sabato 30 marzo 2024
AL SEPOLCRO
Bartolomeo Schedoni - Le Marie al sepolcro
Fuggirò da questo sepolcro
come un angelo calpestato a morte dal sogno,
ma io troverò la frontiera della mia parola.
Addio crocefissione,
in me non c'è mai stato niente :
sono soltanto un uomo risorto.
Alda Merini da Cantico dei Vangeli
IO NON VOGLIO...
Diego Velàzquez - Gesù Cristo crocifisso - 1632
( In questa poesia la Merini fa parlare Gesù )
... che si canti come pena di Dio,
né come esaltazione di un palo
che appartiene solo ai Romani.
Il supplizio della croce non è dolore vero,
ma è una verità,
e questa verità trapela solo attraverso il legno.
Il legno è poroso, è un canto.
E io su questo legno ho scritto i Vangeli.
La croce è scrittura.
L' urlo della croce non è altro
che un'invocazione assoluta dei cieli.
Alda Merini da Cantico dei Vangeli
venerdì 29 marzo 2024
VENERDI' SANTO
Cerca la tua pecora, vero Pastore del gregge...
Venerdì Santo è la poesia di Christina Rossetti che mette al centro una giornata importantissima per il Cristianesimo: il sacrificio di Gesù. Ma, la poeta italo - inglese in un giorno come questo si interroga sulla propria fede, sui propri dubbi religiosi, sul fatto che non sente quella passione di fronte a un sacrificio così importante. La giornata della crocefissione di Cristo diventa un momento per riflettere e per trovare quella fede che spesso fugge via.
GOOD FRIDAY
Sono una pietra e non una
pecora.
Per il fatto di poter stare, o
Cristo, presso la tua Croce
ad assistere goccia dopo
goccia alla lenta effusione del
tuo sangue.
Senza piangere?
Non hanno amato così quelle
donne
che ti hanno pianto con tanto
dolore;
non così Pietro che ha pianto
amaramente dopo essere
caduto,
non così è stato toccato il
ladrone;
non così il Sole e la Luna
che nascondono il loro volto
in un cielo senza stelle,
un orrore di grande oscurità
nel pieno mezzogiorno -
Io, solo io.
E tuttavia non rinunciare,
cerca la tua pecora, vero
Pastore del gregge;
più grande di Mosè, vòltati
e guarda ancora una volta.
E colpisci la roccia.
Christina Rossetti da The Prince's and Other Poems
mercoledì 27 marzo 2024
LE NOSTRE MANI
Non ti soffermerai sulle carezze accese...
LE NOSTRE MANI
Se un giorno ti
sorprenderai
più in là, nel tempo
accoccolato
tra i seni di una
stella, o rannicchiato
nel cavo di un ulivo,
non avrai
lettere da allineare
con cura, né
smorfie rapprese tra
le rughe del volto
da guardare, come
foto d'un moto del cuore,
ma - fermo - ti
osserverai tra le nude mani
le pieghe rivelatrici
del destino.
Non ti soffermerai
sulle carezze accese di
quando seguivi
lieve - la geografia di un corpo,
e non sarà
quell'umore bianco del chiarore
della neve a
richiamare l'eco della tua anima,
ma ti trastullerai a
mani giunte,
d'un attimo appeso
al cielo, che scenderà,
rubandoti il respiro,
quando nel pugno chiuso
un'altra mano
stringerai, nel sonno di una notte.
frida
domenica 24 marzo 2024
LA DOMENICA DELL' ULIVO
Ingresso a Gerusalemme - Giotto
LA DOMENICA DELL'ULIVO
Hanno compiuto in questo dì gli uccelli
il nido ( oggi è la festa dell' ulivo )
di foglie secche, radiche, fuscelli;
quel sul cipresso, questo su l'alloro,
al bosco, lungo il chioccolo d'un rivo,
nell'ombra mossa d'un tremolìo d'oro.
E covano sul musco e sul lichene
fissando muti il cielo cristallino,
con improvvisi palpiti, se viene,
un ronzìo d'ape, un vol di maggiolino.
Giovanni Pascoli
mercoledì 20 marzo 2024
GERARD D' HOUVILLE, pseudonimo...
... di Marie Louise Antoinette d' Hérédia ( 1875 - 1963 )
VOTO
Non ho voluto niente dagli uomini
dimentichi e bugiardi;
sotto l'uva e le mele
dormo in fondo ai frutteti.
Satiri, piccoli Fauni lieti,
voi che venivate dai boschi
a denudare le mie pesche gialle
sugose tra le dita,
è alla vostra banda folle
che affido la mia tomba;
le porgerete offerte
di miele caldo e grappoli;
il limone che rischiara
l'albero cupo dove risplende in oro,
il funereo melograno,
unico frutto che ancora assaporo,
carnosi e conici
i fichi che l'estate spacca
e le fragole impudiche
che spiccano e s'arrossano,
accanto ai biondi canestri
e vasi colmi di latte,
nel cavo delle coppe tonde
al mio seno somiglianti.
Fanciulli del fogliame fondo,
ahi che con voi non ho potuto
vivere l'età della bellezza
libero il corpo felice e nudo!
Della mia gioiosa giovinezza
pensate ai cari giorni andati ...
ero forse Faunessa
per i miei lunghi occhi rialzati.
***
IL VASAIO
Oggi sono triste. Ascolta, caro vasaio,
ti porto tutto intero il dono del mio corpo,
se tu nella durevole tua argilla vuoi con arte
rendere eterna, forse, una forma fragile.
In una rosea terra alla mia carne simile,
plasma il contorno del mio più caro bene:
i miei piccoli seni come acute punte.
Che resti almeno questo delle grazie ingenue
che ti offro, se da ogni parte dell'anfora funerea
dove la mia bellezza tutta deve riposare,
polvere sparsa e cenere grigia inerte,
invece dell'ansa, cavità alla mano che l'ha presa,
tu riempi la cavità di questo doppio contorno
quasi infantile e pronto appena per l'amore.
...E chi pensoso, sotto un suolo secolare,
troverà un giorno la mia urna funeraria,
saprà che io fui donna e donna teneramente,
talvolta innamorata e maliziosa,
e si domanderà davanti alla terra scura
perché per tanta ombra nacque tanta luce.
***
PICCOLA MORTA
Sul tuo seno tenebroso, bimba triste dormente,
o Terra! io riposo, e mi stringo la bambola
unica mia confidente, dagli occhi dipinti che sa
i miei segreti, che non li dirà.
Così piccola, ero così saggia e pensosa
che occupai poco posto, feci poco rumore;
trascuravo la gioia e i giochi dell'età
e pensavo alla morte, le notturne ore.
Non ero ancora donna quando sono morta;
per questo la mia tomba, stretta come il letto,
non chiude alcun profumo né belletto,
né il mio primo specchio lucido d'acciaio.
Ho voluto, lontano dall'ombra e dai funebri marmi,
che penda quello specchio nei boschi che amavo,
vi si dondola, splendido frutto, tra gli alberi
in alto, perché nessun dito lo colga.
E che possa il mio specchio, tra salici e betulle,
vedere l'astro femmineo lento farsi rotondo,
poiché tra i capelli sfioranti le spalle
non vide crescere seducente il mio seno.
***
TALLO
Quando mi stenderete sulla pira di sandalo,
prima che diventi una cenere leggera,
allontanate dalle mie dita la moneta di metallo.
Voglio che ciò che fu la mia grazia passeggera
incanti d'un bacio ancora il nocchiero dell'inferno
quando voi di questi baci non avrete che la polvere.
Poiché la noia della vita e a turno il terrore
della morte hanno sempre tormentato i miei pensieri,
poiché divino e triste fu il mio terreno amore,
che io non torni mai nelle cose passate
e della mia bellezza si parli un giorno,
quando sarò lontana, a memorie stancate.
La mia anima, fiore funebre, o notte ti profumerà;
farfalla tenebrosa che la sorte ha fatto diurna,
la sua ala d'ombra errante nell'ombra si perderà.
Ed io che fui sì grande, piccolissima un'urna
d'argilla o di cristallo trasparente conterrà
la mia carne voluttuosa e il mio cuore taciturno.
Gerard d' Houville da Il vestito azzurro e altre poesie
martedì 19 marzo 2024
lunedì 18 marzo 2024
POESIE DI GIORGIO VIGOLO
E ferma è l'ora in un colore eterno...
ALBERO CONOSCENTE
Il cuore ingombro di relitti
amari
pesa nel petto come grave
mola
e àncora alla terra i favolosi
pensieri che s'immergono
nel vento
con assetate cime avide
d'aria.
Le passioni mi radicano al
suolo,
contrappeso di lutto, esse,
all'aereo sorger d'alate respiranti
foglie.
Ma così s'equilibra in me
l' arcano
albero conoscente; e, se la
luce
beve dall'aria, un più
profondo filtro
trae dalla terra e lo nutrisce a morte.
***
V.
L' amabile pittore che dipinse
a marine e castelli le pareti
di questa bettola oscura nei
Borghi,
quanta favola finse
ai bevitori assorti,
da tanti secoli che brilla allo
sguardo
dei felici in questo buco
d'ombra!
Ma più luce vi mise egli sui
muri
bui che un sole di maggio;
egli l'intrise
della sua gioia ad altre gioie
incontro.
Io ti saluto,
pittore antico e popolare: un
raggio
del tuo sole lontano anche a
me giunse.
***
GRIDO ALLA MADRE
Madre, mia madre
dove sei nel lontano ?
dove ti sei sperduta dopo la
morte,
che più non mi mandi la tua
immagine,
e deserti sono i miei sogni,
ma meno della mia vita?
Io sto quaggiù lo vedi in
qualche pericolo:
strani mostri mi fanno le
cacce,
girano intorno alla
poca rupe.
Madre, se esisti ancora
in qualche punto
dell'universo
o sei tornata alla bontà
indivisa da cui ti staccasti nel
nascere,
fammi sentire
diminuita la mia solitudine,
schiariscimi gli occhi,
che io giunga a rivederti
nell'alto del tuo sereno,
e smetta di scorgere
al tuo posto le ambigue
larve che ti nascondono
al figlio.
***
FINE DI UN GIORNO
Sono belle le sere
quando la luce scende di colore
e dall'oro e dal viola
s' immerge nel turchino.
Ma questa grigia fine
di giorno sotto il cenere d'agosto
ha il pallore che scava il viso umano
un istante dopo la morte.
Dentro il cielo spettrale
i cipressi s'infiggono più neri
e più livido sotto le loro ale
si rizza il travertino
della chiesa che altissima trasale
con un sobbalzo d'ossa
gridato con un urlo senza voce
come quando nei sogni
si vorrebbe chiamare e non si può.
***
MURA
Mura ch'io vidi in un sogno d'infanzia
cadermi addosso a strapiombi di torri,
e blocchi d'ocra fulva e di tufo
sulla silenziosa via del sonno,
vi ritrovo, passati tanti anni,
lungo la stessa strada sonnolenta,
altissime mura deserte di voci;
tremano al cielo pochi fili d'erba.
Per miglia e miglia un sentiero solingo
circonda le altissime mura di sonno:
immobile il sole vi batte sul giallo
e ferma è l'ora in un colore eterno.
Giorgio Vigolo da Poesie scelte 1923 - 1982
martedì 12 marzo 2024
LA POETA - BAMBINA
Tomba di Raffaella
Il cimitero del Verano, a Roma, è pieno di tombe monumentali. Una di queste rappresenta una bambina che ci viene incontro stringendo un grosso quaderno. E ci racconta una storia incredibile e praticamente dimenticata. Il 25 Ottobre 1954, a Salerno iniziò a piovere. Una pioggia incessante che riversò sulla città mezzo metro d'acqua. Cesserà solo nel tardo pomeriggio del 26, dopo aver ucciso 318 persone. La RAI lanciò un disperato SOS e dette vita ad una pubblica sottoscrizione. I danni erano incalcolabili: le popolazioni colpite necessitavano di tutto. L' appello radiofonico arrivò naturalmente anche a Roma, e in particolare a casa della piccola Raffaella La Crociera, inchiodata da circa un anno nel suo lettino da una malattia incurabile. La sua famiglia, già modesta di suo, era finita completamente sul lastrico per i costi delle cure, e lei dunque sapeva di non avere nulla da offrire ai bambini salernitani. Tuttavia Raffaella aveva un dono molto raro: scriveva poesie, e le scriveva benissimo. Anche lei, cioè, poteva disporre di qualcosa da offrire, di sua esclusiva proprietà. Si fece dare carta e penna e subito cominciò a scrivere pressappoco così :
" Cara RAI, sono molto malata da oltre un anno e i miei genitori hanno speso tutto quello che avevano per guarirmi. Io non ho nulla da offrirti per i bambini di Salerno. Ti offro però questa mia poesia :
ER SINALE ( nel dialetto romanesco vuol dire " grembiule" )
" Giranno distratta pe'
casa,
fra tanta robba
sfusa,
ha trovato : ah !
come er tempo vola!
er zinale de scola.
Nero, sgualcito,
un po' vecchio e rattoppito,
è rimasto l'amico
der tempo passato.
Lo guarda e come
se gnente
a quell'occhioni
spunteno li lucciconi,
e se rivede studente
allegra e sbarazzina
tanto grande, ma
bambina.
Lo guarda e come
un'eco risente
quelle voci sommesse:
Presente!
Li singhiozzi, li pianti,
li mormorii fra li banchi,
e senti... e senti...
pure li suggerimenti.
Tutto rivede e fra
quer che resta,
c'è la cara sora maestra.
Sospira l'ècchese
( ex ) studente,
perché sa
che a scola sua non
non ce potrà riannà.
Lei cià artri
Professori,
poverina.
Lei cià li Professori
de medicina "
Domenica 31 Ottobre, alle prime ore del pomeriggio, dai microfoni della rubrica " Campo de Fiori ", la voce di Giovanni Gigliozzi raggiunse ogni angolo d' Italia con i versi della poesia, che fu messa subito all'asta per destinare il ricavato agli alluvionati salernitani. In poco tempo la sede di Roma della RAI fu tempestata di telefonate. Le offerte si moltiplicarono senza respiro fino al momento in cui, dalla Svizzera, offrirono l'incredibile cifra di mezzo milione di franchi ( 4 milioni di euro di oggi ). La piccola, che era rimasta sempre in ascolto, pianse di gioia. La stampa nazionale ed estera dettero ampio spazio all'episodio della piccola romana, poetessa in erba. Il 1 Novembre, un negoziante romano di giocattoli le annunziò di averle regalato una meravigliosa bambola , e quella sera Raffaella andò a dormire se possibile ancora più felice. Non si risvegliò più. La bambola, su un cuscino di fiori bianchi, precedette la piccola bara tra due ali di folla commossa.
Oggi due scuole, una a Roma e l'altra a Salerno, sono intitolate a Raffaella La Crociera, poeta..
venerdì 8 marzo 2024
POESIE DI DONNE
Oggi - 8 Marzo - per la Giornata Internazionale della Donna, propongo la lettura di alcune poesie forse inconsuete : non si tratta della Donna Angelicata dei poeti dello Stil Novo; o della Donna Regina del Focolare di tante fiabe di un tempo ormai passato; né della Donna celebrata dal Romanticismo ispiratrice ( a volte ) di tragiche passioni; né del prototipo della Donna in Carriera o quella onnipresente alle Sfilate di Moda a dettar legge su come dovremmo esteticamente essere; e neppure della Donna - Barbie ( come usa adesso ) sempre ferma ai trent' anni... ma di quella che è composta dalla parte più nascosta ( o forse indicibile ) della sua essenza di femmina...
INNO ALL'UTERO
La prima cosa
che ho saputo di te
è stato un discorso di fretta:
ti chiamavano casetta di
carne,
ti avrebbero abitato
strani bambini trasparenti
fatti di vene e pelle
sottilissima;
spiati per un attimo
sull'enciclopedia ho
saputo di te
quando già
mi avevi rigato le gambe
di sangue caldo:
ero una giovane bestia
con la testa scurissima
i sogni malati
il corpo sordo,
ero piccolissima
o forse mai nata e tu
eri già l'utero
di una donna avevo
paura di te,
la violenza del pene
era la giusta risposta
alla tua schifosa
dimostrazione di esistere è
successo di colpo
non hai sanguinato più,
il mio seno è ingrossato
il mio stomaco ha avuto
fame
e nausea
nausea
e fame
canzone monotona
e assurda
domande notturne
lunghe ore
di corpo nudo
di profilo
allo specchio,
non eri mai morto
stavi fabbricandomi
un bambino
il mio cervello
è partito di corsa
dopo tante amicizie
e alleanze
contro di te,
se n'è andato
senza un saluto
ho fatto l'aborto
anche se amavo
quel bambino abbozzato
incosciente
identico a me
e tu da sasso
sei diventato ghiaia
e poi sabbia
e poi acqua
e poi fiume
e poi sangue
e ho parlato co
e ho capito te,
ti ho sentito
e difeso
e la mia nuova coscienza
è nata dal tuo sangue
che è il mio
e la nuova coscienza
è fatta finalmente
anche di carne
e tu sei una bomba
dentro di me
pronta a vendicare
il mio lungo sonno
schizofrenico
e tu ora
non devi più soffrire,
combatterai con la mia testa
ma questa volta
sarete dalla stessa parte.
Chandra Livia Candiani da Ascolta: questa voce non può essere perduta. Poesia femminista.
***
PER LA MIA ULTIMA MESTRUAZIONE
allora ragazza, arrivederci,
dopo trentotto anni,
trentotto anni e non
sei mai arrivata
- splendida nel tuo vestito
rosso -
senza qualche problema
da qualche parte, per qualche
motivo.
adesso è finita,
e mi sento proprio come
quelle nonne che,
dopo che la ragazzaccia che
erano se n'è andata,
siedono tenendo la sua foto
tra le mani,
sospirando " non era
bellissima?" non era
bellissima?".
Lucille Clifton da Nuovi poeti americani
***
DONNA SENZA FIGLI
L ' utero
scuote il guscio, la luna si
separa
dai rami e non arriva.
Il mio ambiente è una mano
senza le linee, vie
strette in un nodo, io
io la rosa che adempi, io -
sono il corpo,
sono l'avorio
empio come uno strillo.
Questo ragno che sono
crea specchi docili alla mia
figura.
Emissioni di sangue
e basta - Prova il rosso!
E questo bosco funebre
questa collina e questo
effetto luccicante
delle bocche dei morti.
Sylvia Plath ( Trad. di M. Sannelli )
***
IL CICLO
a quanto pare è una
mancanza di tatto
dire pubblicamente che ho il
ciclo
perché l'effettiva biologia
del mio corpo è troppo
concreta
è accettabile vendere ciò
che sta fra due gambe di
donna
più di quanto non sia
accettabile
nominarne i meccanismi
interni;
l'uso ricreativo di
questo corpo è ritenuto
bello mentre
la sua natura è
ritenuta brutta.
Rupi Kaur da Milk and honey
***
SANGUE
Le ragazze indiane
cominciavano prima
a mestruare. Così diceva mia
madre.
( O così mi pareva avesse
detto ).
E mi raccontò di Neema
che un certo solenne
pomeriggio,
era venuta in visita, anni
prima,
si era seduta nel giardino
roccioso
e aveva dato il mio nome alla
sua bambola.
Una ragazza graziosa e
raffinata, cui
era presto toccato
quell'incredibile
gocciolìo su una specie di
benda,
nominata solo per le sue iniziali,
che si portava
misteriosamente tra le gambe.
E io, ero più indiana o più
inglese?
Ero confusa, come sarei
sempre stata
ogni volta che il mio sangue
gocciolava
regolarmente nel mondo
esterno.
Avrei persino corso con
quell'impaccio,
goffa, nella gara con l'uovo nel
cucchiaio,
l'avrei trattenuto nello sforzo di
passare
un'arancia stretta sotto il
mento,
le mani legate dietro la
schiena.
Moniza Alvi da Un mondo diviso
mercoledì 6 marzo 2024
DOGALI & MARE DI DENTRO
Potresti contenere la mia paura...
Nell'attraversare il paesaggio di questa breve antologia, viene in mente il clima e l'ambientazione aspra e metafisica di " Ossi di seppia" di Montale. Ma - oltre a questo - in tutte queste poesie si avverte una condizione più solipsistica, di stallo del sé, dove la percezione sensoriale è vissuta come un inganno : lo sguardo non è più chiamato a recepire le cose e a plasmarle secondo la modulazione della luce, bensì a giudicarle : il poeta è una sentinella rimasta senza frecce. Il mondo esterno, quello dei fenomeni, dei movimenti e del divenire, si è tramutato in un luogo di clausura : il mare artificiale della città, come quello reale - visibile però nella lontananza del pensiero e del sogno - sono quasi un'unica, non pacificata dimensione. Anche la presenza dell'amore è fittizia, un residuo platonico, un richiamo al riscatto e alla salvezza; crea, però, solo l'illusione della rottura di questa crisalide dei sensi, di questo isolamento, di questo ripiegamento nei meandri dell'interiorità. E' poco più di un'immagine, un'apparizione, un'evocazione che si sovrappone a quella stessa del mare : il " tu" - infatti - resta volutamente generico, inespresso.
In " Dogali " emblema bellico ed efficace allegoria di questo serrato confronto con il vuoto, si disvela un campo di tensioni ancora possibili nell ' " infinita riserva dei dialoghi". Ma la stagione che si dispone ad accogliere generosamente i gesti, le parole e gli incontri, viene declinata al passato. E' come una breve - seppur intensa - estate che irrompe nel deserto dell'inverno: una rapida parentesi, cioè.
Diciamo, così, la nostra più
bella
stagione è nell'anima - le cose
viste e toccate,
dentro il tempo che viene.
Facciamo che niente
porti via la speranza che ci
guida.
Tu che piano respiri accanto a
me.
Sono, in poche parole,
proiettato
in avanti. Domani,
nei luoghi che saranno per noi
importanti.
***
Questo respiro,
il suo attraversare le strade
in punta di piedi -
e la sete da colmare
e il vuoto da colmare.
Domani e poi domani -
l'infinita riserva
dei dialoghi.
***
E sull'erba di giugno
abbiamo dimorato - sul più
bel prato dei nostri incontri.
Non possiamo che salutare
il nuovo giorno insieme,
perché tu ed io facciamo
ormai
una sola parte.
La generosa estate
ci ha regalato
tutti i suoi frutti.
da "Dogali "
***
Abbi fede. Tieni in vita la conchiglia
e il sasso
per me qui rinchiuso in città. Ti vedo
sparire di tanto in tanto, poi torni
con un nuovo messaggio di sole.
***
Piove a dirotto e là sullo scoglio
dei miei segreti c'è tutta la solitudine
del mare. Sì, eccomi piccolo e solo
mentre mi giro intorno, amore. Sai
la fatica delle parole che ritornano
a frotte nei giorni della conta e del
destino segnato. Inseguo l'altra faccia
della medaglia, la lieve incrinatura
del legno.
***
Prendi, prendi la mia mano,
è scivolata e non so più dove
potrò rifugiarmi. La mia mano,
Potresti darmi un legno
di fortuna,
contenere la mia paura.
Alberto Toni da Mare di dentro e altre poesie