giovedì 26 giugno 2025

LA MELANCOLIA DI JULIO

 



                                       Ho bisogno di questo zucchero verde, di tonda allegria...





CERCO LA TUA SOMMA


Cerco la tua somma, il bordo del bicchiere

in cui il vino si fa luna e specchio.

Cerco quella linea che fa tremare un uomo

nella sala di un museo.

E poi ti voglio bene, nel tempo e nel freddo.



                                                   ***


LA TUA MANO.


Guarda, non chiedo molto,

solamente la tua mano, tenerla

come una piccola rana che così dorme contenta.

Io ho bisogno di questa porta che aprivi

perché vi entrassi, nel tuo mondo, questo pezzetto

di zucchero verde, di tonda allegria.

Non mi presti la tua mano questa notte

di fine d' anno, di civette rauche ?

Tu per ragioni tecniche non puoi.

Allora

io la tesso nell' aria, ordendo ogni dito,

e la pesca setosa della palma

e il dorso, questo paese d' alberi azzurri.

Così la prendo, così la sostengo, come

se da ciò dipendesse

moltissimo del mondo,

il succedersi delle stagioni,

il canto dei galli, l' amore degli uomini.



                                                     ***


NON TI ANNOIERO ' PIU' CON LE POESIE


Non ti annoierò più con le poesie.

Diciamo che ti ho detto

nuvole, forbici, aquiloni, matite

e forse tu non hai mai

sorriso.



                                                  ***


ORA SCRIVO DI UCCELLI


Ora scrivo uccelli.

Non li vedo arrivare, non li scelgo,

di colpo eccoli lì , sono questo,

uno stormo di parole,

scendono

una

ad

una

sui fili della pagina,

pigolano, beccano, grandine di ali

e io non ho pane per loro, soltanto

li lascio venire. A volte

io sono quell' albero

a volte

l' amore.



                                                   ***


BOLERO


In piedi davanti allo specchio s' interrogano

ognuno se stesso

non più guardandosi tra di loro,

non più nudi l' uno per l' altro.


Ho smesso di amarti, amore mio.




                                  Julio  Cortazar   Trad. Milton Fernandez




mercoledì 25 giugno 2025

L' ITACA DI KAVAFIS

 


                                                                  Romare Bearden - Il ritorno di Odisseo




ITACA


Quando ti metterai in viaggio per Itaca

devi augurarti che la strada sia lunga,

fertile in avventure ed esperienze.

I Lestrigoni e i Ciclopi

o la furia di Nettuno non temere,

non sarà questo il genere di incontri

se il pensiero resta alto e un sentimento

fermo guida il tuo spirito e il tuo corpo.

In Ciclopi e Lestrigoni , no certo

né nell' irato Nettuno incapperai

se non li porti dentro

se l' anima non te li mette contro.


Devi augurarti che la strada sia lunga.

Che i mattini d' estate siano tanti

quando nei porti - finalmente, e con che gioia -

toccherai terra tu per la prima volta :

negli empori fenici indugia e acquista

madreperle coralli ebano e ambre

tutta merce fina, e anche profumi

inebrianti che puoi,

va in molte città egizie

impara una quantità di cose dai dotti.


Sempre devi avere in mente Itaca -

raggiungerla sia il pensiero costante.

Soprattutto, non affrettare il viaggio;

fà che duri a lungo, per anni, e che da vecchio

metta i piedi sull' isola, tu, ricco

dei tesori accumulati per strada

senza aspettarti ricchezze da Itaca.

Itaca ti ha dato il bel viaggio,

senza di lei mai ti saresti messo

in viaggio : che cos' altro ti aspetti ?


E se la trovi povera, non per questo Itaca ti avrà deluso.

Fatto ormai savio, con tutta la tua esperienza addosso,

già tu avrai capito ciò che Itaca vuole significare.





                     Costantinos Kavafis   da     Settantacinque poesie



lunedì 23 giugno 2025

POESIE DI KARIN BOYLE

 


                                                       Lasciandoti - pieno di parole - in un mondo vuoto...




Dunque, è dal termine che bisogna partire: dalla gemma partorita con dolore, dalla goccia che prima di cadere e di mutarsi in folgore, trema, si aggrappa - icona di spina, sventata vampa - al ramo. Così scrive la poeta in una delle sue poesie più note  ( si può leggere nel blog  cliccando nella lista degli autori ) ; ciò che sboccia succede con dolore, ciò che nasce ferisce, il nuovo accade per ventura d' inverno in grammatura d' oro. Sembra di leggere la " Decima Elegia " di Rilke, quella della " felicità che ascende ( si può leggere su questo blog, cliccando sul nome del poeta ), della commozione che lascia sgomenti " quando cade una cosa felice " . In Karin è epidermica la violenza, la screziata grazia della cosa che si spezza, la fiamma prima della felicità, la forza che discende.

Fu pure lei, Karin, goccia che cade, frutto che - risolto a maturità -si apre : purissima gemma, la poeta scelse Alingsas, cittadina di laghi; scelse i sonniferi : cadde. Aveva quarantun anni; l' anno, il 1941 è lo stesso in cui muoiono - volontariamente - Virginia Woolf e Marina Cvetaeva. Karin optò per Aprile, il mese che " genera lillà da terra morta, confondendo / memoria e desiderio. "




GLI  DEI


I carri degli dei

non scuotono le nubi

scivolano silenti

come raggi.

I passi degli dei

sono difficili da udire

come un mormorìo

nell' erba.


Con cautela

segui le loro tracce:

profumano di una

vicinanza tremenda.

Voleranno, lasciandoti

pieno di parole

in un mondo vuoto.



                                                ***


NON NOMINARE


Molte cose fanno male e non 

hanno nome.

Taci e accettale.


Il molto è segreto, oscuro il

pericolo,

Sopporta e porta rispetto.


Meglio confinarsi nel segreto

e non solleticare i semi che

crescono.


" Dove il pensiero non  si avventura

Madre di Tutto, guidami,

esortami ! "


E' bene ascoltare la voce della

Madre -

non ha parole la cura, non ha

nomi il cuore.



                                                     ***


IL CONFORTO DELLE STELLE


Ho parlato con una stella, la

scorsa notte

luce lontana, in inabitati spazi -

" Cosa illumini, strana stella ?

Ti muovi così grande e luminosa ".


La mia pietà l' ha ammutolita

poi, con il suo stellato sguardo :

" L ' eterna notte illumino

illumino lo spazio senza vita .


La mia luce è fiore che non appassisce

nello spinato autunno del cielo.

Questa luce è tutto ciò

che ho, il mio solo conforto ".



                                                  ***


CUORI


Alcuni cuori sono

inesauribili tesori.

I  loro proprietari gettano

con generosità - ovunque - i rivoli di

quel sole.

Con mani tenaci accogliamo

il dono, grati. Felicità

e salute a te, benedetto,

che maneggi l' oro come fosse

sabbia !


Alcuni cuori sono

inabissati fuochi.

Nella più fredda notte

un riflesso sulla neve.

In quell' incanto, nessuno

sopporta il desiderio

tranne chi scorge una luce

nella notte e ne vuole la fiamma.



                                                   ***


QUIETE


E' così grande questa quiete, la

quiete

di un' assolata foresta in inverno.

Come ha fatto la mia volontà a

diventare

così perfetta, così obbediente la

mia vita ?

Portavo in mano una ciotola di

vetro - risuonava.

Il mio piede è diventato cauto -

non inciampa più.

La mia mano è precisa - non

trema più.

Sono stata travolta dalla violenza

delle cose fragili.




                             Karin  Boyle    da     DE SJU  DODS SYNDERNA  Trad  di Daniela Marcheschi



venerdì 20 giugno 2025

A QUESTO PUNTO

 


                                                     Sarai lieve più delle foglie, mobile come il vento...





A QUESTO PUNTO


A questo punto smetti

dice l' ombra.

T'ho accompagnato in 

guerra e in pace e anche

nell' intermedio,

sono stata per te

l' esaltazione e il tedio,

t' ho insufflato virtù che non

possiedi,

vizi che non avevi. Se ora mi

stacco

da te non avrai pena, sarai

lieve

più delle foglie, mobile come

il vento.


Devo alzare la maschera, io

sono il tuo pensiero,

sono il tuo in - necessario,

l' inutile tua scorza.

A questo punto smetti,

strappati dal mio fiato

e cammina nel cielo come

un razzo.

C' è ancora qualche lume

all' orizzonte

e chi lo vede non è un pazzo,

è solo

un uomo, e tu intendevi di

non esserlo

per amore di un' ombra.

T ' ho ingannato

ma ora ti dico a questo

punto smetti.


Il tuo peggio e il tuo meglio

non t' appartengono,

e per quello che avrai puoi

fare a meno

di un' ombra. A questo punto

guarda con i tuoi occhi e

anche senz' occhi.



                   Eugenio Montale   da    Diario del '71 e  del  '72


 

venerdì 13 giugno 2025

VITA E NON DI PIRANDELLO

 


                                                             Le rose che ti risero da presso, e non curasti...




" Andando " è una poesia che mette al centro il difficile e inquietante percorso dell' esistenza umana. Un viaggio filosofico che diventa riflesso delle emozioni che ogni umano vive nella vita, nella difficile comprensione su quale sia il modo più opportuno per affrontare il passato, il presente e il futuro. Un percorso che si snoda tra illusioni, rimpianti, speranze e la consapevolezza dell' inevitabile fine. Pirandello esplora in questa poesia quale sia il contrasto tra il futuro idealizzato e il passato trascurato, offrendoci una riflessione intensa sulla condizione umana.






ANDANDO


A ciò che addietro nell' andar ti lasci


non badi ancora, poi che ti concede

di guardar oltre il tempo e innanzi fasci

di speranze t' accende, a cui tu miri.

Vai, così rischiarato, ove d' un sogno

la tentatrice immagine t' attiri

o li sprone ti spinga d' un bisogno,

e non ti senti la catena al piede.


Nulla intanto hai davanti : un' ombra vana

un inganno mutevole, una meta

che quanto più t' accosti, s' allontana.

Ma non ancor per te scoccata è l' ora

di volgerti a guardar dietro, nel breve

cammin percorso, e innanzi si colora

l' avvenir tanto più quanto più lieve

è il passato che ancor non t' inquieta.


Pur verrà giorno che ti sentirai


così forte chiamar dietro le spalle

donde non puoi far più ritorno mai,

che per te diverrà fievole, muto

ciò che innanzi t' invita e da te stesso

a guardar ti porrai quanto hai perduto.

Le rose che ti risero da presso

e non curasti, ecco or lontane e gialle.


E con le terga ormai verso il futuro


e gli occhi assorti nel cammin percorso

andrai, men lieto quanto più sicuro,

riallacciando ognor più da lontano

le fila che correndo avrai lasciate

sospese, fino a che non apra il piano

d' improvviso una fossa alle gravate

membra, e insieme al rimpianto o al rimorso.



                          Luigi  Pirandello   da    Psiche, 1896



mercoledì 11 giugno 2025

POESIE DI FRANCO

 


                                                         Riservi un castigo per ogni sorriso mancato...



C'è chi dice che sia più semplice scrivere di un poeta conoscendolo. Io non la penso così: a meno di scrivere un commento letterario, preferisco leggere le poesie lasciandomi cullare dal sogno, dal non detto, dalla leggerezza, da un abbraccio di emozioni....




LE LASCIO


Indosserei questa premura

di amore insistito

rimasto tra lenzuola di caldo,

a cullarsi di respiri.


Qualcuno ammonisca tutti gli attimi

in cui le lascio la mano,

riservi un castigo per ogni sorriso mancato,

per ogni carezza disattesa,

per ogni minuto in più

in cui indugia a sognare

senza di me accanto.


Come ora.


                                              ***


UN PALMO OLTRE


Cuore squarciato

inzuppato di aspro caos

innescato da futuro incerto,

voluttuoso e ingannevole

smisuratamente indefinito.


Ma per ora è solo

un palmo oltre,

lieve vagito,

dubbia movenza,

pallido cromosoma

di piroga

in balia

del fortunale.


               

                                                  ***



CONCLUSO


Di nuovo

docile pasta di vento

a mitigare il sole.


E' allora che,

- anche se in errore -

mi sento concluso.


Di quel concludere

punto di arrivo.


Dove l'oltre non interessa più.

Dove l' esatta temperatura,

l' esatta luce,

un preciso silenzio

divengono vela spiegata

a pasta di vento.



                                                  ***


SI ADDORMENTANO


Gli angeli dimorano le case in rovina

agghindate dalle stagioni;

i ponti sospesi

tenuti su da uno sguardo distratto,

le vie di folla ferita

ad acquistare

anche questo Natale.


Gli angeli si addormentano

accanto ad ogni nostra speranza,

e finiamo per vegliane noi


sui loro volti esausti,

sulle preghiere ipocrite

e sul nostro gesticolare

che non si libera dal fango.



                                           ***


SENZA MAI


C'è un conto da pagare

mentre respiriamo leggeri.


Mentre altri siedono alla nostra tavola,

mentre perdiamo la bussola,

la strada, la ragione.


Se voliamo distratti,

se svegliamo incubi,

serenamente addormentati.


C'è un conto da pagare

ogni volta che ignoriamo un tramonto

che allaga l' asfalto.


Se la luna brilla invano

mentre le nubi raschiano i comignoli,

quando la pioggia è solo fastidiosa

e non restituiamo ogni sorriso,

potremmo scrivere invano una vita.


Senza mai saldare il conto.




                       Franco  Battaglia   da   In risposta a cosa manca



giovedì 5 giugno 2025

INNUE - POESIE

 


                                                                 Un fuoco annega i nostri lamenti...



" Innue " è la prima traduzione italiana dell' opera di Joséphine Bacon, autrice ( del Québec ) impegnata nella scena artistica autoctona canadese, nonché ambasciatrice della cultura Innu. Sin dalle poesie d' esordio fino alle più recenti, la sua appare come una " poesia incarnata ", vissuta sia come passione che come militanza nei confronti di una memoria da salvare. Bacon scrive le sue poesie in una lingua che contiene la bellezza dell' oralità, autotraducendosi in un francese di grande leggerezza. Scoprire i suoi scritti significa aprirsi a una vita di parole vaganti, che vengono a noi dal repertorio lessicale della lingua parlata. La forma si costruisce su quei temi che ritraggono la tradizione del nomadismo, raccontandoci la vita nella tundra canadese. Ma il territorio non è solo un luogo che contiene, ma un' entità esso stesso, che vive negli elementi che lo abitano, costituendosi così come paesaggio interiore. In questi attraversamenti, esistenziali e letterari, troviamo una voce che prende la parola, nel suo rapporto con gli altri e con le cose ; il mondo dentro di sé si relaziona con quello esterno, entrambi in continuo mutamento.




Il mio dolore,

diventato rimorso,

è il lungo castigo

che curva la mia schiena.

La mia schiena somiglia

a una montagna sacra,

piegata dall' aver amato

tante volte.



                                             ***


Tu che hai visto la carestia

tu che conosci 

i sogni


hai tracciato un sentiero

affinché i bambini

seguano le tue tracce.



                                              ***


Figlia del Nord,

mio nonno dice

senza collera :


" Il figlio del Sud

chiama il vento dell' Est

per risvegliare la tormenta

dell' Ovest.


Sicuro che i suoni

i canti e le danze

sentono il battito

dei cuori raccolti

nella cavità del tamburo.



                                            ***


Papakassiku, Atikuapeu

quello che si spera

tu mi porti verso


Missinaku

che offrirà la trota grigia

della nostra terra, e se


ho freddo,

Uapishtanapeu

mi terrà al caldo

nel mio sonno.


Ushuapeu

mi porterà vicino a 


Tshishikushkueu,

colei che veglia

sui battiti delle terra

nel mio cuore.



                                                     ***


Papakassiku, stasera,

mi offrì la tua scapola,


cacciatore afflitto,

non ho bisogno di mappa

perché stendo la tua scapola

in un fuoco di braci

che mi guida verso te.


Sparpagliato,

mi perdoni


ci liberi

dalla carestia


io ti vedo :

domani, mi aspetterai

nella tundra.



                                           ***


Il midollo delle tue ossa

colpisce

l' invisibile,


opera accecante

sulla scapola

del caribù.



                                          ***


Una notte di stelle ci invita,

ci racconta

l' Orsa Maggiore


Le aurore boreali

danzano i gesti della terra

è la notte delle cicatrici che perdonano.



                                                  ***


I nostri passi hanno lasciato le loro tracce :

noi apparteniamo a un fiume

tu infossi in noi

un serpente di ferro.


Un fuoco annega i nostri lamenti.




                      Joséphine Bacon   da     Innue , Poesie 2009 - 2018 ( Trad. di Francesca Maffioli



martedì 3 giugno 2025

LA CODA DEL PAVONE ( di Buffoni )


                                  

                                                                     Cieli d' angeli e nuvole dorate...



E' appena uscito - ad Aprile di quest' anno - per lo " Specchio di Mondadori,  il volume che raccoglie le poesie di Franco Buffoni, dai suoi esordi ad oggi ( 1975 - 2025 ). La parte finale dell' Introduzione di  Massimo Gezzi è dedicata alla nuova raccolta inclusa, " La coda del pavone ", dove non si può non notare la continuità di quest' ultimo testo con uno dei libri più notevoli di Buffoni " Guerra", soprattutto per ciò che riguarda il rapporto uomini - animali. Nel nuovo libro, i comportamenti degli animali sono osservati sia da un punto di vista scientifico, sia da uno simbolico, con evidenti richiami alle religioni e ai miti teriomorfici. Dall' induismo e dalla cultura  egizia alle concezioni del cyborg, passando attraverso Ennio e Lucrezio, Apuleio, Fedro e La Fontaine fino alla cultura pop, il nuovo libro di Buffoni fa interagire in maniera pervasiva versi e prosa, arrivando ad un esame etico del vivere di ascendenza leopardiana.




SCOPRIRE IL SEGRETO DELL' INVISIBILTA'


Scoprire il segreto dell' invisibilità

delle cosiddette rane di vetro

è stata per molti anni la missione

di alcuni ricercatori della Duke.

Come riuscivano quegli strani anfibi tropicali

dalla pelle trasparente

ad essere invisibili nel sonno.

Pur se in bella vista tra le foglie?

Semplice, mentre si addormentano

stoccano nel fegato i globuli rossi

rendendo invisibile il sangue dint' ' vvene...



                                                    ***


PECORE IO VI MANDO IN MEZZO AI LUPI


Pecore io vi mando in mezzo ai lupi,

siate dunque come le colombe

semplici, ma prudenti

come li serpenti,

si legge nel Vangelo di Matteo.

E in San Pietro basilica

tra gli affreschi e le sculture

i serpenti sono ventiquattro

e quattrocentosettanta le colombe.

Una fauna a cui si aggiungono a decine

aquile e leoni, agnelli delfini pipistrelli

e lesti coccodrilli.

E pure cento draghi e un unicorno

per l' accoglienza del fantastico.

Ma gli animali più rappresentati

ad indicare tenacia ed eloquenza

sono le api, come nello stemma Barberini

dovuto omaggio alla committenza.



                                                 ***


IL NEMICO DELLA CHIESA


Tertulliano San Gerolamo e Gregorio

videro nello scorpione da schiacciare

il nemico della Chiesa,

che dal  Duecento prese il posto del serpente.

A simboleggiare la dialettica

ammirata ma ingannevole,

la falsa sinagoga.

Scorpione polispermo creatore

animale generatore.

E se Mitra il pavone lo sacrificava

perché dal sangue suo e dal seme

discendessero flora e fauna,

come un volo di uccelli accolto in cielo

si erge l' onniscienza del Cristo - pavone

di Antonello da Messina

nello studio di Gerolamo.



                                              ***


CIELI D' ANGELI


Cieli d' angeli e nuvole dorate

nel momento illusionistici della pittura

tra Cinque e Seicento, mentre evirati cantori

vedevano nel nano il sortilegio e la magia,

la stregoneria.

Ma non vi erano abbastanza nani

per il divertimento della gente

nelle fiere di paese,

allora ninos pobres si compravano

per amputare loro gambe e braccia

all' altezza di gomito e ginocchio.



                                                   ***


SE IL TUBARE DI COLOMBI


Se il tubare sommesso dei colombi

portatori di messaggi e rispettati

salvò un tempo le vite nelle guerre,

per contro si giunse a ipotizzare

l' esistenza di animali anticristiani,

come i passeri puniti con il filo

che lega loro le zampette

e li costringe a saltellare.

Perché, presenti alla  crocefissione,

avrebbero esortato gli aguzzini a inferocire

con un cinguettìo che voleva dire

" E' ancora vivo, è ancora vivo ".




                          Franco Buffoni   da    La coda del pavone



lunedì 2 giugno 2025

I CANTI DEL RITORNO DI ANDREA

 


                                                       Attraversiamo da soli questi mondi in contrasto...



I " Canti del ritorno" non sono una semplice raccolta di poesie eterogenee, bensì formano un libro coeso e a sé stante, centrato su un tema specifico : la morte. La narrazione si articola in quattro sezioni, ognuna introdotta da una breve prosa poetica a cui seguono una serie di componimenti. A questa struttura viene dato il compito di raccontare la ricerca da parte dell' Io di un canto, attraverso il quale ritornare a una dimensione esistenziale autentica che abbracci l' esperienza di morte che anima il viaggio . Un viaggio che attraversa il ciclo delle stagioni e le varie fasi del giorno, formando un vero e proprio percorso di indagine esistenziale ed espressiva. Un cammino che si dipana di fronte a chi tenta la parola, mostrandogli la via.




Attraversiamo da soli 

questi mondi in contrasto.

La gente passa e canta staccata

dietro di noi, senza

ricordarci. Ogni volta che

spezzo un ritmo mi

ritrovo a ricordare :

forse perché vorrei solamente

unire senza dover

guardare per forza dentro

i bulbi, analizzare d' istante

i sogni che tocco con mano

e mi causano allergie

estrinseche. Cerco di

dare corpo alle cose che

mi si avviluppano intorno

per poi cadere : non 

posso afferrare, non 

declinare o coniugare in

forme, non ora. Avviene

sempre una distrazione

che mi cinguetta sopra e

fà dubitare in ogni

punto distratto e distaccato,

quasi fosse un colore

lontano che mi ritorna.

Rimangono solo le cose solite

che possono accompagnarmi

fino a ricollegare - ancora -

quello che c'è.



                                                    ***


Saltando dentro una sera

azzurra tra un solco

arancio e un altro, che mi

sa di sangue, pensando 

una morte. Rincorrono gli

altri le cose sulle luci di una strada,

e ti trema rimbombando

lieve il cuore, che hai 

ancora paura. La cosa

s' arrossa e svanisce,

e sai che passerà in

una vita incastrata

tra una sfumatura e l' altra.

Così me ne voglio

andare, finché c'è tempo.

E  intanto il cielo è

passato e rimane solo

una spoglia di rosso, e

ti riporta gli occhi.



                                                 ***


Su questa l' linea d' aria c'è una

città che ci ascolta,

senza chiedere.

Mi aggrappo con le

unghie al bordo del mondo

senza guardare, sperando cada

da sopra l' acqua a bagnarmi

di nuovo i capelli. Questa città

è piena di storpi, e si

cammina a stento in mezzo:

voglio sbattere e scancrenare

le spalle sui pali attorno

ai miei organi spenti,

cercando di risolvere

e risolvermi, inseguendo le

scarpe degli altri solo per

fermarmi e guardarli voltare

l' angolo. Tu girati a dissolverti,

a tirarti addosso il corpo addosso

un muro.

Cosa dobbiamo fare di noi

stessi dopo quell' ombra ?

Verità è che mi guardo in

faccia e mi ribadisco : un 

giorno recupererò il mio tempo.

Leggerei quasi un orfico che

m' abbaglia la testa. E' bello


vedere queste immagini che

si rifrangono tra i fiori e

l' erba, attraverso il vetro

che separa i miei occhi

che hanno male. Oh,

perché gli angoli di

cielo mi chiudono

davanti le palpebre ?

Era strano : sentire di nuovo

il bel tempo dopo così

tanto passato a tentare

- nel mondo - un solco

più pulito e sincero.

Era strano ritrovarsi

di nuovo qui, ritrovare

i propri avverbi di

luogo che mi riportano

ancora lì, nel mio posto.



                                                  ***


Lascerò che parli un silenzio.

Rimarrà l' esperienza, che

ci guarderà attraverso un

ricordo, per dircelo : la

morte si avvicina dentro

una vita, dopotutto. Era partito

un mattino a mezzogiorno e

il sole sembrò più

leggero, insieme al vento.

Mi ricordò un altro sole,

accanto a lui, quando eravamo

sulla soglia di casa e

sentivamo le parole, scambiandocele

in altre forme. Arrivare a

scorgere un pensiero

era difficile, così ti racconto :

c'era una lettera sotto un 

piatto e si odoravano ricordi,

quando li sentivi sulle tue

corde, e narravi. Creasti un

mondo, riportandolo in vita a

chi non c'era stato, narrando

una storia e un filo.

Danzano sul bordo degli

spigoli, danzano, li vedi ?

Ci riportano dentro insieme

nel canale del tempo che

è scorso tra qualche crepa

ingiallita, e ti vedo :

cielo tra un colpo e un altro

in mezzo alle nuvole della

città vissuta dai tuoi piedi.

Li avresti narrati, quei voli

alle mie orecchie impuntate sulle

tue rughe, mentre t'abbracciavo

prima d' una partenza, ancora.

Ora il narratore è partito

davvero e rimango qui

in attesa scorgendolo, bambino in

corsa, a mostrarmi un

racconto da vicino.

" Puoi proseguire ".

" Come ? "

" Col ricordo di una storia, toccandola

senza chiederti, mentre corre

lontano ".




           Paolo Andrea  Pasquetti     da      Canti del ritorno