martedì 28 febbraio 2017

LA SCIENZA DEGLI ADDII 3



(...) Ora non vede più neanche la luce fastidiosa della stanza
       accanto : è tutto buio, o quasi. C'è un raggio, Osip l'ha scritto
       in una poesia, e in una poesia tutto si avvera. Avrebbe voluto
       seguire il raggio, diceva Osip nei versi, e che lei, Nadezda,
       diventata raggio, imparasse dalla stella il senso della luce.
       Sappi che mormoro, e mormorando ti affido al raggio che dura
       in eterno, bambina mia - così aveva scritto Osip quarantatré
       anni prima.
       Ora non sente più il brusio della casa, ma quel mormorio sì, lo
       sente : il mormorio delle labbra che si muovono e che niente
       può far tacere. Anzi, ora che tutt'intorno c'è un silenzio
       profondo, riconosce la voce: è una voce inconfondibile, che
       recita cantando. Non riesce ancora a vederlo perché c'è un
       gran buio, ma segue la traccia della voce. La voce è forte, deve
       essere molto vicino, nel raggio insieme a lei. La voce è ancora
       più forte, e si confonde con la sua, perché anche lei sta
       parlando...
       Sono io, Nadezda... Osip, dove sei?    (...)


         Elisabetta  Rasy   da     La scienza degli addii

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