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lunedì 28 luglio 2025

LA STRADA DI DAMOCLE

 


                                                                                   A parte la vita, tutto bene...





I versi di Lucio Toma appaiono fortemente intrisi di quotidianità. Questo non assume di per sé un significato particolarmente rilevante : la poesia non ha bisogno di essere " quotidiana" per suscitare né cercare interesse nel lettore. Meglio focalizzarsi su quella combinazione di elementi afferenti al simbolo e al linguaggio : nel caso dell' autore, tali elementi si fanno largo in relazione al tema della salute, condizione che si esplora a partire dalla vicenda personale. Nella malattia, l' elemento espressivo principale si manifesta attraverso l' umorismo nero : l' autore è attraversato da una disposizione all' umor nero che non intende lasciare spiragli di vaghezza né superflui e fallaci sfiatatoi. L' osservazione, la constatazione amara  e - nonostante la lucida sobrietà - il coinvolgimento affettivo si allargano a comprendere i più vari ambiti di umanità.





A parte la vita, tutto bene, grazie :

non posso lamentarmi di molto altro.

D' accordo, non è bello quel che 

si dice né giusto quel che si vede

o vero ciò che sembra spesso da che è

mondo si sa che si accontenta gode

e a caval donato non si guarda in bocca

respira e basta con questi luoghi

comuni perché non ci sono più

le stagioni di una volta ma ipotesi

di ragioni se un calice mezzo vuoto

o mezzo pieno è questione di gusti.


Perciò brindisi a parte

non posso lamentarmi di molto altro.



                                                      ***


Più che in un manifesto elettorale

ho fiducia in quello funebre

perché è senza inganno

che mi dice chi ha sputato

i suoi ventisette grammi di fiato

e ora non è più niente, solo aria

fritta raccolta dalle narici

o particolato di quell' auto Euro 3.


E al dunque del si salvi chi può

( perché pietosamente ci si pensa )

siamo alla solita frutta al dessert

per cui tutto torna come sempre

in una festa a potersi ricordare

e a dire tanto che qualcuno

proverà pure a sorridere perché

in fondo è così che va la vita.



                                                      ***


Lasciatelo in pace.

Dio è mio

e non quello che dite,

pieno di croci e di spine.

Dio è libero

ha soffici ali e vola dappertutto,

come le fronde del vento in arteria,

come la morte sui tetti della città.



                                                    ***


Ancora un giorno perso

dietro al mio corpo

che stringe una flebo

paziente nell' attesa

del dottore mentre l' anima

incallita già si fa

elettrocardiogramma

di Gutenberg.



                                              ***


Se fossi solo un uomo nello scazzo

dell' attesa al centro commerciale

noterei solo una commessa spogliare

un manichino prima di rivestirlo

a primavera e non credo

quei gesti così lievi da violinista

mentre appunta lo spartito

dei prezzi e che non è così poi

scontato - a pensarci bene - a chi

resta da questa parte della vetrina.



                                                  ***


In una pagina della mia vita

( avevo anni per Dio

da rivedere e correggere )


fui chiamato alle armi

alla naia di parole

senza capire contro chi dovessi

combattere, chi fosse il nemico.


Fui riformato sulla strada

di Damocle

mani in alto

che le domande ammutolivano.


Per la verità è difficile schivare

i giorni che piovono addosso come

proiettili e possono ucciderti

se non vuoi farti ammazzare.


                                                  




                            Lucio  Toma     da       La strada di Damocle



giovedì 3 luglio 2025

LA SETE INTATTA DI BENZONI



                                                                       Vi aspetto.... Tornate !



Nel deserto civile e culturale che contraddistingue questi anni, la fievole voce di Ferruccio Benzoni riemerge - quasi per miracolo - dall' ombra che per troppo tempo ha avvolto questo poeta discreto, confinato in una marginalità tragica che lo ha portato su solitari sentieri, dove ha cercato di preservare ciò che fugge : gesti, amici scomparsi, la dolcezza dell' amore, forse la Bellezza. E quanto più il poeta ha percepito l' inverno di tutte le cose, il gelo personale e collettivo, tanto più si è contrapposto al Nulla, nell' umana speranza che non tutto sia perduto.




A MIA INSAPUTA


Vorrei per una volta tutti

della mia vita i volti s' affollassero,

e uno in particolare contro

invetriata senza desideri.

Sorridono e all' implorante:

" Vi aspetto, tornate "  -

socchiuso lasciano il battente

neanche spettasse a me seguirli ( chi qua chi là scomparendo )

o fossi dei loro già, senza saperlo.



                                                      ***


DI GIUGNO


Altre calamità 

non sempre dicibili non

miniaturizzabili sempre

- e il sole a bruciapelo

di un' estate irrompente soccorrendo

tutto il verde delle robinie.

Ma vedi come l' età aiuta a mitigarne lo sfarzo ( lo spasimo )

adducendo brividi in un poco

d' ombra serale

vociferando

piovaschi da una sventagliata

bassissima di rondini...

Così un inverno è divampato

e i suoi bracieri gelandosi

in un marzo stentoreo - ma non credere ai miei crepuscoli a

un infortunio d' amore, tu sai

non esiste grazia senza l' orrore.



                                              ***


CANZONCINA


Canicola in presagio d' autunno.

Pure un' ombra serpeggia s' insinua,

ma non diradare i tuoi passi.

Lasciami un bricco di caffè e rum

per quando non ci sei e una gloria

s' infoltisce di serpi e foglie.

Verrà un crepuscolo d' inverno.

Il tuo tailleur pesante che sa

di verdeamaro squillante.

Ma lasciami lagrimare

diradando i tuoi passi

- non esimermi da un sole svenato -

dall' insonnia, dalla calvizie.



                                                     ***


A MIO PADRE


Neanche con te che ora mi sorridi

con occhi nuovi in sogno

tra il viola delle nubi il giallo

asfissiante dei crisantemi -

lo slancio d' un volo ch'è finito,

neanche con te troverebbe ali.

E mentre t' allontani ( rimuori )

timido come da una riva ti guardo,

ti sorrido, dopo quanti anni ?



                                                ***


NOTIZIA D' ADDIO


- " Ferruccio, Ferruccio..."-

Dal tuo profilo spigoloso

di grazia il pigolìo.

Odoravi d' ascelle. Di bucce

di mele aspre, lisce.

Assonnati gli occhi in prestito

un giorno solo alla terra.

" Ferruccio, Ferruccio..."

Aspettavi tra i binari ridendo.

Ridendo fuggivi in una folata

lumescente di liquidi vetri.

( Sia pure su un treno spettrale, sparisti ).

E io ( io ) non così vecchio, roso

dallo sconforto, dall' ebbrezza di

un giorno rivederti.


Oltre la porta, nella sera

strofinata di fiammiferi

il tempo franava aizzando

un etilismo di rimpianti.




                      Ferruccio  Benzoni          da    La sete intatta




lunedì 23 giugno 2025

POESIE DI KARIN BOYLE

 


                                                       Lasciandoti - pieno di parole - in un mondo vuoto...




Dunque, è dal termine che bisogna partire: dalla gemma partorita con dolore, dalla goccia che prima di cadere e di mutarsi in folgore, trema, si aggrappa - icona di spina, sventata vampa - al ramo. Così scrive la poeta in una delle sue poesie più note  ( si può leggere nel blog  cliccando nella lista degli autori ) ; ciò che sboccia succede con dolore, ciò che nasce ferisce, il nuovo accade per ventura d' inverno in grammatura d' oro. Sembra di leggere la " Decima Elegia " di Rilke, quella della " felicità che ascende ( si può leggere su questo blog, cliccando sul nome del poeta ), della commozione che lascia sgomenti " quando cade una cosa felice " . In Karin è epidermica la violenza, la screziata grazia della cosa che si spezza, la fiamma prima della felicità, la forza che discende.

Fu pure lei, Karin, goccia che cade, frutto che - risolto a maturità -si apre : purissima gemma, la poeta scelse Alingsas, cittadina di laghi; scelse i sonniferi : cadde. Aveva quarantun anni; l' anno, il 1941 è lo stesso in cui muoiono - volontariamente - Virginia Woolf e Marina Cvetaeva. Karin optò per Aprile, il mese che " genera lillà da terra morta, confondendo / memoria e desiderio. "




GLI  DEI


I carri degli dei

non scuotono le nubi

scivolano silenti

come raggi.

I passi degli dei

sono difficili da udire

come un mormorìo

nell' erba.


Con cautela

segui le loro tracce:

profumano di una

vicinanza tremenda.

Voleranno, lasciandoti

pieno di parole

in un mondo vuoto.



                                                ***


NON NOMINARE


Molte cose fanno male e non 

hanno nome.

Taci e accettale.


Il molto è segreto, oscuro il

pericolo,

Sopporta e porta rispetto.


Meglio confinarsi nel segreto

e non solleticare i semi che

crescono.


" Dove il pensiero non  si avventura

Madre di Tutto, guidami,

esortami ! "


E' bene ascoltare la voce della

Madre -

non ha parole la cura, non ha

nomi il cuore.



                                                     ***


IL CONFORTO DELLE STELLE


Ho parlato con una stella, la

scorsa notte

luce lontana, in inabitati spazi -

" Cosa illumini, strana stella ?

Ti muovi così grande e luminosa ".


La mia pietà l' ha ammutolita

poi, con il suo stellato sguardo :

" L ' eterna notte illumino

illumino lo spazio senza vita .


La mia luce è fiore che non appassisce

nello spinato autunno del cielo.

Questa luce è tutto ciò

che ho, il mio solo conforto ".



                                                  ***


CUORI


Alcuni cuori sono

inesauribili tesori.

I  loro proprietari gettano

con generosità - ovunque - i rivoli di

quel sole.

Con mani tenaci accogliamo

il dono, grati. Felicità

e salute a te, benedetto,

che maneggi l' oro come fosse

sabbia !


Alcuni cuori sono

inabissati fuochi.

Nella più fredda notte

un riflesso sulla neve.

In quell' incanto, nessuno

sopporta il desiderio

tranne chi scorge una luce

nella notte e ne vuole la fiamma.



                                                   ***


QUIETE


E' così grande questa quiete, la

quiete

di un' assolata foresta in inverno.

Come ha fatto la mia volontà a

diventare

così perfetta, così obbediente la

mia vita ?

Portavo in mano una ciotola di

vetro - risuonava.

Il mio piede è diventato cauto -

non inciampa più.

La mia mano è precisa - non

trema più.

Sono stata travolta dalla violenza

delle cose fragili.




                             Karin  Boyle    da     DE SJU  DODS SYNDERNA  Trad  di Daniela Marcheschi



lunedì 2 giugno 2025

I CANTI DEL RITORNO DI ANDREA

 


                                                       Attraversiamo da soli questi mondi in contrasto...



I " Canti del ritorno" non sono una semplice raccolta di poesie eterogenee, bensì formano un libro coeso e a sé stante, centrato su un tema specifico : la morte. La narrazione si articola in quattro sezioni, ognuna introdotta da una breve prosa poetica a cui seguono una serie di componimenti. A questa struttura viene dato il compito di raccontare la ricerca da parte dell' Io di un canto, attraverso il quale ritornare a una dimensione esistenziale autentica che abbracci l' esperienza di morte che anima il viaggio . Un viaggio che attraversa il ciclo delle stagioni e le varie fasi del giorno, formando un vero e proprio percorso di indagine esistenziale ed espressiva. Un cammino che si dipana di fronte a chi tenta la parola, mostrandogli la via.




Attraversiamo da soli 

questi mondi in contrasto.

La gente passa e canta staccata

dietro di noi, senza

ricordarci. Ogni volta che

spezzo un ritmo mi

ritrovo a ricordare :

forse perché vorrei solamente

unire senza dover

guardare per forza dentro

i bulbi, analizzare d' istante

i sogni che tocco con mano

e mi causano allergie

estrinseche. Cerco di

dare corpo alle cose che

mi si avviluppano intorno

per poi cadere : non 

posso afferrare, non 

declinare o coniugare in

forme, non ora. Avviene

sempre una distrazione

che mi cinguetta sopra e

fà dubitare in ogni

punto distratto e distaccato,

quasi fosse un colore

lontano che mi ritorna.

Rimangono solo le cose solite

che possono accompagnarmi

fino a ricollegare - ancora -

quello che c'è.



                                                    ***


Saltando dentro una sera

azzurra tra un solco

arancio e un altro, che mi

sa di sangue, pensando 

una morte. Rincorrono gli

altri le cose sulle luci di una strada,

e ti trema rimbombando

lieve il cuore, che hai 

ancora paura. La cosa

s' arrossa e svanisce,

e sai che passerà in

una vita incastrata

tra una sfumatura e l' altra.

Così me ne voglio

andare, finché c'è tempo.

E  intanto il cielo è

passato e rimane solo

una spoglia di rosso, e

ti riporta gli occhi.



                                                 ***


Su questa l' linea d' aria c'è una

città che ci ascolta,

senza chiedere.

Mi aggrappo con le

unghie al bordo del mondo

senza guardare, sperando cada

da sopra l' acqua a bagnarmi

di nuovo i capelli. Questa città

è piena di storpi, e si

cammina a stento in mezzo:

voglio sbattere e scancrenare

le spalle sui pali attorno

ai miei organi spenti,

cercando di risolvere

e risolvermi, inseguendo le

scarpe degli altri solo per

fermarmi e guardarli voltare

l' angolo. Tu girati a dissolverti,

a tirarti addosso il corpo addosso

un muro.

Cosa dobbiamo fare di noi

stessi dopo quell' ombra ?

Verità è che mi guardo in

faccia e mi ribadisco : un 

giorno recupererò il mio tempo.

Leggerei quasi un orfico che

m' abbaglia la testa. E' bello


vedere queste immagini che

si rifrangono tra i fiori e

l' erba, attraverso il vetro

che separa i miei occhi

che hanno male. Oh,

perché gli angoli di

cielo mi chiudono

davanti le palpebre ?

Era strano : sentire di nuovo

il bel tempo dopo così

tanto passato a tentare

- nel mondo - un solco

più pulito e sincero.

Era strano ritrovarsi

di nuovo qui, ritrovare

i propri avverbi di

luogo che mi riportano

ancora lì, nel mio posto.



                                                  ***


Lascerò che parli un silenzio.

Rimarrà l' esperienza, che

ci guarderà attraverso un

ricordo, per dircelo : la

morte si avvicina dentro

una vita, dopotutto. Era partito

un mattino a mezzogiorno e

il sole sembrò più

leggero, insieme al vento.

Mi ricordò un altro sole,

accanto a lui, quando eravamo

sulla soglia di casa e

sentivamo le parole, scambiandocele

in altre forme. Arrivare a

scorgere un pensiero

era difficile, così ti racconto :

c'era una lettera sotto un 

piatto e si odoravano ricordi,

quando li sentivi sulle tue

corde, e narravi. Creasti un

mondo, riportandolo in vita a

chi non c'era stato, narrando

una storia e un filo.

Danzano sul bordo degli

spigoli, danzano, li vedi ?

Ci riportano dentro insieme

nel canale del tempo che

è scorso tra qualche crepa

ingiallita, e ti vedo :

cielo tra un colpo e un altro

in mezzo alle nuvole della

città vissuta dai tuoi piedi.

Li avresti narrati, quei voli

alle mie orecchie impuntate sulle

tue rughe, mentre t'abbracciavo

prima d' una partenza, ancora.

Ora il narratore è partito

davvero e rimango qui

in attesa scorgendolo, bambino in

corsa, a mostrarmi un

racconto da vicino.

" Puoi proseguire ".

" Come ? "

" Col ricordo di una storia, toccandola

senza chiederti, mentre corre

lontano ".




           Paolo Andrea  Pasquetti     da      Canti del ritorno




lunedì 12 maggio 2025

LA MADRE CHE RESTA

 



                                                                   Stavo per trasformarmi in madre...




Nominare la perdita, dare voce al non vissuto. Risemantizzare un presente negato, un corpo che cresce e langue nella deflagrazione della mancanza. Non conosce retorica la scrittura di Patrizia  Baglione, è carne viva che sanguina, è vetro di carta che germoglia in un vuoto che fa male. E' il corpo che si fa verbo e che in questo verbo poetico si scopre parola di pietra, voce che è tutto ciò che resta alla madre, un corpo mutilo che cerca se stesso in un grembo vuoto.






Chiedo in modo semplice

di essere figlia tra le rovine,

madre che supplica

l' aria che respira;

attenta alla bocca

intrisa di luna

moltiplicando il verbo

all' infinito.


                                                     ***


Provo a scrivere parole

su cui posare il capo; viso

che cede al  minimo gesto.

Non ha avuto terra la mia costola,

né occasioni di cospargersi

nel bianco dell' ultimo occhio.

Sono senza storia le mie ferite:

uno sguardo nel vuoto, l' altro

nel petto.



                                                 ***


Mi somigli nei tagli delle mani,

lungo la linea della bocca,

nello spazio che ti rende vivo

e quello che ti strugge.

Piccolo corpo, sei, dentro il mio.

Quantità assoluta 

di un bene mai provato.

Cordone,

anima, pancia.


Ancora di salvezza

senza nemmeno arrivare a fondo.



                                              ***


Voglio adottarmi intera,

imparare a tremare,

vedermi unita, mai più separata

un pezzo a destra, l' altro,

a sinistra - combattuta

pure di me stessa.

Accogliere la paura

fiorire in trasparenza,

voglio smettere di morire

un po' alla volta.



                                                 ***


C' eravamo quasi.


Potevo scegliere un nome,

immaginare un volto,

sollevare in alto le pietre.


Stavo per trasformarmi

in madre - la tua.


Fatta di vetro, 

in abito di carta; madre

come onda di fiume.



                                                ***


Esiste un tempo in cui la morte

abbraccia attenta pure i vivi.

Col passo levigato come marmo,

essa ci appartiene - ci è madre.

Lo sai. C'è stato un tempo in cui

anch'io avrei potuto esserlo.

Ti immagini, figlio caro,

con quali braccia, occhi,

gambe, cuore, lo sarei stata.



                    Patrizia Baglione   da   Madre che resta



martedì 6 maggio 2025

LA FIGLIA DI MARIA

 


                                                                    No, non è un uccello questa paura...



Nelle poesie di questo testo, l' autrice racconta con intensità e onestà la sua condizione di madre di una figlia malata, esperienza che ha contribuito ad accrescere l' amore per questa piccola bambina. Un libro che testimonia le difficoltà quotidiane di una madre coraggiosa.



IL NIDO


La casa piange e io

asciugo legna per il tuo corpicino

( giocattolo che si allaga 

margherita annegata ).

La casa piange.

Ma anche la vita si alimenta

cerca la sua fessura per rimanere

lotta

filo che non si spezza

vita per spaventare

il dolore.

Come asciugare questa lacrima di non averti

nell' angolo rotto della casa ?



                                            ***


GLI UCCELLI


No

non sono uccelli

sono ali di cenere

con la lingua d' acciaio delle locomotive

no

non sono uccelli

sono resti di un uccello mitologico

nave ebbra o lupa partoriente

che si apre

sopra le cupole

non sono uccelli gli stami

dei fiori funerei

la testa sepolta

                    struzzo di ogni agosto

transeunte che infrange

                     i sogni

sono ali di cenere

fragili corpi addormentati

nei santuari della voce

no

non è un uccello questa paura

che si annida in bocca.



                                                  ***


CODA


Avanzo lungo il corridoio dove transitano i morti.

Cerco il fulgore che avviene alla vita.

( Tu sei testimone della mia lotta ).

Ritorno attraverso il corridoio bianco con la figlia intatta.

Qualunque cosa accada, ho vinto.



                                                 ***


IL PRESAGIO


Frugo nell' armadio della morte

un lutto che mi copra le costole.

Mi vesto di rappezzi.

Non c' è tessuto

che possa proteggere

questo cadavere.



                                                ***


IL PIANTO


Il fiele è più dolce di questo scricchiolare

di sedie quando si rompono.

Cristalli si spaccano lasciando negli occhi

resti di

vetro.

Non piange più.

I  frammenti scivolano.

Non c'è ferita.

Soltanto una fitta che si allevia

con il pianto.



                                 Maria  Zambrano   da   La hija ( la figlia )



lunedì 28 aprile 2025

I LARI DI PAOLA

 



                                                                   Finché ci sono le rondini è estate...



                                                                     

ESTATI CHE


Finché ci sono le rondini 

è estate, il cuore sta

da qualche parte

poggia su questi

picchi guizzanti

incastonati nel vuoto

che stride a strapiombo.


E' un grido fuori e dentro.

Sono arrivare

le consanguinee.



                                               ***


C' era una dolcezza - la sera - all' imbrunire.

Un arrendersi all' abbraccio del buio

un lasciarsi andare. Nessun sospetto

che significasse la fine.

Tutto era attesa

rilascio cominciamento.

O forse la fine era dolce,

come una ricompensa.



                                                ***


Te la ricordi la sera

della malinconia ?

Era settembre 

nel bosco vivo

e calava il sole

ma c'era ancora

così tanta luce

che sembrava il giorno

non dovesse mai finire.

Erano le cose ferme

che cambiano

cadono

scaldano.

Come un ingresso in un  altro

mondo un andare incontro

a tutto quello

che doveva capitare.

Un venire ( qui ) un accadere.

L' inizio collocato

al vero centro

della fine.

L' odore d' esser sazi

( e poi non esserlo più ) :

quell' amore per le cose compiute.



                                                      ***


SENZA VOCE


A volte mi pare

di aver subito l' oltraggio

che è tuo.


E s' innalza il mio grido

al cielo e alla terra.


E non serve.



                                                     ***



caro padre,


quando gli occhi ti si allargano

di meraviglia al primo sguardo

a settantasette anni

sulle cose che sempre sono state

davanti agli occhi che

non vedevano


caro padre quando dici sì 

che va tutto bene

basta che cessi il male

e l' angoscia per tutto questo dolore

( di ora e di allora

è la stessa cosa )


caro padre 

quando il mondo viene eliso

nello spazio dell' attesa

di un domani leggero

concepibile

come un ricominciamento

così vicino alla fine


caro padre quando

senti il mio abbraccio più certo

cinquantuno anni dopo

gli otto o dodici che soli ti ricordi

in mezzo al vuoto pieno

di parole amare e silenzi feroci


caro padre che scopri il mondo

come avrebbe potuto essere

( che c'era e hai negato

fino a diventare inerme )


caro padre che porti le cose

con la fiducia dell' amore

per un breve tratto

tanto umano e presente

che vale finalmente

vivere e vivere

insieme

( per non morire

adesso ).



                                                  ***


Sei quieta e contenta

come non sei mai stata

alla fine della vita.

Dici tanti di quei Sì

tutti convinti e compresi

per dire che sei giunta

alla meta, e non ti spiace.

Hi i movimenti misurati ed essenziali

degli anziani, che non hanno più nulla

da sprecare e più nulla da investire.

Ti aggiri nell' orto

ti chini alle colture

alle erbe alle piante ai fiori

per prendertene cura

come speri qualcuno

stia facendo con te.

Guardi vicino e vedi

così tanto oltre. Oltre

questo caco, questo fico,

queste ortensie e questi gigli

oltre la salvia e l' erba cipollina

la canasta e i grasselli

la melissa e i mughetti

le felci ancora attorte

e l' alto lauro che separa,

finalmente, dal male

che hai accolto

con fede e con dolore

per serbarlo nel cuore,

farne concime.

Sei come quando sono

aggrappata alla roccia, in alto, *

e sto patendo, ma la roccia mi porta

leggera e mi dice che non è

un patire : è un amare.

Sono forse i tuoi capelli

poco bianchi o forse la tua pelle

così fresca a tradire la tua età

per una ragazzina che in valle

circolava con le trecce e il broncio,

in bianco e nero, sfumato seppia.



                                                     ***


cara Mari,  *


è il giorno dei morti,

e tu ormai - di fatto - potresti

considerarti tale

visto che non sei più tornata

e neanche riapparsa

da qualche parte

nota, nota al altri, o ignota


non ti ho più pensata

si direbbe in un certo senso

inaccurato

perché ti ho pensata, a volte,

( quante ? )

ma non sufficientemente

non abbastanza per dire

di essere stata 

con te

di aver continuato a stare

con te


ti ho lasciata

andare dove sei

voluta ( o dovuta ? )

finire, si potrebbe dire

oppure

che ti ho rimossa,

- come si dice -

dalla mia coscienza

per non sopravvivere

( si sopravvive meglio con i morti )

ma per stoltezza di vita :

perché anch'io ho cominciato

a morire

e in modo molto meno

significativo


cara Mari

sarebbe ora

cominciassi a pensarmi 

un po' tu

( a tenermi un po' in vita )

per lo meno il necessario

a farmi bene

finire.




                      Paola  Loreto     da    Miei Lari



Paola è una provetta scalatrice


Mari è una sorella scomparsa misteriosamente e di cui non si sono avute più notizie.



lunedì 7 aprile 2025

PRENDIMI, SE VUOI

 


                                                                                     Riccardo Held



E quando scende senza luce un velo

E distingue i colori della sera

Quando si chiude sulla luna il cielo

E quando ogni pausa sembra vera


Prendimi, se vuoi, tienimi dentro,

Restami intorno come una coperta,

Non lasciarmi da solo senza centro

come una stanza, una finestra aperta;


Fa' in modo che non resti più sospeso

Al gancio del dolore, senza fiato

Signora mia mentre mi togli il peso

Di tutti i desideri del passato.




                        Riccardo Held    da       Parola plurale  ( Sessantaquattro poeti italiani fra due secoli - a Cura di  Andrea Cortellessa )                 


venerdì 21 febbraio 2025

LA MORTE DI UN POETA

 


                                                                                   Miserere mei, Domine...



E' morto un giovane poeta : Lorenzo Pataro. 

Introverso e riflessivo, si stava facendo strada nel panorama culturale con una poesia capace di toccare le corde più intime del cuore. Con la sua raccolta Amuleti , era stato tra i finalisti del Premio Strega Poesia nel 2023 e del Premio Pontedilegno Poesia nel 2024.

Ha dato notizia  della sua improvvisa morte , avvenuta ieri, il poeta Franco Arminio, rendendo pubblico al contempo un Inedito che Lorenzo gli aveva spedito in mail il 16 Febbraio insieme ad altre composizioni.



Ve ne faccio parte :



                                  Terramadre. Terracarne.

                                              Terracielo.

                            Tornare a questa terra come a un

                                               grembo,

                             a una madre che promette e

                                               rassicura.

                              Avere la pazienza antica del

                                               pastore

                              che ritorna nella sera col sudore

                                               benedetto

                              dai passanti e sorride come fosse

                                        solo quello il suo mestiere.

                              Tornare alla terra e sentire che

                                                 c'è un corpo

                               millenario di storie di voci di

                                                  leggende

                               a mescolarsi e sentire in

                                               quell' incanto

                                tutto il bene del mondo a

                                             germogliare

                                             come un seme.

                                 Tornare alla terra e sentire che i

                                                    calli

                                  sono solo la preghiera, poi viene il

                                                   raccolto

                                   ed è tutta una festa nelle case di

                                                    chi resta

                                    a custodire l' azzurro primitivo

                                                     dei paesi,

                                     il fuoco nei camini amico dei

                                                      ricordi,

                                      una nuova resistenza nei secoli a

                                                      venire.

                                       Tornare alla terra come fosse una

                                                      promessa,

                                        fatta agli avi, tornare alla terra

                                                per renderli immortali.

                                         Tornare a far brillare questa

                                                       terra,

                                          come a mettere un sigillo o una

                                                       fiamma

                                          di speranza che rimanga, che

                                                    renda più vivo

                                          persino l' abbandono, il deserto

                                          lasciato dal progresso e la sua

                                                             scia.



                                                         Lorenzo Pataro

                     


Che il Cielo ti  sia più lieve di quanto lo fu la Terra. 

Riposa in pace.




                                      frida

          

lunedì 10 febbraio 2025

LA FIGLIA CHE NON PIANGE

 


                                                        Dalla porta del tempo passa il mondo...




" La figlia che non piange " è il titolo dell' ultimo libro di Francesco Scarabicchi, pubblicato postumo da  Einaudi a fine 2021, a pochi mesi dalla scomparsa dell' autore.

Non è mai semplice descrivere un testo poetico - che per sua stessa natura resiste alla spiegazione - sfuggendo a quel vaglio che inevitabilmente la prosa comporta. La poesia , per dirlo con Lacan ( Altri scritti )  non è " qualcosa che consiste ", non è qualcosa di dispiegabile in un racconto, in una trama, ma è più qualcosa che ha a che fare con " l' insistere ", " un punctum che ferisce e ghermisce ", come diceva Roland Barthes parlando della fotografia ( La camera chiara )  Ecco che - se già parlare di poesia - rimanda a un indicibile, è ancora più complicato quando si ha tra le mani l' ultimo testo di un autore, scritto in questo caso durante la lunga malattia che lo ha portato alla morte. Si ha cioè la sensazione di dover estrapolare dal testo una sorta di verità ultima, solenne, monolitica, data una volte per tutte, e quindi morta. Ma si dà il caso che questo testo sia tutto fuorché morto. Prendendo a prestito le parole dell' autore, è piuttosto " la grande malinconia della fisarmonica nei brividi del tango argentino"; è " quel pianto muto di malinconia felice -se possibile - e di pietà perché sto solo con me e non so niente : non so come sarà e quanto tempo ho ancora. So che solo una volta avrò l' età di adesso e un forte odore di glicine entra dalla finestra aperta ".
E dunque, cosa resta ? Il libro si chiude con l' immagine di uno Scarabicchi bambino, nella sua Ortona, mentre inforca i pattini a rotelle e corre sul lungomare di Pescara, " veloce più del vento ".
Del resto, tutta la sua opera ci ha insegnato che " la vita è nei dettagli di ogni cosa ".






PROLOGO

Si decida il contabile del tempo
a restituirci gli anni non vissuti,
tutti i sogni, le cose, i persi sguardi,
le idee che vanno - veloci - a scomparire.
Che si decida presto a rimborsare
quanto ognuno ha mancato,
smarrendo dell' amore il caro nome.


                                              ***



SARO' PUNTUALE QUANDO SARAI NOTTE

Sarò puntuale quando sarai notte,
starò dalla tua parte a ravvisarti
gli anni di molte insonnie e passi calmi.
Avrò quel viso che non so di avere,
dirò parole appena per fermarti
sull' unico confine che scompare.


                                                     ***


TI GUARDERO' DA QUESTA VITA ATTESA

Ti guarderò da questa vita attesa,
da una fermata dell' autobus, da un destino
che mi tiene lontano e sai che sono
più vicino che mai alla tua resa,
occhi che non si sporgono e non danno
luce che a chi la chiede,
sguardi che vanno dove tutto è niente,
a una finestra d' angolo, a un cielo
di musiche e di voci tutto intorno.


                                                         ***


QUI REGNA IL TEMPO CHE SCOMPARE

Qui regna il tempo che scompare,
la fuga sua invisibile,
il nome che non resta,
giorno della stagione, breve resa,
limite d' ogni soglia inesistente.



                                                            ***

UNA RESIDENZA
                   ( a Massimo Recalcati )
                  


Non c'è altro luogo - credimi - che questo,
tutto il bianco possibile, la pagina
e poi quelle formiche delle righe
a dire il poco, il molto che noi siamo,
ma non tanto di me e del passato
quando era l' unico presente che avevamo
non tanto di una vita dice la scrittura,
ma di quel niente in cui te la riduce
e l' illusione precaria di ogni verso
credendo di salvarlo almeno in parte
qual lucente frammento tolto al buio,
quell' oro di granelli che si perde,
quel segreto mistero inesistente.


                                                   ***


S' APRE DI NUOVO CIO' CHE QUI SI CHIUDE

S' apre di nuovo ciò che qui si chiude,
l' alfabeto contento, i sostantivi,
la sua discreta musica, la vela
che guarda all' orizzonte degli approdi,
al giungere sul limite, al tornare.


                                                   ***


EPILOGO

Dalla parte del tempo passa il mondo,
dai suoi sentieri ignoti, dalle strette
vie degli istanti che non torneranno.
Dov'è che vanno allora ? A chi votati ?
E quanto d' ogni umano si cancella ?





          Francesco Scarabicchi   da    La figlia che non piange