si avverte nel dire, nel toccare lo spessore di questo passaggio, in eccedenza di linguaggio, come scrive il filosofo Paul Ricoeur nel suo " La logica di Gesù", libro ispirato - felice - in cui si analizza lo stile del linguaggio cristiano in particolare delle Beatitudini .
" Essere amati è il
grande privilegio
delle creature " (...)
Vincenzo Gambardella