giovedì 29 giugno 2017

SI DIRADANO ( LE NUVOLE )

 
 
 

 A queste nuvole sappiamo solo chiedere un segno di perdono...( la terra vista dal cielo)



Si diradano ( le nuvole )
con la passione che restituisce la bellezza del creato. Nulla è
immobile, tutto ha un respiro incessante
e anche il corpo morto col tempo si dissolve
o si eleva nel ricordo. Le parole
le interminabili visioni

l'anfiteatro della vita che non ostacola il male
e precipita. Le confessioni, i segreti.
Tutto ha un divenire, un'acerba contestazione
o la richiesta di un miracolo. Ferma il paesaggio.
Ciò che convive. La periferia del pensiero
che ci crolla addosso. Ora. Ad ogni istante.

Sono altri i volti sudici, le braccia vigorose
a chiedere pietà al cielo. Cambiano i nomi
l'idioma che non riconosciamo. Resta tutto identico
negli occhi. A queste nuvole
che si deformano umane
sappiamo solo chiedere ( ancora ) un segno di perdono.


            Domenico  Cipriano       Inedito

Vanitas vanitatum - Giacomo Carissimi





 " Stulte dives, iam non dives, iam te ego dum discerno et sepultum in inferno"

 " O stolto ricco, già non più ricco, ti vedo mentre sei sepolto nell'inferno "

Vanitas Vanitatum, che prende il nome dalla famosa frase che apre
e chiude il libro dell' Ecclesiaste ( o Qoèlet ), pare sia stata scritta da Salomone stesso e rappresenta una disquisizione cosciente e
lucidamente consapevole sull'inutilità della vita e degli affanni, dal
momento che si è comunque destinati a perire. La schiacciante
modernità di questo testo lo ha sempre reso uno dei favoriti ( insieme ad altri libri poetici della Bibbia, ovvero i Proverbi, i
Salmi, il cantico dei Cantici ) per la scelta di espressioni utilizzate
nella letteratura e nell'ambito della composizione musicale.
Giacomo Carissimi (1605- 1674 ) decide di rendere il contrasto interno di debolezze e fragilità umane con un sapiente uso di
strategie compositive atte a rendere ancora più esplicito il
significato profondo del testo biblico. Seguendo il concetto
monteverdiano per il quale " la musica deve essere ancella della
parola", il compositore utilizza ogni possibile strumento per
ampliare la propria tavolozza sonora e accompagnare i diversi
stati d'animo, così come le parole- chiave ( vanitas fra tutte ) con
sonorità precise, e consonanze- dissonanze sapientemente
bilanciate. Ecco dunque che a passaggi ariosi e a melodiosi duetti,
si accompagnano recitativi secchi, dissonanze accostate con
violenza e giochi di incastri e risposte tra le voci, costruiti con
fantasiosa maestria. Il testo dell' Ecclesiaste piacque talmente a
Carissimi che, oltre alla presente composizione, ne scrisse altre,
tra cui un oratorio con lo stesso titolo, ma che utilizzava
differenti estratti del testo biblico.




                                     frida

             
                                      
                                                  



Vanitas Vanitatum et Omnia Vanitas ( Dal Qoèlet )

 
 
 

                    Parole di Qoèlet, figlio di Davide, re di Gerusalemme



Vanità delle vanità, dice Qoèlet,
vanità delle vanità, tutto è vanità.
Quale utilità ricava l'uomo da tutto l'affanno
per cui fatica sotto il sole?
Una generazione va, una generazione viene,
ma la terra resta sempre la stessa.
Il sole sorge e il sole tramonta,
si affretta verso il luogo da dove risorgerà.
Il vento soffia a mezzogiorno, poi gira a tramontana;
gira e rigira
e sopra i suoi giri il vento ritorna.
Tutti i fiumi vanno al mare,
eppure il mare non è mai pieno:
raggiunta la loro meta,
i fiumi riprendono la loro marcia.
Tutte le cose sono in travaglio
e nessuno potrebbe spiegarne il motivo.
Non si sazia l'occhio di guardare
né mai l'orecchio è sazio di udire.
Ciò che è stato sarà
e ciò che si è fatto si rifarà:
non c'è niente di nuovo sotto il sole.
C'è forse qualcosa di cui si possa dire:
" Guarda, questa è una novità ? "
Proprio questa è già stata nei secoli
che ci hanno preceduto.
Non resta più ricordo degli antichi,
ma neppure di coloro che saranno
si conserverà la memoria
presso coloro che verranno in seguito.


           Qoèlet     I Libri Poetici e Sapienziali (  Bibbia )

mercoledì 28 giugno 2017

L'ESISTENZA AMOROSA



                                       ...le tue cicatrici sono stupende...come la giada...




Anni sono, o oggi come
quel primo giorno, mia nuvola:
sulle soglie dell'orizzonte
nel regno del dio
che ti governa, ti insegue
il mio occhio miope.
Ma già prendi altre forme
trascorri in altri luoghi
finché a me ritorni.


                                                ***




Scelta una camera orientata a Nord,
una mano dominatrice sulla spalla,
non rimane che chiudere la porta.
Tirate su le coperte, date il meglio
di voi, controllate il passaggio
dell'aria nella laringe.


                                               ***




Viene, non viene, viene. Verrai,
verrai, dammi tempo e vedrai;
ma non ti cerco, non ti scrivo - mai -
perchè sei niente;
voce che smuove, la nebbia
di un istante nei miei occhi.


                                                ***



Non sei una donna ideale
e anche il tuo aspetto
può far dubitare
un uomo dotato di fantasia.
Nego di averne, e dunque
mi stai bene, tutta,
compresa la bocca da criceto.


                                             ***




O mia pesca melba, mio
lusso cittadino, sulla tua
cresta di panna vengono e vanno
le api del desiderio.



      
      Basilio  Reale   da        L' esistenza amorosa



         

                                           Parole sottratte all'abitudine



martedì 27 giugno 2017

SESSO COME INCONTRO DI DUE SOGGETTIVITA'

 
 


        Fammi danzare verso la tua bellezza con un violino ardente...
       fammi danzare attraverso il panico finchè non sia al sicuro...
       mostrami lentamente ciò di cui io solo conosco i limiti...
       fammi danzare fino alla fine dell'amore.


(...)  A mio parere, per un buon incontro sessuale, occorre che tutti 
       e due i partner abbiano interiorizzato componenti maschili e
       femminili: siano capaci cioè di fare da contenitore dei desideri
       e delle paure dell'altro, in modo che l'altro possa
       abbandonarsi pienamente alle sensazioni corporee e psichiche
       di piacere, sia di riconoscere ed accettare i propri desideri e
       le proprie ansie e permettere alla propria eccitazione sessuale
       di esprimersi pienamente.
       Dai dati che emergono dalle varie ricerche, mi sembra di poter
       ipotizzare che solo individui dotati sia della tradizionale
       capacità maschile di desiderare e poter manifestare
       apertamente la propria eccitazione, sia delle capacità
       femminili di accoglimento, possano godere di una sessualità
       creativa. Possano cioè accettare di sperimentare - senza ansia
       eccessiva - emozioni dirompenti. Essere attenti alle proprie
       sensazioni e a quelle dell'altro, alternandosi in un complesso
       e precario balletto empatico, che prevede la perdita del senso
       di sé, in un momento di fusione e comunione, ma anche l'
       accettazione della differenziazione tra sé e l'altro, in un gioco
       delle parti di erotismo mutevole.
       Solo se possiamo accettare di essere sia soggetti che oggetti di
       desiderio, se possiamo concentrarci sulle nostre sensazioni e
       su quelle che  prova il partner, se possiamo incontrarci da
       uguali e diversi, possiamo sperimentare la gamma di emozioni
       e sensazioni che un incontro sessuale riuscito procura.
       Possiamo permetterci di perderci in noi stessi, nell'altro e nell'
       incontro, in successione e contemporaneamente, senza
       sentirci invasi, dominati, respinti o indesiderati.
       Bizzarramente, il desiderio sessuale nasce nello spazio vuoto
       dove ognuno deve prima sperimentare se stesso e la sua
       solitudine, per poi provare la voglia di desiderare l'altro, come
      " altro da", come solitudine altra da conoscere.
       Solo in uno stato di solitudine, meno condizionato da pressioni
       esterne, si può infatti scoprire chi si è.  (...)


            Donata  Francescato   da     Quando l'amore finisce


I SENTIMENTI DEI BAMBINI


  



LIBERTE'   FRATERNITE'  EGALITE'

C'era una volta un re
seduto sul sofà
che disse alla sua serva
raccontami una storia.
E la serva incominciò:
ora non c'è più il re
neanche il suo sofà,
ci sono tre parole
che mettono le ali:
Liberi, Fratelli, Uguali.


                                                                           ***


LE LITI DI MAMMA E PAPA'

Non so se preferisco
le urla e i rumori
oppure i silenzi
i musi e i rancori.
Mi sento una zattera
in questo mare in tempesta
quando voi litigate
e mi urlate sulla testa.
E quando finalmente
smettete di strillare
voi continuate il viaggio
e io sono caduto in mare.

                                                                            ***

                                                                 
L' INFINITO DAVANTI

Non fate le cose per me,
non spianatemi la strada:
il sentiero voglio aprirmelo
usando la mia spada.
Lo so che tu speri per me
che il male non mi tocchi,
ma voglio affrontare il drago
guardandolo negli occhi.
Non fare le cose per me
e lasciami provare:
ho l'infinito davanti
e il tempo di sbagliare.



     Janna Carioli  da  I sentimenti dei bambini ( spremuta di poesia
                                   in agrodolce )



lunedì 26 giugno 2017

TROPPO VICINA

 
 


                             Voglio dimenticare il sapore delle tue labbra...



Gli sono troppo vicina perché mi sogni.
Non volo su di lui, non fuggo da lui
sotto le radici degli alberi. Troppo vicina.
Non con la mia voce canta il pesce nella rete.
Non dal mio dito rotola l'anello.
Sono troppo vicina. Una grance casa brucia
senza che io chiami aiuto. Troppo vicina
perché la campana suoni appesa al mio cappello.
Troppo vicina per entrare come un' ospite
dinanzi a cui si scostano i muri.
Mai più morirò così leggera,
così fuori dal corpo, così ignara,
come un tempo nel suo sogno. Troppo,
troppo vicina. Sento il sibilo
e vedo la squama lucente di questa parola
immobile nell'abbraccio. Lui dorme,
più accessibile ora alla cassiera d'un circo
con un leone, vista una sola volta,
che non a me distesa al suo fianco.
Per lei ora cresce dentro di lui la valle
con foglie rossicce, chiusa da un monte innevato
nell'aria azzurra. Io sono troppo vicina
per cadergli dal cielo. Il mio grido
potrebbe solo svegliarlo. Povera,
limitata alla mia forma,
ed ero betulla, ed ero lucertola,
e uscivo dal passato e dal broccato
cangiando i colori della pelle. E possedevo
il dono di sparire agli occhi stupiti,
ricchezza delle ricchezze. Vicina,
sono troppo vicina perché mi sogni.
Tolgo da sotto il suo capo un braccio,
intorpidito, uno sciame di spilli.
Sulla capocchia di ciascuno sono seduti,
- da contare - angeli caduti.


     Wislawa  Szymborska   da     Elogio dei sogni





IO NON SOFFRO PER AMORE 1



PRESENTAZIONE


Smettere di soffrire per amore si può: tutto sta nello sfatare certi
miti e nel saper lavorare su se stessi.
Cosa ci regala infatti l'amore? La sensazione inebriante di toccare
il cielo con un dito, di sentire che siamo creature uniche e meravigliose, indispensabili per il prossimo come l'aria che respira? Ci rende infinitamente sicuri di noi?
La realtà è spesso diversa: dietro donne e uomini che ostentano felicità , benessere e indipendenza, si nascondono in molti casi insicurezze di base e l'incapacità di voler bene veramente a se stessi - e di conseguenza agli altri- creando non solo quadretti rassicuranti di armonia fittizia, ma a volte ingaggiando veri e propri scontri di potere che sfociano in rapporti malati, quando non addirittura perversi, veri inferni di vita dietro la quotidiana facciata di perbenismo.
Ciò ci mostra - inequivocabilmente - che non si tratta di recuperare
un'immagine incrinata, ma di guardare in modo sincero e obiettivo dentro noi stessi per recuperare non un'immagine ( perduta ),ma
un'indipendenza di giudizio che ci faccia da guida non solo nei meandri della vita, ma pure nella varietà e complessità delle nostre relazioni. Così sarà più facile avere una visione migliore di noi stessi e delle nostre capacità, nonché instaurare rapporti più sereni con gli altri.
E perché no? Dire " basta" alle pene d'amore.


           frida

IO NON SOFFRO PER AMORE 2



LA DIPENDENZA EMOTIVA


(...) La " Sindrome da dipendenza affettiva" è la base sulla quale
      si costruiscono molte relazioni insane e fondate sul
      maltrattamento.
      Gli psicologi affermano che alcune persone sviluppano una
      dipendenza nei riguardi delle relazioni difficili e diventano
      quindi una preda facile per il molestatore, fisico o psicologico:
      le persone con dipendenza affettiva. La definizione clinica della
      dipendenza emotiva, secondo il dott. Jorge Castillo Blasco
     ( esperto del Centro Universitario di Cordova n.d.r ), sarebbe
     questa : " Un modello persistente di bisogni sentimentali
     insoddisfatti cui si cerca di ovviare in modo disadattato con
     altre persone". La dipendenza affettiva è tipica di persone
     cresciute in ambienti carenti di affetto, che si sono poi
   " specializzate " nello spremerlo da individui difficili. Invece di
     rendersi conto che devono fuggire da certi vampiri sentimentali
     incapaci di dare alcunché, continuano a pretendere da loro un
     po' d'amore. Questo tipo di persona ha una spiccata tendenza
     a vedere il lato buono delle cose, e non la manipolazione o i
     giochi di potere e dimostra - pertanto - una deplorevole e
     pericolosissima incapacità di individuare negli altri l'ostilità o
     la facoltà di fare del male. In fondo a una tale personalità c'è
     una tendenza depressiva, una carenza affettiva, con
     ipersensibilità al rifiuto, che rende il soggetto vulnerabile.Un
     dipendente reagisce in modo assurdo quando viene maltrattato:
     invece di lasciare il maltrattatore, si incolpa del maltrattamento
     Questi dipendenti - uomini e donne - provano un bisogno
     affettivo estremo in tutte le differenti relazioni di coppia, in
     quanto esse non dipendono tanto dal partner, quanto dalla
     propria idea dell'amore. Il dipendente emotivo lo è anche
     quando non ha un partner perché - come nel caso dell'alcolista
     o del tossico - la dipendenza rimane per tutta la vita, che beva
     o che non beva, che si faccia o meno. Un'altra caratteristica di
     queste persone è l'incapacità di sopportare la solitudine. E c'è
     chi la riempie con un partner, chi con l'alcol , i videogiochi, etc.
     Le persone che soffrono di immaturità emotiva tendono ad
     attaccarsi a determinate cose in concreto: alla sicurezza quando
     il dipendente è convinto di non saper badare a se stesso; alla
     stabilità quando ha paura dell'abbandono; alle manifestazioni
     d'affetto quando teme di non essere ricambiato. In questo modo
     i timori umani possono finire per confluire in una dipendenza e
     in un asservimento totale quando si crede di aver capito come
     placarli. Ed è proprio così che si cade in paradossi perversi.
     (...)


         Lucia  Etxebarrìa   da    Io non soffro per amore

IO NON SOFFRO PER AMORE 3



IL MITO DELL' AMORE ETERNO


(...) Il grande mito del XX secolo è il Mito dell'amore eterno,
      secondo il quale l'amore vero, sublime, autentico e originale
     deve sempre trionfare su tutto. Questo mito si ritrova nella 
     maggior parte dei film e dei romanzi e anche nella
     soddisfazione che provocano e nei sogni che generano e
     alimentano, e attinge alla stessa fonte da cui nasce la
     convinzione che l'amore sia destino prima che volontà, che vada
     sentito più che costruito e che debba consumarci con il più puro
     e vero fuoco che travolge al suo passaggio felicità, convinzioni,
     società e morale. Razionalmente tutti sappiamo che la passione 
     e il desiderio finiscono, che la convivenza trasforma il desiderio
     più selvaggio in semplice affetto, benché questo possa essere
     molto più profondo dei semplici legami fisici. Sappiamo che
     l'amore è una cosa, ma nello stesso tempo fantastichiamo su
     un'altra: sull'amore eterno, unico e immutabile nel tempo.
     E' una fantasia molto pericolosa perché conta sul sostegno
     sociale e si ricollega all'idea dell'amore per tutta la vita che
     impedisce il realismo affettivo e che esige da chi ama una
     devozione incondizionata, senza riserve, autodistruttiva.
     Il mito dell'amore appassionato è un'invenzione dell' Occidente.
     In Oriente e nella Grecia di Platone, l'amore ( eros ) era inteso
     come piacere e la passione - nel suo senso tragico e doloroso -
     non solo era rara, ma anche disprezzata.
     Il nostro malato concetto d'amore, per esempio, non esiste in
     Cina. Il verbo " amare", lì viene usato esclusivamente per
     definire la relazione tra madre e figlio. Il marito non ama la
     moglie, prova affetto per lei. I cinesi vengono fatti sposare
     molto giovani e il problema dell'amore non si pone nemmeno.
     Non condividono gli eterni dubbi europei e neanche cadono in
     preda alla disperazione e al dolore quando scoprono di avere
     confuso l'amore con il desiderio di amare.
    E mentre in altri Paesi i matrimoni vengono previamente
    concordati, nelle nostre società, la  base dell'istituzione
    fondamentale, la famiglia, poggia sull'amore romantico, e
    questo ideale culturalmente prodotto offre all'individuo un
    modello di condotta organizzato intorno a fattori sociali e
    psicologici; durante la nostra lunga socializzazione impariamo
    cosa significa innamorarsi e associamo a tale condizione certi
    sentimenti che dobbiamo provare, la scelta delle modalità, dei
    tempi e del candidato. Come se non bastasse, più riferimenti
    perdiamo nella società attuale - e lo facciamo ad una velocità
    vertiginosa perché la gente non vive più in piccole comunità, né
    in famiglie allargate, e non conserva neanche lo stesso lavoro
    per tutta la vita -, più carenti ci sentiamo di fattori esterni che
    puntellino la nostra identità e autostima, più questo fa sì che il
    desiderio d'amore rappresenti il vero fondamentalismo della
    modernità e diventi il Santo Graal che tutti cerchiamo.  (...)


          Lucia  Etxebarrìa   da    Io non soffro per amore

IO NON SOFFRO PER AMORE 4


NON E' AMORE SE...


(...) Non è amore se il partner assorbe la maggior parte della tua
      vita, se per lui ti allontani da amici o familiari, se sacrifichi la
      tua soddisfazione o la tua realizzazione o trascuri le tue
      responsabilità.
      Non è amore se soffri di gelosia o di ansia. Non è amore se hai
      continuamente paura di perdere la persona che consideri la tua
      fonte primaria di sicurezza, benessere e serenità.
      Non è amore la totale incontrollabilità delle emozioni più
      intense legate a una persona che - obiettivamente - non ha
      merito alcuno o, almeno, non ne ha abbastanza per giustificare
      una dedizione incondizionata.
      Non è amore trasformare un'altra persona nello schermo su cui
      proietti il film che ti sei fatto nella testa; non è amore
      attribuirle virtù che non ha e neanche eliminare i suoi difetti.
      Non è amore la possessività.

      L'amore sano e costruttivo non accetta e non pretende di
      assorbire l'altro, ma mira piuttosto a condividere con lui
      esperienze che amplino le rispettive potenzialità di
      realizzazione personale; non idealizza e non accetta in modo
      incondizionato, ma pretende un rapporto di mutuo sostegno e
      correzione; non si mette in atteggiamento di attesa passiva, ma
      indaga ed esplora; non provoca dolore né insicurezza, ma
      conferma la gioia di vivere; non è accidentale o incontrollabile,
      perché si può invece costruire e migliorare.
      E' integrazione, non dedizione.
      Quando si ama davvero, l'altro non è indispensabile, solo molto
      importante; si può vivere anche senza di lui, ma si preferisce
      farlo con lui.   (...)


          Lucia  Etxebarrìa   da    Io non soffro per amore

IO NON SOFFRO PER AMORE 5

ANASTASI- ALZATI IN PIEDI

(...) Aveva ragione il Che quando ha detto : " E' meglio morire in
      piedi che vivere in ginocchio ".
      Contrariamente a quanto sembra, è più facile essere depressi
      che contenti, perché la depressione è un sistema che tende all'
      entropia, che regola - in altre parole - l'energia per non
      sprecarla, ed è ovvio che serva più energia per uscire da una
      depressione che per crogiolarvisi. Nell'immaginario cattolico,
      la santa Anastasi è la Resurrezione e non è un caso che l'idea
      della resurrezione risulti tanto forte e convincente perché
      ognuno di noi - nella sua vita- ha bisogno di risorgere dalle
      mille piccole morti emotive di cui facciamo esperienza. Diceva
      Mircea  Eliade che " nessuna iniziazione è possibile senza un'
      agonia, una morte e una resurrezione rituali. Giudicata nella
      prospettiva delle religioni primitive, l'angoscia del mondo
      moderno è il segno di una morte imminente, ma di una morte
      necessaria e salvatrice perché sarà seguita da una resurrezione
      e renderà possibile l'accesso ad un nuovo modo di essere:
      quello della maturità e della responsabilità".
      Ricorda sempre che nessuno, assolutamente nessuno a questo
      mondo avanza senza inciampare e senza cadere ripetutamente,
      che tutti sbagliamo e facciamo gaffe, che tutti siamo stati
      ingannati, traditi o abbandonati almeno una volta. Ma che
      tutti abbiamo la capacità di riprenderci dai colpi subiti e
      andare avanti, sempre. A volte, proprio le situazioni di maggior
      vulnerabilità possono produrre idee, abilità, intuizioni,
      conoscenze, impulsi che riappacificano con la vita all'insegna
      dell'insopprimibile istinto umano a crescere e a svilupparsi
      anche in situazioni difficili. Trascendere le circostanze e dare
      un senso al dolore e alla sofferenza, sono fattori che rendono
      resistenti tanto i bambini quanto gli adulti, i quali si trovano a
      dover gestire situazioni come perdite significative o altri
      conflitti come la guerra, la povertà o le dittature. (...)


        Lucia  Etxebarrìa   da      Io non soffro per amore

Se mi lasci, ti cancello - Michel Gondry

 
 


  Tu non ti fidi di me....Parlare in continuazione non significa comunicare...





domenica 25 giugno 2017

LE VOCI DEI BAMBINI 1

 
 
 


                                                     Rimanere grande


Ai piedi del letto il tempo non passava.
Era farsi grande raccontare una storia
e la storia non era più una storia
era farsi padre.

Il suo disegno non era farsi grande
non era orizzonte la sua mano.

Il dolore era farsi carta
farsi carta i troppi desideri
il suo mondo era grande e impreciso
la forma del suo cranio una farfalla.


                    @@@@@@

La bambina non sapeva di essere
bambina

La storia dentro a un pugno
scambiata tutta per errore. Così
come poteva essere da capo. Come
per aggirare il mondo.

Dice - Da dove finisce -
Da dove. Sempre con l'ultima parola
sempre senza nome.

- Prima del mondo che c'era.   Prima -
- E prima della terra che c'era.  Prima -
- E prima di prima che c'era.  Prima -


               @@@@@@


Chi rischia la parola
a questa cura storta a questo tempo in piena.

Domandami l'amore.

Il corpo scatenato dalle onde
e poi sulla domanda quanto tempo corre
quanto cerchio si chiude in una vita.

Guardiamoci più in là
di questa inutile sostanza
di questo intento a non finire.

Di come siamo fatti. Noi.
Di solitudine indovini.


     Margherita  Rimi   da      Era farsi

LE VOCI DEI BAMBINI 2



Riparami madre
dalle tue braccia.

Dai malcurati amori
dai tuoi terrori.

Non parlarmi più.

Devi trovarmi.

Devi indovinarmi.

E' pure mio
tutto lo spavento tuo
di esistere.

                            @@@@@@


La madre pettinava la bambina
lavava la sua faccia.
- Mi fai male nella testa -

E lei chiudeva gli occhi
nascondeva le bambole
prima di addormentarsi.

E a chi nascondeva gli occhi
era un segreto bianco
sul foglio bianco.


                       @@@@@@


Vado piano per la strada.

Gli aquiloni lo chiamavano
per nome.

Potevo nascere due volte.

Papà dove mi porti?


                     @@@@@@


Hanno detto che era una bugia
o forse era un sogno.

" Io. Sono. Il bambino cattivo".

" Non devi parlare"
" Non  si tradiscono i segreti".


                     @@@@@@


Stanno sedute le loro anime
sul parapetto
fino a domani
senza le madri

Si può stare fino a domani
se non si ha più da mangiare
se non ci si può più svegliare

Ma i bambini sanno aspettare
senza le madri, le madri
tra il parapetto e il cielo
gambe su gambe su ruote spuntate

Ma se non si può essere vivi
fino a domani
fino alle madri
non si può più morire.


    Margherita Rimi    da           Era farsi   


Margherita Rimi è una neuropsichiatra infantile che da anni svolge
un'intensa attività di cura e tutela dell'infanzia, lavorando - in
particolare - coi bambini che hanno subito violenze e abusi o con i
minori portatori di handicap.
E sono proprio i bambini i protagonisti dell'intera raccolta di poesie, di cui ci trasmette la voce : sono bambini che portano ferite
insanabili, nel corpo o nella mente. Bambini che non hanno avuto
infanzia ,che sono stati resi ciechi dalla violenza degli adulti.
Bambini che non possono parlare.

" Non devi parlare. Non si tradiscono i segreti".
" Papà, dove mi porti? "

O bambini espropriati della propria identità : " Io sono .Il bambino cattivo. "



venerdì 23 giugno 2017

GERMOGLIO ( fuori stagione )

 
 


                                                Canzone del Folklore Québécois



Ho un vuoto orrido di sole
da qualche parte sospeso,
e un sottobosco chiuso
ho partorito.

Ma se è già ora
gli inverni lunghi
vanno  fatti adagio.




    frida



giovedì 22 giugno 2017

IL LETTO PER L'AMORE

 
 

...se sei forte abbastanza per l'amore - dolcezza - io sono più duro degli altri...



Il letto per l'amore
è un campo di battaglia
del mistero:
vi dura la pace
nella guerra e nel conflitto;
più si è morti
più si vive meglio
da risorti
e - colpendo -
ognuno
vuole essere trafitto.


     Paolo Ruffilli   da   Affari di cuore

TERZA CANZONE DELLA DAMA





                        ...ma tu alla dama bianca non sai rinunciare...( La dama bianca)



Quando tu e il mio amante fedele v'incontrate
ed egli nel tuo grembo intona melodie,
non dire male dell'anima,
né credere che il corpo sia tutto
poiché io - sua signora di giorno -
so del corpo mali peggiori;
ma con onore dividi in due l'amore
sì che ciascuno non abbia abbastanza dell'una e dell'altro,
e io senta se ci baciamo
a contrappunto il sibilo della serpe,
e tu senta se una mano ti esplora la coscia
il respiro di tutti i cieli in travaglio.


    William Butler Yeats   da     Quaranta poesie




SI AMAVANO

 
 


                                                         E più ti penso, e più mi manchi...


Si amavano.
Pativano la luce, labbra azzurre nell'alba,
labbra ch'escono dalla notte dura,
labbra squarciate, sangue, sangue dove?
Si amavano in un letto battello, mezzo tra notte e luce.

Si amavano come i fiori le spine profonde,
o il giallo che sboccia in amorosa gemma,
quando girano i volti melanconicamente,
giralune che brillano nel ricevere il bacio.

Si amavano di notte, quando i cani profondi
palpitano sotterra e le valli si stirano
come arcaici dorsi a sentirsi sfiorare:
carezza, seta, mano, luna che giunge e che tocca.

Si amavano d'amore là nel fare del giorno
e tra le dure pietre oscure della notte,
dure come sono i corpi gelati dalle ore,
dure come sono i baci di dente contro dente.

Si amavano di giorno, spiaggia che va crescendo,
onde che su dai piedi carezzano le cosce,
corpi che si sollevano da terra e fluttuano.
Si amavano di giorno, sul mare, sotto il cielo.

Mezzogiorno perfetto, si amavano sì intimi,
mare altissimo e giovane, estesa intimità,
vivente solitudine, orizzonti remoti
avvinti come corpi che solitari cantano.

Che amano. Si amavano come la luna chiara,
come il mare che colmo aderisce a quel volto,
dolce eclisse di acqua, guancia dove fa notte
e dove rossi pesci vanno e vengono taciti.

Giorno, notte, occidente, fare del giorno, spazi,
onde recenti, antiche, fuggitive, perpetue,
mare o terra, battello, letto, piuma, cristallo,
labbro, metallo, musica, silenzio, vegetale,
mondo, quiete, la loro forma. Perché si amavano.


         Vicente Aleixandre  da   Poesia d'amore del Novecento

mercoledì 21 giugno 2017

L' attimo fuggente - Peter Veir





                                           Osate cambiare, cercate nuove strade...





PENSIERI DI UNO PSICANALISTA IRRIVERENTE 1



(...) Un concetto su cui si discute spesso - in ambito morale o
       psicanalitico, o di semplice buona educazione  - è : si possono
       dire le bugie?
       Certo che si possono dire, e meno male che si possono dire.
       Come dice Bion ( psicoterapeuta fautore della teoria
       psicodinamica della personalità n.d.r.): " per esserci una
       bugia deve esserci un pensatore". La bugia apre un mondo, lo
       crea. Pensiamo a un bambino che ruba la marmellata e si
       sente porre la fatidica domanda:" Sei stato tu a prendere la
       marmellata?". Se uno ha una nonna così sciocca da punirlo,
       sarebbe poco furbo dire di sì. La bugia ti permette di vivere in
       mondi magari meno violenti, meno persecutori. Se una donna
       ha un marito gelosissimo che la picchia se lei entra in un
       negozio di biancheria intima, dirà che è andata solo a fare la
       spesa. Mi sembra una legittima difesa.
       La bugia è una difesa come tutte le difese che noi mettiamo in
       atto. Quando utilizziamo una difesa eccitatoria, maniacale, di
       evitamento, onnipotente, o qualsiasi altra difesa, ci serviamo
       di una forma di bugia rispetto a qualcosa che non possiamo
       sopportare. Quindi, finchè quella cosa non la possiamo
       sopportare, utilizziamo la difesa della bugia.
       Quando non avremo più paura di quella cosa, non ci sarà più
       motivo di andarci a nascondere nella bugia .  (...)


      Antonino  Ferro  da   Pensieri di uno psicanalista irriverente
      

PENSIERI DI UNO PSICANALISTA IRRIVERENTE 2



(...) A volte l'analisi diventa noiosa per i pazienti, e dicono che è
      una disciplina vecchia, che è una scienza stantia che sa di
      muffa, che sa di abiti della nonna, proprio perché si continua
      ad usare un apparato concettuale del tutto desueto. E' come se
      in una sala operatoria si adoperassero i bisturi che si usavano
      nel 1902. In seguito è arrivato il bisturi elettrico e oggi c'è
      quello laser. Ci sono tanti concetti che fanno parte della nostra
      storia, che è importante che ci siano stati, che sono stati
      preziosi, ma che ormai non ci servono più.
      Proviamo a fare velocemente la storia della psicoanalisi: dopo
      Freud abbiamo avuto Melanie Klein, che meriterebbe il premio
      Nobel per aver detto semplicemente che la realtà interna è
      tanto reale quanto quella esterna; per aver avuto il coraggio
      delirante, durante il bombardamento di Londra, mentre i razzi
      V2 le passavano sopra la casa in cui stava lavorando, di
      continuare ad interpretare i disegni di Richard, considerando
      i V2 come attacchi che lui voleva fare al seno della mamma.
      Solo una matta, mentre un missile le passava sopra la casa,
      poteva dire che era l'attacco al seno, no?
      Ci sono state delle menti rivoluzionarie. Pensiamo a Winnicott,
      a Bion. Poi abbiamo tutte le cose stantie, cioè tutto quell'
      apparato concettuale che non ci serve più e che continuiamo a
      portarci dietro. Per questa ragione, l'analisi può diventare un
      noioso rituale precotto. L'analista che non risponde alle
      domande, l'analista che non ti dà la mano, l'analista che non ti
      fa gli auguri per Pasqua, l'analista che interpreta soltanto, l'
      analista che ne sa sempre una più del diavolo e ti fa sentire
      stupido, l'analista che ti interpreta ogni cosa secondo l'invidia,
      oppure sulla base di un altro concetto su cui è fissato: la
      psicoanalisi andrebbe alleggerita. L'analista dovrebbe essere
      uno che viaggia con bagaglio a mano. Ha presente quei
      trolley piccoli da aereo, quelli che fanno portare a bordo da
      mettere nella cappelliera? Ecco, quello dovrebbe essere il
      nostro bagaglio, non dodici valigie con tutto l'armamentario
      psicanalitico di due secoli fa. Il bagaglio leggero, un bagaglio
      a mano e basta. Ha presente  i film dei cow boy? Il cowboy
      cosa aveva? Il cavallo, il lazo e il Winchester. Talvolta la
      padella e i fagioli, basta. Non si è mai visto un cowboy che
      viaggiasse pieno di bauli.  (...)


           Antonino  Ferro  da  Pensieri di uno psicanalista irriverente
     

PENSIERI DI UNO PSICANALISTA IRRIVERENTE 3



(...) Certo, un analista che mettesse sempre Tinto Brass sarebbe un
      analista depresso, uno che cerca nella terapia un modo di
      eccitarsi, o uno che mettesse sempre Quentin Tarantino.
      L' analista deve avere una gamma di personaggi e registi 
      tendente all'infinito. In qualche modo l'analista diventa un co-
      produttore che ha ampia scelta di quali attori ingaggiare 
      tramite il casting e di quale regista avvalersi. E' ovvio che la
      stessa scelta spetta al paziente e il fine è quello di poter
      sviluppare il discorso del paziente e non il proprio.
      E' come se, pensando al gioco del Lego, il paziente avesse a
      disposizione anche quei pezzi che possono essere usati in un
      solo modo, per esempio il pompiere o il distributore di benzina.
      L'analista invece dovrebbe usare principalmente quei
      pezzettini che servono di più a fare collegamenti, tranne nel
      caso in cui ci sia una storia che si inceppa perché manca il
      pompiere, allora non vedo il motivo per cui l'analista non possa
      metterci il pompiere.  (...)


           Antonino  Ferro  da    Pensieri di uno psicanalista irriverente