lunedì 4 settembre 2017
FRIDA KAHLO: L'AUTORITRATTO COME RIPARAZIONE 6
(...) Frida conosceva bene l'uso dell'obiettivo perché figlia di un
fotografo. Gli scatti del 1924 e '29 ( I giocattoli e attrezzi del
falegname , n.d.r. ) si ispiravano alla fotografia del tutto nuova
di Weston e di Tina Modotti che coglieva forme e oggetti usando
un linguaggio simbolico volto a creare icone per dirompenti
dichiarazioni politiche. In questi scatti, nei quali già si scorge
la precisione e l'acume di FK, ella mette la sua arte al servizio
di un'idea politica. Già nella scelta dei soggetti e dei luoghi, si
può scorgere quella dimensione " disturbante" che
caratterizzerà la sua intera poetica, come si può chiaramente
evincere dai due rarissimi scatti sperimentali simili alle tele più
mature per il loro carattere allegorico e misterioso. In entrambi
gli scatti si fanno strada tutte le inquietudini personali di FK.
Frida si ispirò a Tina nella sua libertà, indipendenza, sessualità
libera dal concetto di peccato ed anche al suo abbigliamento
sobrio e maschile. Da parte sua, Tina riconobbe per prima
l'aspetto rivoluzionario dell'autoritratto di FK. Affermò che
Diego aveva fatto la rivoluzione nelle piazze, mentre Frida l'
aveva fatto sulle tele. Frida capì come, attraverso l'immagine e
la sua ripetizione, quasi un'anticipazione della serialità
warholiana, si poteva attivare una vera e propria lotta politica
e sociale. Usò il narcisismo ritrattistico come una potentissima
arma di affermazione di sé rivolta a condizionare lo sguardo
esterno, costringendo l'osservatore a guardare il personaggio
come esattamente vuole proporsi, proprio perché la sua
identità necessita, reclama il suo " riconoscimento".
Al contrario di Diego e della grande tradizione di muralisti, la
cui arte rappresentava l'universalità della storia, Frida
trasforma il dolore in arte, dipinge se stessa e il minuscolo ma
insondabile universo che la circonda. Dipinge pensieri che si
materializzano, stati d'animo che si trasformano in forme e
colori. Diego è l'interprete di un popolo e della sua storia, lei
è l'immediatezza vissuta e immaginata nella quale vivere e
immaginare si confondono, si compenetrano, si tormentano a
vicenda.L' autoritratto è la sua autobiografia. Predilige - al
contrario di Diego - l'intensità alla vastità. Dipinge i particolari
minuti delle sue tele con pennelli di zibellino, assorbe in se
stessa l'identità della propria terra e, attraverso i dettagli dei
suoi quadri, esprime la sua " mexicanità", filosofia di vita e
di morte, con l'una che irride l'altra, e Frida al centro, che
sembra ingannare entrambe. (...)
Riccardo Dalle Luche - Angela Palermo da Psicoanalisi immaginaria di Frida Kahlo
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