Alle isole Solovki, dove lo avevano costretto dal Febbraio 1933, Pavel Florenskij studiava il ghiaccio. Mefistofeliche storture della Storia: l'antico monastero del XVI secolo era stato convertito nel primo gulag sovietico. Il 27 Novembre, al figlio Mik, Florenskij scrive di fiumi che " ghiacciano fino al fondo " e " di bellissime cascate di ghiaccio come nel Regno addormentato". Come si sa, il poeta - scienziato - teologo venne fucilato quattro anni dopo in un bosco nei pressi di Leningrado e il suo corpo non fu mai trovato. Eppure, persino nel cuore della disperazione, continuava a stupirsi del creato, continuava a sondarne i misteri. Certamente, le ossessive osservazioni sul ghiaccio testimoniano il genio di un'epoca raggelante, tuttavia Florenskij nel ghiaccio intuiva anche altro: nell'acqua che si marmorizza, nel suo fatuo cuore di cristallo, liquido e pur concreto, si rivela la natura dell'anima e l'avvio verso una purificazione.
" Un giorno che avrai tempo, esamina la struttura dei ghiaccioli, per ricordarti così del tuo papà. Prova a tagliarli per lungo e per traverso, osserva con la lente di ingrandimento come sono disposti i cristalli, disegna quello che vedi e poi riferiscimelo ", scrive al figlio nel Gennaio del 1934.
Anche così si santifica un amore.
All' attività scientifica, negli inferi del gulag, Florenskij alternava l'opera lirica. " Oro", il poema testamentario, è una piena di ghiacci di " aurifero gelo" sfiancato dal sorgere dell'estate. Anche questo poema è dedicato al figlio Mik : " Un germoglio, un boccio, un fiore, un frutto /, ogni cosa vive di propria gioia /. Cosa più bella, consola l'occhio /. Non aspettare, quindi, e rallegratene ora /. " Florenskij canta il creato nel punto esatto in cui la creatura muore; le cose splendono adornate dagli ultimi sguardi.
Pavel Florenskij credeva nella rigenerazione del proprio tempo attraverso un pensiero che unisse ricerca spirituale e osservazione scientifica, la fisica e la mistica, la prasi lirica e quella matematica. " Che cosa ho fatto io per tutta la vita? Ho contemplato il mondo come un quadro e una realtà unica, ma in ogni istante, o meglio in ogni fase della mia vita, l'ho fatto da un determinato angolo di osservazione", scrive nel 1937 al figlio Kirill. Negli ultimi anni della detenzione, prese a studiare le alghe : amava quelle forme impalpabili che mutano a seconda delle circostanze e che si possono mangiare. Per lui, ogni singolo elemento del mondo respira della singolarità di Dio, per questo va studiato.
Aveva fatto testamento molto tempo prima, nell' Aprile del 1917. Chiedeva ai figli di " non soffrire per me" , gli intimava di " fare la comunione appena lo avessero seppellito, di ricordarsi del Signore e di vivere al suo cospetto." Gli chiedeva di " onorare gli avi, di non dimenticare la stirpe, il loro passato, di studiare tutto quanto li riguardava e di adoperarsi per rafforzarne la memoria."
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AMOR FATI
Giorno e notte si susseguono
con la stessa frequenza e tu non vedi
come soffro in silenzio
e non mi lamento affatto.
Ci fu un tempo, quando pensavo
di salire fino in cima allo zampillo.
Ma giunto in vetta,
dall'alto sono precipitato.
Io non oso parlarti
( in che modo mi potresti aiutare ? )
la morte fascia lo guardo triste -
i miei occhi un velo nero.
La fine è vicina, Dio lontano,
e io non oso rivolgere con l'anima
una preghiera a Lui : non ne ho la forza
e taccio, abbassando lo sguardo.
Tu, mite agnello di Dio,
prega, se puoi,
prega in pura umiltà
per l'anima di chi soffre.
Pavel Florenskij ( poesia inserita nella silloge " Nell'eterno azzurro" e tradotta da Lucio Coco )