lunedì 28 aprile 2025

I LARI DI PAOLA

 



                                                                   Finché ci sono le rondini è estate...



                                                                     

ESTATI CHE


Finché ci sono le rondini 

è estate, il cuore sta

da qualche parte

poggia su questi

picchi guizzanti

incastonati nel vuoto

che stride a strapiombo.


E' un grido fuori e dentro.

Sono arrivare

le consanguinee.



                                               ***


C' era una dolcezza - la sera - all' imbrunire.

Un arrendersi all' abbraccio del buio

un lasciarsi andare. Nessun sospetto

che significasse la fine.

Tutto era attesa

rilascio cominciamento.

O forse la fine era dolce,

come una ricompensa.



                                                ***


Te la ricordi la sera

della malinconia ?

Era settembre 

nel bosco vivo

e calava il sole

ma c'era ancora

così tanta luce

che sembrava il giorno

non dovesse mai finire.

Erano le cose ferme

che cambiano

cadono

scaldano.

Come un ingresso in un  altro

mondo un andare incontro

a tutto quello

che doveva capitare.

Un venire ( qui ) un accadere.

L' inizio collocato

al vero centro

della fine.

L' odore d' esser sazi

( e poi non esserlo più ) :

quell' amore per le cose compiute.



                                                      ***


SENZA VOCE


A volte mi pare

di aver subito l' oltraggio

che è tuo.


E s' innalza il mio grido

al cielo e alla terra.


E non serve.



                                                     ***



caro padre,


quando gli occhi ti si allargano

di meraviglia al primo sguardo

a settantasette anni

sulle cose che sempre sono state

davanti agli occhi che

non vedevano


caro padre quando dici sì 

che va tutto bene

basta che cessi il male

e l' angoscia per tutto questo dolore

( di ora e di allora

è la stessa cosa )


caro padre 

quando il mondo viene eliso

nello spazio dell' attesa

di un domani leggero

concepibile

come un ricominciamento

così vicino alla fine


caro padre quando

senti il mio abbraccio più certo

cinquantuno anni dopo

gli otto o dodici che soli ti ricordi

in mezzo al vuoto pieno

di parole amare e silenzi feroci


caro padre che scopri il mondo

come avrebbe potuto essere

( che c'era e hai negato

fino a diventare inerme )


caro padre che porti le cose

con la fiducia dell' amore

per un breve tratto

tanto umano e presente

che vale finalmente

vivere e vivere

insieme

( per non morire

adesso ).



                                                  ***


Sei quieta e contenta

come non sei mai stata

alla fine della vita.

Dici tanti di quei Sì

tutti convinti e compresi

per dire che sei giunta

alla meta, e non ti spiace.

Hi i movimenti misurati ed essenziali

degli anziani, che non hanno più nulla

da sprecare e più nulla da investire.

Ti aggiri nell' orto

ti chini alle colture

alle erbe alle piante ai fiori

per prendertene cura

come speri qualcuno

stia facendo con te.

Guardi vicino e vedi

così tanto oltre. Oltre

questo caco, questo fico,

queste ortensie e questi gigli

oltre la salvia e l' erba cipollina

la canasta e i grasselli

la melissa e i mughetti

le felci ancora attorte

e l' alto lauro che separa,

finalmente, dal male

che hai accolto

con fede e con dolore

per serbarlo nel cuore,

farne concime.

Sei come quando sono

aggrappata alla roccia, in alto, *

e sto patendo, ma la roccia mi porta

leggera e mi dice che non è

un patire : è un amare.

Sono forse i tuoi capelli

poco bianchi o forse la tua pelle

così fresca a tradire la tua età

per una ragazzina che in valle

circolava con le trecce e il broncio,

in bianco e nero, sfumato seppia.



                                                     ***


cara Mari,  *


è il giorno dei morti,

e tu ormai - di fatto - potresti

considerarti tale

visto che non sei più tornata

e neanche riapparsa

da qualche parte

nota, nota al altri, o ignota


non ti ho più pensata

si direbbe in un certo senso

inaccurato

perché ti ho pensata, a volte,

( quante ? )

ma non sufficientemente

non abbastanza per dire

di essere stata 

con te

di aver continuato a stare

con te


ti ho lasciata

andare dove sei

voluta ( o dovuta ? )

finire, si potrebbe dire

oppure

che ti ho rimossa,

- come si dice -

dalla mia coscienza

per non sopravvivere

( si sopravvive meglio con i morti )

ma per stoltezza di vita :

perché anch'io ho cominciato

a morire

e in modo molto meno

significativo


cara Mari

sarebbe ora

cominciassi a pensarmi 

un po' tu

( a tenermi un po' in vita )

per lo meno il necessario

a farmi bene

finire.




                      Paola  Loreto     da    Miei Lari



Paola è una provetta scalatrice


Mari è una sorella scomparsa misteriosamente e di cui non si sono avute più notizie.



venerdì 25 aprile 2025

LIBERAZIONE.....

 


                                        ... ma non per tutti... ( Immagini da Gaza )



27 / 04 / 2024


Voglio sognare

fosse questa

la mia unica colpa

per essere ucciso.


Voglio nutrire

i passeri delle strade

e non ho altro che la mia carne

sul marciapiede.



                   Testo tratto dal libro   " Il loro grido è la mia voce " . Ed. Fazi, 2025



PROSEGUENDO CON TAVILLA...

 


                                                          Uno ha la fretta di andare a vedere...



" La cometa " 

( e cos'è questo corpo in caduta, scia di un attimo, brillìo nel nulla, se non la parola...)


Ripropongo ( come avevo promesso a Sari e a Franco  - ma poi a quelli che vorranno  )  altre poesie di questo autore che era sembrato troppo ermetico per la comprensione. Non so se ( compresa me ) cambieremo idea o saremo rafforzati nella primitiva impressione. Aggiungo, a benefico della conoscenza biografica, che l' autore insegna all' Università di Modena, Diritto Italiano presso la Facoltà di Giurisprudenza.




TUTTO E SUBITO , a nulla servono gli errori

appollaiati sul filo della roba stesa

contro il sole. Contro tutto e tutti

hai combattuto e ora esiti e smetti

di dolerti per il caro incontro con i detti

popolari,

                  rischi nella vuota conoscenza

che avevi della vita, quindi cieca

è la quintessenza della tua declinazione


una volubile meteora sfuggiva

dal campo visivo dell' estate.



                                                  ***


CALDO ITALIANO DEL DUE GIUGNO, il mio

ricordo contro il tuo che ti tenevi stretto

su per il corrimano degli uffici dello stato

uno indivisibile e 

                                  repubblicano. Amavi

e ami quel segno sigillato sulle carte

trasmesso come eterno indiscutibile elemento

dei popoli riuniti sotto

giuramento. Grufola

il cinghiale senza alcun timore

resta il barbagianni a sorvegliare un

cimelio d' autocarro nella polvere, tra i sassi.



                                                  ***


E INVECE NO, uno ha la fretta

di andare a vedere. Qualcuno si annulla

nell' accatto, una pena improvvisa

arranca sui cuori e vola come volano

i balestrucci sora i fiumi neri, questa

è la vita


                             oppure il diversivo

degli obici sui terrazzi, lo avrebbe

schiantato d'  emblée e niente scherzi

se alla sera rivoltavano i corpi

per scrutarne almeno i nomi. Non convince

dei gerani l' odore ripudiabile, uno

ha chiesto di finire processato

sotto i denti aguzzi

dei bagliori dell' estate.



                                                   ***


NEL BUIO ACCADEVANO COSE che quasi

erano bagliore, il nulla accecante di certe

giornate di sole in meridione.


                                                                            Nel buio così

come apparivi dispàri, amavi e ami

così come solo nei lampi notturni puoi


il crepitare delle interiori fiamme

fa il resto : l' inferno fantasmatico

che temevi. Ai bivi del cuore non devi

dire no, sussurra la sassifraga e si sperde

nel desiderio erratico, perenne

di crescere no.



                                                     ***


PER QUESTO GIRAVANO AL LARGO, per

questo hanno visto assieparsi

figure, ad una ad una cadevano forme

impossibili di trasmutato fuoco

nel candore interiore che si accende

se si muore. Tutto era calo e fissato

come si fissa l' entropia se portata

al grado termico di zero che a pensarlo

niente è più di un assoluto zero.

Non volevo dirtelo, ma continuano

a scambiarsi febbre con febbre

e noi con loro, potrebbe




                            Elio  Tavilla     da        La cometa



giovedì 24 aprile 2025

ANTIFASCISMO , UNA POESIA ( 25 Aprile )


                      Presentazione della Costituzione Italiana al Presidente Enrico De Nicola




ANTIFASCISMO


Nella Costituzione non c'è  l' antifascismo

perché era ora che diventasse pane quotidiano, antiveleno.

Non un auspicio, ma il ricavato dopo il maltolto,

una medaglia per la sollevazione

appuntata sul petto del poi, fino a noi.

Prima che il presente tornasse a cantare,

il passato era stato rinnegato migliaia, milioni di volte,

la Liberazione arrivava per tutti

come un veglione di fogli bianchi

e di lenzuola da ripiegare.


La Costituzione non voleva più nominare

chi aveva sbagliato con i bambini, le donne, gli ebrei,

l' economia e la felicità , proteggendosi col nazismo,

dividendoci per razze,

annerendo di scorie l' aratura e la semina.

La mancanza della parola antifascismo

era e resta pietas o disambiguazione

nei confronti di chi totalizzò più danni possibili,

rendendo cattiva e vendicativa anche una parte degli altri.


La Costituzione non contempla la parola antifascismo

perché non contempla la dittatura,

per rispetto e in onore del suo contrario,

la sudata democrazia.

Ribadire che i despoti fanno le scarpe al popolo

e il popolo - piuttosto - preferisce andare scalzo,

sarebbe solo allungato il brodo.

Questo il succo.


I Padri costituenti non potevano figurarsi il nonsense

di un figlioccio delle Istituzioni

capace di vedere nel superamento dei torbidi,

dei torti e dei torsi appesi ai lampioni

un lasciapassare per torpori nostalgici, con tanto di seguito.


Ogni destra, nell' interesse di se stessa, dovrebbe rendersi ambidestra.

Vale anche per la sinistra.

Ogni mano che si intreccia con l' altra è un terzo occhio.

Parole che hanno fatto da stampella alle tragedie

esasperano la nostra stanchezza.

Sporchiamoci di aria fresca, sarà meglio.



                              Ennio  Cavalli



INEDITI DI ELIO TAVILLA

 


                                                            Un punto d' ascolto prossimo alle nevi...



Scrittore dal verso nitido, depurato come da un' antichissima decantazione, siciliano di nascita, ma modenese d' adozione, Elio Tavilla è un autore appartato, sconosciuto ai più. Le sue poesie, raccolte in piccole, preziose plaquette stampate al computer per pochi fruitori, nascono da  una profonda concentrazione interna in cui nulla è affidato al caso. Sono versi che hanno la capacità di definire con esattezza il farsi di un pensiero, gli elementi naturali, la memoria nel suo sorgere e dissiparsi, senza mai imprigionare nulla entro gabbie concettuali, sempre rispettando l' inafferrabilità del loro mistero. Segni di una ricerca della verità secondo le parole dell' autore : "  che è nel mondo, ma non è verificabile nel mondo e di cui possiamo solo esprimere il mistero e la fatica di un avvicinamento ".




LA DISFATTA


fare caso alla bocca quando

tocca il cibo, allungarvi le dita

e restare in ascolto. Mica come

quella retta parallela che tagliava

il buono dal marcio senza il sentimento

che si deve in queste cose.



                                         ***


il perché delle lacrime, diceva

lo sai ? Lo sai come distende le ali

l' autunno al primo dispiegarsi

dell' inverno ?

Un punto d' ascolto prossimo

alle nevi, lo aveva visto sciogliersi

dal ghiaccio che covava dentro

un primo amen e basta, tu per te

sei la linea fratta di demarcazione

visiva, i polsi dentro l' acqua

convinciti che è vero.



                                                 ***


niente più acquazzoni, un inverno

così non si era visto mai


alla lunga viene fuori il marcio

le cose sistemate alla meno peggio sotto

al letto, ci si farebbe a pezzi

per uscir fuor di metafora : bugie.

Cotti dal gelo si prendeva a botte

l' autista fantasmatico che a volte

le tagliava la strada.



                                                   ***


ora o mai più. Barchette

di stagnola come pegno

dell' amore.

D qualcuno viene un grido

che ogni notte si alza

dai cuscini ; la leggenda si disperde

sopra i fumi alti dei fornelli.

Ora sai che dire, mai più vorrai

sospendere le trame della sera all' apice

storielline di tormenti.



                                                   ***


la viva, l' innocente, la

disfatta, la pervenuta al fondo

del dilemma : prendere o

lasciare ?

Te l' ho detto ieri sera

prima di dormire, la conserva

per la notte si distrugge

tu piangi per bene, la sfumata

la nera, la sempre più disparsa.




                             Elio  Tavilla      Inediti



lunedì 21 aprile 2025

LE COSE DEL MONDO ( La vita la prendo com'è )

 


                                                Intanto mutando in gara infinita - intravista e perduta - la vita.    



Questo nuovo libro di Paolo Ruffilli, per esplicita dichiarazione dell' autore " vuole porsi come opera unitaria ", che è " l' esito di una lunga elaborazione di un lavoro più che quarantennale ". " Le cose del mondo " rappresenta quindi un progetto al quale il peta è rimasto fedele : " L' idea è legata a un mio desiderio, a una mia precisa necessità, e cioè quella di perlustrare il concreto mondo in cui si è venuta muovendo la mia esperienza, in un gioco continuo di rimandi e rispondenze tra l' Io e la realtà esterna attraverso la pratica del linguaggio."  Così scrive Ruffilli nella nota che apre la raccolta, così che  noi potremo trovare qui una precisa chiave di lettura.         




NELL' ATTO DI PARTIRE


Nel porsi in viaggio, prese le distanze

e tutte le misure per quello che si può,

considerato l' angolo di fuga, l' impulso

di deriva andante dentro il vuoto...

la curva sghemba della deiezione,

lo scarto imprecisato del destino.

All' imprevisto che è legato al moto,

la ragione ha posto antidoto

di linee rette : orari, termini, binari.

Contro i rischi dell' ignoto.



                                                      ***


E' proprio andando che si capisce

qual è il rovesciamento di ogni prospettiva.

Perché, restando fermi, sfuggiva in pieno

che è una questione del tutto relativa.

Avanti e indietro... qui e là...più o meno,

ma sui riferimenti sempre circostanti.

E' il movimento a darci in dote la speranza

mettendo in relazione noi stessi con le cose

e fa presenti a un tratto le ignote e le distanti,

rendendo le vicine subito vacanti.



                                                         ***


Di corsa, inseguendo se stessi,

la propria figura smarrita,

pensandoci in fondo lasciati

soltanto un pochino più indietro.

E andando lanciati in avanti

metro su metro, in questo

spreco di sé nel mondo fuggendo,

intanto mutando in gara infinita

- intravista e perduta - la vita.



                                                      ***


LE COSE


Le persone muoiono e restano le cose

solide e impassibili nelle loro pose

nel loro ingombro stabile che pare

non soffrire affatto contrazione dentro casa

perché nell' occuparlo non cedono lo spazio

vaganti come mine, ma nel lungo andare

il tempo le consuma senza strazio

solo che necessita di molto per disfarle

e farne pezzi e polvere, alla fine.



                                                      ***


IL VENTO DELLA VITA


Oltre l' evidenza che segna nel distacco

e fuori dall' abbaglio che ruba luce

nascondendo agli occhi il fondo,

dentro il sistema di molteplici raccordi

passaggi, corridoi, varchi e porte

l' enigma si disvela nel linguaggio :

le cose vive hanno radici lunghe

che pescano sempre nelle cose morte.

Ciò che rinasce puro si trasforma,

prolungandosi, nella speranza del futuro

ed ecco che di colpo il vento della vita

soffia infilandosi da vagabondo

in giro dappertutto per il mondo.




                            Paolo  Ruffilli   da    Le cose del mondo  (1978- 2019 )


domenica 20 aprile 2025

PASQUA 2025

 


                                                                                Anima Christi . Frisina



 RIT.  Anima Christi, santifica me

         Corpus Christi, salva me.

         Sanguis Christi, inebria me

         Acqua lateris Christi, lava me,


Passio Christi, conforta me.

O bone Jesu exaudi me.

Intra vulnera tua absconde me.


RIT:


Ne permittas a te me separari.

Ab hoste maligno defende me.

In hora mortis meae voca me.



Amen.





                         Serena Pasqua  a chi - per caso o per scelta -

                         si trovasse a transitare qui !



                                                            frida



venerdì 18 aprile 2025

LA CROCEFISSIONE SECONDO GUTTUSO

 


                                                                 Renato Guttuso - Crocefissione *



Oggi contempliamo una stazione della Crocefissione, fissandone un' icona laica, quella della Crocefissione di Renato Guttuso, che venne dipinta fra il 1940 e il 1941, nel pieno della Seconda Guerra Mondiale. Egli stesso, ateo convinto e fervido comunista, affermava che " Questo è tempo di guerra e di massacri, di gas, forche e decapitazioni. Voglio dipingere questo supplizio del Cristo come una scena di oggi. Non certo che Cristo muore ogni giorno sulla croce per i nostri peccati, ma come simbolo di tutti coloro che subiscono oltraggi, carcere e persecuzioni per le loro idee."

E proprio da quest' ottica universale sul dolore del mondo, di chi si considera lontano da ogni devozione religiosa, deriva ogni scelta iconografica e stilistica : la scelta di ritrarre i corpi nudi ( come quello della Maddalena avvinta alla croce ) proprio per rendere la scena perenne e non storicamente collocata ; la strana collocazione a cannocchiale delle croci, che si guardano tra loro e non sono poste l' una accanto all' altra; la natura morta in primo piano con segni di universale tortura ; la disperazione delle donne senza espressione del volto frontali ; due cavalli simbolo di bene e di male ; i pugni chiusi dei crocefissi che resistono allo strazio del male e - infine - un Cristo senza volto coperto dalla croce di spalle del ladrone che non si pentirà ,e che ha le carni rosse come un diavolo. Questa scena drammatica, a ottant' anni di distanza, ci appare straordinariamente espressiva, quasi una preghiera gridata con strazio, dopo aver subito tanta cattiva fama da parte dei contemporanei per la sua apparente blasfemia, per la presenza di nudo e quasi di irriverenza. Diviene invece - forse - ai nostri occhi, colmi dello strazio a cui  assistiamo ogni giorno attorno a noi, uno dei modi più veri di rappresentare la struggente verità redentrice dell' offerta d' amore di Cristo sulla croce.

Quel Cristo che qui è privato ormai anche uno sguardo allo spettatore, come nel profeta Isaia 53,3


" Disprezzato e reietto dagli uomini,

uomo dei dolori che ben conosce il patire,

come uno davanti al quale ci si copre la faccia,

era disprezzato e non ne avevamo alcuna stima ".


E Guttuso la ricopre quella faccia e lo ritrae proprio così, probabilmente senza la piena consapevolezza di ritrarre il Redentore del mondo, eppure dandone un' autentica immagine di uomo che solo può conoscere il patire di ogni altro uomo, in ogni tempo e in ogni luogo. Ieri, oggi e domani.



Ti preghiamo Signore,

per il grido di ogni uomo che non sa gridare,

per il pianto di chi non sa più piangere,

per il nome che non vuole o non può essere pronunciato,

per chi si crede ateo, ma Ti conosce tanto.



Ti preghiamo per chi Ti sta cercando e non lo sa,

per chi Ti attende senza darti un nome, ma Tu lo stai chiamando.

Per chi soffre ma non sa di stare ai piedi della Tua croce.

Perché per tutti Tu sei

Pienezza di ogni amore.



                                              

*   Crocefissione è una tela di grandi dimensioni ( 200 x 200 cm ) conservata oggi presso la Galleria Nazionale di Arte Moderna di Roma.


giovedì 17 aprile 2025

POESIA DEL GIOVEDI' SANTO

 




                                                                        Caravaggio -  Cena in Emmaus





SENZA UNA SOLA SBAVATURA


Ha trovato nella morte un cibo

di cui nutrirsi. E se n'è andato

libero e felice e non stanco

né remissivo. Con perseveranza

ha accumulato anno dopo anno

la sua voglia di andarsene

tranquillo

con la determinata volontà di un

saggio.

Visse così una vita dignitosa,

per morire senza ombra di peccato.

Morire era per lui una priorità

di vita. E lo assolse in piena regola

e senza neanche un po' di

sbavatura.




                           Italo  Bonassi    da     Assonanze poetiche 



lunedì 14 aprile 2025

MITO E LOGOS ( 1 )


                                           Pompei - Affresco di una madre che allatta il bambino




MADRI, BAMBINI E DEE CON LA SCOPA


Se potessimo sbirciare in casa di una madre che ha appena partorito, nella fase più antica della storia di Roma, ai nostri occhi si presenterebbe una  scena quantomeno singolare. In piena notte vedremmo infatti tre uomini compiere una sorta di ronda all' esterno dell' edificio con in mano altrettanti oggetti piuttosto bizzarri : una scure, un pestello e una scopa. Giunto davanti alla porta d' ingresso, il gruppo si fermava e compiva gesti non meno misteriosi : la scure e il pestello venivano sollevati per colpire la soglia, la scopa per ripulire le schegge di legno che si accumulavano per terra, e questo nonostante i tre non fossero affatto dei malviventi intenzionati a penetrare con la forza nell' abitazione.

A offrirci la spiegazione di quello che in effetti ha tutta l' aria di essere un rito molto arcaico, è il maggiore studioso antico di religione romana, il dottissimo Varrone , attivo nel I sec. a.C.. Secondo Varrone, quel giro intorno alla casa della puerpera aveva la funzione di tenere lontano il dio Silvano e di impedire che tormentasse la madre e il bambino appena nato. E poiché Silvano è un dio irsuto e selvaggio, il cui dominio coincide con gli spazi del bosco e dell' incolto, ecco che per fronteggiarlo venivano impiegati oggetti appartenenti al campo dell' agricoltura : la scure con cui si tagliano gli alberi, il pestello con cui si macinano i cereali e la scopa con cui le spighe vengono ammassate sull' aia dopo la mietitura. Non solo : da Varrone apprendiamo anche che le tre figure coinvolte nel mito impersonavano altrettante divinità : Pilumno era il dio del pestello, Intercidona la dea della scure, mentre Deverra era riconoscibile dall' attributo della scopa .



                                 Mario Lentano  da   Mito e Logos



MITO E LOGOS ( 2 )

 

Silvano - del resto - non era l' unica minaccia per i bambini appena nati : non meno pericolose di lui erano le Strigi, sorta di uccelli rapaci dei quali si diceva che aggredissero le viscere dei neonati mentre dormivano nelle loro culle e ne succhiassero il sangue fino a farli deperire e morire, oppure che offrissero loro le proprie mammelle, che però non contenevano latte, ma una sorta di siero velenoso. Per fortuna, a venire in soccorso dei piccoli indifesi, era anche in questo caso una divinità, Carna, venerata come protettrice degli organi interni : la dea prima deponeva sulla finestra della stanza un ramo di biancospino, pianta di buon augurio, poi offriva alle Strigi le viscere di una scrofa appena nata come forma di sacrificio sostitutivo perché, cibandosi di quelle, i malefici uccelli rinunciassero a insidiare il corpicino del neonato.

Fin qui, i Romani ; ma riti, preghiere e congiuri per proteggere le culle sono stati praticati ovunque in Europa sino all' età moderna, e in alcune aree periferiche erano ancora in uso pochi decenni fa. In società nelle quali la morte dei bambini era frequentissima, questa folla di presenze minacciose, da Silvano alle Strigi, consentiva da un lato di darsi una spiegazione di un evento devastante come la perdita di un figlio, attribuendola all' azione di potenze superiori, dall' altro personificava il pericolo identificandolo in un essere concreto, anche se invisibile, che si poteva quanto meno cercare di combattere o di allontanare. Successivamente, dopo l' avvento del Cristianesimo, queste pratiche vennero sostituite con invocazioni e preghiere alla Madonna e ai Santi.




                           Mario  Lentano    da    Mito e Logos



domenica 13 aprile 2025

I GLICINI DI MONET

 




                                                                  Claude Monet -  Glicini, 1925



Sfumature  di glicini
danzano leggere;
un velo di lilla che
il vento raccoglie
ondeggia sul portico
in dolce preghiera;
profuma di sogni e
di giorni a venire.

Sussurra il mare
la sua melodia,
si mescola all' aria
intrisa d' amore,
carezza le fronde
le lascia cullare,
tra raggi dorati
che sfiorano il cuore.

Nell' abbraccio di malva
che scende in cascata,
il tempo si perde e si ferma
a guardare;
tra petali vivi
che il sole accarezza,
tra aromi sottili
di fiori e di sale.

E lì, tra glicini e vento
si scioglie la sera,
in un bacio sincero
di pura armonia.
Un soffio di vita e
di pura poesia,
nel dolce respiro
che sa di magia.




                                     Marco Bergamaschi     Inedito



sabato 12 aprile 2025

LA VOCE DEL SILENZIO

 

                                     Ci sono cose in un silenzio che non mi aspettavo mai...



                                                                                frida



mercoledì 9 aprile 2025

IL CONVITO DELLE STAGIONI



                                                                Una rosa d' inverno, nel morire della luce




C' era il canto delle foglie nel vento,

il sibilo dell' ape sull' anemone,

c'era il grido della gazza che volava

verso l' ulivo,

                       stormiva a gran voce

la primavera, ma c'era nel cuore

del suono un grande silenzio,


c'era nella musica degli alberi

un silenzio che era specchio

del cielo, dei suoi silenzi.



                                                   ***


LE PAROLE, IN CAMMINO


Le parole camminano con noi.

Hanno nel suono il segno degli inverni.

Ogni autunno continua a dispogliarle

della gloria.

Ma c'è nel loro passo

la letizia della meta : un giardino

dove sempre risplende primavera.


Il senso - in quel giardino - è un fiore, il suono

il suo profumo, la sua propria luce.

Lo stormire è il pensiero delle foglie.

Attendono le parole, in silenzio,

che appaia, prossima, la terra dove

la lingua è vento, fiume, albero, stella.

Vi abita - dicono - la poesia .



                                             ***


NOMINAZIONE ( Genesi 2,20-21 )


Dare il nome agli animali è finzione

di domestica prossimità, rito

lingua che sigilla un' appartenenza.

Lingua 

imposta a chi della lingua fa a meno

perché è libero corpo in armonia.

Del resto, per il gatto, il proprio nome

non è più attraente del gomitolo

che si srotola sopra il pavimento.

Per il cane il suo nome è meno forte

del grido che la marmotta rinvia

dalla roccia.

Popolata è la terra

di animali che non hanno altro nome

che quello della propria specie. Cura

solerte - questa - di naturalisti.

Una rondine vola senza un nome,

la formica, la lucertola, l' ape

nascondono la loro anonimia

sotto il mantello della specie.

Eppure,

dopo tante stagioni, basta il nome

perché sorga la fulva bizzarrìa

del gatto Rouge, o la sapienza vigile

di Luna, lupa che mi fu compagna

di silenziose intese e di cammini.



                                                    ***


METAMORFOSI


Non c'è pensiero o affetto

che si perda nel nulla.

Amori e turbamenti fluttuano nell' aria,

sono nube, pulviscolo di luce.


Nello schiudersi del fiore

o nel formarsi di una stella,

quel che accade ha lo stesso respiro

del tuo desiderio.

Niente muore davvero.


Per questo qualche volta una nuvola

ha forma d' animale, o sopra le ali

di una farfalla c'è il disegno di una rosa :

figure di un legame, parvenze fuggitive

di una trama condivisa.


O forse questo è solo il sogno

di una metamorfosi.

Un sogno che la parola oppone

al silenzio che la abita,

la materia al vuoto che l' assedia.



                                                  ***


UNA ROSA D' INVERNO


Rosa d' inverno, un frugale lampo.

Petali gialli che sfumano in bianco

niveo su un calice d' ombra che è coppa

alla luce, tra rami rampicanti

senza foglie. 

                  Lo stesso tenue giallo

è laggiù, sopra la linea ondulata

dell' Amiata, dissipato in un cielo

che si abbruna.

                  Velata e già lucente

la luna guarda dall' alto dischiudersi

la sera.

                   Quale intesa tra la rosa,

il crepuscolo, la luna ?


                                    Una rosa

d'inverno, nel morire della luce :

una sillaba chiara nella spenta

lingua. Resto di fulgidi rosai,

forse, o annuncio di nuova fioritura.


Una rosa d' inverno : balenìo

di un riso offerto al vento che la sfoglia.



                                               ***


ALFABETO, AL RISVEGLIO


Le lettere - all' alba - sbadigliano in coro,

guardando dalla finestra la danza

delle foglie ottobrine e il volo

degli uccelli tra gli alberi.


Le vocali scendono in giardino,

si riempiono d' aria i polmoni.

Fanno qualche esercizio

per illimpidire i suoni.


Il senso è lontano, si dice si sia perso

viaggiando per il mondo :

non c'è dove, non c'è quando.


La parola è contenta che il giorno

cominci così, privo di pensieri,

con il suono del vento nelle lettere

e la trasparenza dell' aria tutt' intorno.




                       Antonio  Prete da       Convito delle stagioni



lunedì 7 aprile 2025

PRENDIMI, SE VUOI

 


                                                                                     Riccardo Held



E quando scende senza luce un velo

E distingue i colori della sera

Quando si chiude sulla luna il cielo

E quando ogni pausa sembra vera


Prendimi, se vuoi, tienimi dentro,

Restami intorno come una coperta,

Non lasciarmi da solo senza centro

come una stanza, una finestra aperta;


Fa' in modo che non resti più sospeso

Al gancio del dolore, senza fiato

Signora mia mentre mi togli il peso

Di tutti i desideri del passato.




                        Riccardo Held    da       Parola plurale  ( Sessantaquattro poeti italiani fra due secoli - a Cura di  Andrea Cortellessa )                 


RIME ILLUSTRATE DI HELD ( e RACCA )

 

                                                                        



                                                                                  Riccardo Held




                                                                                   ***


         L' AIRONE



Sorvolando le Tremiti

Un airone impassibile

Si interroga sui limiti

Del mondo conoscibile.


                                                                ***



                                                                LA FALENA


A volte mi domando

Se ne valga la pena !

Mormora ferma in volo,

Nella notte serena,

Esausta la falena.



                                                                       ***


                                          


                                                 IL RUBINETTO ( NON ) PERDENTE



Se tra noi c'è un perdente

Non sono certo io,

Non me ne importa niente

Di un po' di gocciolìo !



                                                                              ***


                                            


                                                      LA LUCCIOLA INNAMORATA


- Se mi potessi spegnere

Anche una volta sola

E ti potessi stringere

Al buio per un' ora !



                                                                               ***


                                              


                                               IL PONTE INNAMORATO DELL'  ACQUA


Se potessi crollare

Spaccarmi qui al centro

E potessi affondare

E rimanerti dentro.



                                                                                ***


                                              

                                                        IL GIUDIZIO A PRIORI


Il giudizio a priori

- Pensa la tartaruga -

Mi sembra una lattuga

Rosicchiata di fuori.



                                                                            ***


                                               


                                                NEL PARCO DI VERSAILLES


Pensa un merlo francese

Tra i fiori dell' ibisco

Io il giardino all' inglese

Proprio non lo capisco !



                                                                                ***


                                                   



                                                      CROSTACEI  UPPERCLASS


Il granchio malinconico

Mentre scende la sera

Ascolta l' Estro Armonico

Laggiù nella brughiera.





                       Riccardo Held  &  Davide Racca   da   Rime illustrate