mercoledì 30 novembre 2016
CONVERSAZIONE FRA LE ROVINE
Claude Gellée ( Marina con Ezechiele che piange sulle rovine di Tiro )
Vieni a gran passi per il portico della mia casa elegante
con le tue furie selvagge, disturbando ghirlande di frutti
e i favolosi liuti e i pavoni, lacerando la rete
di ogni decoro che imbriglia l'uragano.
Ora è crollato il ricco ordine di mura; gracchiano i corvi
sulle rovine spaventose ; alla luce tetra
del tuo occhio aggrondato, la magia fugge
come strega atterrita dal castello al nascere dei giorni veri.
Colonne infrante incorniciano panorami di rupi;
mentre tu in giacca e cravatta sei ritto in posa eroica, io siedo
composta in peplo e chignon alla greca,
inchiodata al tuo nero sguardo, la commedia fatta tragedia:
in un tale sfacelo di ogni nostro bene
quale cerimonia di parole può rappezzare la devastazione?
Sylvia Plath da Tutte le poesie
Les feuilles mortes
IL vento del Nord porta le foglie nella fredda notte dell'oblio...
martedì 29 novembre 2016
NON E' PIU' COME PRIMA 3 ( ...Gratitudine )
Perdono e gratitudine
(...) Il circolo negativo dove la spinta aggressiva generata dall'
angoscia di morte ritorna sul soggetto come sentimento
persecutorio e ostilità, avversione distruttiva del mondo, è
chiamato da Melanie Klein " schizoparanoide". Si tratta di un
impaludamento speculare, rispetto la quale la gratitudine
introduce un salto simbolico. Diversamente dall'invidia, la
gratitudine sorge dal riconoscimento del danno provocato all'
oggetto d'amore spietatamente aggredito a causa della sua
alterità e autonomia. L'angoscia psicoparanoide difronte alla
minaccia dell'oggetto leso dall'invidia e pieno di rancore acido,
si trasforma in una nuova preoccupazione, questa volta non più
causata dalla violenza persecutoria dell ' oggetto, ma per
l'oggetto, per averlo potuto ferire, danneggiare, distruggere.
Questo significa che la gratitudine sa riconoscere il debito
simbolico nel confronti dell' Altro e saluta come una festa il
ritrovamento dell'oggetto nella sua alterità. Mentre nell'
angoscia persecutoria il soggetto è aggredito dall'oggetto e
teme la sua ritorsione, in quella depressiva, da cui scaturisce
la gratitudine, esso si mobilita positivamente verso l'oggetto,
riconosce quello che ha ricevuto dall'oggetto stesso e tutto
quello che ad esso deve. In questo senso l'emergere dei
sentimenti di gratitudine verso l'Altro segnala la fine dell'odio
invidioso e la possibilità di un nuovo inizio. Quando le nebbie
dell'invidia si diradano, può sorgere il sentimento nuovo della
gratitudine ( in termini lacaniani essa non è che il
riconoscimento della nostra provenienza dall' Altro, il dono
ricevuto dal linguaggio, del dono della vita e della parola
che viene dall' Altro ). (...)
Massimo Recalcati da Non è più come prima ( Elogio del perdono nella vita amorosa )
NON E' PIU' COME PRIMA 2 ( Perdòno e ..... )
Con disperata gioia
(...) Il lavoro del perdono riconosce l'alterità dell'Altro come
inassimilabile alla nostra identità, ruota attorno alla sua
libertà irriducibile, riconosce la piega che non si può lisciare,
l'increspatura, la rugosità della parete dell' Altro, la distanza
che separa il reale dall'oggetto amato da ogni sua
rappresentazione ideale. L'interruzione della presenza dell'
amato spinge di nuovo - come il primo colpo per il
torturatore raccontato da Jan Améry - il soggetto verso il buio
pesto della notte. Per questo il perdono è un lavoro che può
avvenire solo in solitudine: palpare con incertezza e alla cieca
il corpo dell' Altro - divenuto straniero - per arrivare alla fine
a riconoscerne nuovamente l'identità. Questo movimento verso
la notte offre la chance di attraversare la bolla narcisistica
della nostra immagine ideale, di estrarsi dall'abbandono
assoluto ancora una volta. Il lavoro del perdono può diventare
- come talvolta diventa - un'occasione per provare a fare un
passo al di fuori delle sabbie mobili del narcisismo.
L' orgoglio dell' Io tenderebbe a rendere impossibile questo
lavoro, a respingere la violenza dell'offesa, ma proprio per
questo nulla come l'esperienza del perdono - quando davvero
avviene - mostra il limite della visione freudiana dell'amore
come accecamento e come pura illusione immaginaria.
L' Altro non è qui lo specchio buono che riflette le parti
migliori di me stesso offrendo un rifornimento libidico che
arricchisce il mio narcisismo, né è ridotto, come quando se ne
va, ad uno specchio infranto che non restituisce più nulla e
che diviene oggetto d'odio e di repulsa. L'innamoramento come
" concupiscenza mentale ", secondo una definizione di Lacan,
che ci lega alle virtù illusionistiche e persecutorie dello
specchio, lascia il posto ad un altro amore. Il lavoro del
perdono non si nutre dell'infatuazione narcisistica della
propria immagine ideale, ma viene dall'abisso del trauma dell'
abbandono; non confronta il soggetto con l'immagine ideale
dell' Altro, ma con la sua alterità più spigolosa, con il reale
più reale dell' Altro. Se l'innamoramento si soddisfa del
potenziamento dell' Io, il perdono conduce al di là dell' Io e ci
accosta al mistero della totale ingovernabilità dell' Altro, al suo
essere irriducibilmente straniero, eteros. (...)
Massimo Recalcati da Non è più come prima( Elogio del perdono nella vita amorosa )
NON E' PIU' COME PRIMA 1 ( L' Impossibilità di perdonare per amore )
(...) Per l'amore narcisistico il lavoro del perdono è impossibile
perché la delusione provocata dall' Altro genera una tale
ferita dell' Io che l'oggetto non può più esercitare la sua
funzione di sostegno ideale. Tuttavia l'impossibilità del perdono
non conosce solo questa versione. Quando l'impossibilità di
perdonare non deriva da un'offesa narcisistica, essa può avere
la stessa dignità del perdono. Entrambe le esperienze - il
perdono e l'impossibilità del perdono - possono essere in un
rapporto stretto con l'impossibile. L 'impossibilità di perdonare
non è di serie B rispetto alla serie A del perdono riuscito; non
è il semplice fallimento del perdono. Anche l'impossibilità del
perdono può essere una manifestazione radicale dell'amore :
impossibilità di accettare lo spergiuro, il tradimento,
l'abbandono della promessa non per difendere un Ideale
astratto, una versione solo platonica e idealizzante dell'amore,
o, peggio, dell'immagine del proprio Io. Può essere impossibile
perdonare perché non si vuole venir meno alla grandezza dell'
incontro che si voleva per sempre. Qualcosa si è rotto e rifiuta
ogni aggiustamento. " Non è più come prima" non è solo la
sentenza di chi abbandona o tradisce o, più semplicemente ,
non ama più, ma può diventare la risposta di chi ha dovuto
subire la ferita dell'abbandono. Anche per chi ha subito il
trauma non può essere più come prima : l'ombra dell'infedeltà,
del tradimento della parola, dello spergiuro rende l'Altro
inaffidabile, irriconoscibile, estraneo, diverso da quello col
quale si era vissuta l'esperienza nuova del mondo.
L'impossibilità del perdono può essere un altro modo col quale
si manifesta il carattere assoluto dell'amore, rispetto al quale
il perdono può apparire come una via più facile che
condurrebbe ad adattarsi a qualsiasi cosa ( il tradimento )
che contraddirrebbe alle radici questo amore.
In questo senso viene rifiutata ogni versione in malafede del
perdono perché si può perdonare per paura di perdere l'
l'oggetto amato, per preservare e difendere l'ordine familiare,
per non introdurre strappi troppo dolorosi o impegnativi nella
propria vita. In tutti questi casi non c'è stato effettivo lavoro,
ma una " fuga" nel perdono ( nel senso clinico in cui Freud
parlava di " fuga nella guarigione" ) per evitare l'incontro
angosciante con la propria solitudine e con la perdita dell'
oggetto amato.
L ' impossibilità di perdonare può essere grande come il
perdono. L'oggetto che ci ha ferito è vivo, è ancora una
presenza, sebbene questa presenza si sia corrotta, alterata,
trasfigurata, si sia rivelata altra da come la pensavamo. Nell'
impossibilità del perdono questa stessa presenza diviene un'
assenza, un non-essere, un morto che non può essere
rianimato. Io decido che è davvero la fine e che le nostre vite
non si ritroveranno più. In questo caso il lavoro del perdono
viene sostituito da un vero e proprio lavoro del lutto: per me
è morto, non esiste più: tutto è finito . (...)
Massimo Recalcati da Non è più come prima ( Elogio del perdono nella vita amorosa )
lunedì 28 novembre 2016
domenica 27 novembre 2016
VESTIMI D' AMORE
Spogliami di buio nel respiro che mi veste
quando mi piego sospesa in questo vivere
una solitudine che è soltanto mia.
Mordi questa paura che increspa il fiato
e lascia cadere il silenzio sui miei occhi
vestendo la pelle della tua assenza.
Cullami in una litania di carne
in questo meriggio di vetro opaco
che ferma il tempo dei brividi sottopelle
e si scioglie in una lontananza che brucia
come sole allo zenit.
frida
Piensa en mi
Non ho bisogno di nulla senza te
sabato 26 novembre 2016
IO IN FOTOGRAFIA
Così questa sono io. Nel campo dopo che ci perdemmo.
Ho gli occhi rivolti in alto a destra
e la bocca un po' aperta.
Forse ho sempre quest'aspetto.
Forse è un'espressione di sorpresa
perché sono ancora al mondo, per non parlare
di quella svolta sbagliata che portò a una quercia
( voglio dire foglia, foglia ); erba alta ( voglio dire
pizzicore da fieno); la caviglia incerta ( voglio
dire il mio vecchio caro dolore ); il sapore caldo
della saliva in bocca ( voglio dire
lingua pesante ); le cellule del mio corpo
così nuove, fresche e non più disordinate
( voglio dire Speranza ) e oh il tempo lì
che era caldo, così caldo, così caldo, così caldo quel giorno.
Jo Shapcott da Della mutabilità
Caught out in the rain
Sono stato colta nella pioggia aspettando la chiamata...
LETTERE DI FRIDA KAHLO ( 3 )
31 Aprile 1927
(...) Mio Alex,
ho appena ricevuto la tua lettera del 13 scorso, ed è stato
l'unico momento felice in tutto questo tempo. Solo pensare
a te mi aiuta a sentirmi meno triste, ma le tue lettere mi sono
ancor più di aiuto. Come vorrei poterti scrivere la mia
sofferenza minuto per minuto. Da quando sei partito, sono
peggiorata e non posso neppure per un momento consolarmi
o dimenticarti. Venerdì mi hanno messo il busto di gesso, e da
allora è stato un vero martirio che non si può paragonare a
nient'altro: mi sento soffocare, mi fanno tremendamente male
i polmoni e tutta la schiena; non riesco nemmeno a toccarmi
la gamba, posso camminare appena, ancor meno dormire.
Pensa che mi hanno appesa per la testa per due ore e mezza e
poi sono rimasta appoggiata sulla punta dei piedi per più di
un'ora, mentre asciugavano il busto con l'aria calda; ma ciò
nonostante, quando sono andata a casa, era ancora
completamente bagnato. Subirò questo martirio per tre o
quattro mesi, e se non miglioro con questo sistema, preferisco
morire - sinceramente - perché non ce la faccio più.
Non è soltanto per la sofferenza fisica, ma anche per il fatto
che non ho il minimo divertimento, che non lascio mai questa
stanza, che non posso fare niente, neppure camminare: sono
assolutamente disperata, e soprattutto tu non sei qui. A tutto
questo aggiungi che sento solo brutte notizie: mia mamma è
ancora molto malata, questo mese ha avuto sette attacchi, e
mio padre lo stesso, e per di più è al verde. Ce n'è
abbastanza per essere totalmente disperati, non trovi?
Perdo peso ogni giorno e non c'è più niente che mi diverta.
L'unica cosa che mi rende felice è la visita dei ragazzi:sono
venuti giovedì e torneranno mercoledì prossimo. Ma la loro
visita mi fa anche soffrire perché tu non sei con noi.
La tua sorellina e tua madre stanno bene, ma sono sicura che
darebbero qualsiasi cosa per averti qui: fai tutto il possibile
per tornare presto. Non dubitare, nemmeno per un istante,
che quando tornerai non sarò esattamente la stessa persona.
Tu non dimenticarmi e scrivimi tanto: aspetto le tue lettere
quasi con angoscia e mi fanno immensamente bene.
Non smettere mai di scrivermi almeno una volta la settimana,
l'hai promesso. Dimmi se ti posso scrivere all'ambasciata
del Messico a Berlino, o sempre allo stesso posto.
Ho così tanto bisogno di te, Alex! (...)
LETTERE DI FRIDA KAHLO ( 2 )
25 Aprile 1927
(...) Ieri sono stata male ed ero molto triste: non puoi immaginare
il grado di disperazione a cui si può giungere quando si è in
condizioni simili. Sento un malessere terribile che non riesco
a descrivere e poi a volte ho un dolore che nulla riesce a
lenire. Avevano deciso di mettermi il busto oggi, ma
probabilmente rimanderanno a martedì o mercoledì perché mio
padre non ha i soldi - costa sessanta pesos - e non è nemmeno
per il denaro perché potrebbe facilmente trovarlo: la verità è
che nessuno a casa crede che io stia veramente male, e io non
riesco a farlo capire, perché la mamma, che è l'unica a
preoccuparsi un po', sta male. E dicono che è colpa mia, della
mia imprudenza. Così nessuno soffre né si dispera tranne me.
Non posso scrivere a lungo perché riesco appena a chinarmi;
non posso camminare perché la gamba mi fa terribilmente
male, sono ormai stanca di leggere - e non ho niente di bello
da leggere - non riesco a far altro che piangere, e a volte non
riesco neanche a far quello. Non c'è niente che mi diverta e
non ho la benché minima distrazione, solo dispiaceri e tutti
quelli che vengono a trovarmi m'infastidiscono moltissimo.
Non puoi immaginare quanto mi esasperino queste quattro
mura. E tutto il resto! Non c'è modo di descriverti la mia
disperazione...(...)
LETTERE DI FRIDA KAHLO ( 1 )
Settembre 1926
(...) Perché studi così tanto? Quale segreto vai cercando?. La vita
te lo rivelerà presto. Io so già tutto, senza leggere o scrivere.
Poco tempo fa, forse solo qualche giorno fa, ero una ragazza
che camminava in un mondo di colori, di forme chiare e
tangibili. Tutto era misterioso e qualcosa si nascondeva;
immaginare la sua natura era per me un gioco. Se tu sapessi
com'è terribile raggiungere tutta la conoscenza all 'improvviso
- come se un lampo illuminasse la terra! - . Ora vivo in un
pianeta di dolore, trasparente come il ghiaccio. E' come se
avessi imparato tutto in una volta sola, in pochi secondi. Le
mie amiche, le mie compagne, si sono fatte donne lentamente.
Io sono diventata vecchia in pochi istanti e ora tutto è
insipido e piatto. So che dietro non c'è niente: se ci fosse
qualcosa lo vedrei...(...)
NEL MIO CUORE, NEL MIO SOGNO ( FRIDA KAHLO )
" TU MI PIOVI, IO TI CIELO "
Le parole dipinte di Frida Kahlo
(...) Slanci quasi infantili ( " amarsi molto, molto, molto..." ) e poi
l'improvvisa consapevolezza del dolore ( " cinque mesi di
sofferenze e per di più annoiata a morte" ); una traiettoria
incostante di punti interrogativi, puntini di sospensione e
decine di baci a piè di pagina. Spesso in ordine sparso come se
l'insistenza delle domande dovesse essere stemperata da scuse
dimesse. Un principio di maturità da rinnegare poche righe
dopo con suppliche, richieste appassionate, scoppi di risate
inopportune. Le lettere di Frida Kahlo, cone per il suo famoso
DIARIO, non si leggono come un corpus di scritti separati dalla
poetica pittorica dell'artista messicana. Sono piuttosto una
grande tela dipinta con altri mezzi, una pittura per segni grafici.
La sua scrittura somiglia alla sua arte figurativa e, anzi, a
tratti ne è quasi un nutrimento.
In una delle biografie più complete sulla pittrice messicana,
l'americana Hayden Herrera scrive: " La sua immaginazione
era piuttosto il prodotto del suo temperamento, della sua vita
e del luogo; era un modo di scendere a patti con la realtà, non
di scavalcarla per accedere a un altro territorio. Il suo
simbolismo era quasi sempre autobiografico e relativamente
semplice. Sebbene avesse una funzione privata, esattamente
come i murali, intendevano produrre un significato accessibile."
(...)
Roberta Scorranese da Nel mio cuore, nel mio sogno
Di seguito verranno postate alcune lettere scritte al primo
fidanzato, Alejandro Gomez Arias.
giovedì 24 novembre 2016
MATERNITA'
frida - Parco Vigeland ( Oslo )
Sarà per questa tua voce che lenta s' inabissa
in me e scavando lacera di quella che fui
ogni radice, estirpa la gramigna dei pensieri
fatui, sfinendo l'occhio in questa appartenenza.
Sarà perché ogni istante penetro la luce - tua -
come acqua che fugge dalla roccia, come vento
che gemma i rami nel risveglio, ma sono io quella
che porta i tuoi semi a germinare vita.
frida
Il viaggio della sposa - Sergio Rubini
Questo diario vi appartiene: è vostro.
mercoledì 23 novembre 2016
Il mercante di Venezia - Michael Radfort
Monologo di Porzia
INCANTESIMO
Se - al tuo scrittoio - metti da parte il lavoro,
prendi giù un libro, cerchi questi versi
e leggi che io sto lì in ginocchio, l'orecchio
contro il tuo petto dove i muscoli
si inarcano come grossi tomi che si aprono, in curve
di gabbiani, attraverso le onde sonore del tuo cuore,
e che mi passi le dita fra i capelli,
sfilando dalla massa ribelle ciocche
sottili come segnalibri di seta scarlatta,
e mi accarezzi le guance come se lisciassi
veline tra rigide illustrazioni,
e mi tiri verso di te
per leggermi solo negli occhi, vedrai,
in monocromo argento, te stesso,
seduto al tuo scrittoio, prendere giù un libro,
cercare questi versi e allora -amore -
non saprai chi di noi due legge
ora, chi scrive, e chi è scritto.
Kate Clanchy da Poesia n. 300
Siegfried Funeral
Richard Wagner
LA STORIA DI CAINO : E SE FOSSE ANDATA DIVERSAMENTE? ( 2 )
(...) La storia di Caino ci parla del desiderio di compiacere
- soprattutto di compiacere il padre - presente in ogni ragazzo,
e di come una sequenza di reazioni emotive non dominate possa
portare a un tragico epilogo. Nella delusione e nella vergogna
di Caino per il rifiuto del padre celeste, nella sua collera di
fronte ai propri sentimenti non rispettati, nel suo ammutolire in
mezzo a un tumulto di stati d'animo, nell'assenza di empatia o
di riflessione emotiva e nell'atto impulsivo dettatogli dalla
rabbia- ebbene, in tutto questo vediamo riflessi i ragazzi di oggi.
La storia di Caino entra in risonanza con la vita dei nostri
ragazzi ogni volta che, insensibili come sono ai sentimenti
altrui, li vediamo prendere le distanze anche dai propri,
soffrendo chiaramente a causa di una vita emotiva impoverita.
Prima che Caino uccida i fratello, Dio gli ricorda:" Il peccato
sta alla tua porta, le tue brame sono rivolte a te, ma tu puoi
dominarlo!". Come avrebbe potuto essere diversa la storia di
quest'uomo se egli fosse riuscito - per esempio - ad
attingere alle proprie risorse interiori , alla consapevolezza
emotiva, all'empatia e al coraggio morale, così da dominare
l'impulso di quel momento!. Ma Caino non ricevette questa
educazione emotiva, che peraltro continua ad essere la
tessera mancante del mosaico anche per la maggior parte dei
ragazzi d'oggi . (...)
Dan Kindlon e Michael Thompson da L' Intelligenza emotiva
LA STORIA DI CAINO : E SE FOSSE ANDATA DIVERSAMENTE?
(...) La storia biblica di Caino e Abele, in cui Caino - invidioso -
uccide il fratello, viene costantemente riproposta come
parabola della rivalità fraterna: in realtà, può offrire molti
altri spunti. Nella storia di Caino scopriamo un riflesso della
vita emotiva dei ragazzi d'oggi: il loro desiderio di essere amati
e rispettati, e la loro propensione a rispondere all'umiliazione e
alla vergogna con rabbia e violenza invece che con la
riflessione e la comunicazione.
Questo breve racconto della Genesi si apre in modo abbastanza
semplice: i due fratelli, entrambi desiderosi di compiacere il
Signore, fanno ciascuno un'offerta, Caino prendendo i frutti del
suo lavoro nei campi, e Abele il miglior agnello del suo gregge.
Il Signore esprime compiacimento per l'offerta di Abele, ma
disprezza quella di Caino. Le Scritture non spiegano perché il
Signore risponda in modo così diverso al dono dei due
giovani, ma Caino si sente umiliato. Nella storia, Caino soffre
visibilmente -" la sua faccia si sconvolse" - e tuttavia non dice
una parola per esprimere i propri sentimenti.
" Perché sei tu sdegnato, e perché vai con la testa bassa?" è la
tagliente domanda del Signore a Caino. In altre parole " falla
finita! ". Il Signore dà poi a Caino una dura lezione,
ammonendolo di fare il bene e di tenere alta la testa. Il giovane
resta silenzioso, sebbene debba sicuramente soffrire e
ribollire di collera per il rimprovero, visto che subito dopo
attira il fratello in un campo e lo uccide. Quando il Signore,
ben sapendo dell'atto omicida di Caino, gli chiede che ne sia
stato di Abele, lui risponde: " Non lo so: sono forse io il
custode di mio fratello? ". Il Signore mette Caino di fronte alla
sua menzogna e lo bandisce nel paese di Nod, lontano dalla
sua famiglia e da qualsiasi futuro egli avesse immaginato per
sé. Messo di fronte alle conseguenze irreversibili della sua
azione, Caino piange, preso dal rimorso e dall'
autocommiserazione : " La mia iniquità è tanto grande che io
non posso sopportarla!". Sebbene il Signore segni Caino per
proteggerlo da ogni pericolo nel suo esilio, egli - con la
famiglia dispersa e il fratello morto - sarà oppresso per tutta
la vita. Palesemente assenti da tutta la storia sono i genitori
biologici dei due giovani, Adamo ed Eva, con i quali Caino
avrebbe potuto parlare o dai quali avrebbe potuto ricevere un
consiglio che lo riconducesse alla ragione. (...)
Dan Kindlon e Michael Thompson da L' Intelligenza emotiva
lunedì 21 novembre 2016
Alfonsina y el mar ( Mercedes Sosa )
Per la soffice sabbia lambita dal mare,
la sua piccola orma non torna mai
e un sentiero solitario di pena e silenzio è giunto
sino all'acqua profonda;
e un sentiero solitario di pura pena è giunto
sino alla spuma.
Dio sa quale angustia ti ha accompagnata,
che antico dolore ha spento la tua voce
per addormentarti cullata dal canto
delle conchiglie marine:
la canzone che canta nel profondo, oscuro mare
la conchiglia.
Tu te ne vai, Alfonsina, con la tua solitudine:
quali nuove poesie sei andata a cercare?
E una voce antica di vento e di mare
ti lacera l'anima
e ti sta chiamando là :
e tu vai fin là ,come in sogno,
Alfonsina dormiente vestita di mare.
Cinque sirene ti condurranno
lungo il cammino di alghe e coralli
e fosforescenti cavallucci marini faranno
una ronda al tuo lato.
E gli abitanti dell'acqua ti nuoteranno
subito a fianco.
Abbassami un po' di più la luce,
lasciami dormire in pace,
e se chiama non dirgli che ci sono:
digli che Alfonsina non torna,
e se chiama non dirgli mai che ci sono,
digli che me ne sto andando...
Tu te ne vai, Alfonsina, con la tua solitudine.
Quali nuove poesie sei andata a cercare?
E una voce antica di vento e di mare
ti lacera l'anima
ti sta chiamando là:
e tu vai, là, come in sogno,
Alfonsina dormiente vestita di mare...
( trad. di frida )
Iscriviti a:
Post (Atom)