Il bisogno di parole che ospitino fitto il mistero...
Questa raccolta di Chandra Candiani nasce da un'esperienza reale: l'abbandono di Milano e il trasferimento in una casa su un alpeggio piemontese, in mezzo a un bosco. Non che la poeta non avesse un forte rapporto con la natura anche da " cittadina", ma quando le relazioni diventano fisiche, quando gli alberi e gli animali ti circondano, li vedi e li puoi toccare e vivi con loro, le sensazioni raggiungono un'intensità diversa, e le poesie che nascono da questa esperienza, propongono una svolta, cioè registrano i dati del mondo esterno, delle sue gioie e delle sofferenze con un sentire tanto più intimo, quanto più è defilata la posizione di ascolto.
Nel bosco vieni chiamata e perdi
il nome
sei molto spoglia in ogni stagione
eppure balli e fischi sei un po' uccello
e libellula
ma anche foglia e scorrere d'acqua.
Esci fuori
nuova nuova ma non se ne accorge
nessuno
tranne un sorriso invivibile.
***
Mentre mi abbandoni
sento la tua microscopica furbizia
a me si apre sopra la testa
un cielo
vestito di spazio
mi fa animale di prateria libero,
è l'arte del limite:
più resti quieta a fissare il muro
più si spalanca spazio.
Ma dove sono le parole?
***
Tuona e tu non lo sai.
Si sente la promessa e la minaccia
che si allenano a far paura e attesa
e tu non lo sai.
Aspetto la tempesta
come si aspetta un'espressione
inequivocabile su una faccia.
I pesci sotto l'acqua del lago
nuotano immobili sulle stesse
traiettorie. Gli stati d' animo
non li sfiorano. Sono ami
da pesca. Ignorarli salva
le squame.
***
I fiori si affacciano neonati
in mezzo alle foglie secche
morte. La fatica della bellezza
nell'istante apre il pugno
e corre galoppa
il bisogno di parole
che ospitino fitto
il mistero.
***
Il ciliegio si è sposato
i rami abbottonati di petali bianchi
si mostra tremulo e impacciato
vecchio ciliegio selvatico
abbigliato di fiori nuziali
pronti al vento
desti alla notte
la tenebra celeste li disperde
come ombre
di una passeggera moltitudine.
***
Il mio lavoro mi segue
come la scia di una lumaca.
La aspetto su ogni porta,
lentissima disegna
impercettibili sentieri lucenti
dove prima era notturna memoria.
***
Il punto in cui si smette di cercare
e ci si dispone ad essere trovati,
qualcosa ama il numero dei miei capelli,
non sa nome né storia
ma ha memoria di ogni singolo respiro
ama il battiti della notte
i denti e i pugni stretti
ama lo spalancarsi delle braccia
nell'affidamento, il precario equilibrio
sull'orlo dei precipizi, e i passi oscillanti
sul lago appena ghiacciato.
Ti salvo. Salvo di te il soccorso
e la spinta, l'immisurabile
e il limite. Mi lascio accogliere
con la vigile mutezza
dei piccole e dei selvatici.
Caduta, ripresa.
Ci sei.
Chandra Livia Candiani da Pane del bosco
Molto carino. Riesce a trasmettere la sensazione di sentire parte del tutto, come ci si sente in montagna immersi nella natura
RispondiElimina" Nel bosco vieni chiamata e perdi il nome..." esordisce la poeta; ma in realtà troviamo
RispondiEliminaun'altra nostra identità che sarebbe rimasta sconosciuta persino a noi stessi, e che ci rende più in sintonia - attraverso la Natura - con tutto il Creato...
Grazie, Alberto, per il commento e buona giornata!