giovedì 5 giugno 2025

INNUE - POESIE

 


                                                                 Un fuoco annega i nostri lamenti...



" Innue " è la prima traduzione italiana dell' opera di Joséphine Bacon, autrice ( del Québec ) impegnata nella scena artistica autoctona canadese, nonché ambasciatrice della cultura Innu. Sin dalle poesie d' esordio fino alle più recenti, la sua appare come una " poesia incarnata ", vissuta sia come passione che come militanza nei confronti di una memoria da salvare. Bacon scrive le sue poesie in una lingua che contiene la bellezza dell' oralità, autotraducendosi in un francese di grande leggerezza. Scoprire i suoi scritti significa aprirsi a una vita di parole vaganti, che vengono a noi dal repertorio lessicale della lingua parlata. La forma si costruisce su quei temi che ritraggono la tradizione del nomadismo, raccontandoci la vita nella tundra canadese. Ma il territorio non è solo un luogo che contiene, ma un' entità esso stesso, che vive negli elementi che lo abitano, costituendosi così come paesaggio interiore. In questi attraversamenti, esistenziali e letterari, troviamo una voce che prende la parola, nel suo rapporto con gli altri e con le cose ; il mondo dentro di sé si relaziona con quello esterno, entrambi in continuo mutamento.




Il mio dolore,

diventato rimorso,

è il lungo castigo

che curva la mia schiena.

La mia schiena somiglia

a una montagna sacra,

piegata dall' aver amato

tante volte.



                                             ***


Tu che hai visto la carestia

tu che conosci 

i sogni


hai tracciato un sentiero

affinché i bambini

seguano le tue tracce.



                                              ***


Figlia del Nord,

mio nonno dice

senza collera :


" Il figlio del Sud

chiama il vento dell' Est

per risvegliare la tormenta

dell' Ovest.


Sicuro che i suoni

i canti e le danze

sentono il battito

dei cuori raccolti

nella cavità del tamburo.



                                            ***


Papakassiku, Atikuapeu

quello che si spera

tu mi porti verso


Missinaku

che offrirà la trota grigia

della nostra terra, e se


ho freddo,

Uapishtanapeu

mi terrà al caldo

nel mio sonno.


Ushuapeu

mi porterà vicino a 


Tshishikushkueu,

colei che veglia

sui battiti delle terra

nel mio cuore.



                                                     ***


Papakassiku, stasera,

mi offrì la tua scapola,


cacciatore afflitto,

non ho bisogno di mappa

perché stendo la tua scapola

in un fuoco di braci

che mi guida verso te.


Sparpagliato,

mi perdoni


ci liberi

dalla carestia


io ti vedo :

domani, mi aspetterai

nella tundra.



                                           ***


Il midollo delle tue ossa

colpisce

l' invisibile,


opera accecante

sulla scapola

del caribù.



                                          ***


Una notte di stelle ci invita,

ci racconta

l' Orsa Maggiore


Le aurore boreali

danzano i gesti della terra

è la notte delle cicatrici che perdonano.



                                                  ***


I nostri passi hanno lasciato le loro tracce :

noi apparteniamo a un fiume

tu infossi in noi

un serpente di ferro.


Un fuoco annega i nostri lamenti.




                      Joséphine Bacon   da     Innue , Poesie 2009 - 2018 ( Trad. di Francesca Maffioli



martedì 3 giugno 2025

LA CODA DEL PAVONE ( di Buffoni )


                                  

                                                                     Cieli d' angeli e nuvole dorate...



E' appena uscito - ad Aprile di quest' anno - per lo " Specchio di Mondadori,  il volume che raccoglie le poesie di Franco Buffoni, dai suoi esordi ad oggi ( 1975 - 2025 ). La parte finale dell' Introduzione di  Massimo Gezzi è dedicata alla nuova raccolta inclusa, " La coda del pavone ", dove non si può non notare la continuità di quest' ultimo testo con uno dei libri più notevoli di Buffoni " Guerra", soprattutto per ciò che riguarda il rapporto uomini - animali. Nel nuovo libro, i comportamenti degli animali sono osservati sia da un punto di vista scientifico, sia da uno simbolico, con evidenti richiami alle religioni e ai miti teriomorfici. Dall' induismo e dalla cultura  egizia alle concezioni del cyborg, passando attraverso Ennio e Lucrezio, Apuleio, Fedro e La Fontaine fino alla cultura pop, il nuovo libro di Buffoni fa interagire in maniera pervasiva versi e prosa, arrivando ad un esame etico del vivere di ascendenza leopardiana.




SCOPRIRE IL SEGRETO DELL' INVISIBILTA'


Scoprire il segreto dell' invisibilità

delle cosiddette rane di vetro

è stata per molti anni la missione

di alcuni ricercatori della Duke.

Come riuscivano quegli strani anfibi tropicali

dalla pelle trasparente

ad essere invisibili nel sonno.

Pur se in bella vista tra le foglie?

Semplice, mentre si addormentano

stoccano nel fegato i globuli rossi

rendendo invisibile il sangue dint' ' vvene...



                                                    ***


PECORE IO VI MANDO IN MEZZO AI LUPI


Pecore io vi mando in mezzo ai lupi,

siate dunque come le colombe

semplici, ma prudenti

come li serpenti,

si legge nel Vangelo di Matteo.

E in San Pietro basilica

tra gli affreschi e le sculture

i serpenti sono ventiquattro

e quattrocentosettanta le colombe.

Una fauna a cui si aggiungono a decine

aquile e leoni, agnelli delfini pipistrelli

e lesti coccodrilli.

E pure cento draghi e un unicorno

per l' accoglienza del fantastico.

Ma gli animali più rappresentati

ad indicare tenacia ed eloquenza

sono le api, come nello stemma Barberini

dovuto omaggio alla committenza.



                                                 ***


IL NEMICO DELLA CHIESA


Tertulliano San Gerolamo e Gregorio

videro nello scorpione da schiacciare

il nemico della Chiesa,

che dal  Duecento prese il posto del serpente.

A simboleggiare la dialettica

ammirata ma ingannevole,

la falsa sinagoga.

Scorpione polispermo creatore

animale generatore.

E se Mitra il pavone lo sacrificava

perché dal sangue suo e dal seme

discendessero flora e fauna,

come un volo di uccelli accolto in cielo

si erge l' onniscienza del Cristo - pavone

di Antonello da Messina

nello studio di Gerolamo.



                                              ***


CIELI D' ANGELI


Cieli d' angeli e nuvole dorate

nel momento illusionistici della pittura

tra Cinque e Seicento, mentre evirati cantori

vedevano nel nano il sortilegio e la magia,

la stregoneria.

Ma non vi erano abbastanza nani

per il divertimento della gente

nelle fiere di paese,

allora ninos pobres si compravano

per amputare loro gambe e braccia

all' altezza di gomito e ginocchio.



                                                   ***


SE IL TUBARE DI COLOMBI


Se il tubare sommesso dei colombi

portatori di messaggi e rispettati

salvò un tempo le vite nelle guerre,

per contro si giunse a ipotizzare

l' esistenza di animali anticristiani,

come i passeri puniti con il filo

che lega loro le zampette

e li costringe a saltellare.

Perché, presenti alla  crocefissione,

avrebbero esortato gli aguzzini a inferocire

con un cinguettìo che voleva dire

" E' ancora vivo, è ancora vivo ".




                          Franco Buffoni   da    La coda del pavone



lunedì 2 giugno 2025

I CANTI DEL RITORNO DI ANDREA

 


                                                       Attraversiamo da soli questi mondi in contrasto...



I " Canti del ritorno" non sono una semplice raccolta di poesie eterogenee, bensì formano un libro coeso e a sé stante, centrato su un tema specifico : la morte. La narrazione si articola in quattro sezioni, ognuna introdotta da una breve prosa poetica a cui seguono una serie di componimenti. A questa struttura viene dato il compito di raccontare la ricerca da parte dell' Io di un canto, attraverso il quale ritornare a una dimensione esistenziale autentica che abbracci l' esperienza di morte che anima il viaggio . Un viaggio che attraversa il ciclo delle stagioni e le varie fasi del giorno, formando un vero e proprio percorso di indagine esistenziale ed espressiva. Un cammino che si dipana di fronte a chi tenta la parola, mostrandogli la via.




Attraversiamo da soli 

questi mondi in contrasto.

La gente passa e canta staccata

dietro di noi, senza

ricordarci. Ogni volta che

spezzo un ritmo mi

ritrovo a ricordare :

forse perché vorrei solamente

unire senza dover

guardare per forza dentro

i bulbi, analizzare d' istante

i sogni che tocco con mano

e mi causano allergie

estrinseche. Cerco di

dare corpo alle cose che

mi si avviluppano intorno

per poi cadere : non 

posso afferrare, non 

declinare o coniugare in

forme, non ora. Avviene

sempre una distrazione

che mi cinguetta sopra e

fà dubitare in ogni

punto distratto e distaccato,

quasi fosse un colore

lontano che mi ritorna.

Rimangono solo le cose solite

che possono accompagnarmi

fino a ricollegare - ancora -

quello che c'è.



                                                    ***


Saltando dentro una sera

azzurra tra un solco

arancio e un altro, che mi

sa di sangue, pensando 

una morte. Rincorrono gli

altri le cose sulle luci di una strada,

e ti trema rimbombando

lieve il cuore, che hai 

ancora paura. La cosa

s' arrossa e svanisce,

e sai che passerà in

una vita incastrata

tra una sfumatura e l' altra.

Così me ne voglio

andare, finché c'è tempo.

E  intanto il cielo è

passato e rimane solo

una spoglia di rosso, e

ti riporta gli occhi.



                                                 ***


Su questa l' linea d' aria c'è una

città che ci ascolta,

senza chiedere.

Mi aggrappo con le

unghie al bordo del mondo

senza guardare, sperando cada

da sopra l' acqua a bagnarmi

di nuovo i capelli. Questa città

è piena di storpi, e si

cammina a stento in mezzo:

voglio sbattere e scancrenare

le spalle sui pali attorno

ai miei organi spenti,

cercando di risolvere

e risolvermi, inseguendo le

scarpe degli altri solo per

fermarmi e guardarli voltare

l' angolo. Tu girati a dissolverti,

a tirarti addosso il corpo addosso

un muro.

Cosa dobbiamo fare di noi

stessi dopo quell' ombra ?

Verità è che mi guardo in

faccia e mi ribadisco : un 

giorno recupererò il mio tempo.

Leggerei quasi un orfico che

m' abbaglia la testa. E' bello


vedere queste immagini che

si rifrangono tra i fiori e

l' erba, attraverso il vetro

che separa i miei occhi

che hanno male. Oh,

perché gli angoli di

cielo mi chiudono

davanti le palpebre ?

Era strano : sentire di nuovo

il bel tempo dopo così

tanto passato a tentare

- nel mondo - un solco

più pulito e sincero.

Era strano ritrovarsi

di nuovo qui, ritrovare

i propri avverbi di

luogo che mi riportano

ancora lì, nel mio posto.



                                                  ***


Lascerò che parli un silenzio.

Rimarrà l' esperienza, che

ci guarderà attraverso un

ricordo, per dircelo : la

morte si avvicina dentro

una vita, dopotutto. Era partito

un mattino a mezzogiorno e

il sole sembrò più

leggero, insieme al vento.

Mi ricordò un altro sole,

accanto a lui, quando eravamo

sulla soglia di casa e

sentivamo le parole, scambiandocele

in altre forme. Arrivare a

scorgere un pensiero

era difficile, così ti racconto :

c'era una lettera sotto un 

piatto e si odoravano ricordi,

quando li sentivi sulle tue

corde, e narravi. Creasti un

mondo, riportandolo in vita a

chi non c'era stato, narrando

una storia e un filo.

Danzano sul bordo degli

spigoli, danzano, li vedi ?

Ci riportano dentro insieme

nel canale del tempo che

è scorso tra qualche crepa

ingiallita, e ti vedo :

cielo tra un colpo e un altro

in mezzo alle nuvole della

città vissuta dai tuoi piedi.

Li avresti narrati, quei voli

alle mie orecchie impuntate sulle

tue rughe, mentre t'abbracciavo

prima d' una partenza, ancora.

Ora il narratore è partito

davvero e rimango qui

in attesa scorgendolo, bambino in

corsa, a mostrarmi un

racconto da vicino.

" Puoi proseguire ".

" Come ? "

" Col ricordo di una storia, toccandola

senza chiederti, mentre corre

lontano ".




           Paolo Andrea  Pasquetti     da      Canti del ritorno




mercoledì 28 maggio 2025

L' ORLO DELLA NOTTE DI MARISA

 


                                                      Di tutti gli angoli del pianeta ho scelto la tua spalla...



" L' orlo della notte ", presentato nella Collana Specchi", consiste in un' antologia di testi pubblicati precedentemente in altre opere dell' autrice, di cui alcune per la traduzione italiana di Alessio Brandolini. Nel testo presentato, l' amore- in tutte le sue manifestazioni- percorre intensamente la scrittura poetica di Marisa Perez : amare è qui una forma di vagabondaggio attraverso i corpi, una saggezza della pelle che celebra la gioia degli incontri, pur ammettendo la fatalità e il dolore delle rotture. Un misto di intimità e impegno che si muove come un pendolo dalla compassione per gli ultimi, alla " Ninna nanna " per un bambino che non c'è più. Niente infatti sfugge all' occhio e alla sensibilità attenta e partecipe della poeta, che si sofferma ( in alcune sezioni della raccolta ) a descrivere sia il suo " sradicamento " ( dalla Spagna franchista all' Argentina, e poi di nuovo in Spagna ) e gli orrori delle guerre.




TUTORIAL PER ACCONCIATURA


Mentre tocco, Maria, la tua testa di bambina

e dall' asciugamano scende

una cascata di capelli bagnati

penso : " perché questo amore avvenga

è dovuto esistere un uomo ".


Così,

il quadro familiare di due donne

dedicate al rito dell' acconciatura

è anche maschile.


Lo dice già Platone nel suo Convito.

Abbiamo perso, Maria, l' istinto di unità.

Basta vedere i giornali.

La morte, l' abuso, le gonne sul pavimento.


Un giorno saprai pettinarti da sola.

Saprai cadere a terra e rialzarti,

come questa spazzola.

L' asciugacapelli sarà la malinconia

di una madre prudente

da dimenticarsi nell' urgenza

di un appuntamento d' amore.


Che il mondo del futuro ti sia lieve.


Non vedranno quel regno

i pettini di questa casa.



                                                    ***


IL CIELO TRA PARENTESI


Che le cose

si aggiustino nelle loro forme

non significa

che siano diventate nostre.


Forse vuol dire

che l' albero dell' assenza

ha messo steli e radici

nella terra adeguata.


Come a un ospite inatteso,

bisogna saper dare

il posto giusto

persino al vuoto.



                                            ***


SRADICAMENTO


Mi arrendo qui, distesa alla tua destra.

Di tutti gli angoli del pianeta scelgo la tua spalla,

senza altro nord che il sud dei miei ricordi

nonostante quegli uccelli di latte

e il fuso orario

che mi buttano a capofitto nel futuro

come si getta una pietra

in uno stagno senza fondo.



                                                ***


NINNA NANNA PER UN FANTASMA


Chissà

se potrò condurti per mano

per sentieri inerti e insonnoliti

come un fascio di comete con luci sul corpo

e una giubba per scoiattoli incantati.


C'è un bambino che geme.


Io non so consolarlo.



                                                       ***


VIAGGIO VERSO LA CRISALIDE


Per vivere dopo la cenere

bisogna intraprendere il viaggio verso la crisalide

e tornare a nascere con un' altra lingua,

come un bambino straniero

in un paese

dove il tuo amore non esiste.



                                                     ***


UNICO INCONTRO, I


Oggi,

che quella casa non esiste,

non so più come chiamarti :

dimoro in un esilio senza mura.



                                                    ***


INCONTRO, II


E mentre ti accarezzo con il palmo della bocca

e ti mastico con i denti delle mani

come un' ala danzante di cicala

mi giungono i ricordi di un pennuto,

di un bebè, di un' alba fredda d' inverno sul Costanera,

la risata luminosa dell' infanzia

quando il mondo era integro e benevolo.

Per un caso che non cerco di capire

il tuo ventre mi porta all' altra riva,

in te si accoppiano tutti i miei pezzi,

niente fa male, finalmente,

e questa volta la verità ha il tuo nome.




                    Marisa  Martinez Pérsico   da    L' orlo della notte




lunedì 26 maggio 2025

LA CONDIZIONE DELL' ORMA DI DANIELE

 



                                                              Obbedisce dai margini l' amore....




Da questa parte del ventre

tutto il bianco della luce

è chiarezza che confonde,

e disamina misure

età che perdurano

ore esatte

che scontornano fiati e ombre.


Ma tu porti ai nostri occhi

la riva buia della tua terra,

quel frammento di sponda

che scioglie i nodi della domanda,

mani che toccano il duro grembo

senza dire, senza sapere davvero

se quello sia corpo terrestre 

o altro sperduto confine.



                                                    ***


Obbedisce dai margini

l' amore.

Dall' angolo più nascosto della casa

nulla dice di sé,

nella dura veglia del nome.



                                                ***


Doni l' ascolto

che onora e incendia la parola,

il suo spazio bianco

che ospita la sera,

porto d' ogni nome

bacio per ogni pena.



                                                  ***


E' questo Punta San Giorgio :

la luce bianca che visita il tuo volto

come una grazia scesa nell' ombra;

e giù la costa, la greca antifona dell' onda.



                                                 ***


Sera che scendi nelle strade

e ti perdi nei silenzi.

Un bimbo rifà una nuvola,

il lampione accesso verso casa

non ha più domande.

Sosta nel cuore solo erba e vento,

il sigillo del tuo nome

che in lontananza riappare.



                                                ***


Bellezza del volto

che porti tutti i nostri anni.

Li offri dove dilegua il giorno,

nella luce azzurra delle cose.


Sei - a chiamarti - il confine

che non arretra, a quest' ora della sera

di città senza più nomi

e lunghi sogni dai davanzali.


Resterai, innominata alla gente,

persa - un giorno - nella tua dimora d' aria,

invisibile nelle prove dei millenni,

come i fondali sconosciuti

ai grandi cieli.



                                          ***


Cammini leggera

in una città di portici

che ha unito il dolore

al fiore violento dell' amore.


Arriverà il primo inverno

senza il nome,

i suoi occhi come alga accesa

nella carità dell' ombra.


Vorrei solo parole

che dicano dove il niente

si disfa del niente

in un' aria di primavera.


Ma scende piano la sera

sui viali calmi di Bologna.

Sei tutto il pianto del tuo cuore,

la sua liberà guerriera.





                        Daniele  Giustolisi  da    La condizione dell' orma



domenica 25 maggio 2025

IL QUASI MADRIGALE DI VEGLIANTE

 


                                                         Umberto Boccioni - Ritratto della madre



QUASI UN MADRIGALE


Madre, lo sai che ormai

potrei essere tuo nonno?

E con ciò vorrei farti ridere

là dove sei - se sei - e

compensare un poco il male

che ti è stato fatto un giorno

per sempre, fredda madre,

da noi vivi - anche da me 

" sedicenti / vivi " ( Montale ).

Dal fogliame qualcuno ride.




                      Jean - Charles  Vegliante    da   Incontri, seguito da altre Babeli



giovedì 22 maggio 2025

LA STRADA DI MORANDI

 


                                                  Riconoscendo quanto da un punto all' altro era respiro...



Colpisce nei versi de " La strada di Morandi " una grazia lieve e malinconica, ma che tuttavia non si nega ad un pensiero profondo, e men che mai nasce da un' ingenua adesione all' esperienza esistenziale, ma poggia su un solido substrato, colto e costituito da una silenziosa opera di accumulazione. Il richiamo al tempo che non c'è più, ma che riemerge dalla memoria, non è solo nostalgia dell' età della giovinezza e della presenza di quei poeti e artisti che " sono rimasti si direbbe senza un sogno / intero ", ma è il tentativo di sostanziare sulla carta le tracce di quell' epoca di vitalità, di proiezione nel futuro e di malinconica grazia - appunto -  che vide protagonista un' intera generazione. Vitale ci parla ( anche ) di un mondo che è finito  sbriciolato sotto i colpi di un individualismo sempre più incalzante; ci racconta di una " società delle lettere" sparita insieme alla convinzione che la letteratura possa servire se non a cambiare il mondo, almeno a comprenderlo meglio, nella consapevolezza che il mondo sono soprattutto gli altri, donne e uomini, esseri viventi, oggetti.




Forse tra i libri, tra i romanzi

che s' aprono a un incerto

dopoguerra rimani

ancora un poco. E non è tutta

ingiallita la carta, le parole

che premono in un varco

fervoroso di anni, qui

sta certo il bene, un bene

così fragile un lume

che pur dura trovandoti

e immaginandoti


pagina dopo pagina.



                                                    ***


Sì, forse soltanto nei romanzi

se durarono e giunsero

per le luci prospettiche

un prima e un dopo

stabilirono un tempo

che non fu mio ma sale

come la vecchia strada di Morandi


il tratto lieve opaco della polvere.



                                                ***


E' una sola, in ritardo

segue un piccolo scarto e pare incredula

come chi la osserva, l' ala

si fa di colpo trasparente

ma è appena un passo

scrupoloso di danza uno di più

mentre ritrova

la consegna del nero, l' eleganza

veloce di grafia per una pagina


che ha luce di mattino e non si perde.



                                                         ***


Questa acquata di giugno nel silenzio

di una città così lontana e prossima

dove ti invito e so che non verrai

questa inquieta dolcezza questa strana

impressione che tu dorma

e scorra il tempo, s' avvisa


questa vena decisa

senza più scansione

un cane nell' opaco che si sperde

talora ma non fiata

è troppo giovane ancora

e in sé più a lungo duole.


Parole come amore

da non dirsi

se non di rado sottovoce

perché amore pensavi è nelle cose

terrestri, nel loro schiudersi

segreto come fosse


un'ora che è già luce e non è luce.



                                                    ***


Non più lo sai farò ritorno

su quel sentiero che infittiva

in alta valle

e tra le resine d' un giorno

di promesse non più

quei calici di ambra quel venire

a patti con la vita

che luce a un tratto sul crinale prendeva

meravigliandosene appena

e poi riconoscendo quanto da un punto

a un altro era respiro, ma solo lì


dove il silenzio presto sarebbe sceso.




                                 Marco  Vitale      da   La strada di Morandi



mercoledì 21 maggio 2025

LE LETTERE STAGIONALI DI ALBERTO


                                                           Il tempo, forse, o il suo battito dentro il cuore...




Alberto Bertoni è nato a Modena, luogo in cui nelle " Lettere stagionali " si contempla la trasfigurazione metafisica ( con quel nominarne solo la M*** iniziale, omaggio dichiarato al modo che Antonio Delfini - poeta che scrisse il solo " Poesie della fine del mondo "- aveva di indicare la città di Modena, specificandola così come entità esistenziale.)




M ***, Dicembre


Penso che forse sei

a parlare con la mia ombra

da un telefono muto in piena notte

o con il gatto anche lui dimenticato

per l' inverno in qualche angolo più caldo.

Penso che strano

svegliarmi con una vera tua

telefonata, alle quattro o dopo

del mattino, non per dirmi

che con ottimo riso alla salsiccia

e Riesling d' Alsazia mi hai nutrito

ma che il tramonto novembrino

ha sciolto i vetri dello studio, per il nostro

sorpreso capolino o perché ghiaccio e fuoco

in te convivono ( benché io, qui... ).

Penso, infine, al ridicolo comfort

dell' alba che non dormi, al tuo ruolo

doppio di madre. E a come

il peso dei nostri corpi

anche oggi è vivo.



                                                      ***


M ***, Febbraio


Il tempo forse

o il suo battito dentro

il cuore, le vene

vedranno arrugginito

l' apriscatole sul tavolo

brivido aureo che t' imperla

e con te l' ironia dell' ora

in penombra, le feritoie

i tonfi del condominio intorno - fatica

o poco meno a cena, i ruoli

le valvole di sfogo...

Così l' assoluto pallore del volto

la raucedine e sul muro

solo un' astratta resistenza di rami

e persiane a metà, niente più che il fuoco

pallido di un poster, Matisse

a Zurigo, la sua stanza rossa

la neve sulle viole...



                                                  ***


M ***, Marzo


Le cose dal vero mi fanno paura

mi stanano in crepe o appigli di memoria


Le cose che guardo

scoprendone i nervi

e quelle che sfioro coi denti

come case catturano la luce

per meglio scomporre la grana

perlacea, l' ordito di polvere e foglie


Così mi annienti, se provo

a deliziarti di cronache minute

a dirti come sei viva

in questa mezzanotte di vento

in cui non ammetti nemmeno

la mia ombra alla tua bocca

alle parole che assediano il respiro


Sì e no una voglia

domenicale accende il finale

forse una nuvola resiste

dei pollini allo spigolo del viso.



                                                  ***


S. GIMIGNANO, Maggio


Non molte prove di verde

nel tuffo al cuore di troppa

Toscana e riservatezza

il colpo secco dei silenzi

un dirci malati di noia e tenerezza

giù, dal buio devoto

d' occhio senza limite

o maestà di chiostri ?



                                                    ***


M ***, Giugno


In fondo a che velato

deserto dei tuoi occhi

qui dalla mia spalla

soffri la bella palla

di lanugine gialla

( e di fango )

che atterra a fine campo

nel rosso meno opaco


La goccia trema piano

senza coraggio né slancio

come il profilo che l' osserva

non ha luce abbastanza

si sfalda nel paesaggio

d' acacie, pioggia e rose


Ma il bianco più vivo

e studiato del bagno di oggi ? Disperi

lasciando in disparte la brocca

sul trespolo alto

la piega amorevole del corpo.



                                                   ***


NEW HAVEN, Ottobre


Cigni e gabbiani non sembrano decidersi

sui pochi pesci dello stagno presso il mare


Con virtù più agile

uno scoiattolo li guarda

si specchia, mordicchia, mi ricorda

che il tuo nome porta

lo stesso numero di sillabe del suo

ma che neanche svegliandomi alle cinque

sono stato capace di trovarti


Così ci provo, corteggio

la mia vicina di lettura

e tu - crudele - fai scattare la sirena

dell' allarme antincendio in biblioteca


insomma, questo sole del Connecticut

prolungo alla tua notte

dico dormi, ti prego

con i miei mille baci nell' orecchio.




                           Alberto  Bertoni       da     Lettere stagionali



domenica 18 maggio 2025

BUONA DOMENICA IN MUSICA

 


                                                                  Sonata Op 11 per Viola e Pianoforte



Buona Domenica!


Propongo al vostro ascolto un brano della compositrice Helene Riese Liebmenn : nacque a Berlino nel 1795 e molto presto manifestò la sua inclinazione per la musica. Enfant prodige, a tredici anni suonava in pubblico e a quindici pubblicò una Sonata per pianoforte. Il suo stile richiama quello viennese classico di Mozart e del primo Beethoven.

 Il terzo movimento della sonata per viola e pianoforte ( che qui si può ascoltare ) sviluppa il tema dell' aria " Noi ci darem la mano" dell' Opera " Don Giovanni " di Mozart.

Buon ascolto !




                                        frida



giovedì 15 maggio 2025

NEVE, VENTO E SASSI DI NATALE

 



                                                     I ricordi sono il fumo di una lampada a olio...




Fonte prima di ispirazione di questo testo di Luigi Natale, madre, matrìa, materna, è la Sardegna, antica terra di riti agresti che nutre versi ricchi di oggetti e odori, frutti e fiori. I temi della terra e della natura, in un presente vivo ma eterno, e la spontaneità del dettato poetico, sono frutto di soste, riprese e legature ben più complesse di quello che appare. Quello che arriva al lettore è un' emozione che viene da una comunicazione attenta e abile, non definibile se non come ricerca personale di particolare sensibilità. C'è un respiro unico nei versi di Luigi Natale, tanto apprezzato dalla critica quanto appartato e lontano dall' esibizionismo letterario odierno, un respiro che è privo di fretta e che si riallaccia non al tempo in sé, quanto all' essenza dello scorrere di questo tempo dalla mattina alla sera, da un giorno al giorno successivo fino a comporre una vita.






NEVE  VENTO SASSI

Siamo dentro i nomi

di ciò che abbiamo amato.

Una lunga distesa di licheni

un raggio di sole obliquo

davanti ai nostri passi.

Neve, vento e sassi.

Una parola lavorata

quando c'è qualcosa da difendere.

Ricopiare l' amata tua voce

dal volo lieve di una foglia.



                                                     ***


PAROLA PER PAROLA


Tra arature, semine e raccolti

un contadino scruta le nuvole scure all' orizzonte,

il cielo una scheggia d' amore dimenticata in un cuore

che un giorno qualcuno ritroverà.


Lui raccoglie tra le mani tutta un' epoca fuggita e la

e la spreme parola per parola.



                                                     ***


DAVANTI ALLA VITA


Il segreto è aspettare il vento

su questo mare giallo di ginestre

ascoltare cos' altro ci può dire.


Accogliere chi si è perduto

pochi istanti nei secoli del cuore

per non dimenticare con chi vive

l' urgenza lontana.


Abbracciare parole distanti

dove più nessuno abita

una casa con la stalla in rovina

quattro alberi davanti alla vita.



                                                       ***


Un uomo seduto contro il muro

intreccia un cesto d' asfodelo di tenerezza.

Una voce per restare e una per andare

canta nell' aria più dolce di un sambuco in fiore.


La luce delle rose selvatiche

sotto l' ombra resta cieca;

noi la notte ritorniamo a cercare

le stelle lontane

per non separare il sorriso che più non ricordiamo

e sognare quello che non vediamo.



                                             ***


Nei profili degli ulivi

i ricordi sono il fumo in una lampada a olio.

Noi aspettiamo l' ultimo raccolto d'uva

prima che l' autunno cada dietro al muro

e calmo guarisca i corpi trasparenti

fermi all' ora del tramonto.


Non tenere lontane le rive del mare,

porta il tuo passo all' aria

insieme alla goccia di sangue sulla spina

quando il sognare dei bambini

non si stanca di ascoltare il cielo.


Mentre noi si rivive il vuoto largo dei campi.




                        Luigi  Natale    da     Neve  Vento Sassi



lunedì 12 maggio 2025

LA MADRE CHE RESTA

 



                                                                   Stavo per trasformarmi in madre...




Nominare la perdita, dare voce al non vissuto. Risemantizzare un presente negato, un corpo che cresce e langue nella deflagrazione della mancanza. Non conosce retorica la scrittura di Patrizia  Baglione, è carne viva che sanguina, è vetro di carta che germoglia in un vuoto che fa male. E' il corpo che si fa verbo e che in questo verbo poetico si scopre parola di pietra, voce che è tutto ciò che resta alla madre, un corpo mutilo che cerca se stesso in un grembo vuoto.






Chiedo in modo semplice

di essere figlia tra le rovine,

madre che supplica

l' aria che respira;

attenta alla bocca

intrisa di luna

moltiplicando il verbo

all' infinito.


                                                     ***


Provo a scrivere parole

su cui posare il capo; viso

che cede al  minimo gesto.

Non ha avuto terra la mia costola,

né occasioni di cospargersi

nel bianco dell' ultimo occhio.

Sono senza storia le mie ferite:

uno sguardo nel vuoto, l' altro

nel petto.



                                                 ***


Mi somigli nei tagli delle mani,

lungo la linea della bocca,

nello spazio che ti rende vivo

e quello che ti strugge.

Piccolo corpo, sei, dentro il mio.

Quantità assoluta 

di un bene mai provato.

Cordone,

anima, pancia.


Ancora di salvezza

senza nemmeno arrivare a fondo.



                                              ***


Voglio adottarmi intera,

imparare a tremare,

vedermi unita, mai più separata

un pezzo a destra, l' altro,

a sinistra - combattuta

pure di me stessa.

Accogliere la paura

fiorire in trasparenza,

voglio smettere di morire

un po' alla volta.



                                                 ***


C' eravamo quasi.


Potevo scegliere un nome,

immaginare un volto,

sollevare in alto le pietre.


Stavo per trasformarmi

in madre - la tua.


Fatta di vetro, 

in abito di carta; madre

come onda di fiume.



                                                ***


Esiste un tempo in cui la morte

abbraccia attenta pure i vivi.

Col passo levigato come marmo,

essa ci appartiene - ci è madre.

Lo sai. C'è stato un tempo in cui

anch'io avrei potuto esserlo.

Ti immagini, figlio caro,

con quali braccia, occhi,

gambe, cuore, lo sarei stata.



                    Patrizia Baglione   da   Madre che resta