lunedì 20 marzo 2017

OLTRE LE PASSIOMI TRISTI 4 ( L'importanza di contestualizzare i problemi )



(...) Penso sia chiaro che una terapia dell'accoglienza non è
      incentrata sull'individuo, ma sulla situazione. In tal senso un
      asso fondamentale della terapia situazionale è la 
      contestualizzazione dei problemi psi. In un celebre testo, Hegel
      scrive che " concreto" è sempre il sistema, il contesto, mentre
      gli oggetti parzialmente " astratti" - dal sistema - sono 
      impossibili da comprendere nella loro immediatezza. Hegel fa
      l'esempio di un articolo scritto da un giornalista dopo la
      pubblicazione della sua Logica . Il suo autore ironizzava su
      quell'opera fondamentale affermando in sostanza: il signor
      Hegel rende conto dell'universo, delle stelle e dello spirito, ma
      che cosa direbbe in concreto della mia penna?. Al che Hegel
      rispose che la penna del giornalista era un elemento troppo
      astratto per dirne qualcosa, perché troppo decontestualizzata e
      separata da un sistema o da una forma al cui interno
      unicamente potrebbe emergerne un senso.
      Nella pratica clinica, gli psi si trovano regolarmente alle prese
      con quel genere di problema: la persona arriva con una
      problematica " concreta" che la disturba, o addirittura le
      impedisce di vivere, e chiede al clinico di intervenire. Ma la
      problematica o la sofferenza sono troppo astratte, così come lo
      è il paziente inteso come individuo. Nella terapia situazionale,
      la questione della contestualizzazione è quindi assolutamente
      decisiva, al punto che il paziente - individuo diventa, in un 
      modo senz'altro controintuitivo, un elemento in più nella
      situazione da comprendere. Dal " mi accade questo" verso la
      comprensione dell' " accade questo"...
      L'esigenza di contestualizzazione indica lo sforzo del terapeuta
      per aiutare il paziente a " conoscere attraverso le cause". Con
      tale espressione si intende una forma di conoscenza di sé che
      abbiamo perduto con la modernità, ma che era scontata per i
      Greci dell'antichità. Per questo popolo - infatti - conoscersi
      non significava affatto conoscere cause, origini e conseguenze
      dello " sporco piccolo segreto" di ciascuno.  " Conosci te
      stesso" voleva dirsi conoscersi nel mondo e conoscere come il
      mondo si manifesta in se stessi. Nel medesimo spirito, la
      terapia situazionale mira ad aiutare il paziente ad andare verso
      la conoscenza di secondo genere : conoscere le cause
      attraverso i processi, e non soltanto attraverso ciò che mi
      colpisce passivamente. La terapia situazionale implica in tal
      senso un processo di desogettivizzazione. Noi terapeuti
      dobbiamo accompagnare il nostro paziente verso una
      conoscenza che non è sapere cosciente, ma esperienza,
      consentendogli di assumere ciò che " gli " accade, ciò che
      accade fuori e prima del soggetto. Consentendogli in tal modo
      di uscire dalla trappola narcisistica secondo la quale la sua
      storia personale sarebbe  la sua storia " ben custodita".
      Noi tutti conosciamo in effetti quella desolante tendenza ad
     " aprire il proprio cuore" a qualcuno raccontandogli le nostre
      piccole traversie, pene e frustrazioni. Ognuno rimane allora
      nel suo piccolo mondo chiuso e immaginario, attuando una
      sorta di " casting" inconscio nel quale non si incontra mai
      l'altro, ma uno che può assumere il ruolo desiderato dal suo
      fantasma. In realtà, tutto ciò che mi accade - anche se io lo
      sento come quel che ho di più intimo ), potrebbe accadere allo
      stesso modo ad un uomo della mia età, che abbia il mio vissuto.
      Parlare molto intimamente di me indica quindi l'espressione di
      un'articolazione con il mondo, la storia, l'arte, la politica. (...)


           Manuel  Benasayag     da     Oltre le passioni tristi

Nessun commento:

Posta un commento