(...) Per l'amore narcisistico il lavoro del perdono è impossibile
perché la delusione provocata dall' Altro genera una tale
ferita dell' Io che l'oggetto non può più esercitare la sua
funzione di sostegno ideale. Tuttavia l'impossibilità del perdono
non conosce solo questa versione. Quando l'impossibilità di
perdonare non deriva da un'offesa narcisistica, essa può avere
la stessa dignità del perdono. Entrambe le esperienze - il
perdono e l'impossibilità del perdono - possono essere in un
rapporto stretto con l'impossibile. L 'impossibilità di perdonare
non è di serie B rispetto alla serie A del perdono riuscito; non
è il semplice fallimento del perdono. Anche l'impossibilità del
perdono può essere una manifestazione radicale dell'amore :
impossibilità di accettare lo spergiuro, il tradimento,
l'abbandono della promessa non per difendere un Ideale
astratto, una versione solo platonica e idealizzante dell'amore,
o, peggio, dell'immagine del proprio Io. Può essere impossibile
perdonare perché non si vuole venir meno alla grandezza dell'
incontro che si voleva per sempre. Qualcosa si è rotto e rifiuta
ogni aggiustamento. " Non è più come prima" non è solo la
sentenza di chi abbandona o tradisce o, più semplicemente ,
non ama più, ma può diventare la risposta di chi ha dovuto
subire la ferita dell'abbandono. Anche per chi ha subito il
trauma non può essere più come prima : l'ombra dell'infedeltà,
del tradimento della parola, dello spergiuro rende l'Altro
inaffidabile, irriconoscibile, estraneo, diverso da quello col
quale si era vissuta l'esperienza nuova del mondo.
L'impossibilità del perdono può essere un altro modo col quale
si manifesta il carattere assoluto dell'amore, rispetto al quale
il perdono può apparire come una via più facile che
condurrebbe ad adattarsi a qualsiasi cosa ( il tradimento )
che contraddirrebbe alle radici questo amore.
In questo senso viene rifiutata ogni versione in malafede del
perdono perché si può perdonare per paura di perdere l'
l'oggetto amato, per preservare e difendere l'ordine familiare,
per non introdurre strappi troppo dolorosi o impegnativi nella
propria vita. In tutti questi casi non c'è stato effettivo lavoro,
ma una " fuga" nel perdono ( nel senso clinico in cui Freud
parlava di " fuga nella guarigione" ) per evitare l'incontro
angosciante con la propria solitudine e con la perdita dell'
oggetto amato.
L ' impossibilità di perdonare può essere grande come il
perdono. L'oggetto che ci ha ferito è vivo, è ancora una
presenza, sebbene questa presenza si sia corrotta, alterata,
trasfigurata, si sia rivelata altra da come la pensavamo. Nell'
impossibilità del perdono questa stessa presenza diviene un'
assenza, un non-essere, un morto che non può essere
rianimato. Io decido che è davvero la fine e che le nostre vite
non si ritroveranno più. In questo caso il lavoro del perdono
viene sostituito da un vero e proprio lavoro del lutto: per me
è morto, non esiste più: tutto è finito . (...)
Massimo Recalcati da Non è più come prima ( Elogio del perdono nella vita amorosa )
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