martedì 19 dicembre 2017

LE RAGIONI DELLA COLLERA

 
 

                                      Che distruggerai con un solo palpebrìo...



INCARICO

Non mi dar tregua. Non perdonarmi mai.
Fustigami nel sangue, che ogni cosa crudele sia che tu ritorni.
Non mi lasciar dormire, non darmi pace.
Allora conquisterò il mio regno,
nascerò lentamente.
Non mi perdere come una musica facile, non essere né carezza, né guanto;
intagliami come una selce, dispérami.
Conserva il tuo amore umano, il tuo sorriso, i tuoi capelli. Dalli pure.
Vieni da me con la tua collera secca, di fosforo e squame.
Grida. Vomitami arena nella bocca, rompimi le fauci.
Non mi importa ignorarti in pieno giorno,
sapere che tu giochi, faccia al sole e all'uomo.
Dividilo.

Io ti chiedo la crudele cerimonia del taglio,
ciò che nessuno ti chiede: le spine
fino all'osso. Strappami questa faccia infame,
obbligami a gridare finalmente il mio vero nome.



                                                 ***


RESTITUZIONE

Se della tua bocca non so che la tua voce,
e dei tuoi seno solo il verde o l'arancione delle tue bluse, come posso avere la presunzione di
avere di te più della grazia di un'ombra che passa sull'acqua.
Nella memoria porto gesti, la moìna che tanto felice mi faceva,
e questo modo di restartene in te stessa, con il curvo riposo
di un'immagine d'avorio.
Non è gran cosa questo tutto che mi resta.
In più opinioni, collere, teorie,
nomi di fratelli e sorelle,
l'indirizzo postale e il numero di telefono,
cinque fotografie, un profumo di capelli,
una pressione di mani piccole fra le quali nessuno direbbe
che si nasconde il mio mondo.
Questo tutto me lo porto senza sforzo, perdendolo poco a poco.
Non inventerò l'inutile menzogna della perpetuità:
meglio passare i ponti con le mani
piene di te,
tirando via a piccoli pezzi il mio ricordo.
Dandolo alle colombe, ai fedeli passeri,
che ti mangino fra canti, arruffi e svolazzi.


                                                 ***


LIQUIDAZIONE DI SALDI

Mi sento morire in te, attraversato da spazi che crescono, farfalle affamate che mi mangiano,
appena vivo, con le labbra aperte dove risale il fiume della dimenticanza.
E tu con delicate pinze di pazienza mi strappi i denti, le ciglia, mi denudi.
Del trifoglio della tua voce, dell'ombra del desiderio
vai aprendo in mio nome finestre allo spazio
e fori azzurri nel mio petto
da cui le estati fuggono lamentandosi.
Trasparente, affilato, intessuto d'aria
fluttuo nel dormiveglia, e ancora
dico il tuo nome e ti sveglio d'angoscia,
però tu ti sforzi e mi dimentichi.
Già sono appena la liquida bolla dell'aria
che ti riflette, che distruggerai
con un solo palpebrìo.



       Julio  Cortàzar   da     Le ragioni della collera


               





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