martedì 15 ottobre 2024

L ' ANGELO DI FABIANO

 



                                                              Il cielo è sempre possibile




DESIDERIO

SE NON è NOIA NON E' AMORE

      ( Amelia Rosselli )


Essere conseguenti

al proprio desiderio

è la più alta forma di

libertà o un sabotaggio

perpetrato ai propri danni

in uno stato di

incoscienza?


L' irruenza dei sogni, la

semantica dei corpi, la

loro

valenza mitica nello

sconvolgere

abitudini inveterate e

zone di

conforto. Basta una foto

o un ricordo nel

dormiveglia

perché promesse e

giuramenti

svaniscano come una

scadente

neve artificiale al sole.


 Negli interstizi fra

un'abiura e l'altra,

la concreta minaccia

dello stare al mondo

con i sensi accesi

di una preda indifesa.



                                        ***


IL CIELO E' SEMPRE POSSIBILE


Uno sforzo gigantesco

fa fare in modo che la

tua vita

non sia solo

un esercizio di stile

una nota a margine

l'implosione di una

bomba

senza disinnesco.


Attraversi strade

invisibili ai satelliti,

i conducenti dei filobus

si perdono

e non dovrebbero,

le vetrine dei negozi

esistono solo per se

stesse.


Il cielo è sempre 

possibile.



                                           ***


CESARE PAVESE


Per quanto le cose

possano andare male

non è mai il caso di

prenotare una stanza

all' Hotel Roma.


Molto meglio accettare

di fare il primo passo

in direzione della felicità:

accettare la propria e

l'altrui

mediocrità.



                                            ***


IL DIRITTO ALLA FELICITA'


Attraversa il mio campo

visivo

per dividermi da me

stesso,

da quanto tempo non ci

conosciamo?


Il desiderio è già

possesso

con l'immaginazione al

potere,

ma io ho preso visione

della realtà

e capisco di dover agire e

competere

anche se sono

consapevole

che il diritto alla propria

felicità

esclude - di fatto - quella

 altrui

( sono attrezzato per il

pensiero critico

ho comprato The best of

Gramsci su Amazon ).



                                            ***


STRATEGIE OBLIQUE


Più una semplice

inversione a U

 che una vera r propria

conversione,

ma è comunque un

approdo felice

il meglio non è nemico

del bene.


Affrancarsi dai rapporti di

forza,

arrivare al punto anche se

la sintassi

zoppica vistosamente, 

non essere più

prolifici soltanto negli

intenti : strategie

oblique per dare di nuovo

del tu alla

 vita, questa illustre

sconosciuta.


Conoscersi non aiuta, i

passi da gigante

non riportano a casa : è

da quello che non

torna che bisogna

ricominciare, con la

grazia

siderale di un satellite

disperso.



                  Fabiano  Spessi   da    L' angelo della realtà



lunedì 14 ottobre 2024

IL RITORNO PER CUMMINGS

 



                                                Ovunque e della gioia perfetta integrità siamo...



E' una poesia che parla d'amore, ma lo fa fuori dagli schemi: non è un'elegia della donna amata; non è la descrizione di un momento felice trascorso o da trascorrere insieme; non è nemmeno una dichiarazione d'amore che passa per una metafora o una trasposizione naturalistica.  Secondo l'autore, l'essere umano è composto da innumerevoli altri sé, così che quando l'oggetto d' amore si allontana, è come se - materialmente - le persone che abitano il corpo dell' innamorato lo abbandonassero. Resta solo lui, un'ombra, un " nessuno" che brancola nel buio del desiderio e dell' attesa, un nessuno che fino al loro e tuo ritorno passa la sua solitudine a sognare.




IL TUO RITORNO SARA' IL MIO RITORNO


Il tuo ritorno sarà il

mio ritorno

i me stesso ti 

seguono, io solo

resto;


un'effige d'ombra o

che pare

( un quasi qualcuno

ch'è sempre

nessuno ),

un nessuno che, fino

al loro e tuo ritorno,

passa perenne la sua 

solitudine

a sognare i loro

sguardi aprirsi al tuo

mattino

a sentire le stelle

levarsi nei tuoi cieli:


quindi, nel nome

misericordioso

dell' amore,

non tardare più di

quanto io privo di me

sopporti l'assenza

dell' attimo in cui un

altro

stringa fra le braccia

la mia stessa vita che

è tua

- quando paure,

speranze, credi,

dubbi, spariranno.

Ovunque e della gioia

perfetta integrità

siamo.



                               Edward Estlin Cummings



domenica 13 ottobre 2024

IL CONVITO DELLE STAGIONI PER ANTONIO

 


                                         Henri - Edmond Delacroix - Landscape with stars



C'è una fenomenologia ricorrente nella poesia di Antonio Prete che non sappiamo definire altrimenti che " campo di forze". Molto spesso esse prendono le mosse dall' osservazione e dalla contemplazione di fenomeni naturali - un paesaggio, gli alberi, il mare, gli animali  -  o interiori, immagini e figure della memoria che lo spazio naturale evoca e attrae. E pressoché sempre, ciò che cade sotto lo sguardo, appare innervato da una " energia" che fa sì che gli elementi risultino in tensione, in movimento o in trasformazione. Talvolta il movimento o la tensione sembrano circoscritti al mondo della natura; in altri casi quest'ultimo entra in risonanza con l'universo interiore dell' autore, facendo più chiaramente emergere quelli che sono i temi della sua poesia : il tempo, la memoria, il desiderio, la distanza, la dialettica tra presenza e assenza. In sostanza , la continuità tra " cielo esteriore " e " cielo interiore" è un punto fermo nella poetica di questo autore.




CONVITO DELLE STAGIONI


C'era il canto delle foglie nel vento,

il sibilo dell' ape sull' anemone,

c'era il grido della gazza che volava

verso l'ulivo,


                        stormiva a gran voce

la primavera, ma c'era nel cuore

del suono un grande silenzio,


c'era della musica negli alberi

un silenzio che era specchio

del cielo, dei suoi silenzi.



                                                 ***


NEL CERCHIO DEL VEDERE


E'  un intrico di rami bruni, la

linea

dei tigli, privi delle loro foglie.

Sui tronchi, macchie di

muschio.

Dove finisce l'arato, boschi di

faggi,

di castagni. In lontananza,

sperduti

torrioni.


Questo cerchio del vedere

è solo un punto. S' aprono, di

là da questo,

altri cerchi, con fiumi che

corrono verso il mare,

strade che rigano valli, cieli

che si perdono

in altri cieli, tra vortici

d' astri.


Quel che qui è assente dalla 

vista

è nel respiro degli alberi, nel

tordo

che si posa un istante sul

ramo alto

della magnolia, nel suono del

vento

tra i cespugli.

 In quel che appare

e in quel che si nasconde pulsa

un tempo

che è attesa. Tremito di

sconfinata attesa.



                                            ***


UN ALBERO, UN NOME


Dico : ciliegio. E appare nel

suo inverno,

già con le prime gemme. Nei

rami

il ricordo dell' ultima neve.

C'è, nel nome, la chimica delle

cellule arboree,

l' attesa del fiore, il primo

infogliarsi.

Ci sono le radici, la

fotosintesi,

la linfa, l'energia molecolare.

E si aprono nel nome filmiche

vallate

giapponesi, con floreale

allegria.


Mi porta anche, il nome, le

ombre meridiane

di un orto, in un'antica

primavera:

c'era un ciliegio che, ragazzi,

spogliavamo dei frutti.

Con il nocciolo si potevano

fare, bucandolo, minuscoli

fischietti.

 Con un gruppo di ciliegie

appeso

alle orecchie si

improvvisavano

selvatici monili.

E' quel ciliegio

che chiede ora timidamente

di entrare in questa poesia.



                                                ***


METAMORFOSI


Non c'è pensiero o affetto

che si perda nel nulla.

Amori e turbamenti fluttuano nell'aria,

sono nube, pulviscolo di luce.

O vapore lunare.


Nello schiudersi di un fiore

o nel formarsi di una stella,

quel che accade ha lo stesso respiro

del tuo desiderio.

Niente muore davvero.


Per questo qualche volta una nuvola

ha la forma di animale, o sopra le ali

di una farfalla c'è il disegno di una rosa :

figure di un legame, parvenze fuggitive

di una trama condivisa.


O forse questo è solo il sogno

di una metamorfosi.

Un sogno che la parola oppone

al silenzio che la abita,

la materia al vuoto che l' assedia.



                                            ***


UNA ROSA Dì INVERNO


Rosa d'inverno, un frugale lampo.

Petali gialli che sfumano in bianco

niveo su un calice d'ombra che è coppa

alla luce, tra rami rampicanti

senza foglie.

                 Lo stesso tempo giallo

è laggiù, sopra la linea ondulata

dell' Amiata, dissipato in un cielo

che si abbruna.

                       Velata e già lucente

la luna guarda dall' alto dischiudersi

la sera.

                  Quale intesa tra la rosa,

il crepuscolo, la luna?


                                    Una rosa

d'inverno, nel morire della luce :

una sillaba chiara nella spenta

lingua. Resto di fulgidi rosai,

forse, o annuncio di nuova fioritura.


Una rosa d'inverno : balenìo

di un riso offerto al vento che la sfoglia.



                                          ***


Presentazione di una delle prose che l'autore ha inserito nella raccolta :



Questo scritto non vuole dimostrare ma riflettere, non persuadere il lettore ma renderlo partecipe di una fondata percezione : quel che accade - nella vita quotidiana dei singoli e in quel teatro, spesso tragico, che chiamiamo storia  - ha con sé, in ogni azione, in ogni gesto, qualcosa che non prende forma, restando inattuato, qualcosa che ha a che fare con la speranza priva di risposta, con il desiderio rimasto vuoto, con il progetto inadempiuto. Contrattempi e ostacoli impediscono l' attuazione di un'idea o di un sogno, ma quell'idea e quel sogno hanno avuto un tempo, e spesso anche un'energia che non si disperdono, anzi agiscono silenziosamente nella formazione di nuove idee, di nuovi sogni. Quel che non è stato da noi vissuto, continua a vivere in noi con una sua presenza : ombra che presiede a una scelta, immagine che favorisce un incontro, mancanza che sospinge verso una ricerca. Potremmo dire che un'immensa elpisfera ( dal greco elpis, speranza ) circonda la Terra : le azioni e gli stessi pensieri attingono il loro respiro, il loro tempo e persino il loro prender forma, da questa invisibile fascia che avvolge la Terra.




                     Antonio  Prete   da    Convito delle stagioni



venerdì 11 ottobre 2024

A PROPOSITO DI...

 


                                                    Vorrei essere libero come un uomo...




... Stefano Dal Bianco.


Ha vinto ( a sorpresa ? ) il Premio Strega con " Paradiso " di cui si possono leggere alcune poesie postate su questo blog già dal mese di Aprile.

Oggi però vorrei proporre una sua lirica dalla Raccolta  " Prove di libertà" del 2012.




DALLA GABBIA


Vi sono giorni di

debolezza estrema

poiché - dice

qualcuno - la

pressione

atmosferica di fuori,

che ha potere sui

corpi, essendo bassa,

si consustanzia a noi

fin dentro il sangue

con la sua tenera

virtù di morte.


Ma altri vi potranno

assicurare

( e oggi io sono tra

quelli )

che tutto questo

spossamento, in certi

giorni,

non procede dall' aria

né dal corpo

ma è soltanto dolore

di anime costrette,

solitudine di molti,

vuoto vissuto male,

mancanza o assenza

di uno scopo.



                 Stefano Dal Bianco  da   Prove di libertà



mercoledì 9 ottobre 2024

L' AMORE DI EWA

 


                                                               Baci accesi. Mondo spento.




Nelle cinquanta liriche che compongono il testo, l' autrice affronta - con un linguaggio disincantato ed essenziale che le è proprio - il tema dell' amore, della solitudine, della morte e della nostalgia, intessuti in una trama di paradossi, analogie e metafore surreali. Il suo stile originale e sobrio è caratterizzato da repentini capovolgimenti semantici che suscitano nel lettore disorientamento e stupore perché svincolati dal senso comune e da nessi logici. Le raffinate immagini creano un'atmosfera inedita e affascinante, disegnando una mappa con riferimenti che trasmettono un diverso ordine della realtà.




PROCEDURA DI EMERGENZA


dove il nostro letto spiccava il

volo

ora c'è un aeroporto.

Nessuno ricorda più che qui

c'era una vita

che ha decollato

in procedura di emergenza.



                                             ***


INTORNO AL NOSTRO AMORE


Intorno al nostro amore

amava gironzolare lo scandalo.

Ci spiava. Ci osservava di nascosto.

Ci spianava la strada.


Ma noi accendevamo i baci

e spegnevamo il mondo.


Come per caso

faceva una capatina il tradimento.

Per la gelosia ai pettegolezzi

cadevano i capelli.


Il tempo travestito d' agnello

si intrometteva nella nostra epoca.

Con una fame da lupo

divorava i nostri anni.


Ma noi accendevamo i baci

e spegnevamo il mondo.


E sebbene noi non ci siamo più

ci sono il tradimento lo scandalo e il tempo.

Baci accesi.

Mondo spento.



                                               ***


STORIA


Fermati. Non fuggire via da lei.

Non provocarla.

Non fare

movimenti bruschi.

Non voltarti di scatto.


Non ti farà del male

finché

non le toglierai

la ciotola col cibo.



                                                  ***


AMORE


L ' amore è un indovino.

Prevede se stesso te e me.

E' del popolo eletto

e usa una lingua

ad alta tensione.

Nella Biblioteca Nazionale

macchia perfino

i libri poco letti.

In una valanga di cori

scopre un'eco

di euforia e di morte.

E quando ti raggiungerà

cerca di essere in casa.

O qualcosa del genere.

Pur di incontrarvi.



                                          ***


CERTIFICATO DI GARANZIA


La nostra macchina da matrimonio

si è inceppata all'improvviso.

E benché continuiamo

a pelare i pomodori

a tagliare sottilmente l'aglio

a infarcire la serata

di parole sul sesso

e a mangiare ricordo

dopo ricordo

cerchiamo nervosamente

il certificato di garanzia

che mantiene la parola.



                         Ewa  Lipska   da   L' amore in procedura di emergenza.  Trad. di Marina Ciccarini




martedì 8 ottobre 2024

POESIE DI JEAN CAYROL

 


" Notte e nebbia", dal tedesco Nacht und Nebel. Così erano classificati i prigionieri politici all'interno dei campi di concentramento nazisti. Portavano scritto sulla schiena, come un destino, due grandi " N ", La loro sorte era un viaggio notturno nella nebbia, che terminava nel fumo dei camini dei crematori.


" Notte e nebbia " di Jean Cayrol, è un prezioso libro che racchiude due precedenti volumi pubblicati in Francia : si tratta del testo "Nuit  et brouillard" che Alain Resnais chiese all'autore per il suo documentario sui campi di concentramento nazisti ( 1958 ), e del libro di poesie " Poèmes de la nuit et du brouillard " che l'autore pubblicò nel 1946 al termine della sua esperienza nel Campi. La prosa di Cayrol è asciutta ed essenziale, brevi frasi scabre per rendere l' orrore inaccettabile di una realtà che non si può quasi nominare. Le poesie sono liriche, la vita ritorna sui confini dove erano state solo morte e disperazione : non cancella la tragedia, ma cerca di ritrovare una via alla speranza e al senso. Per Cayrol, i sopravvissuti ai lager sono simili a Lazzaro risorto dalla morte : anch'essi hanno percorso la via di chi non ce l'ha fatta, e solo casualmente sono tornati alla vita : ma la loro esperienza è identica a quella dei morti, e qualcosa li separerà per sempre dai vivi che non sanno.




SOLITUDINE


Da quando è tornato

vive con i cani

le bestie ammalate gli alberi seccati

dell' estate che mise fine alla guerra.


Da quando è tornato

il suo viso è diventato brutto

parla per strada da solo

non sa chi lo ha ingannato.


Gira per casa

e fischietta un motivo che sa solo lui

e qualche volta senza ragione cade

come un ubriaco che non parla più.


Da quando è tornato

non si è ancora spogliato


un giorno

avrà due lacrime sotto gli occhi

ammazzatelo.



                                                ***


1942


Selvaggia dimora dell' aurora

passi di ciechi nel giardino

fedeltà mano che dorme

sopra un'ombra che torna.


Aurora dalle dita fumanti armi

che cadete come foglie secche

l'uccellino delle mie lacrime

viene a bussare alla tua porta.



                                                   ***


MIO DIO SEI COSI' CALMO


Mio Dio, sei così calmo

che l' anima mia ti canta e arrossisce alla tua vita.

Mio Dio, dormi al mio fianco

albero che mi ripara da un vento che più non suona.


La pioggia è azzurra sul crinale dei colli.

Mio Dio, svegliati, l'aurora è alla porta,

la tua mano trema perfino sulla divinata notte

immobile e gelida sulle braccia che mi consegnano.



                                               ***


PAROLE ALL'ARIA


Non ricordo

se siamo ancora vivi.


Non ricordo

se esiste il vento.


Non so più dove

abita la mia memoria.


Muore l'albero

con gli uccelli dell'oblio.


Il sole morde la polvere

ed è notte.


Sterzo dal mio cammino

che mi parla del tempo.


Il silenzio richiama i fratelli di un tempo

la seta del cielo blu

si strappa tra le mie dita pallide.


Avevo una storia da raccontare, viva,

raccontamela, se vuoi, perché soltanto se seguo

la tua storia s'accende il dolce lume dell' avvenire.



                                               ***


POEMA IMPROVVISO


Torno da così lontano che ho paura di perdermi;

dietro di me, una lunga scia di cani.

Infine, crollano le corde e i vincoli

e mi calo ancora nell' usura delle mie lettere.


Un uccello grida : " Sbrigati, vecchio ".

Abbiamo sopportato la stagione al sole

non potevamo agire dal profondo della veglia :

Jeanne ha detto che era meglio così.


Lasciamo che arrivi la fredda stagione.

La neve è in agguato, come un miraggio,

non so più come mi chiamo né la mia età


e tutto tace nel dolce mallo della casa.


Mi tengo sullo stretto margine del confine :

contemplo la campagna circostante

una ecumene di schiuma bianca sul mare

e colline sui cui pendii la vite rampica.


Sono il vendemmiatore che l'uva desidera ?




                          Jean Cayrol   da   Notte e nebbia



lunedì 30 settembre 2024

IL RUVIDO UMANO DI MARIANGELA

 


                                      Tenere il sangue acceso. Essere cosmico coro.




" Lo gel che m'era intorno al cor ristretto..."

              Dante -  PURGATORIO XXX, 97


Chiudevo gli occhi

e dentro gli occhi chiusi

altri occhi sgomenti

restavano accesi.


Dentro gli occhi un lago

vagamente nero

e angoscia vaga leggera

covava il suo enigma antico -

una sfera di buio non mio

non io - e dunque di chi di che cosa ?


Dipanare una fetta di scuro

mondiale. Tenere il sangue acceso.

Essere cosmico coro.

Voce della voce. Sentiero - per quel lago

che giace sul fondo. Ghiacciato.

Pericoloso. Paurosissimo vero.



                                            ***


Prendevo il mondo

dentro me. Lo pettinavo.

Gli dicevo pianino 

stai buono. Sii paziente

con noi. Miglioreremo

siamo qui da poco.

Ancora non capiamo

e ci agitiamo troppo.

Ancora guerreggiamo.



                                             ***


Faceva il tempo

le sue finte.

Appoggiava spenti frutti

nel marcio. Dipingeva scenari.

Come osava il tempo come segnava

sui volti il suo gioco

sui volti sui musi

sui tronchi. Eppure c'erano

istanti 

d'oro e ancora ci sono

e smascherano quel suo 

lavoro finto

strappi in quel suo velo

agili decori - capolavori.



                                               ***


Pescherecci tu dici. Guarda bene.

Navi da guerra sono. Hanno radar

argani uncini. Reti infinite di tonnellate.

Hanno nomi appropriati - Vichingo

Barbaro. Per ognuna che salpa è spargimento.

Seminano ravvicinata fine

promettono tempeste e fame. C'è

tanto lutto sui pontili, lo vedi? Sulle prore

e le poppe, un esibito chiasso muscolare.


Potessi dire andate ad adorare.

Dite grazie al mare. Non rapinate.

Raccogliete ma non rapinate.

Fate bene. Siete uomini del mare.

Potessi dire è delicato, non lo rovinate -

sarei patetica, non credi?

Io questo chiedo, farli sanguinare

con le parole. Farli innamorare.



                                                 ***


Il mio cuore schiacciava le sue rondini

nel non avere tempo. Non avendo tempo

con quel mucchio modesto di cose da fare

non avendo davanti il largo tempo

il respiro si consumava e cadevano molti capelli


poiché non c'era tempo c'era la morte

poiché non c'era mai tempo è allora

che andando non si andava

da nessuna parte e facendo

non si faceva mai capolavoro. Poiché

in quel correre non si gustava

la delizia del fuori tempo

di animali e di fiori fuori del tempo

quando lentamente si apre il petto contenitore

e l'oro vero del mondo

con battito d'ala entra fino in fondo

fino al miracolo di un presente

appuntito. Lo so - è questa


la grave malattia del mondo. Semplice

alquanto da comprendere. Semplice da

curare - perché basta fermare - non essere

non fare non contare niente.



                                           ***


Ovunque c'è bellezza in eccesso

non è parsimoniosa la natura.

Mette tutto il fulgore

è ardente. C'è un entusiasmo sotto

una dismisura che la muove -

ebbrezza c'è, esagerata avventura di forme

e di colore.




                   Mariangela  Gualtieri    da     Ruvido umano



mercoledì 25 settembre 2024

POESIE DI ANNELISE

 


                                          Ti svegliavi di soprassalto, in un sogno d'inganno...






TI SVEGLIAVI DI SOPRASSALTO


Ti svegliavi di soprassalto, in un sogno d'inganno.

Nell' ufficio contabile al piano di sopra,

la donna delle pulizie spostava i mobili con discrezione,

quasi un marito che si raschi la gola in bagno.

Fuori la città si spostava a fatica : il coro dei clacson

ricordava il lamento di un uccello ferito;

tu, boccia nell' ultimo residuo di slancio,

rotolavi nella parte vuota del letto. E quando uscivi

percorrevi ogni giorno la stessa strada, a forma di coltello.


                                da   "  Aria di cerimonia "



                                           ***


GIUGNO


La spiga lentamente matura attorno agli occhi,

attesa dal laccio aperto dei sopraccigli.

Sotto, l'espressione la rende ondulata

come una Q romana incisa su una tabella di marmo.

Le palpebre, simili a petali, s'intrappolano

nel mazzo prima di cadere. Sulla fronte

si profilano le scale consunte di un palazzo.

Le guance conservano le tracce di un rematore

spiritoso. Ma le labbra sono a secco sulla spiaggia,

si sta scrostando la vernice. Nelle insenature

del naso il vento soffia, il paesaggio tutto

s'incupisce, si rabbuiano i capelli, sul collo

restano i segni degli anelli stretti.

Solo per le pupille è estate.


                             da   "  Mesi "



                                               ***


CHI VARCA QUESTA PORTA


Chi varca questa porta

è reciso dalla terra

come i fiori che porta.

Qui riposa un uomo senza terra.


L' isola ha il colore

del ferro quando invecchia,

delle efelidi, piccole primavere

e il sapore del sangue in bocca.


Qui le maree placheranno

la tua sete. Il tiepido vento

gli asciugherà il sudore. Frusceranno

i rami quando il sole sarà spento.


Sulla lapide picchieranno come baci

le pigne tonde cadute dai cipressi.

Gli uccelli sosteranno sulla croce.

E noi non saremo più gli stessi.


               da     " Chi varca questa porta e altre poesie "



                                             ***


UN MANTELLO DI TELA GROSSA


Un mantello di tela grossa

più grande di tante misure.

Io v'inciampo dentro per starti al passo,

e mentre mi rialzo ti ho già perso.

Qualche volta ti fermi in un cespuglio,

e se mi avvicino, gridi : " Vattene! ".

Non ho il tempo di spiarti

né di guardare oltre il bosco,

né il coraggio di chiederti

dove mai siamo diretti.

So soltanto che per me

il tuo passo è troppo svelto.

Perché ti vengo appresso ?

E' la tua porpora polverosa che mi attira.


                         da    " Lettera in forma di sonetto "



                                              ***


E' ARRIVATA LA SIGNORA


E' arrivata la signora, ma la chiave

le sfugge due volte giù dal muro,

e cadendo produce un tintinnìo sonoro.

Come nella fiaba di Perrault, a te, Isabella

Morra, era proibito usare solo una chiave,

penetrare solo in una certa stanza,

pena: il sangue. Invece schiudesti l'amore.

Lei - nella fiaba - fu salvata dai fratelli;

tu, in loro, dai nomi shakespeariani,

trovasti i tuoi guardiani efferati.

Invocavi il padre, il suo cavallo o battello,

ma lui non ti aiutò. Non accorse, non

usò da messo il polverone degli zoccoli ferrati.

Mai capisti che era lui il tuo Barbablù.


                       da   " Astri e sassi "



lunedì 23 settembre 2024

I WAKA DELLA NOSTRA ANIMA

 


                                                    Paesaggio giapponese in primavera



I Waka , poesia giapponese di cinque versi costituiti da trentun sillabe, sono rondini, e sono - per loro natura - " primaverili " : un trillo, un volo rapido e radente, a sezionare il ventre del vento. Natura solubile, quella di queste poesie : leggi e la parola svanisce, tra sibillini sibili. L' immagine - spesso di precisione al diamante - corre il rischio di sembrare leggera - in verità, avvelena il corpo, avvinghiandolo in una rete di reticenze e di lumi sotto il velo. I Waka erano praticati un tempo dai samurai, per affinare l'estro, e dai monaci, per rasentare l'illuminazione. Ne hanno scritto poi dame martoriate da amori infelici e imperatori in esilio, immalinconiti nel rendersi conto della vanità del potere. In pochi tratti sorge un paesaggio, è stipulata una vendetta, si spalanca l'abisso dell' Io. Queste poesie, che recano in sé l'azzardo delle imprese marziali, venivano impresse su paraventi, ideate durante le competizioni letterarie bandite dall' Imperatore, e sono piene di dettagli della vita comune: un albero, la luna, l' amore e l'attesa, l'odio e i capelli, la vecchiaia... La meraviglia della poesia giapponese è che trae materia dall' effimero per farne eternità plenaria. Il fiore, il lago, il vento e gli elementi della natura diventano così entità metafisiche.




Waka di AUTORI DIVERSI , nel susseguirsi del Tempo :



                                                

Giorno cupo: nei campi

si va a raccogliere il grano.

Cerco riparo sotto un tetto

ma la paura, come sempre, è vana:

la manica è già pregna di pioggia.


                             ( 626 - 672 )



                                           ***


Lunga è la coda del fagiano

che si torce in volo:

ancora più lunga 

è questa notte infinita -

ma ho scelto la solitudine.


                             ( 662 - 710 )



                                               ***


Sento il singulto del cervo

mentre cammino su foglie d' acero :

è lontano, sul fianco della montagna -

il vento soffia ovunque ed è triste

affidarsi all' autunno.


                              (  VIII - IX  sec )



                                              ***


Amore slaccia il tuo pensare,

fa' del volere un labirinto...

Sono come un disegno 

su una stoffa di Michinoku :

tutto è ancora informe.


                             ( 822 - 895 )



                                             ***


Luna satura di notte,

scorgo nell' alba d' autunno

mentre attendo il tuo noto passo,

mi hai promesso:

" Verrò da te" .


                             ( 844 - 910 )



                                              ***


Odio la luna fredda e ostile

che scintilla al mattino;

nulla è più triste che restare

soli mentre l'alba proclama

la giovinezza del giorno.


                            (  889 - 948 )



                                              ***


Amare le donne

è la mia condanna :

potessi apprezzare

gli uomini - loro

li odio soltanto.


                            (  910- 966 )



                                                 ***


Dimoro nella solitudine

alieno agli uomini : per questo

dobbiamo sodalizzare 

caro ciliegio di montagna -

non ho altro amico che te .


                              ( 1055 - 1355 )



                                                  ***


Dubito della sua costanza

non sopporto la mia debolezza :

nodi tra i pensieri

nodi tra i neri capelli  - mi torturo

gli importerà di me?


                                 (  XII sec )



                                                ***


Non posso nascondere

l' orrore per la vecchiaia :

un giorno il filo si spezzerà,

sparse le perle sul pavimento -

il tempo non si contrasta.



venerdì 20 settembre 2024

LE STAGIONI DEGLI HAIKU

 


                                                                 Autunno giapponese 



La selezione di poesie brevi giapponesi " Haiku"  qui presentata è tratta da una raccolta inedita contenente circa seicento composizioni.

Le raccolte classiche di haiku sono suddivise internamente in cinque parti, corrispondenti a cinque stagioni, perché il periodo iniziale dell' anno " shinnen " è considerato in Giappone a una stagione a sé stante. In quasi tutti gli haiku - inoltre - è presente una parola o un'espressione codificata, detta " kigo " "  ossia " stagione - parola " che serve a porre in relazione il poema con la stagione e il significato spirituale di questa. " Stagioni" dunque, da intendere come risonanze prodotte nell' anima dalla contemplazione del succedersi dei cicli stagionali. Stagioni reali, ma allo stesso tempo allegorie di un percorso di conoscenza, simboli di una vita spirituale in cui si avverte una profonda sensibilità verso il sacro, prodotto da una visione del mondo le cui radici affondano nelle tradizioni spirituali dello Shinto e nello Zen.




BUSON    ( 1715 - 1783 )


Erbe nebbia

fra acque silenti

il tramonto.


     *


Primavera

indugia ancora

negli ultimi fior di ciliegio.


            *


Tra i lampi

s'ode dai bambù

stillar la rugiada.


           *


Su campi montani

pioggia leggera svanisce

fra giovani foglie.



                                                     ***


BASHO   ( 1644 - 1694 )


Silenzio

un frinir di cicale

trafigge le rocce.


             *


Non scordar mai

il solitario sapore

della bianca rugiada.


               *


Fra i rami di pesco

che sbocciano ovunque

il primo fior di ciliegio.


             *


Tra rami 

bagnati di pioggia

fuggevole luna.


        *


Desolazione invernale

in un mondo d'un solo colore

il suono del vento.


          *


Il mare s' oscura

richiami d'oche selvagge

biancheggiano appena.



                                            ***


ISSA    ( 1763 - 1827 )


Limpido vespro

nel cielo turchino s' inseguono

monti d' autunno.


     *


Lontano vicino si ode

crosciar di cascate

tra foglie cadute.



                                               ***



ONITSURA  ( 1660 - 1738 )


Inizio d' anno

vento di mille anni fa

soffia tra i pini.


      *


Come sono verdi 

i penduli rami del salice

sull' acqua che corre.



                                        

             A cura di Mario Polia    Kokoro - No  Aji   " Il sapore dello spirito "