Nominare la perdita, dare voce al non vissuto. Risemantizzare un presente negato, un corpo che cresce e langue nella deflagrazione della mancanza. Non conosce retorica la scrittura di Patrizia Baglione, è carne viva che sanguina, è vetro di carta che germoglia in un vuoto che fa male. E' il corpo che si fa verbo e che in questo verbo poetico si scopre parola di pietra, voce che è tutto ciò che resta alla madre, un corpo mutilo che cerca se stesso in un grembo vuoto.
Nelle poesie di questo testo, l' autrice racconta con intensità e onestà la sua condizione di madre di una figlia malata, esperienza che ha contribuito ad accrescere l' amore per questa piccola bambina. Un libro che testimonia le difficoltà quotidiane di una madre coraggiosa.
IL NIDO
La casa piange e io
asciugo legna per il tuo corpicino
( giocattolo che si allaga
margherita annegata ).
La casa piange.
Ma anche la vita si alimenta
cerca la sua fessura per rimanere
lotta
filo che non si spezza
vita per spaventare
il dolore.
Come asciugare questa lacrima di non averti
nell' angolo rotto della casa ?
***
GLI UCCELLI
No
non sono uccelli
sono ali di cenere
con la lingua d' acciaio delle locomotive
no
non sono uccelli
sono resti di un uccello mitologico
nave ebbra o lupa partoriente
che si apre
sopra le cupole
non sono uccelli gli stami
dei fiori funerei
la testa sepolta
struzzo di ogni agosto
transeunte che infrange
i sogni
sono ali di cenere
fragili corpi addormentati
nei santuari della voce
no
non è un uccello questa paura
che si annida in bocca.
***
CODA
Avanzo lungo il corridoio dove transitano i morti.
Cerco il fulgore che avviene alla vita.
( Tu sei testimone della mia lotta ).
Ritorno attraverso il corridoio bianco con la figlia intatta.
De Alberti, con questo nuovo testo in cui affina la sua ricerca poetica, cerca di elaborare e rimuovere un conflitto con i soldi. La rimozione è psicologica. Il conflitto è sociale. In ogni caso, ogni evento, ogni essere che entra in contatto con noi, ci aiuterà a capire qualcosa, a socializzare con ciò che abbiamo rimosso e a rimuovere ciò che avevamo socializzato male.
Le poesie che compongono questo testo sono una trentina, e non ne occorreva nessuna di più : la distanza è accorciata, chi ha scritto ci ha avvicinati. Dopo la lettura , forse anche noi avremo fatto i conti con il nostro rimosso, aggiungendo qualcosa , togliendo via il nostro socializzare sprecato e forse un po' del nostro tempo perduto. Il nostro piccolo universo è immenso se ci crediamo, è quanto basta se lo conosciamo.
De Alberti ama le sfide e i temi difficili e in questa nuova opera - come ci informa in una nota finale - si propone di elaborare e di rimuovere un conflitto con i soldi : in nessuno dei due casi - però - l' autore ha inteso dimostrare una tesi o svolgere un discorso critico, giungendo a conclusioni di tipo speculativo, ma, attraverso la poesia ha portato l' esperienza, la memoria e le relazioni personali a fare i conti - in modo imprevedibile - con il tema e il concept scelti. " La rimozione del conflitto " si articola in cinque sezioni che non mettono mai in scena - se non in modo indiretto - la vicenda di un Io. A parlare è una voce impersonale che racconta le azioni di un soggetto di terza persona, di genere variabile. Intorno a questi soggetti, le forze in relazione con il denaro si fronteggiano e si attraversano : nelle prime due sezioni prevalgono l' immaginazione e l' infanzia, per niente immune dal fascino ambivalente del denaro : " L' infanzia è il nostro letto / i soldi fanno l' infanzia luminosa ". A mano a mano che il libro progredisce, la complessità e la densità dei testi, aumentano. La quarta sezione rappresenta il culmine del libro : due lunghe poesie ribadiscono in modo quasi ossessivo la potenza feticistica del denaro e il suo influsso sull' adolescenza, fino a che - da adulti - scopriamo che " la pietà è nemica del denaro " perché ci fa guardare in basso, verso chi chiede soldi in ginocchio, e non verso " i frutti dell' albero della cuccagna ". Neanche l' ultima sezione - in prosa - serve a rimuovere fino in fondo il conflitto perché De Alberti racconta con nostalgia la trattoria dei nonni, persone autentiche, che vivevano in un posto raccolto " dove le uniche visite dovevano portare i soldi ". Così - come deve capitare in un libro di poesia, l' ultima riga non offre a chi legge una soluzione definitiva, ma una splendida e difficile polisemia : " L' osteria era la Banca dell' infanzia ".
Liberamente tratto da un Commento di Massimo Gezzi
" La ragione per cui la ricchezza non porta la felicità sta nel fatto
( e cos'è questo corpo in caduta, scia di un attimo, brillìo nel nulla, se non la parola...)
Ripropongo ( come avevo promesso a Sari e a Franco - ma poi a quelli che vorranno ) altre poesie di questo autore che era sembrato troppo ermetico per la comprensione. Non so se ( compresa me ) cambieremo idea o saremo rafforzati nella primitiva impressione. Aggiungo, a benefico della conoscenza biografica, che l' autore insegna all' Università di Modena, Diritto Italiano presso la Facoltà di Giurisprudenza.
Scrittore dal verso nitido, depurato come da un' antichissima decantazione, siciliano di nascita, ma modenese d' adozione, Elio Tavilla è un autore appartato, sconosciuto ai più. Le sue poesie, raccolte in piccole, preziose plaquette stampate al computer per pochi fruitori, nascono da una profonda concentrazione interna in cui nulla è affidato al caso. Sono versi che hanno la capacità di definire con esattezza il farsi di un pensiero, gli elementi naturali, la memoria nel suo sorgere e dissiparsi, senza mai imprigionare nulla entro gabbie concettuali, sempre rispettando l' inafferrabilità del loro mistero. Segni di una ricerca della verità secondo le parole dell' autore : " che è nel mondo, ma non è verificabile nel mondo e di cui possiamo solo esprimere il mistero e la fatica di un avvicinamento ".
Intanto mutando in gara infinita - intravista e perduta - la vita.
Questo nuovo libro di Paolo Ruffilli, per esplicita dichiarazione dell' autore " vuole porsi come opera unitaria ", che è " l' esito di una lunga elaborazione di un lavoro più che quarantennale ". " Le cose del mondo " rappresenta quindi un progetto al quale il peta è rimasto fedele : " L' idea è legata a un mio desiderio, a una mia precisa necessità, e cioè quella di perlustrare il concreto mondo in cui si è venuta muovendo la mia esperienza, in un gioco continuo di rimandi e rispondenze tra l' Io e la realtà esterna attraverso la pratica del linguaggio." Così scrive Ruffilli nella nota che apre la raccolta, così che noi potremo trovare qui una precisa chiave di lettura.
NELL' ATTO DI PARTIRE
Nel porsi in viaggio, prese le distanze
e tutte le misure per quello che si può,
considerato l' angolo di fuga, l' impulso
di deriva andante dentro il vuoto...
la curva sghemba della deiezione,
lo scarto imprecisato del destino.
All' imprevisto che è legato al moto,
la ragione ha posto antidoto
di linee rette : orari, termini, binari.
Contro i rischi dell' ignoto.
***
E' proprio andando che si capisce
qual è il rovesciamento di ogni prospettiva.
Perché, restando fermi, sfuggiva in pieno
che è una questione del tutto relativa.
Avanti e indietro... qui e là...più o meno,
ma sui riferimenti sempre circostanti.
E' il movimento a darci in dote la speranza
mettendo in relazione noi stessi con le cose
e fa presenti a un tratto le ignote e le distanti,
Oggi contempliamo una stazione della Crocefissione, fissandone un' icona laica, quella della Crocefissione di Renato Guttuso, che venne dipinta fra il 1940 e il 1941, nel pieno della Seconda Guerra Mondiale. Egli stesso, ateo convinto e fervido comunista, affermava che " Questo è tempo di guerra e di massacri, di gas, forche e decapitazioni. Voglio dipingere questo supplizio del Cristo come una scena di oggi. Non certo che Cristo muore ogni giorno sulla croce per i nostri peccati, ma come simbolo di tutti coloro che subiscono oltraggi, carcere e persecuzioni per le loro idee."
E proprio da quest' ottica universale sul dolore del mondo, di chi si considera lontano da ogni devozione religiosa, deriva ogni scelta iconografica e stilistica : la scelta di ritrarre i corpi nudi ( come quello della Maddalena avvinta alla croce ) proprio per rendere la scena perenne e non storicamente collocata ; la strana collocazione a cannocchiale delle croci, che si guardano tra loro e non sono poste l' una accanto all' altra; la natura morta in primo piano con segni di universale tortura ; la disperazione delle donne senza espressione del volto frontali ; due cavalli simbolo di bene e di male ; i pugni chiusi dei crocefissi che resistono allo strazio del male e - infine - un Cristo senza volto coperto dalla croce di spalle del ladrone che non si pentirà ,e che ha le carni rosse come un diavolo. Questa scena drammatica, a ottant' anni di distanza, ci appare straordinariamente espressiva, quasi una preghiera gridata con strazio, dopo aver subito tanta cattiva fama da parte dei contemporanei per la sua apparente blasfemia, per la presenza di nudo e quasi di irriverenza. Diviene invece - forse - ai nostri occhi, colmi dello strazio a cui assistiamo ogni giorno attorno a noi, uno dei modi più veri di rappresentare la struggente verità redentrice dell' offerta d' amore di Cristo sulla croce.
Quel Cristo che qui è privato ormai anche uno sguardo allo spettatore, come nel profeta Isaia 53,3
" Disprezzato e reietto dagli uomini,
uomo dei dolori che ben conosce il patire,
come uno davanti al quale ci si copre la faccia,
era disprezzato e non ne avevamo alcuna stima ".
E Guttuso la ricopre quella faccia e lo ritrae proprio così, probabilmente senza la piena consapevolezza di ritrarre il Redentore del mondo, eppure dandone un' autentica immagine di uomo che solo può conoscere il patire di ogni altro uomo, in ogni tempo e in ogni luogo. Ieri, oggi e domani.
Ti preghiamo Signore,
per il grido di ogni uomo che non sa gridare,
per il pianto di chi non sa più piangere,
per il nome che non vuole o non può essere pronunciato,
per chi si crede ateo, ma Ti conosce tanto.
Ti preghiamo per chi Ti sta cercando e non lo sa,
per chi Ti attende senza darti un nome, ma Tu lo stai chiamando.
Per chi soffre ma non sa di stare ai piedi della Tua croce.
Perché per tutti Tu sei
Pienezza di ogni amore.
* Crocefissione è una tela di grandi dimensioni ( 200 x 200 cm ) conservata oggi presso la Galleria Nazionale di Arte Moderna di Roma.