martedì 27 agosto 2024

POESIE PER LA FINE



                                           Quando muore qualcuno che ami, tutto muore...



Quando muore qualcuno che ami, tutto muore. Il suo vestito blu muore. L' empatia muore. Le amicizie muoiono. Tu, sopravvissuto a questa perdita, muori. OBIT,  scritto da Victoria Chang, dopo la morte della madre, scompone il dolore in tutta la sua liricità. Dopo un rifiuto iniziale della forma elegiaca per paura di cadere nel cliché, nel sentire la parola " obit ", abbreviazione di " obituary ( necrologio ), Chang ne rimane commossa : dalla forza di questo suono, dalla lunga " O"  e dalla durezza della " T " finale, inizia così a scrivere necrologi dedicati alle numerose intermittenze della morte - un lungo e stretto blocco a forma rettangolare, volto a fissare ogni persona, esperienza e oggetto perduto. Questo diventa una nuova forma attraverso la quale poter parlare di dolore e perdita. Nello scrivere questo libro sulla perdita, Chang tiene in mano uno specchio in grado di riflettere la vita. OBIT rivela la testarda ricerca di una lingua che possa dare voce alla perdita, e allo stesso tempo, di una speranza che possa sopravvivere anche quando tutto è perduto.



                                                 ***


Il lobo frontale di mio padre, morto senza pace per un ictus il 24 Giugno 2009 presso lo Scripps Memorial Hospital a San Diego, California. Nato il 20 Gennaio 1940, il lobo frontale si era goduto la vita. Amava essere il capo. Provò a parlare nuovamente, ma qualcuno lo aveva messo dentro a un sacchetto. Quando il lobo frontale morì, si risucchiò le labbra come una finestra serrata. Al funerale delle sue parole, mio padre non smise di parlare e il suo amore mi trapassò, cadde a terra, una terra che non c'era. Potevo sentire qualcuno sbattere i piedi. Il corpo è qualcosa di disorientante tanto quanto il linguaggio : il lobo frontale stava facendo un capriccio o stava ballando? Quando presi il telefono di mio padre, le sue parole morirono in quella bara di plastica. Al funerale per le sue parole, discutemmo del mio aborto. Non è davvero un bambino, disse. Finii le parole, mi allontanai per risvegliare il bambino senza vita. Pensai al tecnico che aveva abbandonato la bacchetta ed era uscito silenziosamente dalla stanza nel momento in cui non fu in grado di trovare il battito del cuore. Capii allora che l'oscurità è cedere senza fine. Quell'oscurità non è assolutamente di colore ma di linguaggio.



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Mia madre, morta senza pace il 3 Agosto 2015 nella sua stanza al Walnut Village Assisted Lving ad Anaheim , California di fibrosi polmonare. La stanza era nata il 3 Luglio 2012. Il Villaggio non era un villaggio. Nessun albero di noce. Solo fiori recisi. Nei giorni precedenti, l'infermiere dell'ospizio, aveva fatto scorrere silenziosamente lo stetoscopio sopra il polmone di mia madre e aspettava che si gonfiasse. In un modo in cui l'attesa diviene una ferita. Il modo in cui l'infermiere sospirò, chiuse gli occhi e disse mi dispiace. Il sangue mi affluì al viso o alle punte delle dita? Riaprì gli occhi prima o dopo aver detto mi dispiace? Il modo in cui la memoria echeggia dopo uno sparo. Il modo in cui proviamo a ricordare lo sparo ma non possiamo. Il modo in cui la memoria si risveglia dopo che qualcuno è morto e comincia a camminare.



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Ossessione : nata il 20 Gennaio il 1940 non è mai morta dopo l'ictus, ma è cresciuta. L 'ictus fornì una porta di quercia non solo solida, ma anche impenetrabile. L' ossessione viveva in isolamento dietro la porta di quercia. Dopo l'ictus, l'ossessione portò mio padre in palestra a camminare sul tapis roulant. Camminava come in un incendio, camminava così tanto da scomparire. Il suo cervello aveva ormai un accento e nessuno riusciva a capire come impedirgli di imparare la nuova lingua. Mia madre chiamò e disse che era caduto sul tapis roulant, aveva sbattuto la testa e gli anticoagulanti gli avevano fatto scorrere il sangue come un chiaro di luna. Gli fecero dei buchi in testa, gli aspirarono il sangue e altre parole. Mio padre fu finalmente fermato, consegnò il resto delle sue parole, gli legarono la lingua. E sognò su carta bianca.




                     Victoria  Chang  da    Obit - Poesie per la fine


7 commenti:

  1. Interessante, inquietante, illuminante.

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  2. Anche a me ha fatto la stessa impressione. E anche la comprensione non è immediata...
    Però è cosa risaputa : il " vuoto " attira ... ( non è un' interpretazione poetica ma una legge di fisica ).

    Grazie per la visita.

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  3. Io faccio fatica a decifrare. Mi sembrano elaborazioni di lutto irrisolte, forzate. O perlomeno risolte a proprio favore, che magari è pure l'elaborazione migliore possibile.
    Come sottolinei, una "testarda" ricerca che, a mio avviso, somatizza in maniera del tutto personale e chissà se funzionale.
    Vince l'inquietante sull'illuminante.

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  4. Trovo che tu abbia ragione : nella testarda ricerca di una lingua che possa esplicitare il dolore, comprendere del tutto questa elaborazione diventa difficile anche a livello concettuale e - come giustamente affermi - vince l'inquietudine sulla comprensione illuminante ( e consolante )
    Grazie!

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  5. mi ritrovo in questa poetica.
    ovviamente forse poi arrivo a conclusioni ed emozioni diverse da quelle di victoria.
    lieto giorno

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  6. Lo credo possibile : è una scrittura che in qualche modo ha qualche somiglianza con te.

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