Si dimentica spesso quanto un padre ti abbia generato...
I temi del lutto e della morte di un padre - proseguendo un filone letterario che viene da lontano - vengono vissuti in questo libro come una possibilità di trasformazione e di luce, di distacco anche ironico dall'inesorabile avvicendarsi del tempo. Le vicende di un padre che scompare si raccontano in uno squadernato diario poetico del figlio, rimasto a gestire le burocrazie emotive della sua assenza. Un racconto che nasce ascoltando i luoghi che si fanno voce e i corpi che si fanno sasso, inseguendo defunti che guardano sé stessi, andando a visitare tombe che sono telefoni senza fili. La perdita è qui vissuta e rappresentata come una metafora personale anche nel linguaggio e nello stile. E' un' assenza che diventa capacità di pienezza, un kit "in caso di perdita " e una nuova educazione alla vita.
QUELLA TUA PIETRA
La morte è l'equazione
in cui anima e corpo - se sussistono
diventano unica pietra, cristallo opaco
oggi mamma ha detto di cremarti
perché tu lo volevi,
l'ha detto con le lacrime ancora liquefatte
ma quella tua pietra
che sei adesso, la farei monumento
di questa stessa famiglia
di questa stessa pelle
si dimentica spesso quanto
un padre ti abbia generato
pezzo per pezzo
dalla punta del piede all'intestino
a te affine polvere
che poi si fa pietra, che poi muore
in un'amara eternità.
***
Non è mai abbastanza
il tempo che ho dimenticato
di passare con te
ora che la premura che
ti riverso non è niente
perché non ti salva
vorrei ricordare la tua
stretta di babbo, babbo
i tuoi occhi tondi e docili
su di me, magari ricorderò
solo gli schiaffi i rimproveri gli improperi
perché sì sei stato severo
in quegli anni di tua maturità
volendo dimostrare la tua autorità
ma ora mi stai creando un vuoto
un vuoto di questa mia mano
a mio figlio stringerò la mano
fortissimo, così che quando non ci sarò
sentirà anche quel male buono
il dolore che rimbalza fra di noi
e salva il tempo il tempo d'uomo.
***
La lenta lama
della routine che
ci scoperchia la testa
nella sensazione che ho di vuoti
e di estraneità col tuo io prima di me
tu che non sei più eppure
ti tumuleranno il sabato
ti celebreranno nei molti modi fiacchi
e poco spettacolari,
della nostra famiglia spartana
dove porteremo
questo vascello nominale
senza la tua acribia?
Il dolore ci frega
e s'indolcisce
rientra nel porto,
si fa impossibile
ossessione geografica del dove sei - dove vai - con chi
morire è stata la tua mossa
più inaspettata
è stato veloce, indolore
un lancio col paracadute nel vuoto
più puro come quando si sogna
di cadere al limite della notte
e si sobbalza
( noi giù ad aspettarti in eterne in caduta
e non arriverai )
conto quanti passi di
te non concessi non ho percorso
e quanti invece te li ho concessi
sebbene i tuoi ultimi fossero dei
pesanti inani passi sulla neve più dura
soppesare i tuoi ultimi giorni
ma è necessario come un'esplorazione
in una giungla mentale e molecolare
prima inaccessibile che il tuo corpo caduto
come ha aperto, senza ombre.
***
Posta la tua foto alla tua lapide
sei come balzato fuori
dalla pressione di quella scortesia
hai preso a rivolgerti a me
"Ale, ma chi me l'ha fatto fare, eh ?"
pareva che dicessi,
facendo gesti scaramantici
eri incredulo lì davanti alla tua tomba
con me che ti piangevo e
a un tempo ridevo,
ridevo del tuo essermi accanto
pronto a sconfessare quel rito
di mettere la foto, di scegliere la più bella,
mentre tu sei espanso nell' universo
altrove - mi pare di averlo visto in un film di Linch...
che per tornare devi aver passato
mille disgusti tra i quali quello
di vederti fotografato.
" Non ci siamo proprio, Ale ", mi bisbigli
e prendi in giro il Te che lì di te non c'è
chiuso dal marmo.
Alessandro Raveggi da In caso di perdita
Credo non sia mai abbastanza, il tempo che dimentichiamo - trascuriamo - di passare con chi amiamo. Anche se facciamo sforzi mentre crediamo di essere in tempo.
RispondiEliminaIn realtà ci muoviamo spesso per fugare rimpianti futuri, non per reale necessità.
Non voglio intendere una cattiveria così pragmatica, arida. In realtà dopo anni, decine di anni, quello che si doveva o è stato fatto o comunque non ci sarà abbastanza tempo, evidentemente troppo distanti gli uni dagli altri, i figli dai padri.
Io già ce l'ho la foto della lapide. Forse ti guardo già come guarderò quella foto, incapace tutt'ora di dirti cose che non ti ho mai detto, e ascoltare cose che mai hai pronunciato.
p.s. Babbo mi piace, Lulù chiamava così il suo, nata e cresciuta a Pisa, anche se per pochi anni.
Mai come ora mi mancano le parole che mio padre avrebbe voluto dirmi : di fronte alla mia stupida indifferenza scriveva bigliettini che non leggevo ( e adesso chissà cosa darei per averli... adesso che capisco quanta tenerezza c'era in quei tentativi di dialogo disatteso...).
RispondiEliminaDella mamma mi manca la docile pazienza. Non L' ho mai sentita dire di " no" . ( anche se poi ho letto libri del genere " I no che fanno crescere " ). Ma andava bene così : oggi le sono grata.
La gratitudine resta punto fermo per entrambi. Io sono loro, praticamente, e non immagini la fatica ad ammetterlo, ma questo credo una delle loro maggiori soddisfazioni. E anche mia.
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