LA PERDITA DEL MONDO CIRCOSTANTE E DEL MONDO
INTERIORE
(...) Luciano De Gregorio ( psicologo e psicoterapeuta n.d.r.) fa
notare ironicamente che, per uno strano scherzo lessicale, il
" cellulare" ha lo stesso nome del mezzo che si usa per il
trasferimento dei detenuti. Andiamo allora a scoprire che cosa
perdiamo con l'uso disinvolto di questo mezzo. Un'infinità di
cose a cui hanno rinunciato tutti quei nevrotici che per strada,
al ristorante, in treno, al cinema, a teatro, e ovunque in
generale arriva il trillo prepotente, girano ansiosamente su se
stessi per cercare " il campo", congedandosi immediatamente
dalla conversazione in attesa che la telefonata finisca.
Naturalmente si scusano prima e dopo la telefonata. In
entrambi i casi vi fanno comunque sapere che voi venite dopo,
molto dopo la loro ansia e che non riescono ad astenersi dal
flusso di parole scandite dai minuti che costano.
Un tempo chi parlava da solo ad alta voce in strada era
considerato un pazzo; oggi quanti si comportano in questo
modo sono considerati persone molto impegnate. Per loro il
cellulare è la spina che li tiene legati al mondo, e così perdono
il mondo circostante e soprattutto il loro mondo interiore.
Infatti non sanno più cos'è il silenzio che è poi l'unica via di cui
disponiamo per entrare in comunicazione con noi stessi e quindi
in qualche modo per conoscerci. Non sanno più cos'è l' attesa,
con il carico di emozioni che comporta e quel tanto di
imprevisto che colora di sorpresa la nostra quotidianità. Non
hanno più rispetto dell'atmosfera che si crea nella
comunicazione d' amore , quando il mondo deve essere
messo tra parentesi perché un altro mondo possa prender
quota. Il loro presenzialismo al mondo esterno non concede
all'interlocutore alcun privilegio. Il cellulare acceso è un mondo
in mezzo ai due. (...)
Umberto Galimberti da I Miti del nostro tempo
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