lunedì 1 gennaio 2024

IL PRIMO GENNAIO DI EUGENIO

 


                                                     So che si può esistere non vivendo...




In questi versi, contenuti nella raccolta " Satura" del 1971, Montale ci restituisce in maniera veritiera e realistica l'atmosfera del primo giorno dell'anno, spogliandola della finta ( e ipocrita ) patina di allegria che la tradizione le ha assegnato. Protagonista indiscussa della lirica è Drusilla, detta " Mosca", la moglie del poeta la cui presenza - assenza è il filo conduttore dell'intera raccolta; i suoi sono gesti compiuti in questa giornata che pare sospesa in un confine incerto tra passato e futuro, tra mondo reale, concreto e un imprecisato aldilà. I  gesti concreti, pratici, fattivi della moglie che pulisce la casa dopo le feste, si oppongono all'apatia del poeta che riflette sul fatto che si possa " vivere" anche " non esistendo".





So che si può vivere

non esistendo,

emersi da una quinta,

da un fondale,

da un fuori che non c'è

se mai nessuno

l'ha veduto.

So che si può esistere

non vivendo,

con radici strappate

da ogni vento

se anche non muove 

foglia e non un soffio 

increspa

 l' acqua   su   cui

s' affaccia  il   tuo

salone.

So che non c'è magia

di filtro o d'infusione

che possano spiegare

come di te s'azzuffino

dita e capelli, come il

tuo riso esploda

nel tuo ringraziamento

al minuscolo dio a cui

ti affidi,

d'ora  in  ora  diverso, e

ne diffidi.

So che mai ti sei posta

il come - il dove - il

perché,

pigramente

rassegnata   al  non

importa,

al  non  so  quando o

quanto, assorta in un

oscuro

germinale di larve e

arborescenze.

So  che  quello  che

afferri,

 oggetto  o  mano,

 penna o portacenere,

brucia   e  non  so  se

n' accorge,

né   te  n' avvedi  tu

animale innocente

inconsapevole

di essere un perno e

uno sfacelo, un'ombra

e una sostanza, un

raggio che si oscura.

So che si può vivere

nel fuochetto di paglia

dell'emulazione

senza  che  dalla  tua

fronte dispaia il segno

timbrato

da Chi volle tu fossi... e

se ne pentì.

Ora,

uscita sul terrazzo

annaffi i fiori, scuoti

lo scheletro dell'albero

di Natale,

ti  accompagna  in

sordina     il

mangianastri,

torni indietro, allo

specchio ti dispiaci,

ti getti a terra, con lo

straccio scrosti

dal pavimento le orme

degli intrusi.

Erano  tanti  e  il  più 

impresentabile

di tutti perché gli altri

almeno parlano,

io, a bocca chiusa.




               Eugenio Montale   da     Satura



4 commenti:

  1. Ora,
    uscita sul terrazzo
    annaffi i fiori, scuoti
    lo scheletro dell'albero
    di Natale,
    ti accompagna in
    sordina il
    suono del violoncello,
    il suono più simile
    al respiro della terra.
    Le orme
    dei vecchi giorni,
    sono intrusi
    da scrostare
    dalla mente,
    per non tornare
    indietro.



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  2. " Le orme dei vecchi giorni sono intrusi da scordare dalla mente, per non tornare indietro".
    E' certo buona cosa non arrovellare la mente su pensieri di cose vecchie, ma.... non è anche forse vero che noi siamo quello che siamo in virtù del nostro passato e delle esperienze che abbiamo fatto? E che tenere presente la nostra storia ci permette di non reiterare errori che magari ci sono costati cari? Allora c'è da chiedersi quale sia il comportamento giusto ( più economicamente efficace ) da tenere : che sia un equilibrio tra scordare e ricordare, tra l'eco del passato e il suono del nostro presente ?
    ( Che poi sul tema dello " scordare" ci sarebbe molto da dire . Per esempio: si può scordare veramente o succede invece che noi - inconsapevolmente - " rimuoviamo" il ricordo di esperienze negative, che tuttavia - depositate nel nostro sub- conscio -continuano a influenzare il nostro comportamento e le nostre decisioni ? Inoltre, il nostro scordare e ricorda è molto selettivo.
    Non sarebbe allora meglio vedere chiaro in noi stessi , partendo "dal socratico e filosofico " Conosci te stesso" per arrivare al principio fondante della psicoanalisi, che prevede la conoscenza del nostro aspetto più profondo , e piuttosto che " dimenticare ", fare un esercizio di elaborazione ? )
    Grazie per l'intervento e buona giornata!

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  3. Grazie a te della risposta.

    Certamente la nostra identità origina dai contenuti della mente, che per il 99,99..% - tolto l’attimo presente (mio capitano..) – sono ricordi del passato, memorie, poiché il futuro è come un bimbo di là da venire e si vedrà se/quando/come anch’esso, abbigliato dal divenire, verrà riposto nel capiente armadio del tempo trascorso.

    Giustamente indagare sulla memoria è indagare sull’identità, sugli aspetti immediati e profondi della stessa; tuttavia la faccenda è un po' come il cane che si morde la coda, colui che indaga il “passato” non origina forse anch’esso dallo stesso passato?

    La poesia del (grande) Eugenio “dipinge con le parole” proprio il tema in discussione:

    “avvolti dalla musica (la registrazione) della memoria è tempo (ora) di scuotere dall’albero natalizio (l’identità) gli appassiti aghi (atteggiamenti/disposizioni/convincimenti…) e di SCROSTARE (da quella memoria) le orme (le azioni/risposte ecc.) se non si voglia tornare indietro e vivere pienamente, qual che sia, il nuovo (anno).

    Un cordiale saluto

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  4. Grazie per l'ulteriore precisazione.
    Saluto contraccambiato.

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