martedì 28 maggio 2024

POESIE DELL' APPARATO UMANO

 


                                                                   Accoglierti, lasciarti fiorire...




Questa porzione d' aria che mi vive

e che sorvola lenta

appena oltre un giogo di colline

la lunga cavalcata della luce

fino al suo largo respiro di crepuscolo,

le danno il nome d'anima, di voce

che varca e che riassume in un'immagine

la distesa vischiosa dei frammenti

attraversata dal vento.


                                     Anima sarebbe invece

ridursi alla clausura del mio limite,

trovare la misura della carne,

il suo ostinato indossare la vita.

Se la materia è immobile, conclusa,

bisogna essere esatti, definirsi,

per imparare dalle creature minime

la geometria segreta della croce.



                                                     ***


Sapersi limitati, gravitati

occupare spazio, essere d'ingombro.

Sapienza remotissima del corpo,

del suo non essere

                            se non in opposizione.

Te lo dice quel poco d'acqua e schiuma

che sborda dal profilo della vasca

e si fa lago in terra, superficie

specchio; il volume della carne

e del principio di Archimede svela

che si è impermeabili, organismi

                             rigorosi, ermetici.


( Domani Cristo lo appendono alla croce,

lo innalzano, vessillo o banderuola,

al legno che si flette sotto al peso.

Eppure le Scritture, se non mentono,

raccontano che altri insieme a lui

se ne stanno coi chiodi nelle vene,

figli e fratelli dello stesso male.


                                             Corpo vile,

materia su materia, legno e ferro,

come la spoglia ammollo nella vasca.

Materia su materia, corpo vile

che non si oppone al mondo, lo contiene ).



                                                    ***


Guardiamo un porno abbracciati nel letto.

Quell'aldilà del corpo sullo schermo

si fa specchio convesso, corrisponde

in maniera puntuale a quel che siamo,

una creatura che fa violenza all'altra,

un amore gigante che non sa essere

che la negazione di se stesso, lo sfogo

di una grossa nevrosi di controllo.


Se tocco la tua pelle la confondo

con la mia, non so dove finisca e dove tu

hai luogo.


               Dovrebbe essere questo amore,

qualcosa come il vertere espirazione

in inspirazione, uno spazio scomparso

di cui però percepisci l'esistenza.

Accoglierti, lasciarti fiorire dentro e ai lati

di questa mia galera di rigore,

come la sillaba che fora il verso

e lo trasforma in ritmo naturale e vivo,

una balbuzie sciocca e incomprensibile

che dà senso alla vita, la riforma.



                                                    ***


Sulla barca tu dormi. Dormi e una coppia

di anziani si protende nell'ardire

di un bacio oltre il bianco di ringhiera

che ci salva dall'acqua.


                                    Le mie mani

rimangono distanti dal tuo sonno

nascosto dal cappello e dal pareo

che copre nero per metà il tuo candore.


I cerotti si imbrattano di sangue sulla barca,

i tagli delle dita ricompongono

la tua costellazione di dolore.

Lo scafo sminuzza la spuma

mandandola in frantumi come il vetro

che poche ore di qua da questo imbarco

mi conficcavo in mano come chiodi

per immobilizzarmi, per avere

un idolo da infrangere in contraccambio

della tua liberazione da me stesso.

Sono queste le firme che mi restano

del tuo passaggio di cometa, una lama appuntita

che corrode e squarta, scuoia e sbrana

fino all'osso della mente.


Dicevano di scrivere col sangue,

ma adesso che la penna è insostenibile e cadendo

imbeve d'inchiostro la pagina bianca

mischiando il nero al rosso, il rosso al nero,

adesso che le bende mi si staccano e rimargina

la cruna di dolore sulle impronte,

ricordo quella volta quando, dopo

l'amore, per gioco mi scrivesti

                                            con le unghie il tuo nome

fra le scapole aperte, impreparate

al bisturi feroce dell'affetto.


Sulla barca tu dormi. Forse ignara

di me che guardando le mie mani rosse

ricerco fra le scapole il tuo nome.

Siamo stati anche questo, segnature

profonde nella pelle, cicatrici dell'epidermide.




                Michele Bordoni   da     Poesia contemporanea




sabato 25 maggio 2024

IL PANE DEL BOSCO DI CHANDRA


                                        Il bisogno di parole che ospitino fitto il mistero...




Questa raccolta di Chandra Candiani nasce da un'esperienza reale: l'abbandono di Milano e il trasferimento in una casa su un alpeggio piemontese, in mezzo a un bosco. Non che la poeta non avesse un forte rapporto con la natura anche da " cittadina", ma quando le relazioni diventano fisiche, quando gli alberi e gli animali ti circondano, li vedi e li puoi toccare e vivi con loro, le sensazioni raggiungono un'intensità diversa, e le poesie che nascono da questa esperienza, propongono una svolta, cioè registrano i dati del mondo esterno, delle sue gioie e delle sofferenze con un sentire tanto più intimo, quanto più è defilata la posizione di ascolto.






Nel bosco vieni chiamata e perdi

il nome

sei molto spoglia in ogni stagione

eppure balli e fischi sei un po' uccello

e libellula

ma anche foglia e scorrere d'acqua.

Esci fuori

nuova nuova ma non se ne accorge

nessuno

tranne un sorriso invivibile.



                                                ***


Mentre mi abbandoni

sento la tua microscopica furbizia

a me si apre sopra la testa

un cielo

vestito di spazio

mi fa animale di prateria libero,

è l'arte del limite:

più resti quieta a fissare il muro

più si spalanca spazio.

Ma dove sono le parole?



                                                    ***


Tuona e tu non lo sai.

Si sente la promessa e la minaccia

che si allenano a far paura e attesa

e tu non lo sai.

Aspetto la tempesta

come si aspetta un'espressione

inequivocabile su una faccia.

I  pesci sotto l'acqua del lago

nuotano immobili sulle stesse

traiettorie. Gli stati d' animo

non li sfiorano. Sono ami

da pesca. Ignorarli salva

le squame.



                                                   ***


I fiori si affacciano neonati

in mezzo alle foglie secche

morte. La fatica della bellezza

nell'istante apre il pugno

e corre galoppa

il bisogno di parole

che ospitino fitto

il mistero.



                               ***


Il ciliegio si è sposato

i rami abbottonati di petali bianchi

si mostra tremulo e impacciato

vecchio ciliegio selvatico

abbigliato di fiori nuziali

pronti al vento

desti alla notte

la tenebra celeste li disperde

come ombre

di una passeggera moltitudine.



                                        ***


Il mio lavoro mi segue

come la scia di una lumaca.

La aspetto su ogni porta,

lentissima disegna

impercettibili sentieri lucenti

dove prima era notturna memoria.



                                           ***


Il punto in cui si smette di cercare

e ci si dispone ad essere trovati,

qualcosa ama il numero dei miei capelli,

non sa nome né storia

ma ha memoria di ogni singolo respiro

ama il battiti della notte

i denti e i pugni stretti

ama lo spalancarsi delle braccia

nell'affidamento, il precario equilibrio

sull'orlo dei precipizi, e i passi oscillanti

sul lago appena ghiacciato.

Ti salvo. Salvo di te il soccorso

e la spinta, l'immisurabile

e il limite. Mi lascio accogliere

con la vigile mutezza

dei piccole e dei selvatici.

Caduta, ripresa.

Ci sei.




                Chandra Livia Candiani da     Pane del bosco




giovedì 16 maggio 2024

GIVING GOD A PLAN

 


                                                         Non rimane che il farsi della vista...



L' estasi di Gian Lorenzo Bernini mentre scolpisce Ludovica Albertoni




Ah mezzanotte semplici capelli

lungo il collo imperlato dai respiri

sopra la fronte altissima di fronte

a chissà che mattino - incoronata

che immagine che sei, così di tutti!

Se non sei mia è più mio l'averti avuta?

Fammi chiedere ancora, ancora

non di che cosa, solo di più, per slancio

per aurora, soltanto ancora e non saperne nulla,

mia povertà, mio calco,

mia cieca gioia, che forze avrai sfidato

per venirmi alla mente

dove ti sfioro senza fare un gesto.

Ma ti devo fermare per cadere ai tuoi piedi

per ritornare in me

pieno d'un viso senza più pensiero.

E sono già chi dice " ti tenevo" e già vacilli

nella coda lunghissima degli occhi.

La spiegazione pulsa nel marmo, ricomincia.

Non rimane che il farsi della vista,

di un discorso che dubita, del tempo,

e questo suono stesso sta per dire

che anch'io, lo scultore, sono un resto.



                        Silvia  Bre      da      Marmo



martedì 14 maggio 2024

IL MISTERO BLU DI GIORGIA

 


                                                                     Annego nelle feritoie...


1


Guardami dal profondo delle 

ore

come il gatto

perforante al rintocco del buio.

Guardami

fino a incrinare i tumulti.

La tua schiena bianca,

muro livido.



                                            ***


8


Attendo e m'attendo

fra le tue scapole,

avvinghiata all'aria che manca.



                                            ***


32


Mi dicesti

Sei un mistero blu

la luce si scioglieva, prodiga

attraverso le persiane


semichiuse.


Semichiusi i tuoi occhi

stropicciati dal mattino,

svaniscono.



                                                ***


40


Allaga uno sciabordìo,

le scapole ne recide il respiro.


Annego nelle feritoie.



                                               ***


54


Una schiena, è forma che

dischiude le mie albe,

un mento, principio dei miei 

sospiri.


Si rispecchia nell'iride il fragore

del fuoco

la legna si consuma, per

l'ardore.


Aggredisco con le unghie, gli

spettri.




                           Giorgia  Leuratti   da   Sei un mistero blu



lunedì 13 maggio 2024

UN CANZONIERE PER DANIELE

 


                                                             Continuo a scrivere di te...




Giorni senza la conoscenza

la primavera serpeggia nel cuore

delle forre.

Ascoltavi gli Alunni del Sole,

nel millenovecentosettantaquattro,

la notte non aveva fine ed era

l'inizio della tua vita con me.

Adesso nei campi di grano visti

dall' alto devo leggere i segni:

parla il mondo creato dal tuo seme,

invade i paesi della terra

l'oscuro appartenersi

( giorni fulminei, fatti enormi

dalla sola apparizione della pioggia ).



                                                 ***


Nei pochi metri quadri tu sei

anche al principio dei venti,

punta dei temporali che ritornano

a portare terra alla valle, sabbia.

Le sconnessioni delle ore fanno

apparire il tuo volto

e lunghissimo è il percorso della mano

alla tempia.

Ore d'improvviso calme, sicure

dalla bellezza del mondo

le devo a te, che continui a insegnarmi,

a ripetermi.  Non dimenticare

dove sono nato, non dimenticare 

niente

che appena sia accaduto.



                                                  ***


All'improvviso la valle è più grande 

della valle, non vi stanno più chiusi

i segni che vengono,

si amplia, respira come un organismo

pieno di buchi

e vuoti.

Precipitiamo dietro le sue foglie,

dai suoi grani indietro dove riposa

la sera che non finisce.

Cielo, temporali, uccelli

sono i compagni

segnati sulle carte :

difficile, difficile sognare

il ritorno di cui lasciano tracce

elettriche nei campi.



                                                ***


Continuo a scrivere di te

come se tutto fosse in salvo...

a volte la sconfitta

mi sta davanti, mi guarda lasciva.

Un pomeriggio quasi d'estate

spunta una foto luminosa e aperta,

il mondo ancora corre, eppure tutto

è custodito oppure non lo è.

Mi chiedo se sia vero, cresce un'erba

vorticosa sugli occhi:

se non è vero niente,

se è così,

ritorni come una ferita aperta.

" La pace è questa ", ascolto

sussurrare,

le braccia aperte all'abbraccio di sempre.



                                           ***


Nella tua stanza sono entrati

l' ultima volta gli uccelli,

la mattina di luce in cui portammo

via le tue cose, ammassando amorosi

gli abiti, gli altri oggetti,

il ricordo di te.

Ho dato spazio dentro me a tutto :

troppo tardi o troppo presto eri venuto

al nostro appuntamento, 

dopo la nascita il primo in cui

dovevo io generarti dal fondo.



                                                ***


( Inedito )


Tra poco entro in territorio ignoto,

oltre la linea fissata da te,

di questo non so niente, questa stasi

dell'ora, della sorte,

un discendere lento, fino a dove

non so e non sappiamo.

Come potrei comprendere la storia

che non sia stata tua?

Io non voglio che approdare alla riva

del nostro essere pari,

come gocce che un benevolo nume

riunisce in stilla e poi lancia nel mare.




                          Daniele Piccini   da     Canzoniere scritto solo per amore



mercoledì 8 maggio 2024

IL TRESOR DI GIULIA

 


                                                     Tu dici che viene la bufera et altro...




So soltanto che quelle terre

per i confini che ti mostrai

se le contesero per anni.


Questo tesoro volevo darti.



                                               ***


CATACOMBA DI COMMODILLA


Ti vesti in un baleno ed è un mistero

il modo di vestire, il rouge à levres

messo preciso sulle labbra al buio.


Così ti alzi ancora calda e rosa

e fai di te una ruota nelle fiamme,

sempre bruciante nelle fiamme note.


Non dicere ille secrita  abboce

non dire quei segreti a voce alta.



                                                   ***


La madre scendeva le scale da sola

poi cadde e rimase la carne sola

come confettura di frutta rosa

senza struttura ossea.



                                              ***


Dopo la cena mi inviti a salire

per digerire insieme, ed è la casa

condivisa con altri tre studenti

dove nascondi tutti i tuoi tesori.


Mi dici - Vivo solo in questa stanza,

non t'inganni l'ampiezza dell'entrata.



                                                     ***


La prima a rifiorire è la verbena

nel terrazzino sopra la cimasa

dove traghetti l'acqua nella luce

tra il ramerino e l'iris. Lì rispondi

anche a me, mi dici di piantarla

di seguirti nella pianta della casa.



                                           ***


Pensi di essere sulla Terra ma è un falso immaginare, e lo vedresti se non avessi rimosso il trauma. Tu non sei in Terra, sì come credi, e il fuoco che si allontana dalla sua dimora contro la legge naturale non è mai sceso così velocemente come ora tu sali


mentre qui non respiro più da un pezzo

e mi vengono in mente paesaggi regolari di pale eoliche

come penso che per noi il tresoro sia due cose diverse :

io voglio l'aria fresca et dolce, tu

dici che viene la bufera et altro.




               Giulia Martini   da   Tresor ( Inediti )




lunedì 6 maggio 2024

DI PANCIA ( e altri organi vitali )

 


                                                        La libertà stellare di volare in terra...



Il viaggio intimo e universale della nascita, della maternità, è affrontato in quest'opera dell'autrice con delicatezza e ironia, andando a sondare tutti i dubbi e le domande, le gioie e le paure, la forza e la fragilità che questo evento porta con sé. Alessandra Racca, con lo sguardo acceso sui dettagli del quotidiano, intraprende un dialogo interiore tra un " prima" e un " dopo" con sé stessa e un figlio immaginato, e poi con il figlio vero nei suoi primi mesi e anni di vita. " Di pancia" è un'investigazione sul senso di essere madre ( o di non esserlo), una raccolta sull'attesa, i cambiamenti, il sentirsi inadatti, l'amore, il pensarsi e il riconoscersi famiglia nel nostro tempo. E' un'opera che riesce ad andare in profondità dentro queste tematiche complesse con leggerezza, ma è anche un libro sul corpo che cambia, che genera, che ci parla : un canto nella vita e per la vita.




HO QUARANT'ANNI


Si misurano quarant'anni di madre:

troppi

bene così

sarai stanca

ognuno ha i suoi tempi

il corpo non

avresti dovuto.


Che hai fatto in tutto questo tempo?


Ho raccolto i minuti

ho amato le ore

ho esplorato i secondi

ho riempito il baule

ho scelto le parole

ho atteso l'ora giusta, la nostra

quando è venuto il tempo di dirti.



                                          ***


CICATRICE


Fra la promessa dell'esistere

e l'esperienza di te

c'è un margine


sul mio corpo il segno

d' essere stata soglia.



                                                 ***


VENUZZE


Da qualche anno a inizio estate

affiorano

come ragnatele colorate

nidi di vene sottili sottopelle.


Guardo le gambe e mi dico

è così che si manifesta il tempo.


Dove stavano prima

questi segni?

Perché vengono

a galla ora?


Seduta sulla sponda del mio corpo

affronto questi inizi d'estate

scrutando ciò che sale in superficie

dal profondo.


Seduta sulle sponde del mio corpo

ho occhi di bambina

sul corpo di mia nonna


eppure queste gambe sono mie

a me tocca affrontare ora

la mia parte di mistero.



                                                ***


LA DONNA CANNONE


La donna senza figli

quella che ha fatto l'inseminazione

quella che non si sa

quella che avrebbe tanto voluto

quella che ha abortito

quella che ormai


sotto il tendone dell'adeguatezza

si chiede a ognuna

il numero prestabilito

prima dell'inchino normale.


Crescere in sé

la donna cannone

la libertà stellare

di volare in terra

dentro la carne la

più esplosiva

autenticità.




                   Alessandra  Racca    da     Di pancia ( e altri organi vitali)



sabato 4 maggio 2024

L' AGGUATO DELLA TENEREZZA

 

      E ci sei tu...



Un verso scarnificato fino all'osso, quello di Alessandro Cannavale, fino alla nudità strutturale della parola, perché il poeta riconosce e si riconosce nel lavoro nobile e umile della sottrazione, nell'essenzialità del visibile, per mostrarsi esattamente com'è. Nessuna contemplazione, se non quella di nuovi occhi, venuti al mondo per far scorgere un novus modus respiciens ad res.



                                                                         


Ci si ferisce talvolta

su roveti di ricordi.

Si cade e si risorge

su bianchi deserti

di un foglio di carta.



                                              ***


Retroguardia di primavera

balla solo il papavero,

veglia sull'erba di maggio,

porge a un orecchio di vento

la parola degli inermi,

l'impronta inaudita

di ogni premessa tradita.

Il cielo inciampa silente

su calici color sangue.



                                             ***


Amo le parole

che sgorgano reduci

da lunghi silenzi.


Solo per caso, senza cercare,

s'imbocca la via dell'incanto.



                                         ***


Se per un istante 

volessero parlarsi

i destini degli ultimi

come stelle impazzite

nel cielo d'inverno,

intenso sarebbe il bagliore :

per il latifondo della retorica

sarebbe davvero finita.



                                           ***


Esserci è la notizia

che percorre l'universo :

concepire l'infinito

in un palpito,

conservarlo con cura

nell'ovatta di un sogno,

nascondere il dolore

in una bugia, se occorre.


Il tramonto accarezza

i ritardi sulle mie scadenze.

E ci sei tu

come accento nuovo

dentro la mia voce.



                                            ***


Scrivo perché mia madre,

il mare da cui provengo,

mi ha messo un'onda nel braccio.

Scrivo per quelli che han visto

e glielo si legge in faccia.

Scrivo per chi ha il viso arso

dal giorno in cui si è perso.




                 Alessandro Cannavale   da   L' agguato della tenerezza



mercoledì 1 maggio 2024

FRAINTENDIMENTI

 





                                                             Festa dei lavoratori???  


                                      frida



IL SOLLIEVO DI PIERA

 


                                                      Il sollievo non è un guizzo periferico...




SOLLIEVO


Il sollievo è sollievo

solo se vasto. Consistente.


Non guizzo periferico.

Non viavai incerto nella mente.


Perché il sollievo è sollievo

quando finalmente è un fatto.




                        Piera Oppezzo    da    Una lucida disperazione