Ho sempre amato quell'ora del giorno...
L' ESILIO
Era scorgendo una trama diversa
del sole spalmato sull'erba
una diversa intelaiatura di raggi.
Credevo di poter decifrare
le segrete equazioni che dettavano
l'esilio mio da me, il mio arcano
starmi senza.
***
K
Ti toccavo le mani
e non sentivo le mie. Le tue,
due quarzi freddi.
Tagliuzzavi la bistecca avvizzita in mille pezzi
e ammucchiavi i bocconi ai bordi.
Il rumore del coltello
somigliava a una risata.
Ed eri così magra.
Mi hai raccontato di quando
quella notte in macchina col tubo del gas.
***
E
Cammina per le vie della città
vestita di paillettes.
Il suo bagliore come una tivù.
E' vestita di paillettes e cammina.
Poi siede alla banchina.
Osserva uno stormo sventare il cielo.
***
Ho sempre amato quell'ora del giorno
in cui il sole non alle spalle
ma davanti al corpo getta l'ombra del corpo.
Allora camminavo come uno spettro
fradicio di luce nel giardino dell'ospedale.
E poggiando i piedi, ogni passo
da se stesso preceduto
coincidendo perfettamente mi sembrava
che fosse proprio dove doveva essere.
La mia gemella oscura mi indicava la via. Io
non ero che lo strascico calmo
la redine troppo a lungo tirata e lasciata
per aver fatto sanguinare il palmo.
Noi amavamo quell'ora del giorno.
Camminavamo come spettri
nel giardino dell'ospedale, eravamo
entrambe dissolventi
esiliate e incompiute
un malinteso di luce.
***
Un taglio qui.
Un altro qua. Vedi, così.
Tutto può essere una lama
ogni cosa alla giusta angolatura si affila.
Così il tuo dente scheggiato
ma anche una stella smagrita
o la lettera che ogni giorno mi scrivi
col tuo inchiostro bianco più bianco
di questa quiete che si aggruma
agli angoli della bocca.
Presto verrà la notte con la sua ghigliottina
farà un taglio netto, un tonfo.
Decapiterà il giorno.
Berrà tutta la luce
che scalpita dentro il suo sangue.
Laura Recanati da Il mondo intatto
Un libro di "Piccole morti" leggevo sulla minuscola descrizione Feltrinelli. Sembra anche a me di scorgere la celebrazione dell'assenza, forse il rammarico - necessità - di non poter scrivere anche lei con "l'inchiostro più bianco del bianco". Un devastare che lascia il mondo intatto, ma non chi l'ha percorso e ora riferisce.
RispondiEliminaC'è una continua richiesta di luce, in questa opera prima di Laura Recanati, una volontà di prenderla per poi fuggirla, creando un chiaroscuro di melodie, di stanze solitarie, di " piccole morti" - come sottolinei anche tu - e di tentativi di salvezza che conducono ad un taccuino delle assenze, lasciando il mondo così com'è : intatto.
RispondiEliminaLibro impegnativo, che richiede tempo ( almeno a me) per essere metabolizzato.