lunedì 30 settembre 2024

IL RUVIDO UMANO DI MARIANGELA

 


                                      Tenere il sangue acceso. Essere cosmico coro.




" Lo gel che m'era intorno al cor ristretto..."

              Dante -  PURGATORIO XXX, 97


Chiudevo gli occhi

e dentro gli occhi chiusi

altri occhi sgomenti

restavano accesi.


Dentro gli occhi un lago

vagamente nero

e angoscia vaga leggera

covava il suo enigma antico -

una sfera di buio non mio

non io - e dunque di chi di che cosa ?


Dipanare una fetta di scuro

mondiale. Tenere il sangue acceso.

Essere cosmico coro.

Voce della voce. Sentiero - per quel lago

che giace sul fondo. Ghiacciato.

Pericoloso. Paurosissimo vero.



                                            ***


Prendevo il mondo

dentro me. Lo pettinavo.

Gli dicevo pianino 

stai buono. Sii paziente

con noi. Miglioreremo

siamo qui da poco.

Ancora non capiamo

e ci agitiamo troppo.

Ancora guerreggiamo.



                                             ***


Faceva il tempo

le sue finte.

Appoggiava spenti frutti

nel marcio. Dipingeva scenari.

Come osava il tempo come segnava

sui volti il suo gioco

sui volti sui musi

sui tronchi. Eppure c'erano

istanti 

d'oro e ancora ci sono

e smascherano quel suo 

lavoro finto

strappi in quel suo velo

agili decori - capolavori.



                                               ***


Pescherecci tu dici. Guarda bene.

Navi da guerra sono. Hanno radar

argani uncini. Reti infinite di tonnellate.

Hanno nomi appropriati - Vichingo

Barbaro. Per ognuna che salpa è spargimento.

Seminano ravvicinata fine

promettono tempeste e fame. C'è

tanto lutto sui pontili, lo vedi? Sulle prore

e le poppe, un esibito chiasso muscolare.


Potessi dire andate ad adorare.

Dite grazie al mare. Non rapinate.

Raccogliete ma non rapinate.

Fate bene. Siete uomini del mare.

Potessi dire è delicato, non lo rovinate -

sarei patetica, non credi?

Io questo chiedo, farli sanguinare

con le parole. Farli innamorare.



                                                 ***


Il mio cuore schiacciava le sue rondini

nel non avere tempo. Non avendo tempo

con quel mucchio modesto di cose da fare

non avendo davanti il largo tempo

il respiro si consumava e cadevano molti capelli


poiché non c'era tempo c'era la morte

poiché non c'era mai tempo è allora

che andando non si andava

da nessuna parte e facendo

non si faceva mai capolavoro. Poiché

in quel correre non si gustava

la delizia del fuori tempo

di animali e di fiori fuori del tempo

quando lentamente si apre il petto contenitore

e l'oro vero del mondo

con battito d'ala entra fino in fondo

fino al miracolo di un presente

appuntito. Lo so - è questa


la grave malattia del mondo. Semplice

alquanto da comprendere. Semplice da

curare - perché basta fermare - non essere

non fare non contare niente.



                                           ***


Ovunque c'è bellezza in eccesso

non è parsimoniosa la natura.

Mette tutto il fulgore

è ardente. C'è un entusiasmo sotto

una dismisura che la muove -

ebbrezza c'è, esagerata avventura di forme

e di colore.




                   Mariangela  Gualtieri    da     Ruvido umano



mercoledì 25 settembre 2024

POESIE DI ANNELISE

 


                                          Ti svegliavi di soprassalto, in un sogno d'inganno...






TI SVEGLIAVI DI SOPRASSALTO


Ti svegliavi di soprassalto, in un sogno d'inganno.

Nell' ufficio contabile al piano di sopra,

la donna delle pulizie spostava i mobili con discrezione,

quasi un marito che si raschi la gola in bagno.

Fuori la città si spostava a fatica : il coro dei clacson

ricordava il lamento di un uccello ferito;

tu, boccia nell' ultimo residuo di slancio,

rotolavi nella parte vuota del letto. E quando uscivi

percorrevi ogni giorno la stessa strada, a forma di coltello.


                                da   "  Aria di cerimonia "



                                           ***


GIUGNO


La spiga lentamente matura attorno agli occhi,

attesa dal laccio aperto dei sopraccigli.

Sotto, l'espressione la rende ondulata

come una Q romana incisa su una tabella di marmo.

Le palpebre, simili a petali, s'intrappolano

nel mazzo prima di cadere. Sulla fronte

si profilano le scale consunte di un palazzo.

Le guance conservano le tracce di un rematore

spiritoso. Ma le labbra sono a secco sulla spiaggia,

si sta scrostando la vernice. Nelle insenature

del naso il vento soffia, il paesaggio tutto

s'incupisce, si rabbuiano i capelli, sul collo

restano i segni degli anelli stretti.

Solo per le pupille è estate.


                             da   "  Mesi "



                                               ***


CHI VARCA QUESTA PORTA


Chi varca questa porta

è reciso dalla terra

come i fiori che porta.

Qui riposa un uomo senza terra.


L' isola ha il colore

del ferro quando invecchia,

delle efelidi, piccole primavere

e il sapore del sangue in bocca.


Qui le maree placheranno

la tua sete. Il tiepido vento

gli asciugherà il sudore. Frusceranno

i rami quando il sole sarà spento.


Sulla lapide picchieranno come baci

le pigne tonde cadute dai cipressi.

Gli uccelli sosteranno sulla croce.

E noi non saremo più gli stessi.


               da     " Chi varca questa porta e altre poesie "



                                             ***


UN MANTELLO DI TELA GROSSA


Un mantello di tela grossa

più grande di tante misure.

Io v'inciampo dentro per starti al passo,

e mentre mi rialzo ti ho già perso.

Qualche volta ti fermi in un cespuglio,

e se mi avvicino, gridi : " Vattene! ".

Non ho il tempo di spiarti

né di guardare oltre il bosco,

né il coraggio di chiederti

dove mai siamo diretti.

So soltanto che per me

il tuo passo è troppo svelto.

Perché ti vengo appresso ?

E' la tua porpora polverosa che mi attira.


                         da    " Lettera in forma di sonetto "



                                              ***


E' ARRIVATA LA SIGNORA


E' arrivata la signora, ma la chiave

le sfugge due volte giù dal muro,

e cadendo produce un tintinnìo sonoro.

Come nella fiaba di Perrault, a te, Isabella

Morra, era proibito usare solo una chiave,

penetrare solo in una certa stanza,

pena: il sangue. Invece schiudesti l'amore.

Lei - nella fiaba - fu salvata dai fratelli;

tu, in loro, dai nomi shakespeariani,

trovasti i tuoi guardiani efferati.

Invocavi il padre, il suo cavallo o battello,

ma lui non ti aiutò. Non accorse, non

usò da messo il polverone degli zoccoli ferrati.

Mai capisti che era lui il tuo Barbablù.


                       da   " Astri e sassi "



lunedì 23 settembre 2024

I WAKA DELLA NOSTRA ANIMA

 


                                                    Paesaggio giapponese in primavera



I Waka , poesia giapponese di cinque versi costituiti da trentun sillabe, sono rondini, e sono - per loro natura - " primaverili " : un trillo, un volo rapido e radente, a sezionare il ventre del vento. Natura solubile, quella di queste poesie : leggi e la parola svanisce, tra sibillini sibili. L' immagine - spesso di precisione al diamante - corre il rischio di sembrare leggera - in verità, avvelena il corpo, avvinghiandolo in una rete di reticenze e di lumi sotto il velo. I Waka erano praticati un tempo dai samurai, per affinare l'estro, e dai monaci, per rasentare l'illuminazione. Ne hanno scritto poi dame martoriate da amori infelici e imperatori in esilio, immalinconiti nel rendersi conto della vanità del potere. In pochi tratti sorge un paesaggio, è stipulata una vendetta, si spalanca l'abisso dell' Io. Queste poesie, che recano in sé l'azzardo delle imprese marziali, venivano impresse su paraventi, ideate durante le competizioni letterarie bandite dall' Imperatore, e sono piene di dettagli della vita comune: un albero, la luna, l' amore e l'attesa, l'odio e i capelli, la vecchiaia... La meraviglia della poesia giapponese è che trae materia dall' effimero per farne eternità plenaria. Il fiore, il lago, il vento e gli elementi della natura diventano così entità metafisiche.




Waka di AUTORI DIVERSI , nel susseguirsi del Tempo :



                                                

Giorno cupo: nei campi

si va a raccogliere il grano.

Cerco riparo sotto un tetto

ma la paura, come sempre, è vana:

la manica è già pregna di pioggia.


                             ( 626 - 672 )



                                           ***


Lunga è la coda del fagiano

che si torce in volo:

ancora più lunga 

è questa notte infinita -

ma ho scelto la solitudine.


                             ( 662 - 710 )



                                               ***


Sento il singulto del cervo

mentre cammino su foglie d' acero :

è lontano, sul fianco della montagna -

il vento soffia ovunque ed è triste

affidarsi all' autunno.


                              (  VIII - IX  sec )



                                              ***


Amore slaccia il tuo pensare,

fa' del volere un labirinto...

Sono come un disegno 

su una stoffa di Michinoku :

tutto è ancora informe.


                             ( 822 - 895 )



                                             ***


Luna satura di notte,

scorgo nell' alba d' autunno

mentre attendo il tuo noto passo,

mi hai promesso:

" Verrò da te" .


                             ( 844 - 910 )



                                              ***


Odio la luna fredda e ostile

che scintilla al mattino;

nulla è più triste che restare

soli mentre l'alba proclama

la giovinezza del giorno.


                            (  889 - 948 )



                                              ***


Amare le donne

è la mia condanna :

potessi apprezzare

gli uomini - loro

li odio soltanto.


                            (  910- 966 )



                                                 ***


Dimoro nella solitudine

alieno agli uomini : per questo

dobbiamo sodalizzare 

caro ciliegio di montagna -

non ho altro amico che te .


                              ( 1055 - 1355 )



                                                  ***


Dubito della sua costanza

non sopporto la mia debolezza :

nodi tra i pensieri

nodi tra i neri capelli  - mi torturo

gli importerà di me?


                                 (  XII sec )



                                                ***


Non posso nascondere

l' orrore per la vecchiaia :

un giorno il filo si spezzerà,

sparse le perle sul pavimento -

il tempo non si contrasta.



venerdì 20 settembre 2024

LE STAGIONI DEGLI HAIKU

 


                                                                 Autunno giapponese 



La selezione di poesie brevi giapponesi " Haiku"  qui presentata è tratta da una raccolta inedita contenente circa seicento composizioni.

Le raccolte classiche di haiku sono suddivise internamente in cinque parti, corrispondenti a cinque stagioni, perché il periodo iniziale dell' anno " shinnen " è considerato in Giappone a una stagione a sé stante. In quasi tutti gli haiku - inoltre - è presente una parola o un'espressione codificata, detta " kigo " "  ossia " stagione - parola " che serve a porre in relazione il poema con la stagione e il significato spirituale di questa. " Stagioni" dunque, da intendere come risonanze prodotte nell' anima dalla contemplazione del succedersi dei cicli stagionali. Stagioni reali, ma allo stesso tempo allegorie di un percorso di conoscenza, simboli di una vita spirituale in cui si avverte una profonda sensibilità verso il sacro, prodotto da una visione del mondo le cui radici affondano nelle tradizioni spirituali dello Shinto e nello Zen.




BUSON    ( 1715 - 1783 )


Erbe nebbia

fra acque silenti

il tramonto.


     *


Primavera

indugia ancora

negli ultimi fior di ciliegio.


            *


Tra i lampi

s'ode dai bambù

stillar la rugiada.


           *


Su campi montani

pioggia leggera svanisce

fra giovani foglie.



                                                     ***


BASHO   ( 1644 - 1694 )


Silenzio

un frinir di cicale

trafigge le rocce.


             *


Non scordar mai

il solitario sapore

della bianca rugiada.


               *


Fra i rami di pesco

che sbocciano ovunque

il primo fior di ciliegio.


             *


Tra rami 

bagnati di pioggia

fuggevole luna.


        *


Desolazione invernale

in un mondo d'un solo colore

il suono del vento.


          *


Il mare s' oscura

richiami d'oche selvagge

biancheggiano appena.



                                            ***


ISSA    ( 1763 - 1827 )


Limpido vespro

nel cielo turchino s' inseguono

monti d' autunno.


     *


Lontano vicino si ode

crosciar di cascate

tra foglie cadute.



                                               ***



ONITSURA  ( 1660 - 1738 )


Inizio d' anno

vento di mille anni fa

soffia tra i pini.


      *


Come sono verdi 

i penduli rami del salice

sull' acqua che corre.



                                        

             A cura di Mario Polia    Kokoro - No  Aji   " Il sapore dello spirito "



lunedì 16 settembre 2024

UNA ROSA NEL BICCHIERE PER FRANCO

 



                                                              Calabria, rosa nel bicchiere...




Franco Costabile, calabrese di Sambiase, nato nel 1924 e poi trasferitosi a Roma dove fu allievo di Ungaretti.

E' la Calabria, con i suoi dolori e le sue miserie, con l'emigrazione e la povertà, con la disperazione e l'orgoglio, a trasmettere ai versi la sua asprezza, troncandoli, spezzandoli, lanciandoli in appassionate nostalgie e in dolci illusioni che talora mitigano il risentimento e  l'indignazione. Nessuna enfasi, ma una sincerità a volte brutale che dipinge la sua terra e le sue verità. Un dolore che diventa stanchezza e che porta il poeta a togliersi la vita a 41 anni, nel 1965.

Ungaretti scrive per lui questo epitaffio : " Con questo cuore troppo cantastorie / dicevi ponendo una rosa nel bicchiere / e la rosa si è spenta a poco a poco / come il tuo cuore, si è spenta per cantare / una storia tragica per sempre "






AUTUNNO


Si getta la luna

nei getti felici del

mosto

che scorre 

nell'imbuto.


E tu, amore,

riversa sotto il traino,

ora che si accende

e vacilla il petrolio

alla lanterna,

ti riposi

ad una breve cantilena

d'organetto.


Questa notte

all' aroma del fieno

berremo il vino nuovo

come tu volevi.



                                       ***


SCALPITA LA MULA


Dorme il gallo

e continua la luna

oltre i canneti.

Una lanterna

già nel vicolo è accesa,

scalpita la mula:

è l'alba calabrese

che ruba al contadino

anche il sonno.



                                               ***


DOPO IL VINO E LA DONNA


Il proprietario

dorme al pergolato

dopo il vino e la donna.

Lontano,

a un orizzonte di calura

continua all'aratro

l' ecce homo.



                                                  ***


I PALI DEL TELEGRAFO


I pali del telegrafo,

ecco che c'è di nuovo

al mio paese.

Parole lunghe

traffici di prefettura

fonogrammi neri

che vanno e vengono

dalla questura.

Ma c'è di bello

che i passeri sui fildirame

se ne stanno a cantare

tutto il giorno

e a non saperne niente.



                                              ***


E' DEL PADRONE


La terra

che attraverso

prima del gallo

è del padrone.

Il grano

che mi cresce

sotto gli occhi

mattina per mattina

è del padrone.

I colpi di fucile

che vengono dal fiume

sono del padrone.

Le donne,

le risate sull' aia

a mezzogiorno

sono sempre del padrone.

Ma il sole che mi scalda

non è del mio padrone.



                                               ***


ABBASSA I TUOI CIELI


Abbassa i tuoi cieli,

o Signore, e discendi :

i servi non sanno

in quale strada è la luce,

pur se il buio attende

anche l'occhio dei ricchi.

Tu che innalzasti

con sapienza i ghiacciai

e assisti nel parto le cerve,

tocca i loro comignoli,

falli fumare : tu soltanto,

che hai creato le rose

e le loro ossa già secche.



                                                ***


LA ROSA NEL BICCHIERE


Un pastore

un organetto

il tuo cammino.

Calabria,

polvere e more.


Uova

di mattina

al tuo canestro.

Calabria,

galline sotto il letto.


Scialli neri

al tuo mattino

di emigranti.

Calabria,

pane e cipolla.


Lettera 

dall' America

il tuo postino.

Calabria,

dollari nel bustino.


Luce

d' accetta

l' alba

nei tuoi boschi.

Calabria,

abbazia di abeti.


Una rissa

la tua fiera.

Calabria,

d'uva rossa

e di coltelli.


Vendetta

il tuo onore.

Calabria,

in penombra,

canne di fucili.


Vino

e quaglie,

la festa

ai tuoi padroni.

Calabria,

allegria

di borboni.


Carrette

alla marina

la tua estate.

Calabria,

capre sulla spiaggia.


Alluvioni,

carabinieri

i tuoi autunni.

Calabria,

bastione

di pazienza.


Un lamento

di lupi

i tuoi inverni.

Calabria,

famigliola

al braciere.


Francesco di Paola

il tuo sole.

Calabria,

casa

sempre aperta.


Un arancio

il tuo cuore,

succo d' aurora.

Calabria,

rosa nel bicchiere.




                     Franco  Costabile    da   La rosa nel bicchiere




giovedì 12 settembre 2024

VOLA...

 





                                 "Tu costringi molti a cambiare opinione

                   nei tuoi riguardi: a causa di ciò ce l'avranno

                   con te. Sei arrivato loro vicino ma sei

                   poi passato oltre e questo non te lo

                   perdoneranno mai. Tu passi oltre, ma

                  quanto più in alto sali, tanto più piccolo

                  ti vede l'occhio dell' invidia . "



                        Friedrich  Nietzsche



mercoledì 11 settembre 2024

IO SONO LILITH

 


                                                         John Collier -  Lilith con un serpente



Libanese di nascita, è ormai un'assidua presenza all'interno dei festival di Letteratura. Si devono alla sua penna anche una serie di corrispondenze curate per " Il Corriere della sera" durante la guerra tra Israele e Libano nel 2006.

Conduce una personale battaglia per la liberazione della donna dall'oscurantismo islamico, ben sintetizzata  nella raccolta ( di cui alcuni testi ) qui presentata.





SONO COSI'


Sono così

non ho tempo per i rimpianti

gioco con i destini, mi annoio facilmente

prometto e non mantengo.

Inutile cambiarmi :

la certezza mi è estranea

per l'imbarazzo dell'amore

per l'immaginazione

perché sono devota

solo all'indolenza.

Imprevedibili i miei appuntamenti

sono una fuga prima del tempo

un sole che non basta

una notte che mai si schiude

sono impetuosi sussulti tra la sete e il dissetarsi.

Sono così, un silenzio per raccogliermi,

un lento terrore per disperdermi

un silenzio e un terrore per curare una crudele memoria

non c'è luce che possa guidarmi :

possiedo solo i miei peccati.



                                                  ***


ALBERO AZZURRO


Quando i tuoi occhi incontrano la mia solitudine

il silenzio diventa frutto

e il sonno tempesta

si socchiudono porte proibite

e l'acqua impara a soffrire.

Quando la mia solitudine incontra i tuoi occhi

il desiderio sale e spande

a volte marea insolente

onda che corre senza fine

nettare che cola goccia a goccia

nettare più ardente che un tormento

inizio che non si compie mai.

Quando i tuoi occhi e la mia solitudine si incontrano

mi arrendo nuda come la pioggia

e nuda come un seno sognato

tenera come la vite che matura al sole

molteplice mi attendo

finché nasca l'albero del tuo amore.

Tanto alto e ribelle.

Tanto alto e tanto mio.

Freccia che ritorna all'arco.

Palma azzurra piantata nelle mie nuvole.

Cielo crescente che niente fermerà.



                                             ***


AMAMI


Mi trasporto in punta di piedi

mi trasporto nel galoppo della mia vista.

Mi avvolgo nelle fasce della mia pelle.

Mi abbraccio desiderandomi.

Benedico il mio flusso, lo zampillare che da me proviene.

Mi cullo sul mio seno.

Alle mani germoglianti infilo i guanti della poesia.


Reclamo la rivelazione

le mie incisioni su una pietra.

La mia immagine reca acqua alla sete

ed esche alla rete dei pescatori.

Trascorro i rintocchi delle campane della sera

scolpendo.

Dormo nella mia stessa ombra.

Indosso la mia natura beduina

quando sono stanca.

Entro in un giardino

che non mi istiga contro me stessa.

Amo la mia anima impossibile,

quella i cui piedi

sono ignoti alla terra.



                         Joumana  Haddad  da    Il ritorno di Lilith



lunedì 9 settembre 2024

CARO BABBO

 


                                   Si dimentica spesso quanto un padre ti abbia generato...




I temi del lutto e della morte di un padre - proseguendo un filone letterario che viene da lontano - vengono vissuti in questo libro come una possibilità di trasformazione e di luce, di distacco anche ironico dall'inesorabile avvicendarsi del tempo. Le vicende di un padre che scompare si raccontano in uno squadernato diario poetico del figlio, rimasto a gestire le burocrazie emotive della sua assenza. Un racconto che nasce ascoltando i luoghi che si fanno voce e i corpi che si fanno sasso, inseguendo defunti che guardano sé stessi, andando a visitare tombe che sono telefoni senza fili. La perdita è qui vissuta e rappresentata come una metafora personale anche nel linguaggio e nello stile. E' un' assenza che diventa capacità di pienezza, un  kit  "in caso di perdita " e una nuova educazione alla vita.





QUELLA TUA PIETRA


La morte è l'equazione

in cui anima e corpo - se sussistono

diventano unica pietra, cristallo opaco


oggi mamma ha detto di cremarti

perché tu lo volevi,

l'ha detto con le lacrime ancora liquefatte

ma quella tua pietra

che sei adesso, la farei monumento

di questa stessa famiglia

di questa stessa pelle


si dimentica spesso quanto

un padre ti abbia generato

pezzo per pezzo

dalla punta del piede all'intestino

a te affine polvere

che poi si fa pietra, che poi muore

in un'amara eternità.



                                        ***


Non è mai abbastanza

il tempo che ho dimenticato

di passare con te

ora che la premura che

ti riverso non è niente

perché non ti salva

vorrei ricordare la tua

stretta di babbo, babbo

i tuoi occhi tondi e docili

su di me, magari ricorderò

solo gli schiaffi i rimproveri gli improperi

perché sì sei stato severo

in quegli anni di tua maturità

volendo dimostrare la tua autorità

ma ora mi stai creando un vuoto

un vuoto di questa mia mano

a mio figlio stringerò la mano

fortissimo, così che quando non ci sarò

sentirà anche quel male buono

il dolore che rimbalza fra di noi

e salva il tempo il tempo d'uomo.



                                              ***


La lenta lama

della routine che

ci scoperchia la testa

nella sensazione che ho di vuoti

e di estraneità col tuo io prima di me

tu che non sei più eppure

ti tumuleranno il sabato

ti celebreranno nei molti modi fiacchi

e poco spettacolari,

della nostra famiglia spartana


dove porteremo

questo vascello nominale

senza la tua  acribia?


Il dolore ci frega

e s'indolcisce

rientra nel porto,

si fa impossibile

ossessione geografica del dove sei - dove vai - con chi

morire è stata la tua mossa

più inaspettata

è stato veloce, indolore

un lancio col paracadute nel vuoto

più puro come quando si sogna

di cadere al limite della notte

e si sobbalza

( noi giù ad aspettarti in eterne in caduta

e non arriverai )


conto quanti passi di

te non concessi non ho percorso

e quanti invece te li ho concessi

sebbene i tuoi ultimi fossero dei

pesanti inani passi sulla neve più dura


soppesare i tuoi ultimi giorni

ma è necessario come un'esplorazione

in una giungla mentale e molecolare

prima inaccessibile che il tuo corpo caduto

come ha aperto, senza ombre.



                                           ***


Posta la tua foto alla tua lapide

sei come balzato fuori

dalla pressione di quella scortesia

hai preso a rivolgerti a me

"Ale, ma chi me l'ha fatto fare, eh ?"

pareva che dicessi,

facendo gesti scaramantici

eri incredulo lì davanti alla tua tomba

con me che ti piangevo e

a un tempo ridevo,

ridevo del tuo essermi accanto

pronto a sconfessare quel rito

di mettere la foto, di scegliere la più bella,

mentre tu sei espanso nell' universo

altrove - mi pare di averlo visto in un film di Linch...

che per tornare devi aver passato

mille disgusti tra i quali quello

di vederti fotografato.

" Non ci siamo proprio, Ale ", mi bisbigli

e prendi in giro il Te che lì di te non c'è

chiuso dal marmo.



                       Alessandro Raveggi   da   In caso di perdita



venerdì 6 settembre 2024

POESIE DI PASCAL D 'ANGELO



                                                                Foto presa dal Web ( Migranti  )



Leggere ( in originale ) i testi di Pascal D' Angelo rappresenta l' incontro con una lingua  che - per l'autore - ha significato l'avvicinamento a un mondo che gli era - per origine e appartenenza - distante : la lingua di un paese straniero e ostile, dove lo spazio concesso è soltanto quello del lavoro e della fatica e di un margine nell'isolamento tipico del migrante condannato - senza possibilità di anelito - ad abitare la condizione di povertà che resta - di fatto - una condizione di esclusione.




GEMME DI PENSIERI


La luna un gigantesco lume pallido che brucia nella moschea della notte,

inonda i tuoi capelli di calmo splendore dorato:

il vento adorante intreccia i suoi morbidi capelli di seta con i tuoi.

" Tu non mi senti, ma come posso dimenticare le tue mani

che hanno tessuto un soffice lino di carezze nel telaio della mia giovinezza."

" Lascia che la marea crescente dei tuoi sorrisi inondi la riva assetata del mio cuore".



                                             ***


LUCE


Ogni mattina, affrettandomi al lavoro lungo River Road,

supero la baracca del vecchio spilorcio Stemovski,

e ansima lì accanto una nuvola bianca profumata di acacie.

E la primavera pungente mi trafigge.

Gli occhi d'un tratto felici, come le ombre delle nuvole a lungo arenate in luce diafana

quando incontrano il riparo del buio.

Poi mi precipito al cantiere.

Ma al lavoro la mia mente ancora vaga tra i sogni in cerca di bellezza.

Sanguino di angoscia! Soffro.

In mezzo ai miei colleghi allegri, che ridono senza senso! Forse è il prezzo d'un sogno proibito

sprofondato nel mare purpureo di un futuro oscuro.



                                                ***


A UN POETA MORTO


Il sole brilla distante come un gigantesco sigillo di splendore

e misura i segreti dell'eternità.

Davanti al suo sconcertante splendore,

i tuoi occhi erano come strani cieli popolati di anime di sorrisi;

e ora - ora sono volati via col loro fardello di bellezza

oltre il sigillo gigantesco della luce.

Cos'eri tu se non un sogno - un sogno gentile

nei pensieri del tuo destino assopito ?

Il Bruto si è svegliato e tu sei svanito

nei sentieri del sogno oltre la luce.

E ora devi disobbedire per sempre

al dolce richiamo della primavera.



                      Pascal D' Angelo *  da   Poesie ( Trad. di M. Ulbar )


Poeta nato in Abruzzo ed emigrato nel 1910 negli U.S.A



giovedì 5 settembre 2024

UN GIORNO DI SETTEMBRE

 


                                               Un giorno di settembre io tenni l'amor mio...




UN GIORNO DI SETTEMBRE


Un giorno di settembre, il mese azzurro,

tranquillo sotto un giovane susino

io tenni l'amor mio pallido e quieto

tra le mie braccia come un dolce sogno.

E su di noi nel bel cielo d'estate

c'era una nube ch'io mirai a lungo :

bianchissima nell'alto si perdeva

e quando riguardai era sparita.


E da quel giorno molte molte lune

trascorsero nuotando per il cielo.

Forse i susini ormai sono abbattuti : 

tu ti chiedi che ne è di quell' amore ?

Questo ti dico : più non lo ricordo.

E pure certo, so il tuo pensiero.

Pure il suo volto più non lo rammento;

questo rammento : l'ho baciato un giorno.


E anche il bacio avrei dimenticato

senza la nube apparsa su nel cielo.

Questa ricordo, e non potrò scordare :

era molto bianca e veniva giù dall' alto.

Forse i susini fioriscono ancora

e quella donna ha forse sette figli;

la nuvola fuori solo un istante

e quando riguardai sparì nel vento.



                        Bertold  Brecht   da     Libro di devozioni domestiche



IL SETTEMBRE DI VITTORIO

 


                                                          Andremo a lento guado con i cani...




SETTEMBRE


Già l'olea fragrante

nei giardini

d' amarezza ci punge:

il lago un poco

si ritira da noi, scopre

una spiaggia

d' aride cose,

di remi infranti, di

reti strappate.

E il vento che

illumina le vigne

già volge ai giorni

fermi queste plaghe

da una dubbiosa

brulicante estate.


Nella morte già certa

cammineremo con

più coraggio,

andremo a lento

guado con i cani

nell'onda che rotola

minuta.




                        Vittorio Sereni    da   Frontiera



SEPTEMBER NEW

 


                                                  Estate e infanzia sono ancora insieme...




SETTEMBRE


Ecco il giorno e l'aspetta

settembre.

Il suo immobile ardore un

po' fiaccato,

la languida estiva

sbavatura. Eccomi.


Ai minuti, al facile

perdono,

ai mercati scintillanti di

materia,

all'invito innocente del

mattino,

alla corsa, al gentile

riposo.


Nell' aria imbambolata

facce bellissime passano

per strada,

perduti amici miei, li

riconosco.


Il tempo senza tempo di

settembre

si ripete, estate e infanzia

sono ancora insieme.



                  Patrizia  Cavalli   da   Vita meravigliosa



mercoledì 4 settembre 2024

PER TUTTE LE PAROLE ...

 


                                                       Egon Schiele - Uomo e donna , 1914




PER TUTTE LE PAROLE CHE NON TI HO MAI DETTO


Per tutte le parole che non ti ho mai detto

e che avrei sempre voluto dirti,

anche se già sapevo che con esse avrei potuto ferirti.

Per tutti quei giorni passati ad ascoltarti,

anche quando nulla avevi da dirmi.

Per tutti quei silenzi che non hai saputo riempire,

per quelle frasi che non mi hai mai detto

e che avrei voluto sentire.

Per tutte quelle piccole cose che non mi hai saputo donare,

per quei semplici gesti che non hai saputo fare.

Per tutti quei sorrisi che non mi hai regalato,

per quegli sguardi con cui i tuoi occhi non mi hanno guardato,

per le carezze di cui le tue mani mi hanno privato.

E se tutto questo non dovesse ancora bastare,

mi basterà di te ricordare

tutte le promesse che non hai mantenuto,

tutte le attenzioni che da te non ho avuto.

Tutte quelle foto che non vorrei più guardare,

istantanee di istanti che non ho mai vissuto...

Ma nonostante tutti quei dolci momenti che con te non ho avuto,

nonostante tutto quel tempo che con te ho perduto,

eppure ti dico - in questo amore, per quanto strano - io ci ho creduto.




                            Xavier  Whell  ( Pseudonimo di Renato Volti )