Henri - Edmond Delacroix - Landscape with stars
C'è una fenomenologia ricorrente nella poesia di Antonio Prete che non sappiamo definire altrimenti che " campo di forze". Molto spesso esse prendono le mosse dall' osservazione e dalla contemplazione di fenomeni naturali - un paesaggio, gli alberi, il mare, gli animali - o interiori, immagini e figure della memoria che lo spazio naturale evoca e attrae. E pressoché sempre, ciò che cade sotto lo sguardo, appare innervato da una " energia" che fa sì che gli elementi risultino in tensione, in movimento o in trasformazione. Talvolta il movimento o la tensione sembrano circoscritti al mondo della natura; in altri casi quest'ultimo entra in risonanza con l'universo interiore dell' autore, facendo più chiaramente emergere quelli che sono i temi della sua poesia : il tempo, la memoria, il desiderio, la distanza, la dialettica tra presenza e assenza. In sostanza , la continuità tra " cielo esteriore " e " cielo interiore" è un punto fermo nella poetica di questo autore.
CONVITO DELLE STAGIONI
C'era il canto delle foglie nel vento,
il sibilo dell' ape sull' anemone,
c'era il grido della gazza che volava
verso l'ulivo,
stormiva a gran voce
la primavera, ma c'era nel cuore
del suono un grande silenzio,
c'era della musica negli alberi
un silenzio che era specchio
del cielo, dei suoi silenzi.
***
NEL CERCHIO DEL VEDERE
E' un intrico di rami bruni, la
linea
dei tigli, privi delle loro foglie.
Sui tronchi, macchie di
muschio.
Dove finisce l'arato, boschi di
faggi,
di castagni. In lontananza,
sperduti
torrioni.
Questo cerchio del vedere
è solo un punto. S' aprono, di
là da questo,
altri cerchi, con fiumi che
corrono verso il mare,
strade che rigano valli, cieli
che si perdono
in altri cieli, tra vortici
d' astri.
Quel che qui è assente dalla
vista
è nel respiro degli alberi, nel
tordo
che si posa un istante sul
ramo alto
della magnolia, nel suono del
vento
tra i cespugli.
In quel che appare
e in quel che si nasconde pulsa
un tempo
che è attesa. Tremito di
sconfinata attesa.
***
UN ALBERO, UN NOME
Dico : ciliegio. E appare nel
suo inverno,
già con le prime gemme. Nei
rami
il ricordo dell' ultima neve.
C'è, nel nome, la chimica delle
cellule arboree,
l' attesa del fiore, il primo
infogliarsi.
Ci sono le radici, la
fotosintesi,
la linfa, l'energia molecolare.
E si aprono nel nome filmiche
vallate
giapponesi, con floreale
allegria.
Mi porta anche, il nome, le
ombre meridiane
di un orto, in un'antica
primavera:
c'era un ciliegio che, ragazzi,
spogliavamo dei frutti.
Con il nocciolo si potevano
fare, bucandolo, minuscoli
fischietti.
Con un gruppo di ciliegie
appeso
alle orecchie si
improvvisavano
selvatici monili.
E' quel ciliegio
che chiede ora timidamente
di entrare in questa poesia.
***
METAMORFOSI
Non c'è pensiero o affetto
che si perda nel nulla.
Amori e turbamenti fluttuano nell'aria,
sono nube, pulviscolo di luce.
O vapore lunare.
Nello schiudersi di un fiore
o nel formarsi di una stella,
quel che accade ha lo stesso respiro
del tuo desiderio.
Niente muore davvero.
Per questo qualche volta una nuvola
ha la forma di animale, o sopra le ali
di una farfalla c'è il disegno di una rosa :
figure di un legame, parvenze fuggitive
di una trama condivisa.
O forse questo è solo il sogno
di una metamorfosi.
Un sogno che la parola oppone
al silenzio che la abita,
la materia al vuoto che l' assedia.
***
UNA ROSA Dì INVERNO
Rosa d'inverno, un frugale lampo.
Petali gialli che sfumano in bianco
niveo su un calice d'ombra che è coppa
alla luce, tra rami rampicanti
senza foglie.
Lo stesso tempo giallo
è laggiù, sopra la linea ondulata
dell' Amiata, dissipato in un cielo
che si abbruna.
Velata e già lucente
la luna guarda dall' alto dischiudersi
la sera.
Quale intesa tra la rosa,
il crepuscolo, la luna?
Una rosa
d'inverno, nel morire della luce :
una sillaba chiara nella spenta
lingua. Resto di fulgidi rosai,
forse, o annuncio di nuova fioritura.
Una rosa d'inverno : balenìo
di un riso offerto al vento che la sfoglia.
***
Presentazione di una delle prose che l'autore ha inserito nella raccolta :
Questo scritto non vuole dimostrare ma riflettere, non persuadere il lettore ma renderlo partecipe di una fondata percezione : quel che accade - nella vita quotidiana dei singoli e in quel teatro, spesso tragico, che chiamiamo storia - ha con sé, in ogni azione, in ogni gesto, qualcosa che non prende forma, restando inattuato, qualcosa che ha a che fare con la speranza priva di risposta, con il desiderio rimasto vuoto, con il progetto inadempiuto. Contrattempi e ostacoli impediscono l' attuazione di un'idea o di un sogno, ma quell'idea e quel sogno hanno avuto un tempo, e spesso anche un'energia che non si disperdono, anzi agiscono silenziosamente nella formazione di nuove idee, di nuovi sogni. Quel che non è stato da noi vissuto, continua a vivere in noi con una sua presenza : ombra che presiede a una scelta, immagine che favorisce un incontro, mancanza che sospinge verso una ricerca. Potremmo dire che un'immensa elpisfera ( dal greco elpis, speranza ) circonda la Terra : le azioni e gli stessi pensieri attingono il loro respiro, il loro tempo e persino il loro prender forma, da questa invisibile fascia che avvolge la Terra.
Antonio Prete da Convito delle stagioni