Mi ci annego in un fondo di bottiglia contando i sorsi - ed ogni sorso è un giro mentre danza un'idea che mi somiglia ma non ho spago per portarla a tiro. E corre il tempo che divora il giorno come un treno che veglia a una stazione e dalla panca attendo il tuo ritorno sperando m'offra un' ultima occasione. Così disegno in punta di matita cartelli deformati in nero cina mentre rendo cuscini le mie dita al volto stanco che la mente china. Ma è già passato il treno e perde pezzi. E non esiste fermata né stazione, solo il grigiore a cui siamo avvezzi e il rotolare lento di un bullone. frida
" La scrittura è complicazioni di immagini compiuta con razzia di parole" ( Marco Nuzzo )
IN SEGNO DI GRATUTUDINE (…) Se possiamo ritenerci fra coloro che giudicano la memoria un bene prezioso, quali siano i suoi fardelli; se istintivamente ricorriamo ad essa, senza pensarci troppo, vorrà dire che ormai costituisce un tratto distintivo e peculiare di un agire - il nostro - diverso da qualunque altro. Riusciamo sempre - in tal caso - a trovare il luogo e il pretesto per farle un po' di posto nella nostra esistenza. Rubando minuti di pausa a tutti gli altri. Quando sappiamo prolungarli, cresce a dismisura, si fa più intenso, il sentimento di esistere che essa riaccende. Basta uno stato di grazia e,all'istante,ci si dischiude l'arcano letterario, poetico e filosofico, di una vita diversa. E' il viatico per chi crede. La scrittura è la chiave giusta per sopportare tutte le altre vite usuali, che espelliamo per reggere alla fatica, all'incalzare delle infinite inutilità che il resto dell'umanità ci chiede di affrontare senza entusiasmo: è un antidoto, un talismano, un modo non comune per tenere desta l'intelligenza. Non sarà mai un sonnifero. Anche se non possiamo di certo dirci scrittori, né vogliamo o pretendiamo di considerarci tali, il nostro scrivere - al di là dei risultati estetici, o del nostro rileggerci - è tramite e accesso a un' altra realtà. Dove sovrana regna incontrastata la percezione soggettiva del nostro interpretare e raffigurare il mondo. (…) Duccio Demetrio da Perché amiamo scrivere( Filosofia e miti di una passione )
Un uomo senza donna, non è un uomo e basta: è un uomo senza. (…) Un uomo che non frequenta donne dimentica che hanno - di superiore - la volontà.Un uomo non arriva a volere quanto una donna - si distrae, si interrompe - una donna no. Davanti a lei si trovava incalzato. Se era un guardiacaccia, se la sbrigava. Ma una donna è quel filo di ragno steso in un passaggio, che si attacca ai panni e si fa portare. Gli aveva messo addosso i suoi pensieri e non se li scrollava. Un uomo che non frequenta donne è un uomo senza. Non è un uomo e basta, nient'altro da aggiungere. E' un uomo senza. Può dimenticarselo, ma quando si ritrova davanti, lo sa di nuovo. " Ci penserò". Era vero: pensava alla donna, alla sua volontà di cavargli una storia, a lui che all'osteria stava a sentire quelle degli altri e alla domanda : " E tu?" rispondeva alzando il bicchiere alla salute dei presenti, per inghiottire la risposta. Se insistevano, tirava di tasca la sua armonica a bocca e ci soffiava dentro la musica. Non poteva aggiungere la sua storia alle loro. Di ogni cosa narrata dagli altri, lui aveva fatto peggio. Rischi, disavventure, spietatezze; dai racconti degli altri sapeva di essere il peggiore. Alla donna non poteva rispondere col fiato dell'armonica. Ci pensava.(…) Erri De Luca da Il peso della farfalla
(…) A sessant' anni il suo corpo era accordato bene,compatto come un pugno. E la donna com'era? Come la mano aperta al gioco della morra cinese, la mano che vince perché si fa carta intorno al sasso e lo avvolge. La donna era la carta in cui finiva chiusa la sua storia. E la terza figura della morra, la forbice?Quella era il camoscio,con le sue corna avrebbe vinto la carta, chissà come. Ci pensava e rimandava. In quell'autunno si accorse della stanchezza in petto e nelle gambe. Si decise a dirle che era pronto. Si accordarono in paese, lei sarebbe salita alla sua stanza a quota 1900 dove il bosco si dirada prima di smettere. Lì, tra le sue cose mute, avrebbe provato a rispondere. La donna controllò col freno in faccia la soddisfazione per la breccia aperta e gli strinse la mano,per accordo.Non era carta il contatto con le dita e il palmo. Era la spudorata intimità mascherata da mossa di saluto.Toccare la mano di una donna, per un uomo senza, è un salto nel sangue. Non ci si dovrebbe toccare, donna e uomo, facendo finta che è tutt'altro. La mossa della donna, che era stata lei a cercargli la mano, scavalcò il confine dei corpi, già scambio di amanti per lui. Si guardò la mano e la mise in tasca insieme all'altra. Si erano accordati: lei sarebbe venuta senza registratore. Sulla via di ritorno strofinò la mano sopra un larice, non per cancellare , invece per conservare sotto resina il contatto. Era per il giorno seguente, al ritorno dal suo giro tra i monti. Era l'ultimo passo dell'autunno, poi sarebbe venuta la neve e il suo magnifico silenzio. Non ce n'è un altro che valga il nome di silenzio, oltre quello della neve sul tetto e sulla terra. (…) Erri De Luca da Il peso della farfalla
" Occhi di falce", aveva sentito rivolgere alla donna questo complimento.Era l'acciaio tirato a lucido dell'affilatura: di quella materia erano gli occhi della donna. Lei sapeva l'attrazione innescata in un uomo dal suo corpo. Chissà quanti si erano messi in fila per ottenere di essere guardati, quanti si erano inorgogliti per il traguardo dei suoi occhi. Della gioventù scossa, l'uomo ricordava il goffo degli uomini quando cercano di farsi notare da una donna. L'azzardo in una mischia poteva servire a una reputazione; la voce forte, la battuta dura potevano risaltare in una tavolata. Davanti alle donne, usciva ai maschi il gonfiore di petto del piccione. Gli uomini sbandavano davanti alle donne tra elemosina e sbruffoneria. Lui si rattrappiva per opporsi all'esibizione. Gli erano capitate allora donne che l'avevano voluto, preso come un sasso da terra. Sì, qualche volta era stato raccolto. Poi c'era stato lo sbando dei ranghi, la montagna, la stanza in cima al bosco dove nessuna era salita. A quella che arrivava da lui per ultima, aveva visto fare la mossa di sbatterei capelli lisci in fuori, oltre le spalle. Somigliava alla mossa di fastidio che allontana e somigliava pure al richiamo di essere toccata sui capelli. Le donne fanno mosse di conchiglia, che si apre sia per buttare fuori che per risucchiare all'interno . (…)
(…) Nell'incontro al villaggio lui aveva evitato gli occhi, la faccia. Era restato e tenersi le mani in treccia e a guardarci sopra. La donne vedeva che lui si negava l'attrazione. Non sapeva se gli veniva facile o pesante. Era una resistenza da non forzare con la seduzione. " le dà fastidio il mio profumo?". " Risponderò alle sue domande in una volta sola; adesso no." Lo disse cercando di non essere scostante, a voce bassa, che la donna stentò a capire. L'uomo vide che lei non aveva sentito bene e vide pure che non chiedeva " Come?. Il " Come? Come ha detto? " lo avrebbe respinto indietro e l'avrebbe lasciata lì. La donna restò perplessa il tempo di assaggiare un sorso, una mossa che le venne bene. Restò a guardarlo, poi le venne da dire: " Lei ha la faccia di una scarpa di cuoio che ha camminato a lungo e si è adattata al piede come un guanto." Lui non reagì, però gli venne da inghiottire saliva. Poteva nascondere bevendoci sopra un sorso, ma non volle e inghiottì senza. Tirò via gli occhi dalle mani e guardò la finestra dietro le spalle della donna. Una cannuccia d'acqua si buttava giù da una roccia lontana, una riga bianca su una pagina nera, il suo rumore non arrivava a loro. La donna si voltò a guardare anche lei il punto fissato da lui. Così gli offrì la nuca, il panno di capelli sciolti caduti lisci sulla schiena saltando la curva del collo. Come il volo dell' acqua sulla roccia, venivano giù senza rumore. La donna tornò a girarsi a lui,una torsione a sinistra a svitare. " Guardava l'acqua?". L'uomo strinse un po' gli occhi, le rughe ai lati, accenno di sorriso. Le aveva risposto. Nella tenuta della sua tensione, quella era una scalfittura. Non gli era capitato di sposarsi. Al pensiero,vedeva un piccolo se stesso di marzapane, vestito in bianco e nero in cima ad una torta nuziale. Districò le dita, raggiunse il bicchiere. Nel petto gli salì lo stesso affanno del taglio di ottobre. (…) Erri De Luca da Il peso della farfalla
Voglio ricordarti… NON AVERE PAURA Sei quello che sei. Perché taci, pietra tombale il tuo silenzio. Ho nelle vene il sole, non gli abissi. Maledetto possa essere l'attimo che generò questa selvaggia seduzione, pura follìa. Perché ti spaventi? Un giorno - tu e io - non ci saremo in questo verde, ci dissolveremo nel vuoto del tempo. Tu diverrai una palude, io una lava vulcanica; tu, un torrente infuriato, io una scia di luce di arcobaleni e pioggia. Non avere paura: versati in me come un ruscello di sangue. Entra nelle mie vene, brucia il mio corpo, le mie labbra, accogli la mia preghiera di donna. *** DIVENTERI CENERE Splende il tuo corpo, ma il tuo orgoglio un giorno si spegnerà, diventerai cenere come una quercia spaccata dalla tempesta; cadrai per terra sciogliendoti in granelli di polvere. Il mio fuoco trasformerà in cenere e fiamme ogni tuo desiderio: sono pronta a incendiarti, come una belva feroce e docile ti donerò segni di ferita. *** AMIAMOCI Lasciami scavare follemente in te e di nuotare dentro di me per sentirci sospesi sull'erba. Amiamoci stasera, c'è tempo per odiarci. *** IN TE Ti ho rubato i sogni, in te abitano solo i tormenti. Ho dato vita ai tuoi giorni, in te ho bevuto senza mai saziarmi, poi ti ho lasciato volare - in pace - senza baciarti gli occhi e stringerti al mio petto. Sento la tua assenza, ti ho cercato nel mio volto, tra le piogge delle mie mani le tue strade. E' come allora, nulla è cambiato in me, ma ora è tardi, in questa valle parliamo la lingua degli alberi. *** EPITAFFIO Meravigliosi il tuo respiro e il tuo corpo. Voglio ricordarti come l'uomo della mia ferita, vigoroso, malvagio, uomo - quercia. Hai seminato in me radici di gioia e di morte, amore e dolore eros e lutto per me. Donika Dabishevci da La tua robinja
" Gli uomini hanno paura che le donne ridano di loro; le donne hanno paura che gli uomini le uccidano" ( Margareth Atwood )
(…) La donna violata da bambina, che ha conosciuto l'impotenza totale e la disperazione come residuo del conflitto, è convinta di non poter ottenere alcuna giustizia dagli altri, quindi reagisce alle imposizioni sociali e ai messaggi diretti su questo tema in vari modi. Può essere incline ad improvvise esplosioni di collera sproporzionate rispetto all'evento scatenante; può reprimere sistematicamente la rabbia o ricorrere a continui bisticci per evitare confronti più diretti. A dispetto di chi ritiene che le donne abbiano fatto molta strada nel liberarsi da vincoli ristretti di comportamento, la collera femminile è ancora considerata inaccettabile. Quando un uomo alza la voce, impreca, minaccia di ricorrere alla violenza o passa direttamente all'atto ,nessuno ci trova nulla di strano ( per la verità - e per fortuna ! - le cose sono un po' cambiate a questo livello. Visto il grado di violenza che si è raggiunta nella nostra società nei confronti delle donne, le stesse sono sempre più invitate a difendersi, segnalando e denunciando le violenze di cui sono vittime, n.d.r. ). Ma se è una donna a usare gli stessi comportamenti, la chiameranno " puttana", " arpia", " rompicoglioni"; del resto ( si noti! ) l'uomo è sempre " figlio di puttana!". Le donne Trs che rivolgono la collera verso di sé, dimostrano di rispettare l'imperativo sociale di controllarsi e proteggere gli altri dalla propria ira.Anche quando esplode incontrollabile per essere stata troppo a lungo repressa, la loro rabbia si dimostra inutile in quanto sproporzionata all'evento concreto che all'apparenza l'ha scatenata. Ma più spesso questo sentimento spaventoso resta nascosto e prende la forma del comportamento autoviolatorio. La rabbia crea sempre problemi relazionali alla donna Trs, per quanto camuffata da tristezza, ritrosia, riserbo o persino da eccessiva arrendevolezza, condizionando il modo il cui essa travisa le proprie percezioni e impedendo agli altri di vederla così com'è. (…) Dusty Miller da Donne che si fanno male
(…) La vita sessuale delle donne Trs è dominata dalla preoccupazione del controllo. Proprio tale preoccupazione è spesso alla radice del loro " agito" sessuale. Non deve sorprendere quindi che qualcuna possa provare un forte desiderio di essere dominante, anche spietata, sul piano sessuale.La scelta di partner sconosciuti o che non le piacciano può darle un senso di potere, di vendetta, come anche l' esperienza di ostentare comportamenti sessuali provocatori e vistosi. Forse in questo modo ella riesce a sentirsi nella parte dell'aggressore,a dominare una vittima rovesciando la posizione cui fu costretta da bambina. Alcune vittime di abusi diventano sadomasochiste. Se si ritrova sottomessa da un partner di cui ha paura, e sopportato solo perché non da dire di no, la donna rimette completamente in atto la dinamica dell'abuso infantile. Ma in altri casi il contenuto violento dell'esperienza può non essere imposto, può piacerle il brivido sessuale di calarsi nel ruolo masochista in una relazione consensuale. In genere si tratta di modelli comportamentali sconvolgenti per la donna, per il suo partner e anche per il terapeuta. Ma non è altro che una delle molte contraddizioni evidenziate dalle personalità Trs ( sigla che sta per : " sindrome da rimessa in atto del trauma, la cui caratteristica fondamentale è una sorta di coazione a danneggiare il proprio corpo, n.d.r. ). Si possono avanzare diverse ipotesi di spiegazione per un comportamento tanto estremo. Innanzitutto in questo modo la donna ricerca il piacere sessuale così come l'ha provato durante gli abusi infantili di cui è stata vittima: eccitazione e piacere frammisti a paura, dolore, rabbia e ripugnanza. Oppure tenta di dominare il trauma infantile ripetendolo di continuo, come quando indulge alle sue pratiche autolesioniste. (…) Dusty Miller da Donne che si fanno male
(…) Molte donne Trs cercano o si ricreano un partner che somigli al genitore che le ha violate quanto a comportamenti, personalità, convinzioni e modi di stare nel rapporto. E' la sua lealtà verso il violatore e verso la famiglia in genere a indurla a replicare inconsciamente nei suoi rapporti adulti,la dinamica degli abusi, e inoltre la relazione violenta le risulta familiare: lei ne conosce la dinamica, sa cosa aspettarsi ed è esperta del suo ruolo di vittima.Il ruolo del violatore interiorizzato catalizza la rimessa in atto della relazione violatoria: infatti è questa parte dell' Io, anticamente distaccata dal genitore violento, ad essere proiettata sul partner. Ed è nuovamente l'equazione violenza - amore a organizzare il modo di vivere l'intimità della donna Trs,diventando parte integrante della dinamica di coppia. Il mondo sessuale della donna Trs può comprendere anche relazioni illecite con partner " proibiti " che può ricercare in uomini e donne sposati,persone con un ruolo di potere sul lavoro o addirittura analisti di scarsa etica professionale. Nel caso più grave, se sono esse stesse psicoterapeute, le vittime Trs curate male, possono accedere a relazioni sessuali con le loro pazienti. Questo genere di rapporto riproduce l'eccitazione e l'intensità della segretezza, la dinamica di potere, l'illusione di una " qualità speciale " e il dolore provati durante l'esperienza infantile . (…) Dusty Miller da Donne che si fanno male
(…) Donne che ricorrono in modo compulsivo a interventi estetici pericolosi per la salute, spesso soffrono anche di Trs, sebbene il rapporto con il trauma infantile sia in genere meno chiaro che in altre forme della sindrome. Difficilmente familiari ed esperti riconoscono che, agendo così, queste persone si stanno facendo male. Le donne Trs di questa categoria passano da un dottore all'altro collezionando un'intera farmacia di medicine spesso controindicate per i loro problemi di salute. I dietologi peggiorano le cose suggerendo loro programmi di dimagrimento pericolosi o quantomeno malsani. Alcune si sottopongono ad interventi chirurgici superflui: come creta il loro corpo viene plasmato, deformato e logorato da chirurghi che lo considerano un semplice oggetto, tutt'al più una potenziale fonte di reddito. ( il vero pericolo - oggi - mi sembra proprio questo : cercare di comprare un'idea del proprio fisico che non ci corrisponde, solo perché i Media ci " bombardano " letteralmente perché, invece di donne, possiamo somigliare sempre di più a bambole di gomma. E questo indipendentemente dalla professione - una volta era una consuetudine accettata e quasi obbligatoria per personaggi dello spettacolo - oggi rimodellarsi il viso, rifarsi il seno, i glutei o altri " pezzi di carrozzeria " è il sogno di ogni ragazzina e di donne appartenenti ad agni Status sociale: sono disposte persino a fare dei finanziamenti pur di sottoporsi a costosi trattamenti estetici n.d.r.). Queste donne, solo in apparenza più passive nel farsi del male in quanto delegano ad altri il compito di danneggiare il loro corpo, non sono per questo meno autodistruttive: i loro comportamenti rappresentano - come negli altri casi analizzati - una disperata ricerca di quella protezione che non hanno imparato a dare a se stesse. (…) Dusty Miller da Donne che si fanno male
(…) Dunque. C'è stato un periodo discretamente lungo della mia vita in cui mi pareva che avere un uomo accanto fosse una necessità fisiologica un po' come respirare, dormire, detestare le taglie 38 che dicono : " Io mangio tutto, ho il metabolismo alto". Ero reduce da una storia emotivamente devastante e l'idea di dover fare i conti con il lutto sentimentale nel silenzio di una casa, senza il rito confortante di un'uscita a cena o di un messaggio su WhatsApp prima di andare a letto, mi appariva intollerabile.La conseguenza di questa incapacità di affrontare il dolore di petto è stata una carrellata di incontri surreali e di relazioni lampo con personaggi a cui oggi non concederei neppure il tempo di un caffè in piedi al bar dello stadio, ma che all'epoca furono investiti di un ruolo specifico : quello del traghettatore. Quello dell'uomo che serve solo a fare con te un pezzo di mare, prima di arrivare a terra. Certo, poi il traghettatore affonda e io mi ritrovavo naufraga. Questo libro non descrive la solitudine e la speranza ( solitaria) di imbattersi in un uomo decente. Racconta il periodo dello stordimento: le compagnie strampalate, gli incontri assurdi, gli uomini in cui sono inciampata e che - se non avessi testimoni oculari - potrebbero sembrare frutto di fantasia, di un mojito di troppo o di una sfiga siderale e che invece - ahimè - sono personaggi comuni e realmente esistiti. E che , a dirla tutta, faccio fatica a definire " ex " perché sono semplici, evidenti, cristallini casi umani. Ah, tra i casi umani ci sono anch'io, naturalmente. Perché in quegli anni, nel tentativo disperato di dimenticare, sono riuscita a dimenticare una sola cosa con un certo talento: la mia dignità. (…)
Selvaggia Lucarelli da Casi umani ( Uomini che servivano a dimenticare, ma che hanno peggiorato le cose )
Maschere Era il vuoto a crearti, a crearti per me. Ti inventavo perché tu non apparissi. Il desiderio era il gorgo dell'assenza. Coltivavo così la nostra morte. frida
Il filo dell'adorazione ci ha legati più forte… Sono felice di vivere in modo semplice ed esemplare - come il sole, come il pendolo, come il calendario. D'essere un'anacoreta laica di snella figura, savissima - come qualsiasi creatura di Dio. Di sapere: lo Spirito è mio alleato, lo Spirito è mia guida! D'entrare senza annunciarmi, come un raggio e come uno sguardo. Di vivere così come scrivo: in modo esemplare e succinto - come Dio comanda e come gli amici non prescrivono. *** Mi piace che siate malato, ma non di me, mi piace che io sia malata, ma non di voi, che mai la pesante sfera terrestre scivolerebbe sotto i nostri piedi. Mi piace che si possa essere spiritosa - indisciplinata - e non giocare con le parole e non arrossire per un'asfissiante ondata toccandosi le maniche con leggerezza. Mi piace anche che voi - in mia presenza- abbracciate tranquillamente un'altra : non condannatemi a bruciare nel fuoco dell'inferno perché non vi bacio; perché il mio tenero nome - mio caro - non menzionate né di giorno né di notte - invano… Perché nel silenzio di una chiesa non canteranno mai sopra di noi " alleluja !". Grazie a voi col cuore e con la mano perché voi - senza neanche saperlo - mi amate così tanto : per la mia quiete notturna, per la rarità degli incontri nell'ora del tramonto, per le nostre non passeggiate sotto la luna, per il sole non sulle nostre teste , perché voi siete malato - purtroppo! - non di me, perché io sono malata - purtroppo ! - non di voi. *** Non amavo, ma piangevo. No, non amavo, tuttavia solo a te ho indicato nell'ombra il volto adorato. Tutto nel nostro sogno non assomigliava all'amore: né ragioni, né indizi. Solo noi ha salutato questa immagine dalla sala serale, solo noi - tu ed io - le abbiamo portato un verso lamentoso. Il filo dell'adorazione ci ha legati più forte dell'innamoramento - degli altri. Ma l'impeto è passato e dolcemente qualcuno si è avvicinato che non poteva pregare, ma amava. Non affrettarti a condannare! Ti ricorderò come la più tenera nota nel risveglio dell'anima. Tu vagavi in questo animo triste come in una casa non chiusa. ( nella nostra casa, in primavera…)non definirmi quella che ha dimenticato! Io ho riempito di te tutti i minuti tranne il più triste - quello dell'amore . *** Io ho parlato, ed un altro ha sentito, e ha bisbigliato ad un altro, un terzo ha capito mentre un quarto, prendendo un bastone di quercia , è uscito nella notte - verso un'azione eroica. Il mondo su questo ha composto una canzone e con questa stessa canzone sulle labbra - o vita! - vado incontro alla morte. *** Tu, che mi hai amata con l'inganno della verità - e con la falsa verità , tu, che mi hai amato - che oltre non si va ! Oltre la frontiera! Tu, che mi hai amata più a lungo del tempo - gesto della mano divina! Tu non mi ami più: la verità in cinque parole. *** I giorni - lumache che strisciano, … cucitrice giornaliera di linee … Che mi importa della mia stessa vita? Non è la mia, dal momento che non è la tua. E mi importano poco le sciagure personali… una mangiata? una dormita? Che mi importa del mio corpo mortale? Non è il mio, dal momento che non è il tuo. Marina Ivanovna Cvetaeva da Poesie scelte ( 1892 - 1941 )
Il Poetry Slam è una vera e propria gara: su un palcoscenico, i poeti recitano i loro versi e - alla fine - è il pubblico a decretare il vincitore. Di origine antichissima - già i Greci organizzavano questo tipo di competizioni - ha avuto un rinnovato slancio negli ultimi anni, prima in America e adesso in tutto il mondo. L'autore di questo testo, Simone Savogin, ha cominciato la sua " carriera" di poeta slammer nel 2005 e nel 2013 ha fondato, insieme ad altri, la LIPS ( Lega Italiana Poetry Slam ). Giocando con i suoni e le allitterazioni, le poesie di Savogin si concentrano sugli oggetti e sulle emozioni del quotidiano, rielaborandole e offrendone spesso una visione straniata e stimolante. Ed è proprio questo cambiamento di angolazione di visione a rendere questa poesia immediatamente forte, diretta e apprezzabile. ( f )
DATE A ME Non abbiamo altro che noi stessi, da donare a chi ci regala vita. Siamo onde che si formano in risonanza con ciò che ci muove dal silenzio e ci permette di vibrare. E come s'apprende nell'abbrivio del cammino, cerco sempre di ricordare a me stesso quanto fondamentale sia l'accogliere, l' accettare, l'imparare, piuttosto che il chiudere, il definire e il credersi. MATEMATICA DELLE RELAZIONI L'amarsi è la ricorsione di un differenziale, come la temperatura ottimale dell'acqua in doccia. Non un punto d'arrivo, ma una ricerca. Il fulcro è il tempo: causa e cura d'ogni cosa; non certo lo spazio. Se le urgenze comunicative di una donna sono direttamente proporzionali alla distanza tra voi MOLLALA è tua madre reincarnata. E non temere il restare singolo, perché non funzioni cartesiano, uno e uno, a volte danno uno o infinito, a volte due e mezzo, quando te lo puoi permettere anche undici, ma la maggior parte delle volte danno : uno e uno, perché la compatibilità di un essere umano con un altro non è quasi mai commutativa. L'insoddisfazione è un problema sistemico e sistematico nelle previsioni, non nel calcolo. Purtroppo su questo piano, il valore di una persona non è dato da coordinate, ma da quanto essa superi o non raggiunga le aspettative di chi giudica. E' questione di limiti considerare solo noi stessi come costanti, quando si sa che le persone non cambiano, al massimo imparano. E' sbagliato quanto dimenticare che la colpa è sempre distribuita. Sappiamo tutti che in principio, come pavoni, ci lanciamo in operazioni e sommatorie, quasi a cercare di sembrare potenze, calcolando le probabilità di accoppiamenti, ma sottraendoci all'ultimo passaggio per paura di moltiplicarci. Ma poi il tempo semplifica, a volte risolve altre non fa che dividere o rivelare irrazionalità e valori negativi. E perché funzioni, nell'insieme, a noi varianti servono i simboli per capire le espressioni. La semplicità di un rapporto interpersonale è inversamente proporzionale alla capacità dei soggetti coinvolti di farselo bastare, proprio come più si ha meno si è capaci di ammettere di poter essere felici. *** LA DONNA PERFETTA Tutto ciò che sai, sai fare e sei, e che manca, quando non ci sei. Tu mi fai venire voglia di essere migliore Tu mi fai venire voglia di essere Tu mi fai venire voglia Tu mi fai venire Tu mi fai Tu. *** DISSOLVERE ( angoscia sublime d'attimo vivo ) C'è nel senso del silenzio, quel non essere che amo. *** D' ESTINTI BACI EVITATI Esserti, in bolla d'abbraccio che crea e trasporta trattiene e libera vitale. Completare sorrisi con sorpresa sincera e tuffarsi sperando di non emergere più. C'eran davvero universi, fuori dal tuo stringermi? Perché, e cosa chiedevano a noi fluttuanti? E fluttuando ci chiedevamo cose e perché, stringendoci per essere, fuori dagli universi, sperando di emergere per tuffarsi di più in sincera sorpresa, in sorriso completo, vitale libertà che trattiene e trasporta e crea abbracci di bolle. Esserti. *** Va' Adesso rimetto tutto a posto tu, non ti preoccupare. Le virgole e i ponti rondini e i baci tornano sordi a tracciare i nodi. E i forti noi che corron tra bombe e lascian momenti e respiri, sicuri d'esser sicuri, camminiamo l'ora certi che prima non entri in poi. Ma guarda il caos, qui, senti quei fischi assaggia quei tonfi. Ehi… Non mi vedi? Aspettami, arrivo. Solo un ultimo foglio un libro a terra. Ricordi quel sole?! No, forse no, come tutti hai memoria di te mentre il Noi è solo mio e l'orizzonte che insegui non ha tempo per me. Simone Savogin da Scriverò fin che avrò voce