venerdì 17 gennaio 2025

LA NOSTALGHIA DI TARKOVSKIJI

 


                                                  Scordammo d' aver cura...



La poeta ci offre - con questo testo - una silloge di struggente bellezza, incastonata nel mistero della memoria che sempre plasma il presente, e che a volte si perde in una ferita dell' esistenza, negando all' essere umano il dialogo fondamentale con l' altro da sé. Ogni parola è un passo coraggioso verso l' amore, ma un amore troppo vicino alla dimenticanza, sempre prossimo alla fine e al suo negarsi. Avvicinarsi ad esso accende la poesia di una sincerità e di un sentimento ancora più disarmanti. Che nessuna malattia e nessun evento - implacabili sulle persone più care - potrà mai davvero spegnere.





BIGLIE


Non  comprendevo il percorso

sul quale camminavano le ombre.

Poi le ho guardate.

Erano così simili al mio passato.

E allora mi sono voltata

lanciando occhi spietati

verso quell' ultimo noi.

Le ho viste tutte.

Erano proprio lì.

Ordinate come discepole

in fila come anime bianche.

E non erano più ombre.

Erano sorrisi senza corpo

biglie d' amore caduto.



                                                 ***


FELICITA'


Non arrendere la felicità

padre.

Lascia uno spazio tra i rami

per i sorrisi che fioriranno.

Dipingi le parole che non sai

per i racconti che svaniranno.

Canta il riposo che non conosci

per innamorare l' inquietudine.

ma ti prego

padre

non arrendere mai la felicità.




                                               ***


CAOS


Più dell' amore

meriti momenti

fughe inaudite

inedito caos.

E poi

credimi

più dell' amore

meriti una casa

che assomigli

a tutti i posti

in cui non sarai.



                                                ***


DEDIZIONE


Stringemmo fieri

l' intesa clandestina

dell' indifferenza.

Scialbatura di baci.

Non sapevamo però

la crudeltà delle comete

che trascinano il rancore.

Trapasso inevitabile.

Scordammo d' aver cura

dei luoghi della dedizione

seppellendoci come stelle

ancora fluorescenti d'oro.

Guarigione immeritata.

Non v'è peccato più atroce

che perdersi amando.



                                          ***


GENESI


Ti ho visto

sprofondare nel vuoto

indicare gesti ai pensieri

approdare sfinito

sulla riva dei ricordi

boccheggiare

( come quando si muore da vivi )

e tornare genesi dalle acque.

Padre, arrivo.


Ti ho visto

franare nell' indecenza

lesinare vita alla materia

attraccare esausto

all' orlo del mio amore

distenderti

( come quando si vive da morti )

e strappare attimi al nulla.

Padre, resto.



                                Selene  Paacasi   da    A un ricordo da te



giovedì 16 gennaio 2025

LA QUANTITA' DI PERDONO

 


                                                                 Dove  incontrarti ora...



Cercano i mesi

nell' androne,

a bassa voce,

compiono così il

destino

di quest' ultimo

pomeriggio. La

sabbia del tempo

batte sulle tempie, il

pensiero è un ricordo.



                                     ***


Siamo nati in una

pausa

dell' infanzia, nella

dolcezza

della prima volta.

Angeli custoditi

nella disciplina,

angeli in una ferita.



                                      ***


Tutto sembra intimo

nei ritorni,

in questo ascolto

fedele alla prigionia,

tutto

è intimo. Ma dove

incontrarti ora, dove

incontrarti ? Pietra sul

polso, pane spezzato

sillaba dopo sillaba,

seme di luce nel

frutto più duro.



                                          ***


E che nome dare a

questo incendio ? Le

pareti

della stanza tremano

nel bicchiere, non c'è

altro

che spazio. E' troppo

tardi per la prima

volta.

Caro taglio, incidimi.



                                      ***


Questa è la tua

stanza d' attesa,

è una faccenda di

passaggio, non

somiglia.

Non c'è altro che

spazio, opera astratta

della

coscienza. Accanto

al letto, un bicchiere

d' acqua.



                     Giuseppe  Martella     da   Quantità di perdono



NON SI SBAGLIA IL CUORE DI SELENE

 


                                                               Andare non è perdersi...



La raccolta di poesie di Selene Pascasi si presenta come un'opera di profonda introspezione, in cui l' autrice esplora la complessità dell' esistenza umana attraverso una serie di versi che oscillano tra desiderio, malinconia , memoria , fragilità della vita e ricerca di felicità. L' abilità della poeta sta nel catturare l' essenza di momenti fugaci, rendendo tangibili le emozioni attraverso una scrittura raffinata e ordinata. Con questa silloge Pascasi sembra navigare in mare aperto : ne coglie la tempesta, la calma piatta e ogni movimento mutevole trova spazio nelle sue parole. Sono quaranta brevi poesie che toccano il cuore.





ANDARE


Andare non è perdersi

è solo chiudere gli occhi

nascondersi nel tempo

chiedere voce alla luna

restare muti fra i battiti.

Il ponte non divide.

Ti trovo ancora, giuro,

e ancora ti respiro

come quando eravamo

ombra e luce silenti

dietro la curva del noi.

Paziente mi attendi.



                                                ***


ANGELI


Costruire l' eterno

è gesto antico di millenni

sapiente frangia di fede

incisa tra rughe empiree.

Ecco.

Attendo il tuo nome

iniettarsi ancora nel mio

svelare misteri agli angeli.

L 'immenso parla all' amore.



                                                  ***


BUSSOLA


L ' infinito ha smarrito

la bussola del tormento.

Ma se mi sfiori appena

si rinnova il pegno della terra.

Piangeranno stupore

anche le primavere.

Sai, l' amore è fatto di attimi

che durano migliaia d' anni

solo per svanirti addosso.

Profughi del risveglio

giochiamo a carte la vita.



                                                ***


INTESE


Sono fatta per i crepuscoli

per i respiri declinati

per le intese bianche.

Sono ferma nel tempo.

Scandaglio i tuoi sensi

mentre indago nei miei.

Resto immobile a te.

Avrò cura di amarti.



                                         ***


QUADRI  MUTEVOLI


Si traspone il respiro

dal petto al collo

si sofferma appena

nell' incavo riflesso

che ospita la bocca.

Sul mio volto riposa

la luce dei secoli.

Ci siete tutti, ancora.

Usate la mia pelle

per consacrare la vita.

Quadri mutevoli

ci attendiamo le ossa.



                                                ***


UN TEMPO MINIMO


Sarà un tempo minimo

sfuggito all' universo

a dichiarare carità -  mi credi ?

Estranei di pelle

sapevamo amarci

come lettere inattese - ricordi ?

Non rendermi ciò

che conservi di me.

Cedilo al respiro.



                      Selene Pascasi     da    Un tempo minimo



martedì 14 gennaio 2025

L ' AMICO DI GIAMPIERO

 


                                                                      Giampiero Neri



(... ) Essendo un sommo peccatore, fatico a capire la semplicità. Il verbo lo vedo sempre come una poiana che scava il cielo, non come una zappa che dilata la terra. Amo quella variante celeste- la pioggia - la stola del sole ; mi è difficile saggiare gli argini, il greto di un volto. Eppure Pasternak, il mio idolo, tra le letture particolari di Giampiero Neri, insegna che il poeta è colui che si costruisce la casa, che si prende cura dei suoi, che lavora sei ore per sgrossare un pezzo di legno o zappando la terra sotto il cielo aperto. Questo, per dire che per anni ho fatto fatica con la poesia di Neri, schietta come un legno intagliato, nuda come la terra appena smossa. Mi affascinava l' appartato essere di Giampiero, l' appartenenza a un mondo proprio di ricordi puri, senza tracce di rimorso o di rancore che giacciono spesso tra le anticaglie dei poeti. L' opera del Bene agiva in lui con ordinata sapienza - quanto all' ordinario, sapeva tradurlo nella tenaglia degli sgargianti dettagli. Nelle poesie, spesso , Neri - senza reticenze - cita i suoi Maestri : Melville, Conrad, Fenoglio, Pasternak, e li cita con la stessa rigorosa audacia con cui parla degli animali : sono le sue bestie sacre, in solidale amicizia verso tutte le cose del creato.[...]

Giampiero fu lucido fino a poco prima di morire, la notte tra il 14 e il 15 Febbraio 2023 : leggeva la Genesi e l' Esodo, era affascinato del Libro dei re e incontrava gli amici più cari. Di quei giorni - che furono anche di lunghi silenzi - tenni un diario e da quell' esperienza sono nate queste poesie. Il protagonista è un Giampiero / Giobbe, in cui la realtà si mescola alla creazione letteraria : un omaggio e un ringraziamento a un maestro che per più di vent' anni mi ha indicato la strada (...).

                           Alessandro  Rivali




VII


Prediligeva i poveri in spirito,

chi claudicava nella vita,

gli amori difficili, non corrisposti.


La sua Itaca era Piazza Libia

con i suoi sconfitti, i platani

e la gioia delle forsizie in Aprile.


Lo avevano accostato a Omero,

così attento ai dolori degli uomini,

ai loro sogni contrastati.



                                             ***


VIII


Aveva letto di una benedizione

che poi augurava ad ogni amico :

dormire senza soprassalti,

con lente carezze sul viso,

vedere le tenebre diventare aurora,

rivivere lo slancio del primo amore

ed esaudito ogni disegno del cuore.



                                                ***


IX


Come era chiaro il libro di Giobbe

che sognava ancora l' aurora,

la vita chiara come il mezzogiorno,

i sogni senza ombra di serpenti,

le carezze lontano dalla fossa,

dagli uomini tarlati come legno,

con la pelle erosa dalla talpe.


Aveva a lungo negoziato con Dio

per rivedere l' acqua del giardino

ed estinguere quella lenta arsura.



                                             ***


X


Non aveva compreso la risposta,

temeva il ritorno di una sentenza amara.


Quella frana nel buio si attenuava

quando incontrava le parole di Osea :


" Egli ci ha straziato ed Egli ci guarirà.

Egli ci ha percosso ed Egli ci fascerà ".


E la battaglia continuava.



                                                   ***


XI


Aveva strappato la copertina del libro :

era più leggero per le sue braccia

segnate dal lividi e dagli aghi.


Si emozionava alla vista d' un amico

o di una stilografica color del mare.


Nell' ultimo tratto di strada

lo confortavano le piccole cose:


voleva lasciare l' ospedale

per rivedere i primi alberi in fiore.



                                                    ***


XII


Voleva dialogare con Dio

come Mosè di fronte al roveto.


Eppure, vedeva le carovane

deviare dalla sua tenda,

preferivano smarrirsi nel deserto

più che incontrare tanto dolore.


Restavano caligine e scorpioni

e il timore della parola di Dio.



                                                  ***


XIII


Il pittore di ghiacciai

gli aveva donato un disegno :

un paio di scarponi disfatti

che emanavano fatica e verità

come le sedie impagliate di Van Gogh.


Aveva voluto quel carboncino

di fronte ai suoi occhi

per prepararsi al grande salto.


Perché per lui la semplicità

era un punto di arrivo,

un segno per ritrovare la via.



                                                 ***


XIV


Avrebbe voluto vedere Dio

in sogno come Salomone

per ogni esigenza del cuore :

una lunga discendenza,

il nome inciso su una stele

e poi giorni e opere feconde.


E il corredo di giorni felici.


Ma su tutto cercava un amore

più forte della morte, un astro

che incendiasse ogni ora della vita.



                                Alessandro Rivali



ARMI E MESTIERI DI GIAMPIERO NERI

 


                                               Giuseppe Ferrata -  Paesaggio lombardo



Una poesia - quella di Neri - dal carattere rarefatto in cui agisce, sempre più trasfigurata e rappresentata per emblemi e stemmi finemente cesellati, una memoria che risale molto indietro nel tempo, intrecciando e facendo coincidere memoria personale e Storia del Novecento. Centrale è il ruolo della natura e dei paesaggi lombardi, così come esemplare  è la capacità del poeta di essere trasparente nei modi e nella lingua, lieve nei toni eppure ambiguo, insinuante e drammatico nel fondo dei suoi testi.




22


Da un camminamento

sotto la volta degli alberi

si arriva a un recinto.

Si erano alzati due vitelli

dal loro letto di paglia

una strana luce

passava tra le foglie.



                                            ***


23


Da quell' intrico di rami

si tendeva il germoglio di un kiwi

incontro al ramo di una betulla.

Si formava un nuovo viluppo

come un piccolo arco di trionfo

che vede il kiwi prevalere

la betulla vicina a soccombere

e l' ospite a meditare nel giardino.



                                           ***


24


Delle figure e dei fregi

si osservano sulle ali delle farfalle

e in altre specie diverse

ornamento e difesa insieme,

simili a cerchi e disegni

detti anche macchie ocellari,

sono una varietà di mimetismo

l' immaginario occhio di Dio che guarda.



                                              ***


25


Di quel teatro all' aperto

delle sue figure disperse

era difficile trovare i fili.

Rimaneva il nome di qualche negozio

qualche angolo di strada somigliante

e i pesci a nuotare sotto riva

nelle acque morte del lago.



                                              ***


26


Da quali nemici si difende

la rivestita di spine ?

E' tenace la memoria delle piante

non abbassa la guardia.

Se torneranno le specie a loro avverse

le troveranno pronte, ad aspettarle.




                  Giampiero Neri   da    Armi e mestieri



mercoledì 8 gennaio 2025

L ' IMMENSO PRIMIGENIO DI UNGARETTI


                                            


                                              Caspar David Friedrich - Alba lunare sul mare



In  " Mattina"  il poeta riesce a percepire il desiderio d ' immensità dell' uomo e descrive questa  incomunicabilità in sole quattro parole:

M ' illumino 

d' immenso.


                                       ***


In precedenza Ungaretti aveva scritto un testo poetico simile " Cielo e terra " , da cui poi fu tratto - per contrazione di tre versi - la poesia che tutti conosciamo. Questa lirica primigenia fu inserita nella raccolta " Allegria " ( 1915 - 1919 )



CIELO  E  MARE


M ' illumino

d' immenso

con un breve

moto

di sguardo.


                                            ***


MATTINA


M ' illumino

d' immenso.




                         Giuseppe  Ungaretti


martedì 7 gennaio 2025

DI GENNAIO , DI NOTTE


                                    L' anima si tiene appena, che non frani nel vuoto...



In questa poesia, Mario Luzi, in un momento di profonda riflessione, ripensa al senso vero della vita e dell' esistenza. La vita scorre inesorabile e il mese di gennaio si pone come crocevia del tempo, l' inizio che guarda alla fine e viceversa, in un continuo e indefinito scorrere di ombre e di luci. Vecchiaia e giovinezza si contrappongono attraverso il ricordo - lontano, ma sempre presente - di una donna amata.





Di Gennaio, di notte

quando lungo le sue vene

lo spazio

trepida per un vento

inesauribile, ravviva

negli alberi speranze

ancora vane

e li sveglia a una vita

ancora incerta,

troppo remota oltre le

cime

e oltre le radici;


nei giorni incerti ai

crocevia del tempo

nelle ore dopo la passione

quando

anche il dolore ha fine

e l' anima si tiene appena

che non frani nel suo vuoto

e si chiede stupita più che

ansiosa

s'è quella l' agonia ch'è in 

ogni inizio

o il termine, il temine di tutto,


e accade che qualcuno

per certezza. per afferrarsi

a un segno

mormori il suo tra il nome

dei suoi cari

ed è strano come murare

lapidi

su case per memoria d' un

passaggio,

d' una sosta nel transitare

eterno,


viso di molto amata un

tempo

che tra pagina e pagina del

libro

 sfogliato senza termine

degli anni

hai la pace che dà l'essere

fiochi

e spenti come la crudele

patina

qualcuno soffia nelle tue

fattezze,

t' eccita , ti richiama al mio

tormento

quale fosti d'età in età,

puerile,

puerile sotto nuvole di

marzo,

giovinetta sgusciata da

anni informi

tra infanzia e pubertà,

donna nel vento.

Frattanto siamo divenuti

grigi.


Esco, guardo addossato ai

muri alti

la mia patria ventosa e

montuosa,

prendo fiato, poi seguo la

via crucis.



                   Mario  Luzi    " Di Gennaio, di notte "  ( 1947 )




giovedì 2 gennaio 2025

LE STAZIONI REMOTE DI STEFANO

 


                                           Sento che è ancora qui l' aria che hai respirato...




Non sono più quello che sembra ritorni

da un lungo viaggio portandoti in regalo

il cappello parigino con le piume

che avevi sognato, ma

sono nel gelo dell' imbarcadero

esattamente dove volevo ti allarmassi

non vedendomi arrivare : il cappotto blu

da chauffeur zuppo di pioggia e nevischio,

il cuore in tumulto per la corsa a perdifiato

tra il finimondo del mercato, il muschio

tra i capelli di chissà quale presepio...

Avevi ragione : resterò per sempre

il ritardatario dall' aria trasognata

che guarda passare le nuvole,

lo scolaro che non sorride

in fondo alla fotografia.



                                                    ***


Rimanga soltanto tra noi

quello che oggi ti scrivo

dai confini del nulla.

Chi l' avrebbe mai detto

la prima volta che ti ho vista

così piccola, timida e spaventata

che ti sarebbe piaciuto fino a questo punto

il rischio estremo di restarmi accanto,

affacciarti ogni giorno sul baratro,

sopportarmi quando dò di matto,

accompagnarmi nella tenerezza,

nella gioia, nella malattia, nel pianto

proteggendomi come se fossi il figlio

che abbiamo desiderato e mai avuto.

Insomma : che ti amassi così tanto.



                                                      ***


Mi piacerebbe aspettarti 

con l' impazienza di un tempo

dalla finestra da cui guardo

la sera scendere tra le barche,

tentare il solitario di carte

che non ti veniva mai,

preparare due ciotole di riso,

del tè cinese e indietreggiare

fino a raggiungere l' attimo

preciso in cui ho gridato

per casa il tuo nome

e mi hai risposto.



                                                   ***


Subdolamente tra le tenebre

stropicciandomi gli occhi,

origliando ( " più in qua,

più in là " ). Chi parla?

Chi mi sfiora la fronte ?

Sono nel labirinto magico

di un luna park accampato

ai margini di un sogno

o è davvero il posto

che immaginavi ? " Un hotel "

dicevi . Sulle palafitte delle tenebre.

Là ci incontreremo ".

Cerco tracce :

le boccettine dei profumi,

le creme per il viso, la cerniera

che non funziona del beauty case,

la pila che usavi per leggere di notte.

Accendila, mandami un segnale.



                                                   ***


Soltanto quando dormo ritorni

con fruscii nel soppalco,

respiri stascicati

e luci di torce in lontananza

come transitassero cacciatori di frodo


o frontalieri. Ma dov'è il confine di gelo

che devo attraversare con il mio zaino

stracolmo di sensi di colpa e neve

fradicia ? E' grande - sostengono -

il desiderio di raggiungerti dove non c'è più luce.


E' per questo allora

che mi danno a rovistare

nel buio dei cassetti con dentro

il tuo leggero profumo di gelsomino ?



                                                      ***


Una fessura dovrà esserci da qualche parte,

una ferita mai rimarginata o spiraglio

dove sgusciare per raggiungerti

adesso che sei pura energia nell' aria.


Forse dovrò aspettare il prossimo inverno

(ti piaceva immensamente l' inverno ),

la cruna del suo gelo da cui passare

con il mio cappotto di cammello

o un percorso più caldo e sinuoso :

l' impianto idraulico, le tubature

che corrono dentro i muri

e lungo i pavimenti


fino ai radiatori

nella cui corrente immobile e calda

potrò nuotarti accanto

evaporando.



                                                 ***


Non ho più bisogno dei morti

volevo scriverti l' altro giorno,

ma oggi sono ritornato

di nascosto nella casa sul porto

e rovisto nel buio dei tuoi cassetti,

tocco alla cieca gli abiti nell' armadio,

la coperta bianca del letto e il comodino

con le macchie incancellabili dei caffè

che non bevi da tanti, troppi risvegli

e sento che è ancora qui l' aria

che hai respirato e respiro

con immutata gioia

e tormento.




                         Stefano  Simoncelli   da   Stazioni remote ( Poesie 2004 - 2020 )



lunedì 30 dicembre 2024

L ' UOMO SAPIENTE

 


                                                             " Cogito ergo sum"



COME UNA FORTEZZA


Benedetto l' uomo

che non siede sul banco dei beffardi -

l' uomo che non denigra, non deride o denuncia;

che non è " tipicamente intemperante",

che" non cerca scuse, ritirate o equivoci; e sarà udito..."


Benedetto l' uomo che  " assume il rischio di una decisione -"

e rivolge a se stesso la domanda:

" Sarà questa la vera soluzione?

E' giusto il mio modo di vedere ? Sarà nell' interesse generale ?"

Ahimé. I compagni di Ulisse hanno imparato

a essere politici - indulgono a se stessi finché il senso morale è soffocato,

han perso il senso delle proporzioni,

scambiano la licenza per emancipazione

e sono " schiavi incatenati con le proprie mani".

Gli scrittori impudenti, decisamente immondi,

decisamente guasti, come se invece fossero profondi

e straordinari, sono vecchia impostura rivestita,

coscienza impermeabile in contrasto col carattere vero.

Oltraggiato da " menzogne private e onta pubblica" benedetto è l' autore

che apprezza quello che i boriosi sprezzano -

che non si arrenderà. Benedetto è l' uomo che non transige.


Benedetto l' uomo la cui fede è diversa

dall' egoismo - di tempra non soggetta alle " cose che appaiono soltanto" -

che non può concepire la sconfitta, troppo intento a ritrarsi ;

il cui occhio illuminato ha visto l' asta che indora la torre del sultano.




       Marianne Moore   da  Maria Bosio  " D' amore e di ragione " ( Donne e Spiritualità )


                                              ***


Il mio più caro Augurio  a tutti perché il 2025   sia  un Anno di consapevolezza e di sapienza.



                                         frida



venerdì 27 dicembre 2024

IL FIAT DI PAOLA

 




     Se si potesse donare la vita...





Paola Tricomi,( 32 anni ), affetta da Atrofia Muscolare Spinale ( SMA ), è ricercatrice presso l' Università per stranieri di Siena ed è attivista per i diritti delle persone con disabilità : per questo è stata nominata Cavaliere all'ordine della Repubblica. 





Raccontami cosa si prova

a portare alla bocca un bicchiere

calibrando bene il moto e il peso

tra labbra e polso,

e bere. Raccontami

com'è camminare

sentendo la terra sotto la pianta

e la tensione dei muscoli così leggeri,

correre e saltare.

Raccontami, se lo ricordi ancora,

il tempo in cui si gattona

e quello di un morso

alla mela mentre gocciola il succo sul braccio.

Raccontami, dal ricordo di un' immagine o di invenzione :

com'è pettinarsi

e farsi scivolare un abito di seta,

mettersi il rossetto

per ammirare poi lo spettacolo della maschera.


Se allo specchio non ci riconosciamo,

è perché non ci conosciamo;

se, pur vedendoci, non ci vediamo,

è perché vediamo.

La conoscenza sprofonda nel sonno,

la visione è cieca.

Solo l' anima conosce,

ma è una stella direttiva e altissima,

è una colonna vertebrale scissa,

avvolta nel bozzolo della cecità o rimozione.


Io con te non avrei fatto l' amore :

mi sarei scambiata l' anima.

Sul letto uno sopra l' altro

sul bordo dell' abisso ridendo.

Cantando le stelle per metterle in saccoccia

illudendoci d' eterno.

Ti avrei chiesto un'intervista a me stessa

dove io avrei scritto le domande

e tu le mie risposte.

Come due fanciulli,

come quando ci siamo lasciati.



                                             ***


Se si potesse donare il respiro,

come si dona il sangue.

Se si potesse donare il tempo

come si dona un organo.

Se si potesse donare la vita

come si dona un bacio.

Se si potesse donare una sorte di stelle,

come si dona l' amore.

Se si potesse donare sollievo

come si dona una poesia.



                                                ***


Il mio amore per te è la mia più vera malattia

che mi guarisce dalla paura della morte.

Non amarti sarebbe una liberazione

che spegnerebbe la mia linfa vitale.

Il mio amore per te è la mia casa, il mio sentiero di pace,

lontano da ogni sofferenza

e la condanna del non poter venirne fuori.

Il mio amore per te non è riuscire a fare a meno

di perdonarti  tutto ciò che non potrei

perdonare a nessun altro.

E' capirti senza capirti,

sentirti senza sentieri, nel silenzio assoluto.

Il mio amore per te è una fiamma sempre accesa, 

che arde, consuma e illumina,

che più manca l' ossigeno e più si vivifica,

che sa di essere completamente inutile,

uno spreco immane, ma sente in sé

la necessità più estrema dell' esistere.


Il mio amore per te è attenderti all' infinito

in quel campo in cui tu non sarai mai

ma in cui io ti riconosco da sempre.



                                                ***


Quand'è accaduto che abbiamo imparato a interrompere

il nostro sentire

l' altro ( il mio prossimo : tu, tuo prossimo : io, me stesso )

- unica dote dell' umano e dell' animale addomesticato ?

Forse è accaduto quando abbiamo iniziato a travestire l' emozione,

l' abbiamo dopata per un utile,

l' abbiamo sottovalutata per doparci di logica

da rendercela a nausea

da confondere la coscienza,

da rendere la visione una sovrapposizione di labirinti

e la psiche narcolettica.

Forse è accaduto quando abbiamo iniziato a cambiare grammatica

dal " noi" al " me"

dall' " io tra voi " all' " io prima"

dal " me con loro" al " dopo me " ( se resta tempo ).

Quando ci hanno insegnato la centralità dell' individuo

mentre si smagliava la società in milioni di universi irraggiungibili.

Quando ci siamo convinti che tutto ha un prezzo

mentre noi per primi ci siamo trasformati in merci.

Quando ci hanno dimostrato che essere lupi tra lupi è tutelarsi

mentre si apriva la porta dell' inferno di solitudine fra esseri.

Quando ci hanno fatto vedere un mondo infinito a cui ambire

e la propria scalata comr l' unico nostro dovere.

Quando abbiamo esaltato la specialità in manti di ipocrisia

per appiattirci all' omologazione, semplificazione, velocizzazione, robotizzazione,

dimenticando che l' unica connessione autentica è " il me con te ".

Quando abbiamo dilatato gli orizzonti dei nostri mondi all' infinito

moltiplicando le vie a potenza ennesima

e le relazioni umane in metaversi spazi

senza prestare fede alla parola autentica,

senza insegnarla, senza ricordarne il suono.

Quando abbiamo smesso di crederci

perché non la riconoscevamo più

perché abbiamo perso la chiave nella catene delle interpretazioni.

perché l' abbiamo venduta e prostituita

e le connessioni semantiche sovrastrutturate si sono sfaldate.

Quando ci viamo venduti con lei per sopravvivere.


Il primo uomo si è messo l' impermeabile.

Il secondo lo aveva sottopelle.

Il terzo incarnava un pulsante di spegnimento.

Nel quarto l' anestetico era automatismo.

Nel quinto neppure consapevolezza.



                   Paola  Tricomi     da        Fiat



martedì 24 dicembre 2024

NOTTE DI NATALE



                                                     La cometa di Natale  ( Foto dal web )



La stella non si è ingannata,

quando ha chiamato chi era più

lontano,

perché si incamminasse verso il Dio

a lui vicino.


La stella non si è ingannata,

indicando la via del deserto,

la più umile, la più dura.


La stella non si è ingannata,

fermandosi sopra le case di gente

umile :

è nato il grande futuro.


Il tuo cuore non si è ingannato,

mettendosi in cammino

in cerca dell' ignoto.


Il tuo cuore non si è ingannato,

inginocchiandosi

dinanzi al Bambino.




                            Klaus Hemmerle      Teologo e Vescovo tedesco



 A tutti i miei Auguri più cari.


                          

                                         frida



OTTO VOLTE NATALE

 


                                             Marc Chagall -  Sogno di una notte di Natale



Natale, credo, scada il bollino blu

del motorino, il canone URAR TV,

poi l' IMU e in più il secondo 

acconto IRPEF - o era INRI ?

La password, il codice utente, PIN e PUK

sono le nostre dolcissime metastasi.

Ciò è bene, perché io amo i contributi,

l' anestesia, l' anagrafe telematica,

ma sento che qualcosa è andato perso

e insieme che il dolore mi è rimasto

mentre mi prende acuta nostalgia

per una forma di vita estinta : la mia.



                                                      ***


NATALE DELLE CENERI : UN MONOLOGO


Mia madre mi inflisse la vita.

F.R. De Chataeubriand


" Maledetto fu il giorno in cui nacqui ".

Così parlava Geremia, e continuò:

" E' nella Mangiatoia, non sul Golgota,

il vero sacrificio del Signore.


Scegliamo di morire, non di nascere,

mettiamo al mondo i figli, non noi stessi;

e chi vorrebbe infliggersi una pena

talmente disumana? Solo  Cristo


ebbe la forza di darsi la vita

come il suicida che si dà la morte.

Non la Crocefissione, ma la Culla


è segno di martirio, lutto, scandalo:

non il Legno su cui versare il sangue,

bensì la Grotta nella quale accoglierlo ".



                                                    ***


USANZA DELL' ISOLA DI CEO


La morte più volontaria è la più bella.

La vita dipende dalla volontà altrui, la

morte dalla nostra.


        ( Montaigne )


Se Cristo volle scegliere di vivere,

perché non potrei scegliere di s- vivere ?

La libertà è amare il suo Natale

si specchierà nel mio giorno mortale

scelto attraverso Santa Eutanasia,

nostro natale, auto - eucarestia.



                                            ***


Porgere l' altra guancia

fu una rivoluzione copernicana:

spingere l' odio alla periferia

del nostro sistema celeste,

per mettere al centro la stella,


un Sole - Amore che illumini la Terra !

Facile a dirsi, ma tra il dire e il fare

c'era di mezzo il Male,

e questa Eclissi che non finisce mai

e getta la sua ombra sul Natale.



                                             ***


E PER CONOSCENZA


Con la presente, nel ribadire la sua ferma convinzione che la Chiesa rappresenti un Ufficio Reclami ingiustificabilmente e inqualificabilmente privo del suo diretto Responsabile, e reputando Dio un arto fantasma, vivo solamente nel dolore della sua amputazione, il sottoscritto e viceversa,


DICHIARA


di nulla aver a pretendere sul piano del risarcimento personale limitatamente al giorno del Natale


(... l' incanto della mattina gialla e bianca,


calda e conclusa in sé, trepido uovo


d' amore covato nella notte


dentro un paesaggio d' orrore... )


Roma, 25 Dicembre 2007


In fede


            Valerio Magrelli  


Poesie tratte da     Il sangue amaro