lunedì 20 marzo 2017

OLTRE LE PASSIONI TRISTI 2 ( La tua sofferenza non ha senso )



(...)  La medicalizzazione della vita induce una patologizzazione
        della sofferenza che ne muta la natura e la rende
        insopportabile.
        Un caso esemplare è quello dei bambini cosiddetti
       " iperattivi", curati innanzitutto con il Ritalin . Un tempo
        definiti " turbolenti", questi bambini potevano esserlo per
        diverse ragioni; non si pretendeva di spiegare il loro
        comportamento " con a + b". Essere turbolenti era
        considerato come un modo particolare di essere al mondo,
        sicuramente passeggero, con il quale occorreva venire a patti.
        Ma da quando il riduzionismo fisicalista ha creduto di " aver
        trovato la causa " dell'iperattività - un deficit nella produzione
        di dopamina -, il modo di essere nella sua molteplicità
        conflittuale è scomparso a favore di una concezione lineare
        semplificatrice. Una volta posta l'etichetta, si è creduto di
        sapere tutto sul bambino.
        Il fenomeno in questione rimanda - come s'è già detto - alla
        medicalizzazione della vita. " Medicalizzare" la vita, è agire
        come se modelli completi e coerenti potessero sussumere i
        funzionamenti intricati e complessi della vita. L'inscrizione
        della sofferenza in un modo di essere, lascia allora il posto
        ad una comprensione del vivente in termine di patologia.
        In questa prospettiva, siamo spinti a soffrire non solo del male
        che ci affligge, ma anche dell'inammissibilità di quel male
        inteso come un elemento della nostra vita. Il malato è
        assimilato ad una sorta di deviante sociale. La norma diventa
        un diktat imperioso: se siete obesi o anoressiche, malati di
        cuore o diabetici, o soffrite di una malattia psichica, questo è
        un affare che riguarda i tecnici della salute, quelli che
        possiedono la griglia di valutazione della norma, e non avete
        che da essere un " beneficiario delle cure" passivo e
        obbediente. Questo modo di intendere la sofferenza, la
        raddoppia, imponendo una passività spesso dolorosa.
        La sofferenza non ha nulla a che vedere con voi. Il vostro
        corpo - o il vostro cervello - ha seguito una strada deviata: è
        inutile cercare un senso a tale deviazione; non dovete far altro
        che lasciarvi portare sulla retta via dalle tecniche e dalle
        molecole ad hoc .  (...)


              Miguel  Benasayag  da     Oltre le passioni tristi


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