(…) Ma tornando a me, quelle foto sono rimaste nei miei occhi
durante le ore,i giorni e le settimane successivi. Qualche mese
dopo mi sono reso conto che non le avrei dimenticate mai più.
Ed è stato allora che ho deciso di fare l'unica cosa che so fare:
studiarle, girando attorno alla loro terribile forza e al loro
intollerabile mistero. Ripercorrere la strada che le ha portate
nel cuore di un'umanità abitualmente distratta. E' stato un
viaggio complicato nel tempo e nelle idee, perché l'arte
fotografica ha ormai una lunga storia e molti autori se ne sono
occupati quasi fin dalle origini, e sulla forza del web nel
diffondere ogni tipo di contenuto sono stati già versati i classici
fiumi di inchiostro. Le pagine che seguono sono il diario del
mio viaggio: i tre capitoli raccontano la breve vita di Alan e la
diffusione delle sue foto; il legame tra quest'ultime e l'intera,
complessa storia del rapporto tra fotografia e rappresentazione
della morte; infine un percorso nelle radici dell'immagine del
bambino- vittima della storia della ( nostra ) cultura.
E' un diario senza nessuna pretesa di esaustività, di profondità,
di saggezza né tantomeno di conclusioni universali. Come ha
scritto Pierluigi Cappello :" Il poeta non scrive della rosa ma
di questa rosa, della sua sfumatura, della sua breve durata ".
Lo stesso ho fatto io, senza essere un poeta. Incapace di
risolvere questioni universali come il dolore del bambini, le
responsabilità degli uomini, il ruolo della fotografia, la forza
dei social media, mi sono concentrato su poche strazianti
immagini. Nel farlo, ho cercato di tenere sempre in mente
Alan. Se non ci sono riuscito chiedo scusa una volta di più a
questo sfortunato bambino, figlio, nipote e fratello di tutti noi.
(…)
Fausto Colombo da Imago pietatis ( Indagine su fotografia e compassione )
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