venerdì 17 novembre 2023

RAIMONDI E IL SOGNO DI GIUSEPPE

 


                             Giuseppe spiega i sogni a Faraone -  Dipinto di Scuola Veneta



Nella Genesi si racconta di come il faraone d' Egitto, non riuscendo a interpretare un sogno inquietante, avesse mandato a chiamare - sotto suggerimento di un cortigiano - un giovane ebreo di nome Giuseppe, figlio di Giacobbe, recluso in una cisterna nelle prigioni di palazzo. Grazie alla scintilla di Dio viva in lui, infatti, Giuseppe era in grado di sciogliere ogni dubbio sul mondo delle visioni, e così fece anche con Faraone il quale, per ringraziarlo, lo liberò associandolo al trono.

Attorno a questo episodio, Stefano Raimondi ha costruito " Il sogno di Giuseppe ". Il libro però non racconta la vicenda biblica:  l'autore la usa per creare un contesto, uno sfondo; la raccolta è infatti priva di ogni dimensione narrativa. Al centro del quadro a cui l'esergo biblico ci conduce, c'è solo Giuseppe in cella ( la cisterna ), visitato regolarmente da sogni di fuga, naufragi e morte: un viaggio onirico lungo i trentanove componimenti disseminati di visioni, comparse e apparizioni di cui egli è - a un tempo - protagonista e voce narrante. La visionarietà di Giuseppe è associata ad una predisposizione all'ascolto, a sua volta legata all'esilio silenzioso in cui si trova. La sua figura è  anche assimilabile agli indovini dell' antica Grecia, come Tiresia, ai quali il dono della comunicazione col dio è data ad un prezzo di grandi sofferenze, e come Tiresia, Giuseppe - Raimondi si muove in una dimensione ubiqua, a cavallo  del mondo sensibile e di un mondo " altro", in un moto inesausto tra una dimensione orizzontale e una verticale.

E come Giuseppe, Tiresia e ogni indovino ( comunicatore del profondo ) è il poeta.




Il sogno di Giuseppe 

diventò di pietra : divenne

cisterna, poi casa e fondale.

A fuggire sarebbe riuscito solo

il corpo sottile di sabbia.

Le sue caviglie erano portali

soglie, dove liberare fratelli e padri.

La casa era sempre più vicina al sogno:

sarebbe crollata con il giorno

con il suo ritorno, indietro, nelle stanze.


La cisterna si fece casa, pelle

voragine di ascolti. Entrarci

era sognare, partire.



                                                 ***


                                  Non tutti i sogni sono uguali:

                                  alcuni vengono per ferire

                                  altri per avvisare.


 "Sono qui e penso a salvarmi.

Qualcuno verrà a togliermi

i polmoni dall' acqua

il legno da sotto le unghie.


Sento ancora le voci

dall'ultimo sogno: abbracciano

le madri intarsiate di luci.


Nessuna parola tiene più

a galla i corpi."



                                                       ***


" Ho fatto un sogno solo

aveva poche cose da dirmi

come sono poche le ore

che finiscono vicino alle cantine

e per niente e per poco respiro

stanno a guardia delle loro ombre."


Si resta nel sono come in amore, quello

che si tiene vicino per non dimenticarsi

per non lasciare il punto da dove si è partiti

insieme alle sembianze.


" E cambiano le cose sparse sopra i tavoli. "


Sopra le cisterne passano i mercanti

e i sogni devono essere raccontati

per salvarsi.



                                         ***


" E' un'altra frase sulle pareti 

incise, di questa cisterna

che mi tiene come una preghiera, come

una maledizione che non smetto

di ascoltare. E sono loro ancora

a gridare dai rifiuti, loro

le voci che non approdano

che fanno paura, loro

i làsciti, i lasciàti stare

che tengono a bada l'umano

che tolgono bende; che sono il taglio

e la guarigione insieme".


La sentinella diventa un'ombra;

da qui sembra la faccia conosciuta

di qualcuno.



                                               ***


" Mio padre non è mai partito:

il suo restare è come un'anfora voltata.

Ma a chi domando spazio qui

se è solo un sogno ad ospitarmi?

Lasciare che l'abbandono faccia doni

è quello che mi resta."


La luce ritagliava mezzogiorni a picco

sulle coste, senza muoverle mai.

Era da lì che i morti passavano

uno alla volta, per farsi riconoscere

e i padri per ultimi come spalle voltate.



                                                ***


"Non ci sono deserti grandi abbastanza

come questo respiro. Liberate

tutti gli sguardi, tutti

gli angoli delle case ; che giri

la luce su ogni pietra; che passi

il sangue in ogni paura, sopra 

ognuna delle travi che tengono

i soffitti rivoltati dalle cantine. "


Diceva così Giuseppe prima di sognare

prima che al buio potesse domandare

altro buio ancora.

Si tengono ombre in serbo

prima di morire, prima di lasciare

che l'acqua si faccia più madre 

di un fondale.




                          Stefano  Raimondi  da    Il sogno di Giuseppe



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